venerdì 31 maggio 2013

"Vite immaginarie", Marcel Schowb - Gli strani percorsi della letteratura...

Fonte: Ancient books
Quando ho rimesso mano al "Diario di un mese di libri" pubblicato Lunedì scorso, mi è venuto in mente di non aver recensito il libro di oggi; non è saltato fuori a caso, visto che questa settimana è stato come tornare indietro nel tempo per vedere quali attinenze ha con il presente. E, in questo caso, si parla di forme nuove di comunicazione in ambiti che, solitamente, pretendevano uno stile di scrittura completamente diverso e oserei dire anche soggetti di cui parlare che fossero selezionati con rigidi criteri. Invece Marcel Schowb, in questo caso, spezza la liturgia del racconto biografico portando una ventata di aria fresca in un genere letterario completamente immobile da secoli. Intanto ambientiamoci, Schowb nasce e muore a Chaville (1867-1905). Dal sito di :DuePunti (sempre al passo con i tempi!) troviamo:
Divise i suoi interessi di erudito e la sua passione di prosatore tra realismo e fantastico, inquietudine e vitalità, ripercorrendo talvolta le orme dei suoi grandi modelli: da J. Verne e Mark Twain a R.L. Stevenson, da Catullo a Rabelais e François Villon. La sua brevissima vita, tormentata da misteriose malattie mai precisamente diagnosticate e da una sensibilità fuori dal comune, lo spinse a rifugiarsi interamente nella letteratura, e – come segnalò più tardi Jorge Luis Borges – la sua stessa esistenza fu consacrata a compilare e comparare Vite immaginarie.
Gli strani percorsi della letteratura, citati nel titolo di questa recensione, si materializzano proprio in questo libro, ripubblicato ad Adelphi (era già in catalogo dal 1972), dove la biografia diventa opera narrativa a tutti gli effetti. Così le storie che si accavallano, tracciando un percorso immaginario che va dall'antichità a circa il 1800, e che diventano un modo per  vedere quali sono i cambiamenti della civiltà nel passare del tempo. Ora, stando a queste storie, non siamo molto migliorati. Si parte con leggende etere e piene di simboli di "onore" e "rispetto", anche negli esempi negativi, dei miti con Empedocle, Erostrato e Cratete passando per per le vite romane Lucrezio, Petronio e Clodia, ci ritroviamo a leggere di  un pittore come Paolo Uccello, il dissacrante Cecco Angiolieri, arrivando a "Katherine la merlettaia" finendo - è fra le ultime vite raccontate - a sorridere della sfortuna immensa di Walter Kennedy ).
Ora, se una parte di questi nomi non li conoscete o non li ricordate, soprattutto gli ultimi due, non datevi degli ignoranti, perché questo è il vero colpo di genio di Schowb (di cui, alla fine di questa recensione, è possibile che sappia correttamente scrivere il cognome ma non pronunciarlo!)che ha affiancato le biografie di personaggi storici con quelli di illustri sconosciuti alla storia.

In fondo la biografia ha sempre avuto parole accademiche ed esempi altisonanti. Ma se riandiamo alla memoria delle "Sei lezioni di storia" di Carr, sicuramente più recenti di questo scritto, l'autore o meglio lo storico deve scegliere "i fatti"- ovvero gli eventi storici e quindi anche gli esempi di vita - selezionando quelli che hanno che secondo lui hanno rilevanza (storica). E L'autore di "Vite immaginarie", nel 1896, fa proprio questo con la pubblicazione del suo libro. Va anche oltre perché quando parlo di raccontare con uno stile narrativo, non intendo solamente scrivere in un modo scorrevole e diretto ma anche trattare le storie come fossero dei piccoli romanzi a sé stanti. Nessuna storia cita date e nemmeno luoghi di nascita o di morte e nessuna ha una serie di eventi elencati che segnano il ritmo dello scorrere della vita di questo o quel personaggio. Marcel preferisce raccontare in maniera sintetica e per punti focali le caratteristiche di ogni suo beniamino. Li seleziona come uno storico e li presenta creando la storia attorno, sopra o anche sotto, e aggiungendoci quel pizzico di fantasia che renda quella storia più convincente o avvincente.

E in questo caso l'affiancamento di personaggi famosi o no, trattati tutti alla stessa maniera non guasta, anzi rende il tutto, non solo omogeneo, ma oserei dire democratico. Tutte le storie paiono avere un peso identico e questa forma di uguaglianza biografica non è noiosa. Son i particolari arricchiti e a volte divertiti che spingono il lettore a proseguire nella lettura fino alla fine certo e curioso di sapere le sorprese che gli riserveranno la prossima storia e quella successiva. Alla fine, però, viene da fare delle considerazioni di massima che trascendono dalla leggerezza che ci si aspetterebbe di avere, pensando che si sta leggendo qualcosa di trattato con serietà volutamente leggera. Se si confrontano le prime storie, dove l'epico personaggio sparisce lasciando solo la propria scarpa, a ricordo del suo stesso mito e sacrificio, a controbilanciare si trova un Kennedy che ha costruito la propria vita fondandola sul desiderio di divenire anch'esso un mito. Kennedy è uno capace di costringere i suoi servitori ad ascoltare alla sera ore e ore di racconti dei pirati, che investe i suoi soldi in un galeone e che imbarca gli stessi servitori per fare i pirati per i mari. Eppure il confronto con il mito, il pirata da lui stesso ammirato, si scontra con la dura realtà, anche lui (il mito), nonostante siano anni che sfugge alla cattura, alla fine viene preso. 
E così all'uscita di scena di Empedocle, che lascia solo dietro di sé il racconto del sandalo di bronzo intravisto dallo schiavo che sancisce la costruzione del mito, fa eco la distruzione di un altro mito, ovvero quello di Kennedy, che è costretto a scoprire che a volte è meglio che rimangano scritti sui libri e non vissuti in prima persona. E di questi parallelismi ce ne sono parecchi, ma sempre costruiti nel tempo, ovvero ai primi che sono sempre consapevoli di quello che realmente è il loro ruolo corrisponde una crescita della società e l'altrettanto degrado dell'essere umano che si nutre dei miti precedenti, a volte, in maniera troppo ossessiva o ortodossa. E, laddove il mito corrispondente non ci sia in maniera evidente,  come avviene per la merlettaia, a fare le sue veci c'è il destino crudele e insensibile che decide di privare una donna che ha già avuto sfortuna, portandola al bisogno e infine alla morte.

Dopo aver sorriso di Paolo Uccello, che disegna cammelli al posto dei camaleonti perché,  come dice Schowb, non sa come sono fatti, vi ritroverete alla fine a rileggere a mente le varie vite e a confrontarle e, a quel punto, assocerete una storia al suo corrispettivo futuro o passato. E' un processo naturale e di assimilazione indiretta, che fa sì che questo libro lo ricorderemo riportando alla mente le stesse caratteristiche dei miti che l'autore ha usato per costruire queste biografie immaginarie. E' in fondo a questo modo che la mente solitamente ricorda di più proprio per quei particolari ritenuti futilità e folklore, che ci fanno sorridere o stupire,  che rimangono con noi sotto una forma simile ad un grande gossip storico.
Certa che sorriderete come me, vi invito a provare a leggerlo, e qui trovate l'assaggio che ho postato a Dicembre 2012 [Dal libro che sto leggendo]
E possiamo dire alla fine che nemmeno questa corrente rinnovativa sulla saggistica storica, di cui ho parlato questa settimana nei due post precedenti, è una novità bensì è un qualcosa che, ad ondate, è sempre stata provata e da come si può vedere con Marcel Schowb, che è ancora considerato uno dei grandi scrittori francesi, è anche sempre stata apprezzata nel momento in cui è stata proposta al grande pubblico.

