giovedì 31 marzo 2011

Domani si cambia!


Come anticipato la scorsa settimana domani si cambia. Da stasera sarà corretto l'errore nell'indirizzo del blog che si troverà quindi su:


Chiaramente, dovrò aggiornare i feed e spero che l'attivazione sia effettiva già domani mattina. Pertanto, per chi mi segue tramite Feedreader, dovrà aggiornare l'indirizzo feed.
Mi scuso per l'inconveniente,
buona giornata e buone letture,
Simona;)

mercoledì 30 marzo 2011

"Beatrice. Il canto dell'Appennino che conquistò la capitale." Paolo Ciampi - Un libro di altri tempi..



Beatrice e' stata una impresa dello scorso anno. Non perche' sia una brutta storia e nemmeno perche' sia raccontata male, ma sicuramente perchè ci siamo incontrate nel momento sbagliato. La certezza che alla fine io e lei ci siamo intese e' dovuta al fatto che, ancora adesso dopo mesi dalla lettura di questo testo, posso tranquillamente scriverne senza dover fare appello al libro stesso per ricordarmi immagini e pensieri.

Siamo nel secolo scorso. Un medico viene chiamato perche' c'e' una donna anziana in fin di vita. La donna abita in una una casa isolata dal piccolo centro urbano e per andare a farle visita bisogna proprio andarci a piedi inerpicandosi su mulattiere poco agevoli.Questa e' l'unica descrizione non afferente alla protagonista che c'e', a parte quella del finale. La donna e' Beatrice Bugelli di Pian degli Ontani e, cogliendo l'occasione di quest'incontro, racconta la sua vita fatta di povertà dignità lavoro e ottave. Vive in montagna e nella sua vita non ha l'occasione di andare a scuola, come avviene per molti bambini e giovani dell'800 lavora come pastora, negli orti e l'unico grande diversivo e' la transumanza verso in prati toscani. Però, come dice lei spesso nelle sue canzoni, la montagna le è maestra e attraverso il canto riesce a creare ottave talmente armoniose e belle da essere ricercata per questa sua qualità che non sfruttò volutamente sino in fondo. L'intelligenza di questa donna sta proprio in questo nell'apprezzare e comprendere quale dono le sia stato dato e nel volerlo condividere con chi, come lei, lo apprezza e lo capisce, non solo perché e' una tradizione, ma perché vive quel che lei narra. La straordinarietà non sta solo nell'improvvisazione di ottave fra loro coerenti e armoniose ma nella possibilità di fare di quel canto un modo per esprimersi che sia unico e universale, che racconti la vita, le gioie e i dolori. Beatrice, non ha conquistato la luna, non è diventata ricca e nemmeno una cantante internazionale però nonostante questo, e' riuscita, suo malgrado, a rimanere leggenda e orgoglio di un popolo che in lei ha sempre affidato il proprio orgoglio e dignità che sono stati cantati e in pochi e radi versi tramandati anche ai posteri.

Questo libro pertanto e' la trascrizione di un immaginario dialogo che ridà nuova voce a Beatrice per darle una seconda possibilità. Un pò come attendere che colga l'occasione per rimediare alla sua naturale antipatia a lasciare informazioni di sé se non in forma orale. E' un libro lirico che va letto con la calma della montagna e, forse, in questo ho sbagliato ma mi era arrivato in una catena di lettura e in questi casi si corre un po' per non far aspettare troppo chi sta in coda dietro di te. E' una bella storia, raccontata con il piglio delle donne di altri tempi che ricordano una vita fatta di stenti ma anche di grandi soddisfazioni, ed è un testo, per chi ama la montagna e i racconti della gente che lì vive, che vale sicuramente la pena leggere! Insomma una storia di altri tempi raccontata con magistrale pazienza e dovizia di particolari di Paolo Ciampi.

Beatrice. Il canto dell'Appennino che conquistò la capitale.
Paolo Ciampi
Sarnus Edizioni, ed. 2008
Prezzo 10,00€





lunedì 28 marzo 2011

[Da non perdere in rete] Vi presento Darling!



Ogni tanto troverete o avrete già trovato, in fondo a questa o quella recensione,  i ringraziamenti a chi mi ha segnalato questo o quel libro e, tra questi, troverete il riferimento a "Darling". Ebbene, colgo l'occasione per presentarvela!
Il nome di Darling è Federica Frezza ed è scrittrice e giornalista, divisa fra Italia e Inghilterra, che trova, per fortuna mia e di chi la segue, sempre il tempo di farsi due risate intelligenti con chi la segue sul tubo parlando di un pò di tutto e una volta al mese anche di libri.

