venerdì 30 gennaio 2015

"L'Admiràl", Sara Mandich - Della verità velata e svelata...



Fonte: Architetto Giorgio Galeazzo

Sembra fatto apposta - ma non è voluto - ma  il libro di oggi è come quello di mercoledì, ovvero un romanzo storico. In questo caso siamo a Venezia, anzi nella Repubblica di Venezia nel periodo dell'Inquisizione, e dopo la pestilenza. Non è facile contestualizzare il momento storico perché si accenna all'Inquisizione (intorno al 1500, il concilio finisce intorno alla metà del secolo) del monaco protagonista Efrem. Si cita  anche il Lazzaretto Vecchio come luogo di quarantena per chi veniva da lontano, commercianti e naviganti (dal 1423 al 1468), e la Mors Atra (la peste nera e le epidemie cronologicamente più vicine sono del 1483 e del 1630). Dalle descrizioni dei viaggi verso l'oriente, delle condizioni del lazzaretto, dal miscuglio delle lingue che vengono proposte, per quanto mi riguarda potrebbe essere inserito fra la fine del 1400 e gli inizi del 1500.

Smarcata la questione più complicata, e vi assicuro che non è semplice arrendersi all'evidenza, parliamo di trama, anzi di trame; il plurale utilizzato è dato dal fatto che il testo si compone di tre storie principali - svoltesi nel passato-, che vengono riferite, dai diretti interessati, a padre Efrem. Le tre storie svolgono la funzione narrativa di generarne una terza, che non ha nulla a che vedere con gli attori coinvolti nelle precedenti se non per due fattori: l'amore e la verità. La verità in questo luogo lontano nel tempo e nello spazio dalla vita che viviamo noi e che vivono i protagonisti nel presente della storia, inizialmente, non ha nulla a che vedere con l'accezione classica di "rispondenza piena e assoluta con la realtà effettiva" bensì è una verità velata. Lo è nella vita come anche nell'amore.

Il percorso da verità velata a verità svelata è lento e tortuoso.. Nel momento che vivono i protagonisti di questa storia, il corteggiamento, è una questione inesistente, appartenente solo ad un certo tipo di letteratura che non è citata e per questo non viene presa in considerazione. L'amore è dato dallo sguardo e dall'atteggiamento dell'oggetto amato, in questo caso una donna, che si compra o si rapisce. In quel momento l'oggetto, o donna, diventano proprietà e l'amore ricambiato è qualcosa che arriverà dopo, attraverso la conoscenza dei due appartenenti alla coppia. Ma la condizione di amore appagato è velato dalla mancata interpretazione dei segnali degli innamorati.

Il gioco di chiaroscuri continua nella trama. Un omicidio non chiaro e una condanna a morte. Un'uccisione che potrebbe anche essere un suicidio. Efrem sta tornando al lazzaretto dalla terra ferma, il mistral lo attende al piccolo porto per riferirgli dell'accaduto. Uno straniero, forse impazzito per la lunga quarantena, ha ucciso il capitano. Prima verità velata. La successiva richiesta di spiegazione al condannato a morte rivela una verità reale che ne genera successivamente un'altra velata. L'amore rapito, la vendetta e la disperazione di non poter avere indietro l'oggetto del desiderio. La trama pertanto si svolge in un susseguirsi di storie svelate e verità velate fino all'unica conclusione possibile: la morte del capitano.

Un romanzo circolare pertanto, che però si muove su due tempi presenti distinti, quello delle storie raccontate e quello della narrazione, e che si complica con la necessità di spiegare la vera realtà dell'accaduto. La generazione dell'ultima trama è indotta e non cercata, quel che verrà non è più interessante di quello che ha generato la consapevolezza che questo si potesse realizzare. E se devo dirla tutta, questa costruzione io l'ho trovata affascinante quanto è complicato descriverla senza scendere nei particolari che ne potrebbero guastare la lettura a chi, incuriosito, vorrà affrontarla. I mondi in cui si svolge e si racconta l'incomunicabilità, l'amor conteso, le gesta vittoriose eppure a volte vili, la difficoltà di rapportarsi tra sessi diversi non poteva essere più azzeccato come anche il luogo. In un mondo che viveva un periodo oscuro, come quello dell'inquisizione, in una società mortificata da religioni, a volte ingombranti, e da convenzioni civili/usanze folkloristiche a volte incomprensibili, l'autrice riesce ad narrare questo racconto che si svolge alla luce del sole rivelandone, però, i suoi lati più nascosti.

In fondo, nonostante l'iniziale scombussolamento dovuto all'utilizzo di più linguaggi diversi, quello che mi è piaciuto di questo lavoro è la scioltezza con cui l'autrice, arriva e passa da una certezza all'altra smontandole pezzo per pezzo, senza però dare al suo lavoro l'aura dell'estremo pessimismo. In un'epoca che aveva visto la morte nera, in luoghi di perdizione come potevano essere quelli della quarantena nel lazzaretto, in periodi oscuri e incerti, la vita non ha smesso di resistere ed esserci. La dannazione delle anime non è una cosa dovuta solo ad una azione sbagliata, ma la dannazione nasce direttamente dall'incomprensione. E laddove esista qualcuno in grado, invece, di cercare quella verità vera - quella che è definita come rispondenza effettiva alla realtà-, solo al momento del disvelamento, quest'ultimo, avrà imparato la strada per la salvezza della propria storia e anche del proprio amore.