Buone letture,
Simona Scravaglieri

Vite Immaginarie
Marcel Schowb
Adelphi Editore, ed. 2012 (ristampa)
Collana "Gli Adelphi"
Prezzo 12,00€




mercoledì 29 maggio 2013

[Dal libro che sto leggendo] Il mistero delle tre orchidee


Biki (Elvira Leonardi 1914-1999) durante le prove nella sua Casa di Moda
Fonte: 150 anni
Con questo libro torniamo indietro nel tempo al periodo fascista. Come avevo accennato la domenica in cui vi avevo parlato di questo giallo, Il mistero delle tre orchidee, l'ho scoperto per puro caso mentre cercavo un documentario che ricordavo di aver visto su Youtube. Quello che ho trovato interessante è stato il fatto di avere sottomano un giallo del 1942, genere che all'epoca fascista non era ben visto (non si poteva scrivere né di morti violente, a meno che non fossero eroiche, e nemmeno di suicidi) e contestualmente ritrovarlo sceneggiato nel 1974 con una magistrale interpretazione di Paolo Stoppa. E' stata come una caccia al tesoro il districarsi tra le due storie che hanno una radice comune - ma sono parecchio differenti fra loro visto il rimaneggiamento di ben 4 sceneggiatori per la versione televisiva-  e quindi seguire il giallo vero e proprio, e non farsi distrarre invece dai segnali indiscutibili degli espedienti dell'autore romano per evitare la censura e quelli invece che vengono cancellati dalla sceneggiatura su richiesta del regista, è stato molto difficile.
Rimane il fatto che le due versioni sono comunque accattivanti e che la trama scorre tranquillamente verso una fine nient'affatto scontata e, sia nel libro che nel telefilm, compaiono modi di dire che rendono al lettore il sapore di quel modo di scrivere ne non s'usa più. Un esempio per tutti è il punto in cui viene accusata una delle donne presenti (tante donne donne perchè è ambientato in una Casa di Mode) e l'accusatrice sentenzia: "Commissario è stata lei! E' una donna di malaffare!". Ma quando mai, oggi, ci capita di sentirlo più? 

De Angelis con questo lavoro e con altri due - "L'albergo delle tre rose" e "Il candeliere a sette fiamme" - si consacra a tutti gli effetti come un dei più importanti giallisti del periodo e i suoi libri avranno da quel momento altissime tirature. Il commissario De Vincenzi ha un approccio poirottiano al delitto. Chiede, interroga, non condivide con il lettore i suoi pensieri ma solo le sue azioni e la risoluzione è tipica degli stili in voga anche oggi. Anzi, è interessante scoprire che quel che riusciva a vendere ieri è ciò che vende oggi con nuovi investigatori dai vecchi metodi.

Quindi, se vi piacciono i gialli e vi preparate per l'estate sempre qualche titolo da acquistare per poi portarlo con voi in vacanza, questo, potrebbe essere un libro che fa per voi. Attenzione, non troverete spiegazioni dettagliate e pedanti di ferite, sempre per il succitato problema di censura ieri fascista e nel '74 quella della televisione (quando ancora si cercava di fare lavori di qualità!). L'abilità del giallista sta anche in questo, dare l'idea del delitto violento e spostare subito l'attenzione del lettore sull'indagine e sui particolari per la sua risoluzione.

Che dire, attenti alle orchidee e buone letture!
Simona Scravaglieri



Cristiana O'Brian ha l'onore di invitare la S.V. Ill.ma alla presentazione delle sue nuove creazioni di primavera che avrà luogo dal giorno 9 marzo in avanti alle ra 15,30. Strettamente personale. 

Buta azzurra, lunga, rettangolare. Cartoncino azzurro. In alto, nell'angolo sinistro, una bianca colomba trafitta da u  lungo acuminato spillo d'oro: l'impresa di Cristaina O'Brian - Abiti, Mantelli, Pellicce, Corso del Littorio, 14. Di quei cartoncini ne furono spediti cinquecento, tutti strettamente personali. Ma ne giunsero a destinazione cinquecentodue. E i due ignorati dalla signora O'Brian e persino da Marta, che pure si piccava di saper tutto quel che avveniva nella Casa di mode di corso Littorio, recavano anch'essi un avvertimento: strettamente personale

Chi avrebbe potuto immaginare che nel "museo degli orrori" della Casa di mode O'Brian giacesse un cadavere? un cadavere fra i manichini di legno e di crine. Come quelli immoto. E con sul volto un ghigno terrificante: l'unico fra tutti, quel cadavere, ad avere lì sentro una testa e un volto... Se nel penitenziario di Kansas City non esistesse un regolamento che concede ai carcerati costretti a lavorare nelle miniere di carbone una riduzione di pena proporzionata alla quantità di carbone che essi estraggono oltre un certo minimo, il cadavere che aveva giaciuto fra i manichini del "museo degli orrori" non sarebbe andato a finire sul letto di Cristiana O'Brian e una collana di vetro avrebbe onestamente continuato nel suo ufficio di collana e non sarebbe servita a una definitiva quanto tragica bisogna.


Prima giornata: Giovedì 


Si sentiva stringere alla gola. Avrebbe voluto gridare. Un grido, uno solo, l'avrebbe liberata da quell'atroce impressione di soffocamento. Ma era appunto l'unica cosa che non doveva fare. Se qualcuno si fosse accort del suo terrore, sarebbe stato peggio; lei stessa avrebbe creato l'irreparabile. Lo specchio di fronte a lei, sull'altra parete, le rimandò l'immagine del suo corpo alto, così armonico, nella veste aderente di seta rossa. Un magnifico corpo di pantera in agguato. Ma il volto le apparve disfatto. Quel suo singolarissimo volto, asimmetrico, dalle sopracciglia sottili e arcuate, col piccolo naso camuso vibrante sulla bocca a cuore; quel suo volto, di cui ella conosceva l'impassibile maschera, questa volta l'aveva tradita e le si mostrava contratto da uno spasmo di terrore che lo rendeva odioso. Doveva dominarsi a tutti i costi.
Si provò a sorridere. Guardò attorno a sé le signore sedute sui divani e sulle poltrone tutt'attorno alle pareti. Oramai i tra soloni erano gremiti... tutta la miglior clientela di Milano, La più ricca, clientela davvero ideale per Una grande casa di mode, era accorsa al suo invito ed ecco che lei si sentiva svenire proprio lì, nel salone, davanti a tutti... Trovò la per togliersi dall'immobilità in cui il terrore l'aveva inchiodata e si mosse lentamente verso la porta del corridoio, la più vicina a lei.
In quel momento l'altoparlante annunciò il ritorno di una delle tre indossatrici.
"Numero 2449... 24...49... Vestito da sera di marocchino nero ricamato a perline nere che formano un disegno di foglie d'ippocastano..."
L'indossatrice le passò dinnanzi - entrata dalla porta alla quale lei era diretta - e accentuò la cadenza  artefatta del proprio passo quasi danzante, il sorriso stereotipato sul volto dipinto, le mani protese in un gesti ridicolo di esibizione e di offerta. Cristiana sentì il mormorio sommesso dei commenti. Tutto le perveniva come un sogno febbrile. Aveva nelle orecchie il rumore del mare, denso, fondo e continuo, tanto il sangue le batteva rapido sulla nuca. Riuscì a raggiungere la porta, ad uscire sul corridoio. Marta, col suo abito di seta nera, di gran gala, così corto da scoprirle  i ginocchi, si ritrasse per lasciarla passare e la guardò un poco incuriosita ma subito la malizia del suo sguardo acuto si tramutò in apprensione. 
"Signora..." e le si avvicinò, pronta a sorreggerla.
"Nulla!... Sorvegliate le indossatrici... e soprattutto controllate i biglietti d'invito..."
"Ma voi, signora..."
"Nulla, vi dico!... Fa troppo caldo lì dentro..."
La direttrice ebbe un gesto, la seguì con lo sguardo, finì coll'alzare impercettibilmente le spalle. Cristiana si meravigliò di aver potuto parlare. Appena dentro l'ascensore, sedette. E di nuovo uno specchio tornò a metterla di fronte a se stessa. Adesso, poteva pensare. Che colpo aveva avuto!... Ma era possibile? Non si era ingannata? una rassomiglianza... sì, per quanto straordinaria, doveva trattarsi di una rassomiglianza... La bcca le si contrasse in una smorfia di disgusto. Disgusto di se stessa. Mai di fronte al pericolo ella aveva cercato d'ingannare il proprio cervello, d'illudersi. Anche quando e si era rivelata l'orribile verità sul conto di suo marito, aveva sopportato il colpo bravamente, con coraggio freddo e cosciente. E, freddamente, aveva preparato la fuga. Le cento astuzie  a cui era ricorsa per non fra trasparire nulla del suo progetto, Cristiana le aveva adoperate con sottile sagacia. Era in gioco la vita el'aveva difesa. ma adesso?... Tanto era assorta e sconvolta, che l'ascensore si fermò e lei no se ne avvide. Soltanto dopo qualche secondo ebbe coscienza dell'immobilità improvvisa in cui si trovava. Nell'aprire il cancelletto, quando si vide dinnanzi il lungo corridoio bianco, da pavimento a mattonelle rigate di nero, con le erme stilizzate disposte a riscontro sulle due pareti, fra porta e porta, che ne aumentavano la lunghezza, si chiese a quale scopo fosse fuggita lassù. Se veramente la dona che aveva veduta nel suo salone era colei che temeva - e lo era - come poteva sperare di sfuggirle, nascondendosi? Anna Sage non era venuta in Italia sola... E soprattutto non si era recata a quell'esposizione di modelli di Cristiana O'Brian, senza sapere chi era Cristiana... Doveva essere stato Russel a mandarvela; Russel che si trovava in Italia anche lui e che evidentemente l'aveva cercata e trovata. A mezzo corridoio si fermò ed entrò nella sua camera da letto. Ecco perché era fuggita. Per rifugiarsi in solitudine e perché aveva assoluto bisogno di distendersi, di gettarsi sul letto... Non poté farlo, però, perché il letto era occupato, ed era occupato da un cadavere. Questa volta Cristiana O'Brian Svenne e il tonfo del suo corpo sul tappeto si ripercosse cupo per il corridoio, senza peraltro turbare la fissità delle otto erme di falso marmo. 