In generale a me piacciono tutti i suoi video, ma quello mensile sui libri lo attendo sempre con ansia perchè mi piace ascoltare le sue osservazioni su questo o quel libro. Probabilmente la trovo anche affine ai miei gusti (non è che ci voglia poi molto mi direte voi vedendo i numerosi tag differenti che caratterizzano questo blog!). Beh, quel che credo distingua Federica, come altre lettrici che seguo sul tubo e che mano a mano mi piacerebbe segnalarvi, è la curiosità e la disponibilità a mettersi a leggere anche cose differenti dai generi preferiti. In comune abbiamo la propensione all'acquisto compulsivo di libri alcuni scelti, come scrivo anche io ogni tanto, anche solo per la copertina. 
Ora, se come me sentite il bisogno di una appuntamento mensile e intelligente, per sentir parlare di libri (ma anche di altro, i suoi sono i canali piu' attivi; dal trucco al cinema ad altro) che non sia realizzati da editori, ma che raccontano il punto di vista del lettore e se non vi interessa che il genere che vi viene raccontato sia il vostro preferito -ma vi piace esplorare mondi differenti- e se ambite ascoltare commenti quantomai arguti corredati di particolari e con la giusta dose anche di ironia, quando ci vuole, nonché motivazioni esposte con dovizia di particolari, ebbene Darling è cio' che fa per voi.


Federica ha anche fatto, lo scorso anno, un contest dal nome "9.999" in cui si sono sfidati gli scrittori tubiani, e il cui fine era quello di realizzare una storia da inserire nel suo prossimo libro. Il concorso prevedeva tre fasi che erano la "definizione dei personaggi", e dopo aver scelto i migliori la loro "caratterizzazione" e infine la "realizzazione della storia". Questo concorso ha avuto così successo che ne è scaturita l'idea di fondare una associazione culturale che si chiama la "Blue Poets Society". L'associazione ha come fine quello di essere l'espressione della creatività contemporanea, e ogni mese raccoglie i contributi di scrittori, fumettisti e artisti che si ispirino ad un tema, che viene comunicato con debito anticipo.
Solo il numero "0" è in formato cartaceo e riunisce tutti i contributi del concorso 9.999 di cui è stata ottenuta la disponibilità degli autori alla pubblicazione, gli altri vi arriveranno via email, chiaramente iscrivendosi.  E siccome io reputo l'iniziativa bellissima e trovo che difficilmente vi capiterà di fare parte o di sponsorizzare un gruppo che puo' veramente cambiare il modo di intendere la letteratura e che può costituire un passatempo veramente intelligente, vi inserisco tutti i riferimenti necessari per farne parte:




Quel che vi metto, che è a ragione principale dei [Da non perdere in rete] di questo mese, è il video pubblicato agli inizi di Marzo, ma come potete osservare porta il codice 16 e quindi, se siete curiosi, ce ne sono altri 15 in playlist da ascoltare attentamente. 
Buon ascolto - attenzione che Darling crea dipendenza! - e spero che la segnalazione vi piaccia quanto piace a me. Buone letture!






domenica 27 marzo 2011

Sta arrivando....."Torre di controllo" di Giuseppe Foderaro (Sangel Edizioni)

Questo video è il booktrailer realizzato da Mirko Rizzi sul nuovo libro di Giuseppe Foderaro che arriva in libreria a Maggio e si chiama "Torre di controllo". Quindi per tutti coloro che apprezzano questo scrittore l'appuntamento è, non solo sul suo blog, ma anche in libreria! ;)





Non ho moltissimi dati su questo libro, ma cmq:
Torre di controllo
Giuseppe Foderaro
Sangel Edizioni, ed 2011
Prezzo n.p. (lo aggiornerò non appena lo saprò;))



venerdì 25 marzo 2011

"La manomissione delle parole." Gianrico Carofiglio - Vorrei ma non posso...


"Vorrei ma non posso", sembra essere questo il manifesto di questo libro e io sono dispiaciutissima di dover dare un voto basso ad uno scrittore cui riconosco l'intelligenza e la sagacia per poter scrivere delle umane relazioni ed emozioni. Con i libri Carofiglio ci siamo incontrati piu' di una volta in librerie reali e multimediali e l'ho sempre lasciato da parte. Poi per un errore di una libreria online mi arrivò "Le perfezioni provvisorie" e, sempre perche' le cose non accadono a caso, l'ho letto e me ne sono innamorata.
Questo libro, checchè ne dica l'autore e' costruito come un saggio, solo che non e' riuscito nemmeno a lui di tenerlo in piedi e infatti alla fine, deve aggiungere un saggio di una studiosa di Filologia e contestualmente deve precisare al lettore che nelle sue intenzioni non v'era quella di fare un saggio ma una riflessione.

