Fonte: LettureSconclusionate |
E siamo di nuovo qui con un racconto, in questo caso una raccolta di racconti, dell'eccezionale Paolo Cognetti. Leggere Cognetti è rassicurante, sai che in qualsiasi mondo lui ti porti, ti terrà per mano fino alla fine. Pure nei racconti come quello odierno, sai che non chiuderai alla parola "Fine" con il magone. L'intento di questo autore è quello di calarsi e calarti in una dimensione sapendo che non devi immedesimarti per forza, ma devi saper "guardare". E lui sa perfettamente dosare le parole, la punteggiatura, le frasi per far vedere senza soffrire ma per capire.
Perchè in fondo, la questione della partecipazione dolorosa, da immedesimazione, è cosa oramai sopravvalutata e un facile escamotage per coprire le proprie manchevolezze. Basta che soffri, che partecipi empaticamente alla vita del personaggio (grazie a Pino Sabatelli de I fiori del peggio per avermi tirato fuori di bocca questo concetto mentre parlavamo di altro!) e magari non noteranno le mancanze. Mentre, se i tuoi lettori sono lucidi e presenti a se stessi, devi avere argomenti, specialmente con la formula narrativa del racconto.
Volutamente il primo racconto è tagliato così. Perché possiate sentire la forza che vi trascina nella necessità di capire che sta succedendo, perché quella cucina o quella casa, perché questa stanchezza, questa rinuncia e se poi si risolve? E perché è tutto al plurale? vuol dire che nella routine delle classi agiate questa è una ricorrenza? Lo so oramai fino allo sfinimento; i racconti sono brevi, e non riesco ad affezionarmi al personaggio, preferisco il tomo, mi sembra di non aver letto nulla... e chi più ne ha più ne metta. Il punto è: chi ha detto che per raccontare il mondo uno debba impiegarci mille pagine? Datevi l'opportunità di scoprire, se non lo conoscete già da "Sofia si veste sempre di nero", di scoprire un autore che ha un talento che ha riconosciuto e che persegue con intelligenza e devozione: Lui è uno scrittore e soprattutto è uno scrittore di racconti. E lo sa fare dannatamente bene.
Ne riparleremo in recensione,
Buone letture,
Simona Scravaglieri
PELLEOSSAGenitori ricchi abbandonano feste da ricchi il sabato notte.Il primo sabato di una nuova estate, tra l'una e le due di una notte di luna piena, i nostri genitori scendono come note di musica lungo il viale d'ingresso di una villa in collina: un uomo e una donna sposati da quasi vent'anni, anni in cui il matrimonio si è nutrito di errori, promesse, tradimenti e perdoni, stringendo un vincolo più maturo e più solido, questi genitori si allontanano sottobraccio, dando le spalle a una villa da ricchi, un sabato notte.Le nostre madri appoggiano la testa al petto dei nostri padri forti: corpi scolpiti in palestre esclusive, levigati da chilometri di bicicletta e nuoto, accarezzati durante i consigli d'amministrazione, guidano i corpi delle loro spose oltre lampioni e fontane, sedie e tavoli di ferro battuto, uomini e donne ubriachi e felici, amiche e amici ricchi che mostrano segni di felicità e ubriachezza quali cravatte allentate, colli macchiati di rossetto, fondotinta accumulati nelle rughe del sorriso, coppie di amanti più o meno ufficiali che i nostri genitori salutano con indulgenza riservata alle debolezze della carme, loro stessi protetti dall'aura erotica che circonda le coppie di mezz'età quando alzano il gomito.Nel parcheggio, alla fine di questa parata, i nostri padri risvegliano le loro fuoriserie, macchine inglesi o tedesche in cui le nostre madri fanno il nido, sprofondando nei sedili di pelle e appoggiando la fronte al fresco dei finestrini.Forse dormono, nonostante l'aria condizionata e le curve fra le colline, o forse spiano il paesaggio attraverso i vetri: imbocchi di strade private, cancelli elettrici e telecamere a circuito chiuso, un reticolo di feste passate che suscita un flusso di ricordi nel cuore delle nostri madri deboli, indebolite dall'inattività e dalla frivolezza, dal sussiego dei servitori, dai capricci degli ormoni e dalle coccole degli psicofarmaci, da un elenco di rimpianta partire da quello originario, un ragazzo del liceo sacrificato al maschio dominante, passando per le rinunce intermedie al teatro, o alla laurea, o allo studio del pianoforte , fino all'ultima dieta interrotta per la gola, l'ultima sigaretta fumata di nascosto, lungo un rosario che le nostre madri sgranano durante le ore di analisi e telefonate alle amiche.Poi la luce di apertura del cancello di casa lampeggia sulle facce dei nostri genitori: gialla e nera, regolare, intermittente. I fari della macchina inglese o tedesca abbagliano i due cani dalmata che le corrono incontro. Le nostre madri si svegliano oppure fingono di svegliarsi, scendono, si chinano per accarezzare i cani, mentre i nostri padri raccolgono una foglia secca dai gradini d'entrata, riprendendo entrambi possesso della loro seconda o terza casa con gesti rituali, scaramanzie mirate a ritardare lo spettacolo che li aspetta pochi passi più in là, alla fine del viaggio, in cucina.E' questo il loro inferno personale. La cucina. L'inferno a cui ogni sera i nostri genitori fanno ritorno. La cucina disegnata da un amico architetto, esponente dell'albo professionale che comprende l'amico chirurgo, l'amico avvocato, l'amico commercialista e l'amico notaio. a cucina progettata per essere il cuore della casa benché sia una seconda o terza casa, con la cappa centrale, gli sgabelli da bar, il bancone rotondo all'americana e la vetrata che guarda il giardino, la lente attraverso cui un tempo il sole inondava di luce certe colazioni primaverili. In questa cucina dove i nostri padri si limitano ad affacciarsi, scuotere la testa e sospirare prima di salire in camera, le nostre madri ricostruiscono la gastronomia della serata, partendo dal frigorifero e proseguendo lungo il piano da lavoro in marmo, affondando le dita nello scarico del lavandino, finendo con il rovistare ne secchio dell'immondizia. Trovano avanzi di arrosto di vitello cucinato dalla domestica il pomeriggio stesso, avanzi di cipolle bianche e patate al forno, avanzi di formaggio francese il cui odore ha infestato per giorni la macchina inglese o tedesca, avanzi di torta, una crostata di stagione, pesche e fragole e albicocche e crema: avanzi di un pasto del tutto tradizionale, il pranzo della domenica in cui i nostri padri dovranno presentare ai nonni i conti annuali e in rosso dell'azienda di famiglia, menù predisposto per addolcire il palato dei loro presidenti onorari la propria inettitudine finanziaria.
Questo pezzo è tratto da:
Una cosa piccola che sta per esplodere
Paolo Cognetti
Minimum Fax, ed. 2013
Collana "Mini"
Prezzo 9,00€
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