Questo passo è tratto da:

Il Mistero delle tre orchidee
Augusto De Angelis
Sellerio Editore, Ed. 2002
Collana "La memoria"n° 509
Prezzo 12,00€

lunedì 27 maggio 2013

Diario di un mese di libri... Marzo-Aprile 2012

"SelfPortrait". Foto del 2012 della fotografa Taisia Petrovna
(Repubblica Moldova 1986).
Fonte: Libri Antichi e Usati

Ebook
"Manuale di buonsenso in rete", Alessandra Farabegoli
"Uomini contro la mafia", Vincenzo Ceruso - eNewton Saggistica
"Signor Malaussène a teatro", Daniel Pennac - Zoom Feltrinelli
"EL ESPECIALISTA DE BARCELONA", Aldo Busi - Dalai Editore
"Festival e funerali (La cultura)", Natalia Aspesi, A. Gentile, A. Pino - Il Saggiatore
"I book blog. Editoria e lavoro culturale", eFFe - Amazon
"Settanta", Simone Sarasso - Marsilio Editore
"Il web e l'arte della manutenzione della notizia", Alessandro Gazoia - Minimum Fax Editore
"Confessioni di un sicario dell'economia", John Perkins- Minimum Fax Editore

Libri
"Partigiano Inverno", Giacomo Verri -Nutrimenti Edizioni
"The best of McSweeney's: 1", Eggers, D.  - Minimum Fax Editore
"Malattia e destino", Dethlefsen, Thorwald - Edizioni Mediterranee
"Servirà qualcuno che ci legga, alla fine", Zambotti, Carlo - Gorilla Sapiens Editore
"Sdisonorata società. Storie di ordinaria deregulation e straordinarie incazzature", Gianpiero Caldarella - Navarra Editore



Libri letti
"Se il mondo finisce a dicembre non pago Equitalia. Racconti di ordinaria superstizione." AA.VV. - 80144 Edizioni
"Mussolini censore.Storie di letteratura, dissenso e ipocrisia", Guido Bonsaver - Laterza Editore
"Partigiano Inverno", Giacomo Verri - Nutrimenti Edizioni
"Operazione Compass. La Caporetto del deserto." Andrea Santangelo - Salerno Editrice
"Quattro soli a motore", Nicola Pezzoli Neo Edizioni
"Contro il tiqui taca. Come ho imparato a detestare il Barcellona", Michele Dalai -  Mondadori Editore (Ebook)
"L'impronta dell'editore", Roberto Calasso - Adelphi Editore
"Passi sotto l'acqua", Alicia Kozameh - Et. Al. Edizioni
"Babbo Natale è strunz", AA.VV - 80144 Edizioni

Ho scoperto di fare più fatica ad impaginare l'elenco qui sopra che a scrivere il post! Comunque questa è la sintesi dei libri/ebook presi/letti tra Febbraio(solo acquistati) Marzo ed Aprile. Per la verità più ad Aprile che a Marzo. Per chi si fosse perso le puntate precedenti (delle vicende della lettrice sconclusionata, perché di questo appuntamento, di "Un mese di libri" ho saltato tre mesi ahimè!) sintetizzo al massimo: sono stata male (ma va?! direte voi!), ho scoperto di avere una malattia autoimmune che distrugge i globuli rossi e dopo essere stata ricoverata per 8 giorni in ospedale, sono confinata in casa di mia madre da un mese in malattia, ma ora sto bene!(La versione lunga la trovate qui: Il dono e il blog)

Bene, assolto questo "nel caso ve lo foste perso", il mese di Aprile è stato parecchio interessante, non solo per le letture fatte ma per le decisioni prese tra le quali spicca quella di garantire pari opportunità sia ai saggi che alla narrativa. Come ho già scritto, in occasione di recensioni recenti e passate sui saggi, in Italia se ne leggono pochi e spesso non si legge materiale di qualità perché anche in questo caso il "nome" non è sempre garanzia di contenuto valido. Avviene per i testi sulle mafie di cui parlo, forse un po' meno spesso del passato - ma tornerò presto a farlo, perché ci sono nuove uscite interessanti-, e succede anche per tutti gli altri campi. Come scritto nella recensione riguardante "Operazione Compass" di Andrea Santangelo, questa situazione non è più "non condannabile pubblicamente"- ovvero non si dice perché si tratta di esimi professori o ricercatori-, anzi spesso capita che le diatribe su determinati testi passino il fronte del confronto accademico e finiscano in rete o sui giornali. A questo stato di fatto si contrappone una nuova corrente di pensiero poco conosciuta, ovvero che, da più di qualche anno, una generazione di accademici ha deciso di spalancare le porte della cultura accademica studiando forme di scrittura più congeniali al grande pubblico. Il che non significa "massificare l'informazione rendendola scadente" ma - e qui la sfida è ardua - di semplificare e narrare in una forma che si avvicina a quella della narrativa. Questa nuova corrente è la stessa che vede la realizzazione delle Lectio che vengono proposte nei vari Festival letterari e di filosofia - vi ricordo La festa della Filosofia che si terrà dal 4 Maggio fino al 30 Giugno in provincia di Milano- dove tutti hanno l'opportunità di ascoltare e prendere in considerazione concetti che fino a qualche tempo fa rimanevano rinchiusi solo in circoli più ristretti.  Quindi, la decisione di dare uno spazio anche alla saggistica non è solo dovuta al fatto che io senta il bisogno di approfondire alcuni temi, ma anche perché dietro questo mondo c'è molto da scoprire e libri come quelli che recensirò hanno un fascino indiscutibile e spero che anche altri decidano di provare.

Questo mese, e più, che vi sto per raccontare è quindi costellato anche di saggi. Non pretendo che li prendiate tutti in considerazione, ma fortuna ha voluto, che siano tutti contigui nei periodi trattati e negli argomenti e che quindi si possa approfondire un tema come quello spinoso dell'editoria e l'altrettanto poco conosciuto - ma spesso sulla bocca e nella fobia di molti-, come il fascismo italiano. I libri che trattano di questi argomenti sono il "Mussolini censore" di Bonsaver, "L'impronta dell'editore" di Calasso, "Operazione Compass" di Santangelo e un libro recensito il mese scorso che è "Carlo Emilio Gadda. Storia di un buonoannulla" di Pedullà (e aggiungo un romanzo che entra solo per il periodo storico "Partigiano Inverno" di Verri). Nel caso dei saggi l'unico ad essere per metà vecchio stampo è quello di Gadda che, per stessa ammissione in prefazione dell'autore è una ristampa, rivista e corretta, di un saggio degli anni '90. Si nota questa differenza e troverete  Caporetto (sconfitta e resa degli italiani) citata in uno dei primi capitoli un centinaio di volte (perché è il momento in cui il giovane ingener Gadda diventa anche scrittore), ma passato questo ostacolo vi assicuro che la prosa divertita di Pedullà, che tratta Gadda alla stregua di un amico di cui - nonostante tutte le nevrastenie e fobie - si può ancora sorridere, vi conquisterà. E la chiave del libro si nasconde nel sottotitolo, ma non vi dico altro! Rimane il fatto che leggerlo è illuminante non solo di un periodo ma anche del rapporto molto contrastato fatto di amore e odio fra l'autore e la madre, rea di compiangere un solo figlio e di dimenticarsi degli altri due, e del suo sguardo piccato verso un mondo borghese, cui appartiene e che lui stesso rifiuta, proprio dai tempi di Caporetto. 