E invece questo libro vale averlo per la splendida introduzione di Carofiglio  che spiega il perchè de "La manomissione delle parole". In un suo giallo l'avvocato Guerrieri va in una libreria bar e rimane affascinato dall'introduzione, tutta fatta dall'autore stesso, appunto sulla manomissione delle parole e i lettori di Carofiglio, ammaliati anch'essi da questa descrizione, hanno piu' volte manifestato la volontà di trovare e avere quel libro che in realtà non esisteva.
Vale altresì avere questo libro per i primi due capitoli dove l'autore analizza l'importanza del linguaggio. Linguaggio che è il mezzo di espressione universale e chi "non ha parole" non ha voce e rimane ultimo degli ultimi. Studiare e "avere un adeguato vocabolario" non e' solo indice di cultura che si puo' sfoggiare qui è là è importante per potersi realizzare e presentare attraverso il linguaggio.

Il problema e' che il saggio finisce qui. Dopodiché le convinzioni personali, che non sono giudicabili ma potrebbero essere discutibili, perdono aderenza con lo sviluppo della teoria e vanno a concentrarsi sulla politica che oggi tanto ci fa discutere. Vengono portate a favore tutta una serie di citazioni e di riferimenti bibliografici, che potrebbero essere teoricamente corretti, ma così affiancati ora a supplire ad una teoria ora un'altra, perdono la loro valenza proprio perche' riferimenti a volte molto forzati. In alcuni casi, si tralasciano tutta una serie di fattori per dimostrare una tesi che puo' essere ascoltata da un tuttologo di bassa lega, tipo quelli che diventano allenatori ai mondiali e politici alle elezioni per intenderci. Si cita ad esempio "1984" di Orwell non tenendo affatto conto - o forse non portavano l'acqua al suo mulino? - di uno dei saggi piu' interessanti che lo stesso abbia fatto sul rapporto fra politica e carta stampata e appunto il potere della parola nei rapporti nazionali e internazionali. Se me ne sono accorta io, che da lettrice della domenica (perchè non faccio questo per lavoro ma solo per passione) vuol dire che la manchevolezza e' decisamente evidente, e che si fonda su tutte quelle mancanze di certi partiti politici che "vorrebbero ma non possono" che fondano la loro sussistenza e giustificano la loro voglia di potere, non su approcci programmatici che evidentemente non hanno, ma sull'aizzamento all'odio delle folle (quelle che non hanno le parole nel primo capitolo per esprimersi e quindi spesso passano alle mani, come si vede anche negli ultimi tempi). Il contradditorio politico fra forze deve avere la dialettica e non l'incitamento alla rivolta perche' e' anche grazie all'incitamento alla rivolta e alla libertà (quella de "a fattoria degli animali") che si arriva proprio ai regimi, ed è proprio in momenti come questi che ci si aspetta dalla classe culturale  riflessioni e analisi, che la politica evidentemente non puo' o anche non vuole fornire, e non schieramenti. Ed e' in queste manchevolezze, o per dirla tutta volute manchevolezze, che Carofiglio non dimostra la sua tesi. Il potere del linguaggio non sta solo nel significato delle parole ma sopratutto nelle ambivalenze dello stesse, che permettono di nascondere cio' che "non ci piace" a favore di quel che "ci piace". E mi spiace dirlo in questo suo scritto, e' come il maiale della "Fattoria degli animali", altro straordinario esempio di rapporto parole e massa, che fa da cassa di risonanza delle parole di un potere (che ad oggi non c'e' ma che riempie le piazze e le tv in maniera urlata per nascondere cio' che si millanta ma non c'e') e che cambia il valore delle frasi aggiungendoci altre parole.

Questo libro, come si puo' facilmente leggere dalla mia recensione, è stata una cocente delusione. Non tanto perche' l'autore sia caduto nell'ovvietà piu' popolare (sembra infatti essere una mossa commerciale piu' che un saggio) ma perche' veramente nei primi due capitoli sembra  che Carofiglio abbia i mezzi per poter scrivere sicuramente un capolavoro. Il problema, forse, è che nemmeno lui ci ha creduto fino in fondo. E' un vero e proprio peccato.

Non è un libro che si possa regalare perche' il prezzo non puo' che essere alto, sia in formato libro che Ebook, per due capitoli e una introduzione.

Nonostante tutto questo, io voglio iniziare un nuovo percorso di letture concatenate (non che gli altri siano finiti!) legate appunto al linguaggio e al suo rapporto con l'attualità e pertanto credo che non appena possibile inserirò' nella pagina , che trovate qui, anche questo libro come start-up, con tutti i libri che troverò che possono correlarsi a questo argomento. Non appena mi sarà possibile aggiornerò anche questa pagina.