E' stata una bella lettura scorrevole ed è una dimostrazione che si può fare un ottimo lavoro anche con pochi personaggi sapendo utilizzare la caratterizzazione degli stessi come punto di partenza per svolgere gli incastri delle varie versioni della storia che si sta rivelando davanti agli occhi del lettore.
Un lavoro diverso dal solito e anche un testo veramente valido a mio avviso. Non occorre dire che è consigliatissimo.

Buone letture,
Simona Scravaglieri


L'Admiràl
Sara Mandich
Lingua Franca Edizioni, ed. 2014
Collana "Europea"
Prezzo 9,90€


Fonte: Foto e Pigiama LettureSconclsionate

mercoledì 28 gennaio 2015

[Dal libro che sto leggendo] La dama nera


Fonte: Wikipedia



Questo libro mi è veramente capitato per caso fra le mani e non dico che ero scettica, ma comunque un po' perplessa. I romanzi che si inseriscono in un periodo ben definito di tempo di solito possono essere ottimi lavori oppure diventare grandi fregature. E invece, stupite, questo è veramente un ottimo lavoro, con una buona ricerca alle spalle che è cresciuto quasi per caso dalle ricerche, che avevano un altro percorso, di Sally O'Reilly.

Ci muoviamo in una Londra fra la fine del 1500 e il 1616. Due storie si intrecciano fra loro, quella più conosciuta di Shakespeare e quella meno conosciuta, almeno per me, di Aemilia Bassano in Layner. Lei è una donna colta cresciuta all'ombra della grande aristocrazia alla corte di Elisabetta I. Pupilla di Susan Bertie, contessa del Kent, la viene permesso di studiare latino, greco e di accedere al mondo della cultura e in particolare della letteratura seppure è orfana di padre e madre e non ha un titolo nobiliare. Cresce ed entra nelle grazie del Lord Ciambellano di cui giovanissima diventa l'amante. E qui inizia la nostra storia. Il Lord Ciambellano è il patrono delle arti e del teatro proprio nel momento in cui Shakespeare sta cominciando a farsi conoscere. La bisbetica domata è il motivo per il quale si incontrano, e si scontrano insomma si conoscono!

Non svelo altro, se non che è un libro che si lascia leggere e che, nonostante romanzi qualcosa di cui non c'è modo di dimostrare l'esistenza, fonde reale e immaginario in una maniera così perfetta da far sembrare il tutto decisamente verosimile.
Un ottimo libro, di cui oggi vi inserisco il prologo con il quale spero di incuriosirvi!
Buone letture,
Simona Scravaglieri

In fondo, come al solito i riferimenti del libro.

Prologo 
Sono una strega per l’epoca moderna. Incantesimi modesti, i miei, che vendo a caro prezzo. La gente chiede sempre le stesse cose. I sortilegi più comuni riguardano l’amore, o ciò che l’amore promette, oppure l’odio, e ciò che questo può compiere: ovvero fatture per ottenere un amante o la nascita di un figlio (o per liberarsene) o utili agli affari o alla vendetta. Quando un incantesimo funziona, mantengono il riserbo, godendo dei benefici in silenzio. Quando fallisce, naturalmente la colpa è tua. Perciò è consigliabile che una strega sia cauta, silenziosa e ben nascosta. 
Questo valeva anche prima che dessero il via ai roghi. Oltre il mare, in Sassonia e luoghi limitrofi, intere piazze di mercato vengono date alle fiamme; cumuli di stoppia incendiano la notte; si bruciano anche cento streghe alla volta, perlopiù incapaci perfino di incantare un verme per snidarlo dal suo buco e colpevoli solo di essere vecchie, stupide e imprudenti. Anche in Inghilterra fermano la magia con il sangue. Ho visto una strega impiccata a Thieving Lane: le hanno tagliato le mani e la lingua e l’hanno squarciata dalla gola all’inguine, perché le budella potessero balzarle fuori sotto i suoi stessi occhi. Sembravano tanti lupi mannari ingordi di sangue. Mi sembra ancora di sentirla gridare con quella bocca mutilata: invocava Male e pestilenza su tutti i presenti. (Quella era una vera strega, vecchia di cinquecento anni.)
Ma adesso voglio raccontarvi la mia storia. Di Aemilia, la fanciulla che voleva troppo. Non certo segnata e scheletrica come sono oggi, ma vivace, brillante e impaziente com’ero allora. Del mio adorato figlio, che amo moltissimo. Dei miei due mariti, e del mio unico vero amore. E del dottor Forman, il più dissoluto dei medici. Dell’abito di seta che indossavo la prima volta che mi recai da lui per una profezia: giallo e oro, con una bellissima gorgiera inamidata che si afflosciava a un semplice soffio di pioggia, e che faceva ben risaltare la mia carnagione scura. E di come la gente restasse a fissarmi nel vedermi passare.

Questo pezzo è tratto da:

La dama nera
Sally O'Reilly
Sonzogno Editore, Ed. 2014
Traduzione M. Magrì
Collana "Romanzi"
Prezzo 19,00€

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domenica 25 gennaio 2015

L'ha detto... Marcel Proust



Fonte: Officine del vintage


Lasciamo le belle donne agli uomini senza immaginazione. 
 Marcel Proust

venerdì 23 gennaio 2015

Marylin, gli ultimi tre giorni, Elisabetta Villaggio - La bionda e l'uomo nero....