Per quanto riguarda Bonsaver (Mussolini Censore.Editoria e censura nel periodo fascista) e Santangelo (Operazione Compass. Storia, sconfitta in Libia) invece l'approccio contemporaneo e indagatore di un periodo buio come quello fascista regna sovrano e la Caporetto del deserto della 10° Armata capeggiata da Graziani riflette in pieno un clima politico che spesso viene descritto erroneamente per quello che non era. Il Mussolini, che ha molte corrispondenze con quello che descrive Bonsaver, è un uomo che accentra il potere ma che poi si limita alla cura dei dettagli futili, mandando al fronte gente attrezzata come nella prima guerra mondiale, che affida la tattica di schieramento a chi non si è mai aggiornato e che non riesce nemmeno a far collaborare le varie forze armate. L'operazione Compass fu la Caporetto non solo degli uomini, che hanno fatto miracoli per resistere senza nulla in mano cosa che stupì molto gli inglesi, ma anche di un finto dittatore che voleva sedersi al tavolo dei grandi e non ne aveva ne la forza economica e tantomeno quella armata e rimaneva circondato dal solito sciame di attendenti, funzionari e politici, nonché imprenditori interessati al proprio orticello e per nulla allo "stato littorio". Un ritratto su cui bisognerebbe riflettere non poco e che ha molte attinenze con lo stato di fatto che viviamo anche oggi e ha radici lontane anche in quel periodo.

Ma perché era così Mussolini? Ce lo dice chiaro e tondo Bonsaver, perché non è mai stato all'altezza del mito, costruito da un libro "Dux" che lo consacrò alle cronache nazionali e internazionali (e la qui presente lettrice sconclusionata pare averne trovata una copia!). L'immagine fu costruita da una donna, ebrea e convertita al cristianesimo 10 anni prima delle leggi razziali (che in Italia vengono promulgate del '38). Si chiamava Margherita Sarfatti, scrittrice di talento, amante e ammiratrice di Mussolini, che pubblica a firma del duce anche i pezzi internazionali (in America e in Inghilterra) e che, quando tra loro è finita e lui capisce che   bisogna mettere a tacere le chiacchiere (siamo quasi nel periodo della promulgazione delle leggi razziali) di qualsiasi natura su di loro, riceve la cattiveria più grande che si possa fare ad una donna e soprattutto ad una madre: far passare sotto silenzio l'inaugurazione della tomba commissionata a Terragni (architetto anche della Casa del Fascio a Como) dedicato al figlio 17enne morto in guerra in Africa e pluridecorato (fu portato all'onore delle cronache proprio dallo stesso Mussolini come esempio di morte eroica - dopo aver letto Santangelo, sarei fondamentalmente d'accordo se è partito come quelli della 10° armata!-). 
Poi la fuga della Sarfatti prima in Svizzera e infine nell'America del Sud, dove vive un lungo auto-esilio, e, al rientro, tutti hanno dimenticato ciò che a Margherita era successo e il suo coinvolgimento personale nelle questioni politiche precedenti (noi italiani abbiamo una straordinaria memoria corta!) viene praticamente resettato. Anche questo era Mussolini, un uomo fatto da una donna, che non era all'altezza nemmeno di chi l'aveva creato. E la sua politica verso l'editoria e la censura ne risente grazie a quei funzionari che si alternarono prima negli uffici stampa e poi nel fantomatico MIN.CUL.POP. (Ministero della cultura popolare), retto dalla burocrazia e talmente poco elastico e attento da lasciarsi sfuggire dalle maglie tanta letteratura vietata e che però quando viene sequestrata è solo grazie alle segnalazioni dei detrattori. 
Questo periodo sarà  pertanto caratterizzato da comportamenti contrastanti; da un lato editori come Mondadori o Bompiani che cercano la mediazione auto-censurandosi alla fonte o mandando le bozze degli scritti chiedendo pareri e favori - per cercare di avere il favore di qualcuno e poter pubblicare testi ai limiti della censura - e dall'altro lato aziende come Laterza da cui arrivano risposte divertite, alle direttive inviate dal ministero, "sull'impossibilità di verificare che, tra autori e collaboratori, ci fossero dei circoncisi" e quindi ebrei da segnalare e mettere fuori dai cataloghi o dall'azienda. A questi si aggiungono autori che la censura non "vede" perché usano pseudonimi, vedi Silone o anche che scrivono direttamente all'attenzione del duce, come fece Moravia, rivendicando la loro radice cattolica e che cambiano cognome per tutelarsi dalle insinuazioni dei delatori. Il testo non solo è scorrevole ma è talmente variegato, nelle informazioni, che pretendono che la componente storica si accompagni con quella riguardante la storia delle case editrici, da sembrare quasi un romanzo invece di un ritratto storico puntuale. E riguardo i contenuti di questo libro e di quello di Santangelo dire che "la realtà supera la fantasia" non è un concetto errato!

E arriviamo a "L'impronta dell'editore" di Roberto Calasso che non è solo il fondatore di Adelphi ma anche l'ideatore di un catalogo cui tutti gli editori guardano come ad un riferimento. Sono pochi i titoli in materia che non lo citano almeno una volta e, leggendo questo libello, si capisce anche il perché. E' costituito da una serie di interventi diversi in cui a Calasso fu data l'occasione di parlare del suo lavoro di editore. Leggendo queste pagine avrete l'opportunità di andare a spasso per il tempo: vi capiterà di sedervi, ad esempio, alla fiera di Francoforte ed ascoltare i discorsi di vai editori provenienti da tanti paesi che cambiano in continuazione lingua parlata a seconda di chi è il loro interlocutore oppure di fare un viaggio in un catalogo, come quello adelphiano, dove, per stessa ammissione di Foà, in risposta ad un rifiuto, "Si pubblicano solo autori morti". La scelta non è data dalla cartella clinica, come specifica Calasso sin dall'inizio, ma dalla ricerca del "Testo unico" nel suo genere e nella sua specificità. Il testo unico è un lavoro irripetibile che coglie l'essenza dell'attimo, qualsiasi esso sia, e lo sappia riportare su carta in maniera eterna e incancellabile, questa, in sostanza, pare essere la mission di Adelphi. In fondo, un'interessantissima disquisizione sulla contrapposizione fra digitale e cartaceo, ci porta nell'era attuale e nel rapporto fra testo scritto, editore, l'ebook e l'auto-pubblicazione. Il tono e le motivazioni proposte fanno sembrare l'attuale diatriba, che mette da un lato i cultori della carta e dall'altra i fanatici degli ebook, una quisquiglia destinata solo a far passare il tempo a chi ne ha troppo da sprecare. E devo dire che alla fine è la posizione più convincente e che mi sento di condividere appieno. Potrei dire che da queste cose si vedono le differenze fra i classici intellettuali che appartengono ad un gruppo che sta pian piano sparendo che si contrappongono a quelli della nuova generazione che sono totalmente impreparati al ruolo.

A questi dovrei aggiungere anche il libro che ho al momento (1° Maggio) in lettura "Siamo spiacenti. Controstoria dell'editoria italiana attraverso i rifiuti" di Gian Carlo Ferretti (Bruno Mondadori Editore, Ed. 2012 Collana Saggi_Bruno Mondadori) che è una vera miniera di informazioni riguardo l'editoria, seguito anche da un grande elenco, in fondo al volume, di tutte le opere di riferimento citate nelle varie note. Ma di questo vi parlerò diffusamente il prossimo mese.

Discorso differente riguarda invece "Partigiano Inverno", opera prima di Giacomo Verri. Romanzo che si concentra sulla Resistenza in Valsesia (devo correggere la recensione dove avevo indicato Val Brembana). Si è sviluppata tutta una polemica in merito al mio pensiero, cosa che sinceramente non mi aspettavo ma di cui sono sostanzialmente soddisfatta perchè, nonostante quel che mi viene "rimbrottato" - ovvero che il mio giudizio è un'espressione di un "gusto"- tra le motivazioni addotte contro la mia tesi compaiono solamente "A me piacciono i libri che non sono facili da leggere" o "Io mi sono lasciata trascinare dalla musicalità delle parole (quindi non ha cercato i significati! quindi non l'ha letto!)" e via dicendo. E se queste non sono ragioni di gusto, non saprei a cosa corrisponda l'espressione "dare un giudizio di gusto". 
Il senso della polemica in sintesi riguarda lo stile narrativo con cui è stato scelto di raccontare questa storia. Ci sono un'enormità di termini antiquati, desueti accompagnati da neologismi e termini dialettali che, dalla prima all'ultima pagina, aumentano di consistenza all'interno delle pagine. Questi vanno a comporre frasi di difficile comprensione, che formano dei grumi che impediscono la scorrevolezza della lettura che cessa di essere un piacevole intrattenimento e viene continuamente interrotta dalla ricerca di questo o quel vocabolo per riuscire a parafrasare questo o quel passo. 
La questione che io pongo è: qual'è l'obiettivo dello scrittore? Perchè scrive? Per me  la risposta univoca è: comunicare. Se il messaggio, espressione del pensiero di chi scrive, è illeggibile o di difficile comprensione, allora l'obiettivo non è raggiunto perché non tutti lo leggeranno. Pare che questo punto di vista non sia comune a tutti. Non me ne devo fare una ragione, visto che in un salotto di 5 persone, di cui due erano del sito ospitante, il parere delle lettrici esterne è stato unanime. Ma mi permetto di rimanere stupita da commenti addotti alla causa del libro in questione che sembravano più di sentimento che di questioni fattive. 