La manomissione delle parole.
Gianrico Carofiglio
Rizzoli editore, ed 2010
Prezzo 13,00€
EbooK 8,99€

L'altro libro citato è "Le perfezioni provvisorie" e la recensione relativa a questo bel libro la trovate qui


giovedì 24 marzo 2011

Comunicazione di servizio - Cambio FEED

Immagine free presa da qui

Per un errore dovuto ad mia una errata digitazione, quando ho fondato questo blog, sono costretta a cambiare Url e di conseguenza anche il link per leggere i miei post via FeedReader cambierà, perché non posso di fare altrimenti.
Pertanto l'attuale indirizzo rimarrà valido fino alla fine del mese e dal primo Aprile p.v. sarà aggiornato sia l'Url del blog sia l'indirizzo Feed. Ma il blog sarà piu' facilmente rintracciabile!! ;)
Mi scuso per l'inconveniente,
Buona giornata, 

Simona

mercoledì 23 marzo 2011

[Dal libro che sto leggendo] "La manomissione delle parole"



Di questo libro uscirà anche la recensione venerdì, ma questo pezzo andava citato, perché è la prima volta che trovo spiegato in maniera coerente quanto sia importante leggere e studiare. Questo pezzo che vi riporto è presente proprio nel primo capitolo. Buona lettura;)
"Gustavo Zagrebelsky ha detto: "Il numero di parole conosciute e usate è direttamente proporzionale al grado di sviluppo della democrazia e dell'uguaglianza delle possibilità. Poche parole e poche idee, poche possibilità e poca democrazia; piu' sono le parole che si conoscono, più ricca è la discussione politica e, con essa, la vita democratica.[...]
[...] Il rapporto fra ricchezza delle parole e ricchezza di possibilità (e dunque democrazia) è dimostrato anche dalla ricerca scientifica, medica e criminologica: i ragazzi più violenti possiedono strumenti linguistici scarsi e inefficaci, sul piano del lessico, della grammativa e della sintassi. Non sono capaci di gestire una conversazione, non riescono a modulare lo stile della comunicazione - il tono, il lessico, l'andamento - in base agli interlocutori e al contesto, non fanno uso dell'ironia e della metafora. Non sanno sentire, non sanno nominare le proprie emozioni. Spesso non sanno raccontare storie. Mancano della necessaria coerenza logica, non hanno abilità narrativa: una carenza che può produrre conseguenze tragiche nel rapporto con le autorità, quando e' indispensabile, raccontare, descrivere, dare conto delle ragioni, della successione, della dinamica di un evento.
La povertà di comunicazione, insomma, si traduce in povertà dell'intelligenza, in doloroso soffocamento delle emozioni.
Questo vale a tutti i livelli della gerarchia sociale, ma sopratutto ai gradi piu' bassi. Quando per ragioni sociali, economiche, familiari, non si dispone di adeguati strumenti linguistici; quando le parole fanno paura, e piu' di tutte proprio le parole che dicono la paura, la fragilità, la differenza, la tristezza; quando manca la capacità di nominare le cose e le emozioni, manca un meccanismo fondamentale di controllo della realtà e su se stessi. La violenza e' uno degli esiti possibili, se non probabili, di questa carenza. I ragazzi sprovvisti delle parole per dire i loro sentimenti di tristezza, di rabbia, di frustrazione hanno un solo modo per liberarli e liberarsi di sofferenze a volte insopportabili: la violenza fisica. Chi non ha nomi per la sofferenza, la agisce, la esprime volgendola in violenza con conseguenze spesso tragiche."

La manomissione delle parole
Gianrico Carofiglio
Rizzoli Editore, ed 2010
Prezzo 13,00€


domenica 20 marzo 2011

L'ha detto... Aldo Palazzeschi





Il vero poeta moderno dovrebbe scrivere sui muri, per le vie, le proprie sensazioni ed impressioni, fra l'indifferenza o l'attenzione dei passanti.

Aldo Palazzeschi

venerdì 18 marzo 2011

"Cecenia. Il disonore russo.", Anna Politkovskaja - Diretto....ma....




.......ma non e' semplice spiegarlo. Probabilmente aggiornero' questa recensione dopo aver letto "Per questo" il libro uscito dopo la sua morte, grazie alla cocciutaggine del marito e dei figli. 
Intanto anticipo che come introduzione c'e' uno dei piu' bei pezzi scritti da Saviano che lo riporta, in parte, ma defraudato della sua disarmante bellezza ne "La Bellezza e l'inferno" (esattamente un pezzo in uno degli ultimi capitoli e un'altra parte proprio nell'ultimo capitolo). Parola, che uccide e che indaga, che svela e che oscura le situazioni. L'interesse per la scrittura che si "Immerge nel sangue dell'attualita'".