Finte: OpenSalon.com
E' solo nell'ultimo decennio che la figura di Marylin è stata rivalutata. Fino ad allora, ai più, era conosciuta come la classica bionda svampita, incline all'abuso di medicinali. Eppure nonostante non fosse, a detta di tutti, orgogliosa del ritratto che le avevano costruito gli Studios, è riuscita per quasi un ventennio a rimanere sulla cresta dell'onda con riconoscimenti anche internazionali. Che fosse solo per la sua bellezza o che il suo sguardo ora civettuolo e ora innocente riuscisse a rapire gli occhi degli spettatori non è poi così importante, importante era invece scalare la vetta per poter diventare autonoma nelle scelte dei film da girare in un'epoca dove gli attori erano semplici stipendiati e dipendevano in tutto  per tutto dalle scelte di scuderia anche nella scelta dei copioni da interpretare.

Elisabetta Villaggio, in questa storia, racconta quale sia per lei la fine della storia di Marylin, da sempre avvolta in una coltre di mistero e contesa fra quel si dice e quel che non si dovrebbe nemmeno pensare. La Marylin degli ultimi giorni, assomiglia vagamente a quella dello schermo, con i suoi sbalzi umorali che, nella vita, a differenza del copione, sono dovuti alle scelte e alle frequentazioni che ha in quel periodo. Così il sipario, in questa commedia tragica, si alza il giorno della sua morte, una camera, un letto, una pianta alla finestra, la governante che chiama la polizia annunciando la morte della Monroe, il medico personale e il suo psichiatra e la nervosa agente.

Sono personaggi che interpretano un doppio ruolo quelli di attori sul palcoscenico e di attori che devono rispondere senza dire, o sapere sperando di non sapere. Sembrano quasi emuli della Marylin che giace nel letto. Il mistero non  dato solo dalle frequentazioni che Marylin ha in quel momento, ma dal fatto stesso che sia un'attrice di così alta rilevanza, dalla gestione del lutto nazionale e internazionale con i relativi interessi economici. dopotutto lo spettacolo deve andare avanti e può e deve inglobare questo accadimento come facente parte del grande circo dell'illusionismo cinematografico.

Dalla scena iniziale, come detto, si torna indietro di tre giorni. Non è l'inizio della fine, ma è il momento in cui tutte le trame si condensano in una sola e diventano una storia. Al di là del fatto che a me è veramente piaciuto, quello che trovo interessante, nella magia dei testi teatrali e che riescano a trovare l'attimo di condensazione di una vita, prima che accada qualcosa e dopo che che le cause scatenanti abbiano dato via al decorso carambolesco finale che si mette in scena. Non è una cosa semplice da fare e la struttura del romanzo è di solito troppo allungata perché possa rendere l'effetto. Ci si avvicina il racconto, ma è una pratica un po' in disuso, oggi si punta solo sul colpo di scena finale. Per contro, questo testo teatrale, invece si legge agevolmente, e il ritmo dettato dal botta e risposta dei personaggi, garantisce una tensione costante tesa verso la scena finale.

L'uomo nero? Non ve lo posso dire...ma c'è! A voi scoprirlo!
Buone letture,
Simona Scravaglieri




MARILYN, GLI ULTIMI TRE GIORNI
Elisabetta Villaggio
Panesi Edizioni , Ed 2014
Collana "Gli Speciali"
Prezzo 2,99€

Font: LettureSconclsuionate

mercoledì 21 gennaio 2015

[Dal libro che sto leggendo] Terzo settore in fondo

Fonte: Vita .it



Questa volta si tratta di un libro che ho finito di leggere, ma ho dovuto cogliere l'attimo propizio in cui riesco a leggere un libro di seguito all'altro per potermi portare avanti con le pendenze che ancora ho da parte.  E in questo caso l'estratto è proprio un assaggino perché il libro non è lunghissimo ma, secondo  me, coglie perfettamente l'atmosfera in cui, in un arco di tempo lavorativo di un "operatoresocialeanapoli" di qualche mese, si opera a favore di chi approda sulle coste italiane.

Il lavoro è sempre individuato sì come professione ma soprattutto in merito alla corresponsione monetaria che viene data all'atto della prestazione erogata. Nel caso di questo tipo di attività, come dice Marco lo status lavorativo è simile, o forse peggio, di quello di un precario o di un disoccupato. Peggio perché oltre a non essere pagati nemmeno con un indennizzo provvisorio si lavora a volte più di dieci ore al giorno e forse più dei sei giorni a settimana che il protagonista dichiara.

Questo perché a spingere queste persone è la passione e la voglia di creare una vita diversa, magari migliore, per chi non ha nulla e non conosce nessuno. Succede con le famiglie italiane e anche con gli immigrati irregolari. Se avete per una volta provato una grande passione per un'attività, non potrete che comprendere le motivazioni che smuovono queste persone anche se gli enti che dovrebbero facilitar loro il compito, invece, glielo complicano.