La comunicazione invece non è un problema per questo libro di Et.AL. Sempre romanzo, anche se in una formula composita fra diario e lettere, "Passi sotto l'acqua" di Alicia Kozameh. Qui la radice storica non è frutto di una ricerca come quella di Verri, ma di esperienza diretta. Si parla del periodo dei Desaparecidos che fu uno dei più bui dell'America Latina. Nella postfazione, che vi consiglio di non trascurare, viene spiegata l'importanza di libri come questi. La spiegazione non solo è interessante ma presenta un punto di vista diverso per quanto attiene la questione della "Gestione del ricordo"; in sintesi si parla di introdurre all'argomento, coloro che non sanno, con linguaggi semplici ma che si avvalgono di forme di scrittura differenti. 

In pratica questo non è un romanzo unico ma composto da una serie di interventi diversi che  passano dalla lettera al diario per finire ad un resoconto romanzato. Persino Sara, il nome che viene dato alla protagonista che rappresenta la scrittrice, è un nome di fantasia che racconta un'esperienza reale: l'espediente permette all'autrice di prendere le distanze dalla sua storia e di raccontarla con parole diverse, che non sono mosse dalle emozioni personali che però, pare assurda l'asserzione che sto per fare, compaiono raccontate in maniera puntuale nelle varie parti del libro. Questo patchwork di formule di scrittura assicura anche un ritmo sempre diverso della lettura,e anche se l'autrice fornisce , in alcuni passi, resoconti pesanti della sua prigionia per rendere l'idea della distruzione interiore derivata dall'esperienza carceraria, questi riescono a rimanere accettabili per il lettore. Non si sente la rabbia personale di  chi scrive ma ci si immedesima in quella della protagonista. Nella stessa postfazione si  sottolinea l'importanza che sia una donna a scrivere e quanto questa formula sia stata richiesta in passato e viene ancora considerata importante. La sensibilità di donna è quella più adatta  a portare per mano chi si avvicina a questo periodo perché avrà un'accortezza e un'attenzione quasi da madre. E' un concetto che mi è piaciuto molto.

A questo punto, mi verrebbe da dire, veniamo a più leggere note. Ma in effetti non è così. Nonostante le raccolte di racconti di 80144 Edizioni abbiano approcci e titoli più divertenti,"Babbo Natale è strunz" e "Se il mondo finisce a Dicembre non pago Equitalia", non sono solo narrativa ma, come nella migliore tradizione napoletana, nascondono amare morali. Vi ritroverete a ridere come matti, ma se vi soffermate sulla struttura dei racconti scoprirete che, gli eccezionali autori racchiusi in queste raccolte, riescono a trasformare la favola napoletana nata con "Lo cunto de li cunti" di Basile in un racconto contemporaneo che, sospeso tra ironia e  sarcasmo, rende un'immagine vivida della società odierna. I rapporti familiari, quelli con la religione e, perché no, anche quelli fra sconosciuti che frequentano lo stesso bar. C'è  sempre un obiettivo puntato da qualche parte, il gioco sta nel scoprire l'autore prima che lui sorprenda noi e devo ammettere che non è facile. Nonostante i due libri contengano molti pezzi, il fattore comune a tutti non è solo il tema principale ma anche la scorrevolezza dei testi e la cura dell'editore nell'organizzazione di questi all'interno della raccolta. In più  ne "Se il mondo finisce a Dicembre non pago Equitalia" c'è in fondo ad ogni racconto un codice a barre (suppongo si chiami così anche quello che non ha più le barre!) in cui, con un programma di scansione adeguato, potete sentire la voce degli autori.
Sono raccolte da non trascurare e ve le consiglio volentieri anche per il prezzo che è insperatamente basso.

Finisco l'elenco con due libri:"Quattro soli a motore" di Nicola Pezzoli e "Contro il tiqui taca. Come ho imparato a detestare il Barcellona"di Michele Dalai .
Per quanto attiene Pezzoli, parliamo di un esordiente, un bravissimo esordiente. A parte la penna felice che riesce a tenere un ritmo della storia calzante per circa 300 pagine - e vi assicuro che è raro!-, ma soprattutto colpisce la composizione della storia che si intreccia con molte altre non perdendo mai il filo principale e che, al lettore, sarà chiaro solo alla fine del libro. Un po' pulp, noir, giallo e anche romanzo diventa un collage che descrive un unico periodo della vita di ognuno di noi, che è quella stagione in cui si cambia e si diventa grandi. Non ci sono spiegazioni, nessuno le ha e né le troveremo in futuro, visto sono diverse per tutti. Ma l'osservazione dei cambiamenti che avvengono in Corradino ci portano indietro nel tempo e ci fanno riflettere su quel che volevamo essere e su ciò che siamo diventati. Il tutto accompagnato da una scrittura scorrevole che non si ripete nelle descrizioni e che riesce anche a strapparci più di un sorriso.

Per Michele Dalai, il libro è bello, ma magari è più facile comprenderlo se si è tifosi di calcio. Per me che guardo alla questione come "22 matti controllati da tre becchini tutti in mutande che corrono dietro una palla", diventa arduo leggerlo con una certa "leggiadria olimpica". Ma alla fine ce l'ho fatta e l'ho finito. Mi sono ritrovata a sorridere delle teorie dell'autore sul gioco del Barca o Barcellona (chiamatelo come vi pare!) e quindi a simpatizzare con il suo disamore (chiamiamolo così!) per questa squadra che, adesso, vive un momento un po' particolare (un mese a casa di mammà mi ha messo in grado di sapere tutto del calcio e non mi chiedete perché!). Il capitolo che più mi è piaciuto è la lettera al proprio figlio con la spiegazione di come porsi per far valere le sue convinzioni sulla questione e su come non farsi affascinare da slogan. E' certo che il "pensiero contro il Barca" lo metterà sempre in minoranza e se sarà forte se ne farà una ragione come il padre. Un libro simpatico, ma per le ragioni di cui sopra è destinato ad un pubblico affezionato al genere sportivo, altrimenti, è difficile apprezzarlo fino in fondo.

Per quanto riguarda gli ebook comprati, sono in maggioranza quelli delle offerte lampo al 0,99€ quindi la convenienza ha dettato i tempi di acquisto.  Per gli altri non provo nemmeno a trovare una scusa, ci sono e basta.

Questo è stato il mio mese e mezzo di letture. Sperando che la lista vi sia utile e di riuscire a montare al più presto l'elenco di Maggio,  vi auguro buone letture,
Simona Scravaglieri






Fonte: Portale Regione Umbria




domenica 26 maggio 2013

Umberto Galimberti, Enzo Bianchi, "Il nostro bisogno di verità", Bari, 20 Aprile 2012 - "La repubblica delle Idee"


Siamo a Bari ad Aprile 2013 e la manifestazione si chiama "La Repubblica delle Idee".
Ospiti Galimberti, un filosofo, e Bianchi un priore.Il tema "Il nostro bisogno di verità" parte da un intervento della mattina di Veronesi ovvero dalla morte. Questa è l'occasione pe riflettere sul significato delle parole e delle rappresentazioni cristiane e anche di dare un senso, o una verità, a componenti della vita come è anche la morte. Galimberti cita Nietzsche "la migliore invenzione del cristianesimo è dire che non si muore mai" e prosegue dicendo che chi è cristiano vive nella speranza della vita futura ma conclude la prima parte del suo intervento è perentoria: lo stesso Nietzsche, non dimentichiamoci ha detto "Dio è morto".
Il discorso, piano piano prenderà una piega diversa come succede in tutte le conversazioni che vedono contrapporsi scienza e fede passando per le nuove declinazioni della teologia e altri riferimenti filosofici e letterati.
E' un incontro molto interessante, su temi che conosciamo e che ci riguardano, chi più e chi meno, che è utile affrontare a mio avviso partendo da sollecitazioni inusuali.