Ti aspetti qualcosa che si avvicini a spiegarti anche il perche' della guerra Cecena, ti aspetti che fra una violenza per stupro e un fagotto umano (neanche racconto cos'e' perche' ancora oggi mi ci cade il pensiero che mi fa riflettere che la crudelta' umana non ha fine), che qualcuno ti spieghi cosa lo muove in queste azioni cosi' bieche e scopri che il lontano Iran, per cui oggi la stampa cerca di stare dietro alla rete per testimoniare cio' che i blogger mandano come testimonianza al mondo delle battaglie, che non e' poi cosi' diverso dalla vicina cecenia dove pero' siamo colpevoli di mancato interesse.

In questo, Anna (manco mi azzardo a scriverlo il cognome, troppo complicato) , e' un'attenta reporter che ci mette anche del suo nel denunciare anche i malfattori...pero' nell'esigenza di raccontare tutte le brutture... perde un po' per strada l'attenzione per il lettore...che si trova sommerso da fatti, nomi, situazioni...e si trova spaesato e non sempre capisce il perche' o riesce a collegare i fatti che si precedono o seguono...sommerso da continui flash. Dedica pero' un capitolo a spiegare cosa la muove contro lo strapotere Putiniano e per chi non e' nuovo ai racconti della societa' russa non riesce difficile comprendere certe spiegazioni delle impostazioni mentali dei russi...che hanno necessariamente bisogno di un nemico cui puntare l'attenzione per poter dimenticare la propria situazione (fossero solo loro!).
Probabilmente e' per questo che, questo libro, non e' arrivato a smuovere le coscienze europee che molti, come anche me, non sapessero che era una persona che aveva un certo valore presso il popolo ceceno, tant'è vero che la chiamarono per contrattare con i terroristi (ma alla luce di quello che viene fuori da questo libro sara' il termine corretto?) per il rilascio degli ostaggi nel teatro russo...o per rilasciare i bimbi nell'asilo (occasione in cui fu avvelenata).

Anna non e' morta da tanto tempo, ma trova con Saviano nuovo riscatto, perche' e' bastata una trasmissione e un libro per farla arrivare a molti, pure a me.
Non e' un libro con il quale si passa il tempo tranquillamente, non e' una scrittura che scorre senza lasciare il segno... ma e' un libro necessario per capire cosa avviene non molto lontano da noi... per riconsiderare anche la parola "terrorismo" oggi stra-abusata, e appioppata a tutto cio' che non si capisce o che ci colpisce.

*Questa e' una vecchia recensione che avevo fatto nel 2010

Cecenia. Il disonore russo.
Anna Politkovskaja
Fandango Editore, ed 2009
Collana "Fandango tascabili"
Prezzo 8,00€



mercoledì 16 marzo 2011

"L'amore e' una budella gentile", Aldo Busi - C'era una volta..



C'era una volta, piu' o meno nel dopoguerra, una città nella cui periferia c'era una fabbrica. Nelle adiacenze della fabbrica c'erano radi palazzi, campi incolti o coltivati e un piccolo bar. Il padrone del Bar era un attempato signore, che pazientemente serviva caffè corretti e liquori ai suoi avventori, filosofi della domenica diremmo oggi, che tutti i giorni lavoravano in fabbrica e alla sera all'uscita dal lavoro o la domenica usavano andarsi a fare 4 chiacchiere al bar. Il proprietario del bar aveva un figlio e come si usava quel tempo e delle volte avviene anche oggi, anche lui doveva dare una mano. Cosi' fu che la sua comitiva di amici del nostro protagonista prese come riferimento stabile proprio quel bar.
Sempre nel medesimo periodo, e anche prima a dirla proprio tutta, c'era una volta una donna minuta e che sembrava quasi sul punto di spezzarsi, ma che aveva (come molte donne) una volontà ferrea e un carattere unico, che fece sognare e sospirare le donne dell'Italia intera per generazioni e generazioni formando con la sua nutrita produzione di libri una vera e propria *fabbrica del genere romantico*. Donna schiva per natura, aveva avuto un solo vero amore, che però era morto in battaglia e, nonostante fosse sposata, l'amante per lei divenne tale ossessione da ritirarsi in evidente lutto, anche davanti al marito, a vita privata (quando egli morì) e ad avere come unico contatto col mondo i propri scritti.