Veramente un bel libro che riesce a parlare di grandi argomenti in maniera tutt'altro che pesante con una scrittura scorrevole e divertente,
buone letture,
Simona Scravaglieri


UNO

Inizia un altro mese. Un altro mese di battaglie. un altro mese senza stipendio. No, non sono disoccupato. Sono un operatore sociale. A Napoli. "Operatoresocialeanapoli" dovrebbe essere una parola da inserire nel vocabolario della lingua italiana. O in quello dei sinonimi, alle voci "precario" o "autolesionista".
Sono impegnato in un progetto per i richiedenti asilo con una piccola associazione. No profit, of course. Che finanzia le proprie attività con fondi pubblici, e dunque costantemente alla mercé di questa o quella amministrazione, di questo o quell'assessore, di questo o quel dirigente, di questa o quella ragioneria o tesoreria. Lo so, andrebbero le iniziali maiuscole. ma sono pochi quelli che davvero le meritano, e allora faccio la media ed escono le minuscole.
Molti mi chiedono: "Ma chi te lo fa fare?". Oppure: " Perché non ti cerchi un lavoro vero?". Alla prima domanda francamente non so più cosa rispondere se non che lo faccio per passione. La seconda, invece, mi fa sempre decisamente incazzare. Sgobbare fino a dieci ore al giorno per sei giorni a settimana non è un lavoro vero? 
Stamattina ho un appuntamento in questura. Devo incontrare il dirigente (fa media da solo), il dott. Arcangelo. Sono settimane che chiedo un colloquio, finalmente me lo ha concesso, beninteso con un preavviso di solo qualche ora. D'altronde posso capirlo: fornire informazioni sullo stato di permesso di soggiorno di un ragazzo senza fissa dimora, vittima di guerra e per giunta anche depresso cronico non è una grande priorità. Dobbiamo già ringraziare se non glielo danno scaduto, il permesso, come succede il più delle volte.
Prendo la famosa pseudo giacca delle grandi occasioni acquistata al mercatino rionale, infilo le carte nello zaino e mi avvio alla fermata del bus.

Questo pezzo è tratto da:


Terzo settore in fondo
Cronistoria semiseria di un operatore sociale precario
Marco Ehlardo
Spartaco Edizioni, ed. 2014
Collana " I saggi"
Prezzo 9,00€

domenica 18 gennaio 2015

L'ha detto... George Bernard Shaw

Fonte: Pinterest



Non sa niente, e crede di saper tutto. Questo fa chiaramente prevedere una carriera politica. 
 George Bernard Shaw

venerdì 16 gennaio 2015

"Terzo settore in fondo", Marco Ehlardo - L'importanza di chiamarsi Thomas...

Fonte: Immigrati USB
Non è Thomas, l'uomo in questa foto, ma rende l'idea di quello di cui parleremo oggi. Thomas, infatti, è un po' "l'uomo nero" che metterebbe paura ad un qualsiasi burocrate. Thomas è nella faccia di ogni immigrato e in quella interiore di ogni italiano che si trovi, suo malgrado, a fare i conti con lo stato, le regioni e i comuni italiani. Thomas è "l'Uomo Nero incazzato bianco" (rispettando la regola di Marco di mettere le maiuscole solo a chi se le merita) perché non capisce quale sia la necessità di tanta burocrazia per avere il riconoscimento di rifugiato,che si interroga sulla necessità di compilare tante scartoffie, di aspettare tanto tempo e di essere trattato come un uomo che viene dalle campagne, ignorante, stupido e pronto ad essere fregato o sfruttato. E il potere di Thomas che spaventa chi si nutre, alle spalle di chi per necessità si rivolge allo stato Italiano e tutte le sue istituzioni, delle speranze altrui truffandole è racchiuso in una sola domanda: Perché?

Ecco, "perché?", se lo chiedono un po' tutti e se lo chiede spesso anche Mauro, l'alter ego dell'autore che attraverso il protagonista narra le sue vicissitudini giornaliere, ogni volta che inizia il processo di conoscenza di una nuova persona. In questo caso "conoscenza" significa far breccia nelle paure di chi ha affrontato un lungo viaggio per arrivare qui e teme di venire rifiutato prima ancora di aver dimostrato il proprio valore. In questo processo, nonostante la buona volontà di chi vuole veramente fare la differenza, succede sempre un qualcosa che fa sì che la persona fatta di carne, ossa e del suo vissuto fino a quel momento, si trasformi in un racconto raccolto nelle carte che, triturato, timbrato, protocollato, visionato, discusso dai vari enti che devono risolvere la pratica, viene  svuotato rischiando di diventare solo un numero di protocollo. Ed è qui che il ruolo, di chi è occupato nel sociale, diventa vitale. Impedire quella trasformazione è un po' come impedire alla gente di dimenticare. Ed è questo processo che seguiamo man mano, stando dietro a Mauro, fase dopo fase, una lenta ricostruzione della realtà che preclude al giudizio finale che può dar vita ad un sogno di libertà e dignità o, anche, può distruggere ogni speranza.

Ma come avviene sempre, se ogni giorno la si vedesse in questo modo non proprio ottimista, sarebbe una ben grama vita da vivere e sarebbe altresì complicato alzarsi ogni mattina e tirare fino alle sette, muovendosi da un ufficio all'altro per far valere i diritti di chi li deve aver riconosciuti sulla carta per poterne usufruire. Così Mauro non si nasconde dietro il suo ruolo istituzionale, ma ci mette a parte anche dei suoi pensieri più privati e delle battute ironiche che vengono fuori nei momenti più impensati. Si fa la conoscenza dei collaboratori, del capo solo di facciata, i responsabili della procura e via dicendo, nessuno rimane fuori da questo resoconto o meglio solo uno manca all'appello. Ma il "chi" e il "perché?" ve lo dovete scoprire da soli.