Spero che vi piaccia come è piaciuto a me,
buona domenica e buona visione,
Simona Scravaglieri





I libri citati in questo video:

Cristianesimo
La religione del cielo vuoto
Umberto Galimberti
Feltrinelli Editore, ed. 2012
Collana "Serie bianca"
Prezzo 18,00€

Una lotta per la vita
Conoscere e combattere i vizi capitali
Enzo Bianchi
San Paolo Edizioni, ed 2012
Collana "Biblioteca Universale Cristiana"
Prezzo 7,00€

Fede e fiducia
Enzo Bianchi
Einaudi Editore, ed 2013
Collana "Vele"
Prezzo 10,00€

venerdì 24 maggio 2013

"Un incontro casuale", Rachel Cohen - L'altra Storia....

Sogni, Vittorio Corcos
Fonte: OLI Osservatorio Ligure Sull'informazione

Ho scelto quest'immagine perché  penso  che  rappresenti perfettamente il mio approccio a questo libro mentre lo stavo leggendo e corrisponde all'immagine che mi sono fatta dell'autrice mentre lo pensava e lo scriveva. Il titolo del quadro è "Sogni" ma io metterei molto facilmente viaggi o incontri. In fondo, i libri poggiati sulla sinistra sono rappresentativi dei viaggi che si affrontano ogni volta che se ne apre nuovo e degli incontri che si fanno con i personaggi raccontati e che, quando hai un bel lavoro in mano, a malincuore  si lasciano. Quindi immagino che anche Rachel Cohen, quando ha cominciato a pensare a questo libro, avesse di questi momenti di riflessione. Un progetto nato on-the-road, perché scaturisce dalla lettura dei libri che ha selezionato per portarseli in un lungo viaggio nel quale attraverserà l'America. Sono lavori eterogenei ma che, alla fine, dopo il lavoro e lo studio fatto per per completare questo progetto, diventano una strada o un fil rouge come preferite, che attraversa il tempo a partire dalla Guerra Civile Americana traguardando agli anni '60 del secolo appena passato.

Il traino della "Storia che passa" non è lo scandire del tempo ma gli incontri, fortuiti o cercati, fra i protagonisti che vedono nelle loro fila generali, attori, fotografi, scrittori, sceneggiatori, poeti, critici di letteratura e arte nonché attivisti per i diritti della popolazione nera. Si incontrano e si scontrano con grandi battaglie (di armi e di pensiero) che li vedono famosi e al contempo emarginati per gli stessi motivi. Questo perché, gli uomini e le donne qui presentati, sono meritatamente o no degli outsider, rappresentati di correnti di pensiero che si contrappongono alla sicura letteratura precedente, schiva alle novità e rigidamente convenzionale, e propongono non solo temi nuovi ma forme di rappresentazione dell'arte diverse. Withman, Bishop, John Cage, Ann Porter, i fratelli Steiner, Du Bois, Henry James e tutti gli altri, di cui si narrano i rapporti, non cercano la notorietà fine a sè stessa ma sono mossi da un altro bisogno, un nuovo linguaggio e nuove forme di espressione necessarie per raccontare i fermenti della civiltà moderna. L'uscita dagli schemi precostituiti e convenzionali che vincolano gli uomini a seguire sempre le stesse strade, per alcuni, diventa un'esigenza non una formula "alternativa" all'esistente ma un mezzo nuovo di espressione e di comprensione per dipingere un mondo che, dai tempi della Guerra Civile, è in continua evoluzione, e profondamente diviso sulle questioni sociali e razziali, e chiede a gran voce di essere narrato anche nei suoi momenti più bui.

E quindi il generale Grant, che sognava di diventare il presidente degli Stati Uniti, viene raccontato nella sua duplice faccia: quella di comandante pluridecorato, ammirato che considerato un eroe nazionale, con la pedante attenzione alle carte e alla geografia dei luoghi e, al contempo, nella sua strategia di conquista delle posizioni nemiche e nel difendere Washington sacrifica una marea di uomini. Ricorda il Principe di Machiavelli con la scelta fra l'obiettivo finale e gli uomini che gestisce. Eppure, nella foto che lo rappresenta, il suo sguardo fiero che guarda al di là verso l'orizzonte o la battaglia, che ha il sapore della rappresentazione dell'eroe di altri tempi certo di quello che fa, è invece frutto dell'intuizione di un fotografo, Mathew Brady, che invece ha un altro progetto quello di fotografare tutti i grandi del suo periodo. Diverrà anche uno dei primi fotografi di guerra e sarà grazie alle sue foto che le forze armate scopriranno l'importanza dell'applicazione dell'arte delle foto ad uso delle strategie militari. Da Brady, che immortalerà in un ritratto famosissimo Abramo Lincoln, passeranno a farsi fotografare molti personaggi illustri della cultura e della politica del periodo. Uno per tutti, il giovanissimo Henry James con suo padre.

E' con questo metodo che la Cohen costruisce il grande quadro storico, incastrando personaggi e coincidenze e arricchendo, laddove ci sia necessità, le storie con un pizzico di immaginazione, che non guasta e che non è mai esagerata. In fondo questa raccolta di storie è concepita proprio per essere come un grande romanzo della "Storia vissuta" e come tale va letto tenendo anche conto che in fondo al libro, e prima della puntualissima bibliografia di riferimento -integrata anche con i titoli tradotti in italiano dai collaboratori della casa editrice-, l'autrice stessa riporta capitolo per capitolo ciò che è vero e ciò che è abbellito o immaginato. Una formula straordinariamente perfetta perché permette al lettore di godersi in tutta autonomia i ritratti riportati e poi farli tornare alla memoria per scindere realtà da fantasia.

Come spesso mi succede mi sono domandata a chi raccomandare questo libro e questa volta la risposta è: a tutti. Che vi importi o no delle battaglie razziali, della guerra civile o delle discussioni sull'opportunità dell'arte contemporanea non importa. Il testo scorre con una facilità tipica della narrativa e diviene come una grande saga di famiglia. In questo caso la famiglia non è rappresentata da possibili parenti, ma dagli ideali che muovevano l'armi e i pensieri di chi poi ha fatto la storia. E' bello a volte sapere che un sogno può essere un patrimonio di molti, lo trovo stimolante. 

Il progetto di Rachel Cohen restituisce un meraviglioso spaccato di un pezzo di mondo raccontando una parte, perchè c'erano molte altre correnti che qui non vengono prese in considerazione, della "Storia delle arti americane", sospesa fra America e  ed Europa - in Italia ma soprattuto in Francia tangendo idealmente i racconti di Adrienne Monnier sopratutto della sua Parigi, centro nevralgico delle nuove correnti culturali prima e durante la seconda guerra mondiale -. E così passando da una provocazione ad una galleria out-sider, tra giovani poeti che si scrivono e riprendono una le poesie dell'altro, amori e grandi litigate, party leggendari e l'immancabile fiume di alcool accompagnato da mille sigarette i protagonisti di questo mondo vengono raccontati, e a volte si raccontano da soli, per quello che sono: uomini e donne con grandi ideali e grandi sogni ma pur sempre umani. Ad esempio Whitman, rifiutato dalla cultura imperante perché ritenuto troppo diretto nei suoi componimenti poetici, viene raccontato tramite una foto e i ricordi di chi definì la sua pelle così rosea da far venire voglia di morderla. C'è poi John Cage, riconosciuto maestro della musica contemporanea e famoso per un concerto sul silenzio, che porta in giro gli amici su una macchina comprata con i soldi vinti a "Lascia o raddoppia" come esperto di funghi. Il racconto, anche se è arricchito, riesce a fondere serio e faceto in una forma così armoniosa da non necessitare altro. 

E' quindi molto semplice, grazie ad una scrittura scorrevole e amabile, leggere questo lavoro che si presenta in una forma imponente di quasi 500 pagine. I capitoli mai troppo lunghi e le caratterizzazioni dei protagonisti ben suddivise nei vari momenti tra un incontro e l'altro, garantiscono al lettore di non dover continuamente tornare indietro per riportare alla memoria di chi si sta parlando, perché i continui rimandi sparsi in maniera discreta e mai ripetitiva (ovvero mai con le stesse parole) fanno sì che sia semplice richiamare alla mente di chi si sta parlando.
E' un libro che vi mancherà già prima di finire, che ha molti spunti interessanti da approfondire e che infine non vi insegnerà la Storia ma gli uomini, i pensieri e le idee che hanno fatto sì che diventasse tale.