Unico punto di congiunzione di queste due fiabe? Aldo Busi. Suona strano? Anche a me. Però posso dire che questa lettura non puo' mancare a nessuno. Non e' un romanzo alla Liala e nemmeno un galateo e neanche una autobiografia. C'e' un po' di tutto e un po' di nulla ma e' decisamente divertente. C'e' quella grande speranza che aleggiava nel dopoguerra di cambiamento e di nuove opportunità, ci sono i giovani di allora che, come avviene oggi, arrivano ad un punto della loro vita in cui diventano grandi. Ecco, il diventare grande in questo caso non significa divenire maggiorenni. Significa arrivare ad avere la consapevolezza che sei uno spartiacque e che volente o nolente, con amici o no tu appartieni ad una categoria in cui tu sei inserito per nascita ma della quale cui hai percezione solo quando delinei il tuo futuro. "La generazione". Appartenere ad una generazione, significa non essere antiquati e non avere le idee così stantie delle generazioni che ci precedono ed essere in ritardo e vetusti per quelle che ci seguono. Ed e' qui che questo piccolo romanzo ha il suo apice, nel "confronto generazionale".

Le donne del famoso gruppo del baretto, hanno tutte letto Liala e come molte donne dell'epoca sognano di sposarsi con un uomo che le mantenga e che con loro crei un mondo chiamato famiglia. L'amore lo puoi trovare o no, ma non e' una questione di volontà ma solo di fortuna. E' come trovare un ago in un pagliaio. Sia per una donna, figuriamoci nel dopoguerra per un uomo gay. E comunque il tempo scorre e dal dopoguerra ci ritroviamo negli anni '80. Busi non fa piu' il barista, ma il giornalista. E' quello irriverente, quello strano, che dice cose fin troppo dirette. Ma vuole, e anche fortemente, conoscere e intervistare la famosa donnina tanto fragile quanto forte e alla fine riesce ad essere ricevuto da Liala. La seconda parte di questo libro e' proprio dedicata a questo, l'intervista che rappresenta il confronto di due generazioni fra loro distanti, 50 anni, che si confrontano con i modi e linguaggi che appartengono alla loro quotidianità. Quella di Liala, legata ai suoi libri e quella di Busi legata all'irriverenza. Ne esce fuori un dialogo serrato e divertentissimo fatto di chiacchiere da salotto, parole volutamente non comprese e risatine o civettuoli stupori. Per Busi significa scoprire la donna che ha fatto sospirare, e ancora lo fa, tante donne e in particolare le sue amiche e per Liala invece e' un ottimo diversivo nei pomeriggi di una vita che ha volutamente chiuso fuori il suo mondo.

Quello che troverete in questo libretto ristampato da poco da Mondadori e' proprio questo e nulla più. Sono quelle storie che ti prendono perché non hanno la pretesa di essere più di quel che sono ma che al contempo sanno che rimarranno lì nel tempo. E se mai, dopo aver letto questo libro, vi capiterà di sentire dire"L'amore e' una budella gentile", anche se il vostro incontro con questo piccolo cameo e' lontano nel tempo, potreste trovarvi comunque a sorridere.
Che dire di più, io l'ho adorato!



L'amore è una budella gentile
Aldo Busi
Mondadori Editore, ed. 1997
Collana "Oscar Scrittori moderni"
Prezzo 8,50€







lunedì 14 marzo 2011

[Film]La foresta dei pugnali volanti. Zhang Yimou

Da Wikipedia:
"E' un film del 2004 diretto da Zhang Yimou*.
Il film, girato fra la Cina e l'Ucraina, è stato presentato in anteprima fuori concorso al 57º Festival di Cannes il 19 maggio 2004, è uscito nelle sale in Cina il 16 luglio e in Italia il 21 gennaio 2005."

Ci sarebbe anche la trama, ma non vi consiglio di leggerla, se non avete già visto il film. Anche questo film non parte da un libro come e' avvenuto per altri che vi ho segnalato in passato e, come è avvenuto per gli altri, è suggerito perchè, contando sulla mia solita pigrizia che mi trattiene dal comperare DVD e CD perche' sono solo ricettori di polvere, questi sono film per i quali non potrei, se me li trovo davanti, trattenermi dal comprare.

La definizione del "genere" che troverete in giro è: avventura, romantico, azione; ma secondo me nessuno di questi calza. Questo e' un genere sensoriale, dove contano piu' i colori delle immagini, i suoni e i silenzi. E' un film da non vedere di corsa ma che non deve mancare all'appello dei film da vedere almeno una volta nella vita. E siccome la trama vi puo' raccontare la sequenza delle situazioni, ma le immagini raccontano anche altro, come avviene nelle migliori produzioni orientali che non pretendono di assomigliare al mondo occidentale, mi ripeto suggerendovi non leggete la trama e di guardalo senza preconcetti.