Non si può non solidarizzare con i protagonisti di queste storie, sia che siano incazzati neri che incazzati bianchi, ma da eroi di tutti i giorni quali sono, nello svolgere il proprio lavoro, diventano un po' anche amici nostri. E' un bel libro, scorrevole, a tratti divertente e in altri commovente. E' un compendio di quello che nel nostro mondo dovremmo correggere oltre alla diffidenza verso chi è diverso da noi. Ed è un lavoro che consiglio proprio a tutti per dei semplici motivi:

- non è un saggio vecchio stampo, ma costruito come un racconto vero e proprio;
- non è un tomo;
- non è noioso.

Ma, di contro, è un quadro completo di quello che è il nostro biglietto da visita verso coloro che ci vedono come una terra di opportunità - di passaggio per il resto d'Europa o no non ha importanza - dove poter vivere una vita migliore.
In più è anche scritto bene, cosa volete di più? A me è veramente piaciuto.
Perché il titolo è "L'importanza di chiamarsi Thomas"? E' scritto nel libro e sono certa che una volta letto lo troverete attinente!

Buone letture,
Simona Scravaglieri

Terzo settore in fondo
Cronistoria semiseria di un operatore sociale precario
Marco Ehlardo
Spartaco Edizioni, ed. 2014
Collana " I saggi"
Prezzo 9,00€



Fonte: LettureSconclusionate


mercoledì 14 gennaio 2015

[Dal libo che sto leggendo] Marilyn gli ultimi tre giorni

Fonte: Panesi Editore




A questo libro tengo particolarmente perché ho avuto modo, in maniera del tutto inconsapevole, di leggere Elisabetta sui canali sociali, ed è una persona che particolarmente apprezzo per il suo modo di porsi nei confronti delle persone. Ora, se vi state chiedendo il perché di "in maniera del tutto inconsapevole" è perché Elisabetta non è solo una scrittrice, ma anche regista sia teatrale e di cinema, insegna alla RUFA (Rome University of Fine Arts), collabora con parecchie testate giornalistiche. Insomma non credo che si sia mai fermata un attimo!  Quindi quando mi è arrivata la segnalazione, per altri canali e non da lei, che il testo teatrale che aveva scritto era disponibile in ebook ci ho messo due secondi netti a richiederlo. 

E devo dire che, nonostante di solito i lettori rifuggano dai testi teatrali, questo a quanto pare, vale proprio la pena di leggerlo soprattutto perché nonostante i dialoghi inseriti come in un brogliaccio da attore, scorre con tranquillità e riesce a rendere, anche se scritto, la tensione della scena che si pone davanti ai lettori. La  domestica, il dottore, lo psicologo introducono non solo la scena finale da cui si parte per risalire ai tre giorni precedenti, ma ricostruiscono una Marilyn forse diversa da come ci è sempre stato raccontato, che vive gli ultimi tre giorni forse in maniera meno roboante, ma più piena, anche se preparatoria a quel che avverrà.

Mentre sto leggendo, mi convinco che ho fatto veramente bene a prenderlo visto che, ultimamente, non sono molto fortunata con le letture, questo libro e quello di cui parleremo venerdì sono un vero toccasana!

Buone letture,
Simona Scravaglieri


Prefazione 
Sono le 4.25 del mattino del 5 agosto 1962. Eunice Murray, una donna dall'aspetto severo che fa la governante, sta componendo un numero di telefono. Risponde il sergente Clemmons, della polizia di West Los Angeles. La signora Murray annuncia che Marilyn Monroe è morta. Comincia così la commedia teatrale in un unico atto sugli ultimi tre giorni di Marilyn. Nella notte tra il 4 e il 5 agosto del 1962 Marilyn Monroe moriva in circostanze ancora oggi non chiarite. Quella donna dal corpo sensuale e dal sorriso bambinesco che aveva fatto sognare milioni di uomini e che era destinata a diventare un mito a tutt'oggi inossidabile moriva in circostanze misteriose. Aveva 36 anni. Addirittura la data della morte non dovrebbe essere esatta perché il corpo senza vita pare sia stato trovato prima della mezzanotte, quindi sabato 4 agosto, da Eunice Murray, la sua governante, Ralph Greenson, il suo psichiatra e Hyman Engelberg, il suo medico curante. Chiamarono la polizia di Los Angeles dalla casa di Marilyn, la villetta al 12305 Fifth Helena drive, a Brentwood, un quartiere tranquillo nella zona ovest della città dove accorse anche Pat Newcomb, la sua addetta stampa. Subito si è parlato di suicidio e così hanno confermato tutti i testimoni. Troppo velocemente. Tutti quei testimoni erano facilmente ricattabili. Era diventata scomoda Marilyn, con le sue amicizie pericolose, con amanti come due fratelli Kennedy, John e Bob, con frequentazioni con personaggi legati alla mafia come Frank Sinatra, con ex mariti legati alla sinistra come Arthur Miller. Sapeva troppe cose perché a letto gli uomini, anche quelli importanti, si rilassano e parlano. Era uno spirito libero, Marilyn, indomabile. E questo poteva far paura a molti. Aveva voglia di rivalsa, non voleva essere usata e poi messa nell'ombra. Minacciava di parlare, di raccontare. Minacciava i poteri forti che potevano essere intimiditi da quella donna particolare che voleva vivere la sua vita fino in fondo, una femminista ante litteram.
Cosa successe? Come morì? Chi mise tutto a tacere? Perché le persone che le erano intorno non raccontarono tutta la verità? Io ho cercato di raccontare gli ultimi giorni della sua vita senza fronzoli, party ed abiti di lusso. Ho immaginato Marilyn nell'intimità della sua casa, tra le sue cose, le persone che frequentava o con le quali chiacchierava al telefono. E, ovviamente secondo il mio punto di vista, ho raccontato come è morta.