Buone letture,
Simona Scravaglieri 


Un incontro casuale
Rachel Cohen
Adelphi Edizioni, ed. 2006
Collana "La collana dei casi"
Prezzo 30,00€


Fonte: Letturesconclusionate

mercoledì 22 maggio 2013

[Dal libro che sto leggendo] I libri hanno bisogno di noi

George Steiner
Fonte: Superfluities Redux


Si parte dalla descrizione dell'importanza dei libri, in questo pamphlet, per parlare della loro necessità e, ad un certo punto, il libro stesso è quasi messo sotto accusa. Porta con sè la possibilità di poter leggere i pensieri e i messaggi inviati (leggi tema del libro) dai vari autori eppure, contestualmente, non è un messaggio democratico perché, come sostengo anche io, la scrittura non prevede discussioni (essendo scritto non può essere modificato) e, questo è un pensiero di Steiner che ancora non so se condivido, nemmeno garantisce il ricordo (se è scritto non c'è bisogno di mandarlo a memoria) e in qualche modo diventa anche lo strumento della "fissità" e della immutabilità del pensiero. 

Detta in poche parole, facendo riferimento al mondo ebraico Steiner sostiene che la Torah ha garantito agli ebrei la possibilità di conservare la propria identità anche risiedendo in vari paesi che non erano la terra promessa grazie allo studio continuo; ma al contempo questo studio ha favorito l'ortodossia del culto e di chi la studia che si fissa nello studiarla e nell'applicarla quasi supinamente. Mentre, nel mondo, c'è un'altro modo di trasmettere la cultura e è quella che utilizzano Socrate e Gesù ovvero l'oralità. Questa garantisce il dialogo (essendo narrata oralmente garantisce a chi ascolta la possibilità di intervenire) anzi, secondo me, sarebbe meglio dire la discussione, ma ha anch'essa un difetto: se colui che deve trasmettere il messaggio, non lo ha compreso o è morto, questo verrà modificato e quindi potrebbe non essere come l'autore l'ha concepito o, in caso di morte, verrà perduto.

Non so come andrà a finire, sono a pagina 56 di 82 e pensavo di finirlo in un batter d'occhio. Invece sono pagine  pregne di concetti che non possono essere letti in velocità. Ogni pensiero pretende di essere preso in considerazione attentamente vagliato. Quindi la mia lettura, in questo caso è più lenta e ponderata ma, visto che l'approccio è interessante  ve lo segnalo molto volentieri. Il pezzo riportato non è lunghissimo e visto che le pagine non sono tante come detto ma, se avessi segnalato i vari concetti probabilmente vi avrei tolto il gusto della scoperta dei pensieri steineriani, per cui questa volta vi dovrete accontentare!

Buone letture,
Simona Scravaglieri

Quelli che bruciano i libri, che mettono al bando e uccidono i poeti, sono ben consapevoli di ciò che fanno. E' incalcolabile il potere indeterminato dei libri. Ed è tale proprio perché il medesimo libro, la medesima pagina può avere sui lettori gli effetti più disparati. Può esaltare o avvilire; sedurre o suscitare disgusto; stimolare alla virtù o alla barbarie; accentuare la sensibilità o banalizzarla. In modo davvero sconcertante può ottenere indifferentemente questi risultati, quasi nello stesso tempo, nello slancio di una risposta così complessa, così rapida nella sua alternanza e così ibrida che non esiste ermeneutica, né psicologia in grado di prevederne la forza o di misurarla.

A seconda delle fasi della vita un libro susciterà nello stesso individuo reazioni del tutto differenti. Nell'esperienza umana non si ha fenomenologia più complessa di quella degli incontri fra testo e percezione, o, come osservò Dante, fra le forme del linguaggio che oltrepassano la nostra capacità d'intendere e i livelli di comprensione rispetto ai quali il nostro linguaggio si dimostra insufficiente: la debilitate de lo 'ntelletto e la cortezza del nostro parlare.
Ma in questo dialogo sempre imperfetto - gli unici libri comprensibili fino in fondo sono quelli effimeri e opportunisti; gli unici di cui si possa cogliere appieno il significato potenziale- si può leggere un invito alla violenza, all'intolleranza , all'aggressione sociale e politica. Céline è il solo di noi destinato a durare, diceva Sartre.   

Questo pezzo è tratto da:

I libri hanno bisogno di noi
George Steiner
Garzanti Editore, ed. 2013
Collana "Saggi"
Prezzo 10,00€

domenica 19 maggio 2013

L'ha detto...Hans Georg Gadamer


Fonte: "Io amo i libri"


Ogni comprensione del singolo elemento è condizionato dalla comprensione del tutto. Ogni spiegazione del singolo elemento presuppone la comprensione del tutto. 
Hans Georg Gadamer

venerdì 17 maggio 2013

"Quattro soli a motore", Nicola Pezzoli - Quando costruii il monte di lancio...

Fonte: Il buco di Lephio


Immaginate di essere dei controllori dello spazio e che il vostro compito sia quello di salvaguardare un intero sistema solare. Ogni pianeta, appartenente a questo sistema, ha le sue virtù e intelligenze; in sostanza è quasi un sistema perfetto dove le qualità di tutti sommate insieme lo rendono un paradiso. Ma, come detto, è "quasi" perfetto perché, fra questi pianeti virtuosi ce n'è uno, abitato da scimmie, che invece riunisce tutti i difetti non presenti negli altri pianeti. Un "pianeta pecora nera" in poche parole. Ma visto che gli altri mondi sono lodevoli e hanno a cuore il bene comune, inviano loro rappresentanti per cercare di diffondere anche nel pianeta delle scimmie la loro cultura e le loro scoperte. Ma non si può rendere perfetto ciò che è nato rotto, e le scimmie non capiscono, travisano, interpretano a modo loro e così un messaggio "buono" diventa sinonimo di guerra, oppressione, distruzione, sottomissione e via dicendo.

Già vi vedo, "Ecco è un libro fantascientifico!". Ebbene no! È un insieme di metafore che non solo raccontano un'evoluzione sociale reale cominciata anni fa - e che guardando i telegiornali trova molte similitudini nella società odierna - ma, in più, è una delle letture che si possono fare della trama stessa di cui fa parte. Consideratela una spiegazione fornita dall'autore al gesto che lo muove nel raccontarvi questa storia. 
In questo caso la sperimentazione della sovrapposizione di generi (pulp, giallo/mistery, romanzo, saga familiare) si combina perfettamente e si traduce in un testo divertente e leggero che non si nega la possibilità di trattare un argomento serio come quello dei rapporti umani inquinati dalla società, che dovrebbe essere civile proprio in virtù delle regole che ha creato, e quindi difficilmente assimilabili e comprensibili allo sguardo, ancora disincantato anche se non più fanciullesco, di un ragazzino di undici anni.

Il protagonista mette subito in chiaro quello che non vuole che si prenda in considerazione, come argomento principale, già nella prima pagina e lo fa  in maniera molto chiara, come ci si aspetterebbe da un ragazzino della sua età che non sente ancora la necessità dell'orpello o della diplomazia. Mi chiamo Corradino. Mio padre, da quando è disoccupato, mi picchia ogni sera e mia madre beve ogni giorno ma, questo, non è quello che vi voglio raccontare. In sintesi le intenzioni iniziali, mantenute nel corso dello svolgersi della vicenda, sono proprio queste.
Corradino infatti, figlio della fine degli anni '60 vuole parlarci di un unico periodo, l'estate del 1978, che per lui sarà il momento dei grandi cambiamenti. Il trasloco, il vivere vicino a parenti fino ad allora quasi sconosciuti, il migliore amico, il primo amore, il primo bullo. L'estate di cui si parla è quel periodo, diverso per tutti e che capita in età diverse, che tutti viviamo quando intervengono fattori o situazioni per le quali il corso della nostra vita cambia e si comincia a crescere dentro, anche se il nostro aspetto esteriore denuncia altro. E' questo il tema cui Corradino tiene in modo particolare: i momenti che hanno decretato ciò che  è diventato nel suo presente narrativo in cui ricompone quel magico periodo( geniale soluzione per congegnare pensieri analitici infantili con un linguaggio scorrevole da adulto). La cinghia del padre e le bottiglie della madre c'erano anche prima del suo trasferimento e sono quindi una componente, purtroppo, consolidata cui non fa più caso, è parte integrante della sua normalità.

In questa storia c'è anche un quaderno, è rosso e antico e pieno di pagine bianche che attendono di essere riempite. Potrebbe divenire un libro o un diario per trascrivere quei segreti che non si raccontano nemmeno al migliore amico ma, per ora, allo stadio iniziale di questa storia riserva al ragazzino solo quei brividi piacevoli e terribili del rispetto e della necessità di esser scritto solo di cose eterne. C'è solo una possibilità e non può essere sprecata. L'estate del '78 tutte le remore spariscono e queste pagine diventano il luogo dei pensieri, delle riflessioni ed osservazioni di quel mondo adulto che deroga dai suoi doveri di ordine e di protezione, nonché di creazione di un luogo migliore per le generazioni che verranno (ricordate le famose scimmie di cui sopra?) e invece si rivela ad uno sguardo più semplice e senza sovrastrutture nelle sue componenti più bieche e superficiali.