* E' il regista di "Hero" che credo sia il piu' conosciuto della sua produzione e che, come nella migliore tradizione della sottoscritta, non ho visto!!!




domenica 13 marzo 2011

"Heautontimorumenos". Cortometraggio ispirato a Kafka e a Ballard

E' un cortometraggio in foto, che si ispira a due testi: "La Metamorfosi" di Kafka e "Il Condominio" di Ballard. E' stato presentato nel 2006 al "50 Ore Film Festival" di Bologna. Da vedere, non di corsa perchè non se ne apprezzerebbe il lavoro fatto dal regista, ma che assolutamente non è da perdere!



I libri di cui si parla sono:

La metamorfosi
Franz Kafka
Io ho scelto un'edizione recente perche' quella che ho in casa e' decisamente datata
Newton Compton Editore, Ed 2010
Collana "Grandi tascabili economici"
Prezzo 6,00€

Il condominio
J.C. Ballard
Feltrinelli Edizioni, ed 2003
Collana "Universale economica Feltrinelli"
Prezzo 7,50€
( per questo secondo libro la mia recensione è qui: Il condominio )


venerdì 11 marzo 2011

"Il verdetto", Valeria Parrella - Quando la condanna te la scrivi da sola..



Ci sono molte forme di autopunizione e alcune ascrivibili all'autolesionismo. Leggere "Il verdetto" di Valeria Parrella è un po' come ascoltare una donna che ha deciso di autopunirsi e contestualmente salvarsi dagli errori della propria vita.

E' un atto unico di denuncia e di liberazione di una donna, Clitemnestra, che nella vita ha, per scelta di cuore. provato tutto. L'amore, l'onore, l'essere regina e serva, l'odio e l'umiliazione nonchè la solitudine. Tutto per essersi innamorata di un uomo molto più grande di lei, Agamennone, che boss dichiarato prima la seduce e poi l'abbandona. Se la guardiamo solo nella trama, prescindendo dalle caratteristiche del mondo culturale campano, e' la storia di una moglie di un boss della camorra.
Ma se, invece, inseriamo questo scritto all'interno della cultura regionale, che vuole l'esplicitazione dei sentimenti e del fattore persona partendo dalla realtà di quel che fa parte della nostra vita, questo monologo di pochissime pagine diventa altro, ovvero la rappresentazione delle caratteristiche delle donne che le rendono meno "sesso debole" di quanto normalmente si pensi. E tutto narrato in magnifica metafora attraverso i capisaldi della cultura camorristica, in barba a quel senso comune maschilista che caratterizza questa cultura illegale. Cultura camorristica che, con piglio deciso, non esplicita nella storia ma usa a suo favore per svolgere la trama del racconto e che indirettamente caratterizza, descrivendola, protagonista. Clitemnestra diventa un'entità viva e presente proprio grazie il proprio racconto che la rende umana.

Cosi', la donna che sta davanti al giudice e alla giuria ci tiene a dire, e a raccontare tutta la storia, ma non per affrancarsi dall'inevitabile punizione, ma solo per ribadire che in terra non c'e' punizione umana che le possa essere comminata che sia lontanamente paragonabile a quella che s'e' inflitta da sola, eliminando ciò a cui aveva dedicato l'intera vita.
Si legge in pochissimo ma è particolarmente intenso come racconto e, secondo il mio personale avviso, è un monologo (testo teatrale su cui si basa l'omonimo spettacolo da cui e' tratta la foto inserita all'inizio del post) ben riuscito che varrebbe la pena di conoscere. Non aggiungo altro, anche se ho l'impressione di aver scritto gia' troppo e se cosi' fosse, pardonne moi!

Corre l'obbligo di sottolineare che nemmeno questo e' un testo di camorra.

Il verdetto
Valeria Parrella
Bompiani Editore, ed. 2007
Collana "Assaggi"
Prezzo 11,00


mercoledì 9 marzo 2011

[Dal libro che sto leggendo] "Mia suocera beve"



[..]Volete sapere perché scrivo? Qual e' la vera ragione, la più asciutta, quella proprio inoppugnabile al netto di ogni chiacchiera? Ve la dico: per avere il tempi di dare la risposta giusta.
Il mio problema è che manco di prontezza. Ecco perché detesto i miei pensieri. Se invece di avvitarsi su tutto mi offrissero una valutazione sintetica delle cose che capitano, allora si che riuscirei a rispondere a tono (e sopratutto a tema) nel momento in cui serve.
La risposta che avrei dovuto dare mi viene sempre quando sono a casa. Precisamente, nell'atto di infilare la chiave nella serratura del portone. E' allora che mi compare davanti agli occhi , ma proprio come se la vedessi, una frase compatta, essenziale, musicale, d'impeccabile logica; che inibirebbe qualsiasi tentativo di replica. E a quel punto mi mangio i gomiti. Perché non posso certo alzare il telefono, chiamare la persona che ha vinto il match dialettico e dirle: "Ehi, comunque, a proposito della nostra discussione, vorrei aggiungere che..."
Non si può. Non vale più.
Nella vita vera non posso cancellare, tornare indietro, ripensare a quello che ho detto e correggerlo.
Allora scrivo.
Per prendermi la rivincita sulle parole. Per raccontare come sarebbe andata se avessi scelto quelle giuste."