Elisabetta Villaggio

SCENA 1

Si apre il sipario. A destra c'è una camera da letto con un letto con lenzuola bianche. Alla sinistra del letto, un comodino con sopra un telefono bianco. Dall'altro lato del letto, sulla destra, a parete uno stand pieno di vestiti e poi una poltroncina. Ci sono piante e una grande finestra sulla destra del letto. Sulla sinistra del palcoscenico, come se fosse fuori dalla camera da letto, un tavolino con un telefono rosa. Dietro, nel lato sinistro, nascosta da una specie di trasparente, c'è un'altra stanza che si intravede appena: è il cottage degli ospiti. La scena è quasi buia. Solo una piccola luce ad illuminare il tavolino col telefono rosa.

VFC 5 agosto 1962 ore 4.25 del mattino.

Eunice Murray, la governante, una donna dall'aspetto severo, sta componendo un numero al telefono.

EUNICE Polizia di Los Angeles?

CLEMMONS (VFC) Sì, sergente Clemmons della polizia di West Los Angeles, cosa posso fare per lei signora?

EUNICE Marilyn Monroe è morta, si è suicidata, io sono Eunice Murray, la sua governante.

CLEMMONS (VFC) Arrivo subito signora, mi dia l'indirizzo.

EUNICE 12305, Fifth Helena Drive.

La governante esce e dopo un attimo suona il campanello della porta. Rientra accompagnata dal sergente Clemmons. Si alzano le luci. C'è un letto con una donna morta, sdraiata a faccia in giù, coperta da un lenzuolo. Si intravede un ciuffo biondo di capelli che spunta dalle lenzuola. Ai bordi del letto ci sono due uomini, il dottor Engelberg, medico generico di Marilyn, e il dottor Greenson, lo psichiatra di Marilyn. Engelberg, il più calmo dei due, è seduto vicino al letto sulla poltrona mentre Greenson in piedi, cammina nervosamente avanti e indietro.

EUNICE Eccola, si è suicidata.
Questo pezzo è tratto da:

MARILYN, GLI ULTIMI TRE GIORNI 
Elisabetta Villaggio  
Panesi Edizioni , Ed 2014
Collana "Gli Speciali" 
Prezzo 2,99€   


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domenica 11 gennaio 2015

L'ha detto... Walter Scott


Fonte: I ragazzi di sessant'anni


La continua intenzione di iniziare una nuova vita, senza però trovare mai il tempo per farlo, è come l'uomo che rimanda di mangiare e bere un giorno dopo l'altro finché non arriva a morire distrutto dalla fame. 
 Walter Scott

venerdì 9 gennaio 2015

"Alla fine John muore ", David Wong - Trova il film e vinci l'altro mondo...

Fonte: Alvaro photo

Questa è più o meno la faccia che ho fatto confrontando alcuni degli stralci di dichiarazioni su questo libro e quello che effettivamente ho letto io.


"In una pagina fa sprofondare il lettore nel terrore puro e in quella successiva lo fa ridere"Publisher Weekly 
"Il libro mette insieme i trend della cultura pop degli ultimi vent'anni, aggiunge un pizzico di humor adolescenziale e amalgama il tutto con un tocco di splatterpunk. Il prodotto finale vi farà morire dalle risate e dal terrore" i09.com
Non ve le riscrivo tutte perché sarebbe ridondante ma il succo di quel che pensano costoro, probabilmente appartiene ad un altro modo di concepire il terrore e l'humor oppure fanno riferimento ad un altro libro. In questo libro c'è solo una buona traduzione che si evince dal fatto che, nonostante i vaneggiamenti il traduttore non ha scritto svarioni e le frasi sono tutte frasi di senso compiuto, nel limite dei vaneggiamenti dello scrittore. E tenere l'attenzione per redigere la traduzione di 496 pagine deve aver richiesto una buona dose di pazienza.

David Wong, che è la voce narrante, si trova coinvolto, suo malgrado, in una specie di complotto di creature non ben identificate di un mondo parallelo (Indipendence Day, Visitors) che vogliono avere un contatto di tipo non stabilito - un momento sembra li vogliano eliminare in altri abbiano bisogno della loro energia (Matrix) -. Hanno un primo contatto che viene sgominato con una grande battaglia combattuta in un Casnò di Las Vegas a tema ( tipo egiziano quindi La mummia) in cui combattono affianco ad uno spiritista che insegna la gente a gestire i contatti con l'aldilà (sono certa ci sia un film sul tema ma non ricordo quale sia) che viene posseduta in vari modi e contrastata con oggetti sacri come canzoni, preghiere, croci e mentine con frasi apostoliche (L'esorcista). Alcuni dei "contagiati" da insetti si trasformano a loro volta e senza una particolare motivazione o in morti viventi (Zombie o Il ritorno dei morti viventi) o in insetti (mi sembra sia Phenomena).