Questo è un lavoro di un  di un esordiente, che già dichiara la sua maturità di scrittore, che rompe con il genere romanzesco che è molto in voga al momento e che parte da una realtà prendendola solo come spunto. Si parte da una storia dell'Italia di provincia e di paese. Il microcosmo che si crea nei confini comunali è la forma di metafora più piccola del mondo che siamo abituati a vivere e che, chiaramente, i paesani, qui rappresentati, ignorano come non esistesse altro. In questo microcosmo sociale sono rappresentati tutti dal ricco al povero, il bullo, lo scemo del villaggio, la chiesa, il politico il malato e quello sano. È questo microcosmo che forma chi ci vive in mezzo e che ci influenza mentre diveniamo "chi saremo" e guardarlo, analizzarlo e scindere quel che va eliminato dovrebbe essere compito degli adulti mentre diventa "campo di prova e di sopravvivenza" dei ragazzi che fanno incetta di esperienze tra ingiustizie e scoperte sommandole nel proprio background  come fossero strati di terra su cui salire per sembrare più alti e quindi più grandi. Forse potremmo racchiudere il senso di questo libro in:
 "Quell'estate in cui costruii e salii sul monte di lancio di Charlie Brown"

Come già detto la soluzione narrativa è delle più felici regalandoci una storia raccontata con una lingua adulta, punteggiata da campi, pensieri, paure e desideri di bimbo e condensata in uno scritto scorrevole di ampio respiro che dona alla grande metafora della società in cambiamento, seppur sempre caratterizzata da una perniciosa stasi,  una leggerezza insperata. Sicuramente un lavoro che non si dimentica e che si fa rileggere. Corradino non vi deluderà, ne sono certa!

Buone letture,
Simona Scravaglieri


Quattro soli a motore
Nicola Pezzoli
Neo. Edizioni, Ed. 2012
Collana "DRY"
Prezzo 15,00€


Fonte: LettureSconclusionate

mercoledì 15 maggio 2013

[Dal libro che sto leggendo] Servirà che qualcuno ci legga, alla fine

Fonte: Aenigmatica.it

Oggi sono stata un po' cattiva in questa segnalazione, perché ho interrotto, ad arte, questo racconto proprio nel clou della risoluzione della vicenda. Badate, qualsiasi soluzione date, potrebbe non avvicinarsi a quella scelta dall'autore, ma è proprio questo racconto che detta il ritmo della raccolta. E la scelta non è casuale. Immaginatevi di essere voi davanti a quella cattedra e davanti a quei cubi di argilla, di avere a disposizione un'ora. Come la passereste? Il dilemma non è tanto fare ma comprendere quello che abbiamo davanti e creare in base alla comprensione. Insomma creare diventa sinonimo di sguardo analitico. O forse è meglio creare e da lì poi dedurre? potrebbe anche essere una soluzione praticabile. Ma creare e poi tirar fuori la teoria potrebbe richiedere del tempo e magari rifare ulteriori prove per poter affinare i dati raccolti. Oppure serve un approccio diverso, che agguanti e tasti la realtà plasmandola nel suo insieme? La realtà è modificabile, oppure dobbiamo dare al gesto della bimba mora il valore ambivalente di tastare la realtà e contestualmente smussarne gli angoli più fastidiosi o sbagliati?
Il tema è interessante e la risposta poi includerebbe, implicitamente, un finale personalizzato da parte del lettore. Vi consiglio quindi di fare la riflessione prima di sapere il punto di vista dell'autore, come ho fatto io, e avrete la prova tangibile di come siete e di come è lui.

Dicevo, questo approccio è costante per tutte le storie, alcune introdotte da interessanti disegni e foto, dove in ogni momento compaiono persone, oggetti e luoghi. L'aspetto più interessante è che hanno il sapore di un appunto dal quale in un secondo tempo è nata una storia. Ora, se dovessimo riferirci ad una teoria di Magris esposta a Pordenone Legge "L'autore scrive e alla fine scopre il significante (ovvero il tema principale o chiamatela morale) della storia". In questo caso, credo che il significante sia nato insieme alla storia, perché tutte hanno un approccio al tema sociologico che sembra scaturire da una profonda osservazione di movenze e di attimi. E in fondo è  questa la particolarità di questo scrittore, esordiente, di cui mi auguro di avere ben presto altri testi in mano, perché è veramente piacevole e interessante da leggere per poi potersi confrontare con i temi proposti.

Io lo consiglio e in particolar modo a chi si è stufato di leggere sempre le stesse storie. Aggiungo che, se non lo trovate in libreria è disponibile online (io l'ho preso su Amazon) e che il libro è confezionato alla vecchia maniera, ovvero è un libro rilegato come non ne si vede spesso in circolazione (viva le piccole e medie case editrici di qualità) e vi arriva in un battibaleno!

Buone letture,
Simona Scravaglieri

Il test

Al centro del soffitto, sopra tre piccoli banchi di scuola, grandi neon mandavano una luce forte e triste che finiva si uccidere i colori già smorti della stanza: il pavimento grigino, le pareti verdastre, i vetri opachi delle finestre azzurrognole, la cattedra legnacea. Sulle tre piccole sedie la stessa nausea da prestazione osservata - una sensazione inventata dalle cavie di laboratorio - dipingeva smorfie sui volti dei ragazzini lì seduti. Guardavano con aria assente, velata di preoccupazione, il vasto sorriso artificiale che il signore seduto in cattedra stava rivolgendo loro mentre spiegava il da farsi.

- Quello che succederà oggi non sarà in nessun caso oggetto di valutazione e non avrà ripercussioni sul vostro curriculum scolastico. E', diciamo una specie di regalo del vostro direttore. Vi aiuterà a capirvi meglio in questa età difficile e che potrà esservi utile per decidere del vostro futuro. Un modo per conoscersi, per conoscervi. Non è una gara, non c'è competizione, anzi. prendetelo come un gioco. Vi sarà capitato già da piccoli di farne di simili. Le regole non ci sono, c'è solo un limite di tempo: un'ora. Avete un'ora per fare quello che volete con quello che trovate sui vostri banchi. Un'ora a partire da adesso! - concluse sorridendo, così come aveva iniziato , un sorriso pedagogico e rassicurante. Un brivido corse lungo la schiena dei tre ragazzini. Si scambiarono uno sguardo perplesso: prima il ragazzo con la ragazza mora, poi la ragazza mora con la bionda, poi la bionda con il ragazzo.. Lo stesso sguardo trigemino si posò poi sui tre parallelepipedi di creta grigia che i neon illuminavano impietosi sui tre piccoli banchi. Il sorriso dalla cattedra incoraggiava silenzioso, osservandoli.

La prima a muoversi fu la bionda, che con una scrollata di spalle e un leggero sbuffo prese a staccare minuscoli pezzetti di creta e a scaldarli fra i palmi rosei. La mora subito dopo allungò voracemente entrambe le mani verso il blocco e iniziò a manipolarlo tutto intero con energia esplosiva. Il ragazzo continuava a fissare il blocco, immobile e perplesso.
Il tempo passava silenzioso nella concentrazione del lavoro manuale. Il sorriso dietro la cattedra si era da un po' immerso nel registro su cui ogni tanto veniva scribacchiato qualcosa. La bionda aveva davanti a sé vari piccoli oggettini che aveva formato con la creta, che le belle mani pallide continuavano a lavorare con precisione chirurgica e determinazione granitica. La mora sembrava stesse lottando con un qualcosa che aveva sagomato dal blocco iniziale, o che forse si era sagomato da solo fra le sue mani foti e affusolate, contro la sua volontà, e che adesso le faceva la guerra . Il ragazzo continuava a fissare il blocco, con uno strano sorriso di traverso e un che di vagamente angosciato fra le pieghe della fronte. 

L'ora a disposizione, sessanta minuti sospesi, inesorabili, eterni, dilatati dal lavorio e abbreviati dalla tensione insinuante, finirono all'improvviso con un trillo di campanello che fece sussultare ragazzini seggioline e piccoli banchi. 

- Il tempo è scaduto! Vediamo cosa avete fatto! - disse il sorriso dalla cattedra, emergendo bianco e abbagliante dal voluminoso registro, calando lo sguardo sui banchi e occupanti.

Il libro da cui è tratto questo pezzo è:

Servirà che qualcuno ci legga, alla fine
Carlo Zambotti
Gorilla Sapiens Edizioni, ed. 2013
Collana "Scarto"
Prezzo 14,00€
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