Ora, se anche io che, non guardo mai la tv e non vado mai al cinema, non ho nemmeno una minima formazione riguardo la filmografia degli ultimi anni, ho riconosciuto questi riferimenti ecco, forse, sono un po' troppo evidenti. Vi è venuto il dubbio che sia un'accozzaglia "da paura"? Più o meno sì, ma un motivo c'è e lo spiegano in fondo al libro. Tranquilli, non vi racconterò il finale! Ma c'è una postilla dell'autore che si chiama in realtà Jason Pargin, e non David Wong come si firma. Il libro non è nato come un libro bensì come una storia. Fu pubblicato e l'autore visto i complimenti e le richieste di proseguirlo ha, nel tempo, allungato la storia. Da qui si evince il perché il libro continua a virare stile, perché compaiono tutti questi riferimenti evidenti e soprattutto perché sia così confusionario e lento da leggere.

Non che io sia una che se ne intende di film horror o di letteratura del genere, per vedere Phenomena ci ho messo un mese e per la maggior parte l'ho visto da dietro al televisore, ma se non ho provato "terrore" io, trovo difficile che risulti tale ad altri. Forse avrebbe fatto meglio a suddividerlo in più libri e a snellirlo un po' nei punti in cui sembra più  più il divertimento dell'autore nel descrivere dei particolari la situazione che una effettiva necessità della storia. Particolari come tutta la descrizione cdiJohn (l'amico di combattimento) che da morto parla con David attraverso un Hot Dog e la successiva riflessione di una ventina di righe del capitolo dopo in cui, quest'ultimo deduce, che è riuscito a parlare tramite un qulcosa da mangiare perchè entrambi erano sotto gli effetti della salsa di soia non è grottesco e né ironico ma solo stupito.

Il risultato è un libro da college che ricorda Scary Movie, che può divertire ma solo ad una certa età in cui sarebbe bene evitare di leggere di continue botte e parolacce e di persone che hanno come concezione che il mondo giri attorno al proprio pene. C'è chi lo fa, ma non per questo è un buon esempio! Ho letto questo libro perché coinvolta nel "Gruppo di Lettura "scratch-made"'. E' un gruppo eterogeneo e sconclusionato in cui si fa gruppo spesso leggendo a tema e non sempre lo stesso libro e devo dire che per me che, per natura sono sconclusionata, è un vero tesoro! Bisognava leggere una "vergogna", ovvero un libro che ci si vergognava di non aver ancora letto. Ecco io di vergogne abbondo, e la mia vergogna più grande è "Infinite Jest" che inizio ogni volta e abbandono al capitolo dieci! Ma non avevo così tanto tempo a disposizione così ho scelto un libro che stagnava sul mio comodino da mesi e che non avevo mai aperto, che rappresentava un genere - almeno pensavo- non presente in questo spazio e quindi che dovevo al più presto archiviare!
Detto fatto!

Magari a qualcuno piacerà e mi piacerebbe sapere le sue impressioni, per me è un "dimenticabile" che mi ha fatto patire per essere finito.
Buone letture,
Simona Scravaglieri

Se siete curiosi di ciò che hanno letto gli altri partecipanti al gruppo di lettura:

- Scratchbook con Mattatoio n. 5 di Kurt Vonnegut 

- La Leggivendola con La strada di Cormac McCarthy 
- Peek a book con I primi sette anni e altri racconti di Bernard Malamud 
- Le mele del silenzio con Il professore di desiderio di Philip Roth  (in questo caso, la cosa curiosa è che, sostanzialmente, il giudizio su questo libro è simile al mio; quindi vuol dire che, nonostante persone diverse ed esperienze diverse, quello che è il messaggio di Roth arriva forte e chiaro. Questa è la mia versione: Il professore di desiderio è sempre interessante fare questi confronti!)

Alla fine John muore 
David Wong 
Fanucci Editore, ed. 2014 
Collana "Chrono" 
Traduttore Federico Lopiparo 
Prezzo 20,00€



Fonte: LettureSconclusionate



mercoledì 7 gennaio 2015

"cassandra al matrimonio", Dorothy Baker - Tutta una questione di riflessione...

Fonte Zealous Good
In fondo questo libro è un po' come una fotografia. Una macchina fotografica infatti, in un gioco di rifrazioni e di illuminazione della pellicola, nel digitale non so bene come avvenga - quindi non me ne vogliate!-, restituendo, dopo un accurato processo di esposizione della carta fotografica, una immagine di una realtà che non sempre riconosciamo al primo impatto. E' sottile la differenza fra fotografarsi e guardarsi allo specchio, un po' come sentirsi parlare ed ascoltare la nostra voce registrata. E' un assaggio di come gli atri ci percepiscono; il problema sorge nel momento in cui non ci accorgiamo o non vogliamo cogliere le differenze. In quel momento la nostra identità può cedere e metterci in crisi o peggio, può invadere e creare illusioni oppure immagini distorte che sommergono e distruggono i nostri rapporti. Nella versione precedente di questa recensione, che non vi pubblicherò, mi ero sostanzialmente sentita d'accordo con Cameron - cosa alquanto strana per me che di solito non mi trovo d'accordo con i suoi commenti-. Avrei potuto pubblicare anche subito le "impressioni a caldo". Invece mi sono soffermata a cercare di capire se davvero il messaggio nella storia della Parker risedesse una semplice questione di riflessione, allo specchio o nell'acqua, oppure in un'immagine derivata da una fotografia.

Cassandra e Judith sono sorelle gemelle e sono identiche. Per una vita hanno rifiutato di apparire in maniera completamente uguale all'altra, volevano distinguersi e crearsi una propria identità. Un panorama alquanto illusorio visto che, tornando a casa dalle attività scolastiche o sportive, il loro mondo diventa la casa, senza altri ospiti. E' Cassandra stessa che evidenzia questa appartenenza reputandola un mondo speciale che non può andare in frantumi per la voglia di una delle due, in questo caso la sorella che si vuole sposare, che decide di uscire dagli schemi imposti. Sono imposti perché naturalmente li hanno creati loro stesse creando un mondo parallelo a quello esterno, in cui ritrovarsi e, come dice Cassandra, "essere finalmente loro stesse".
Eppure è il loro stesso mondo creato che le divide quando le due vanno all'università di Berkeley. Cassandra prova il mondo con la certezza che, a casa, troverà la sorella e quest'ultima soccombe nel senso di abbandono. Ed è il momento in cui Judith decide di andare a New York a frequentare la Julliard che provoca la prima incrinatura al mondo di Cassandra. Anche lei sperimenta un abbandono, che però non è definitivo se non fino al momento in cui le viene comunicato che Judith si sposa.

Fin qui si potrebbe parlare della classica storia di appartenenza di due gemelli. Si riconoscono, pensano alla stessa maniera e via dicendo con tutti i cliché del genere. Ma è la parker stessa a rompere gli schemi utilizzando il linguaggio chiaro per due persone che hanno vissuto per lungo tempo in simbiosi per introdurre il lettore in un mondo di incomunicabilità. Due persone che fino ad un certo punto della loro vita hanno condiviso le stesse espressioni e le stesse parole ed improvvisamente non riescono più a farsi capire. L'abbandono, la rottura, il risentimento, il cinismo e il sarcasmo diventano significati diversi per chi li dice e per chi li ascolta. Ed è qui che entra in gioco la reale arte fotografica che fa si che le due sorella si vedano, sappiano come è fatta una e l'altra, conoscano le espressioni, il carattere eppure l'immagine che vedono l'una dell'altra è come si fosse sfuocata e di difficile interpretazione. E' la stessa immagine che hanno dato al mondo esterno fino a quel momento, che impedisce loro di capirsi nella nuova situazione.

Cassandra è sempre stata un vero personaggio, Judith silenziosa e riflessiva. I ruoli si invertono pur non cambiando fino al punto di rottura. Cassandra punta al senso di colpa della sorella e trova un muro pronto ad andare fino all'obiettivo senza dover cambiare rotta. Judith pensa che sia un capriccio e cerca di andare oltre le battute della sorella e invece di trovarsi di fronte quella donna che è stata il suo riferimento e rifugio si ritrova a dover gestire una bambina isterica e capricciosa. A far sfondo a questo confronto che avrà un brusco cambiamento nella terza parte, la loro casa di famiglia, il padre e la nonna, il ricordo presente e distorto - a volte - della madre morta, l'imminente arrivo del futuro sposo. Si esce da questo ranch ma in fondo si rimane sempre lì perché quello è il mondo a cui tutti facciamo riferimento per ritrovarci e rigenerarci. Che sia una casa, un'immagine, un ricordo non c'è nulla da fare, non c'è momento in cui possa avvenire qualcosa che muti quell'immagine felice che non ci trovi impreparati e forse anche restii.

E' in questo che io e Cameron non la vediamo allo stesso modo. La presenza dell'acqua è una costante in queste pagine, ma diventa, per me, solo un espediente per spezzare la tensione che scorre lungo tutta la trama. Diventa imprenscindibile visto che il continuo confronto, se non "diluito", avrebbe potuto assumere invece delle fattezze poco realistiche.

E' una lucida fotografia della realtà che ancora oggi, nei rapporti più intimi con gli affetti più cari, viviamo e proprio per questa semplicità di raccontare e raccontarsi della Parker questo diventa un vero classico a tutti gli effetti che, nonostante narri una storia ambientata quasi un secolo fa, rimane attuale e immutabile allo scorrere del tempo. Proprio come dovrebbe essere per qualsiasi lavoro afferente alla categoria dei "Classici".

Libro assolutamente imperdibile, ben tradotto e scorrevole.
Si lascia leggere in maniera piacevole.
Inutile dire che l'ho proprio adorato!
Buone letture,
Simona Scravaglieri



cassandra al matrimonio 
dorothy baker 
Fazi Editore, ed. 2014
Traduzione: Stefano Tummolini 
Collana "Le strade" 
Prezzo 16,50€

Fonte: LettureSconclusionate

domenica 4 gennaio 2015

L'ha detto... Karl Kraus

Fonte: Fashionplaceface

I giornali hanno con la vita all'incirca lo stesso rapporto che hanno le cartomanti con la metafisica. 

 Karl Kraus


venerdì 2 gennaio 2015

Auguri volanti....



Ebbene sì, sono consapevole di essermi persa qualche post, ma per quest'anno mi sono concessa un po' di svago. Quindi non ho scritto, anche se ho continuato a leggere e tornerò presto con i miei soliti resoconti sulle letture. A domenica!

Un buon anno a tutti, fatto di bei libri e grandi ricordi da creare e da mettere da conto,

Simona Scravaglieri
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