In una intervista all'avvocato Malinconico oramai divenuto famoso:

Il suo motto?
Se non riesci a cogliere l'attimo, prenditi un po' di tempo.
Aggiornamento! Avevo dimenticato di aggiungere il link della recensione che in questo caso, come avviene ogni tanto, è uscita prima del [Dal libro che sto leggendo]. La trovate qui Mia suocera beve. Diego De Silva

Mia suocera beve
Diego De Silva
Einaudi Editore, Ed. 2010
Collana "I coralli"
Prezzo 18,00€


domenica 6 marzo 2011

L'ha detto... Pierre Choderlos de Laclos




Io credo che sia alquanto avvilente avere un marito come rivale:
e' un'umiliazione se fallisci ed
un luogo comune se hai successo.

Pierre Choderlos de Laclos

venerdì 4 marzo 2011

"Gomorra", Roberto Saviano - L'insostenibile leggerezza dell'interpretazione..





Questo libro mi ha dato piu' di un pensiero. Non che nessuno mi costringa a scriverne ,se non me stessa. Questo perché dopo più di un anno di osservazione del *fenomeno Saviano* le mie considerazioni sull'autore sono mutate da un giorno all'altro indipendentemente dai fattori con i quali sono entrata in contatto. La risposta su “cos'è” questo libro, infatti, mi è arrivata da altre fonti, che sono del tutto indipendenti da quelle di riferimento di quel *giudizio comune* che poi ha catalogato un romanzo in un atto di mera denuncia della criminalità.

Non che il *giudizio comune* sia errato completamente, ma io credo - anzi ne sono convinta - che il "bluff" sia stato dato dalla postilla aggiunta come descrizione sotto il titolo.

Gomorra
Viaggio nell'impero economico e nel sogno di dominio della camorra

Ecco, nella mia personale convinzione il sottotitolo non c'era inizialmente ed è stato aggiunto dopo non tenendo conto di quel che era il contenuto e le intenzioni dell’autore. Le risposte a questa mia personalissima convinzione, ovvero che non e' un romanzo di camorra, mi vengono dall'aver letto nel corso del 2010, non solo scritti legati al mondo del giornalismo o meno ma comunque inerenti prettamente il mondo della camorra, ma proprio da chi non è inserito in questa particolare categoria ma appartiene di fatto al mondo culturale campano.

Morganti, De Silva, Cappuccio, Marsullo, Herling (anche se napoletano non era (!) ma ha vissuto a Napoli a lungo dopo essersi sposato in seconde nozze con la figlia di Croce) e anche gli autori di Scampia Trip. Tutti con una loro personalissima maniera per descrivere la vita, la filosofia e le emozioni, utilizzano quel che conoscono ovvero la propria quotidianità. E se nella quotidianità, una parte non poco ingombrante, è occupata da un fenomeno criminale ne parli, non per una questione di denuncia, ma per evitare di censurare una parte della tua realtà. E' un pezzo del puzzle ed evitando di prenderlo in considerazione il quadro non è completo. Così, gli scrittori di Scampia Trip la usano per descrivere scelte di vita radicali o le opportunità di creare una vita *diversa e piu' sana* in un quartiere difficile; Cappuccio la trasforma in lirica e metafora di passione umana e di amore per la sua città natale; De Silva ne parla in maniera seria, inserendola fra una situazione e l'altra che vede come protagonista il povero avvocato Malinconico che, suo malgrado, ci deve entrare a contatto per lavoro; Morganti la usa per entrare nella psicologia di una donna contesa fra sentimenti fra loro contrapposti; Marsullo la utilizza per descrivere le paure umane che tutti noi abbiamo e infine in Herling, non ha un *nome specifico* ma e' latente nei "fatti" che istigano qualche racconto che come base di partenza ha Napoli. Anche Saviano usa la camorra per descrivere il senso di vuoto, di abbandono e di rivolta (che non e' adolescenziale!) verso una realtà che non garantisce futuro ma solo necessità di emigrare e lo fa, come tutti gli altri, ovvero utilizzando il suo quotidiano di cui "la camorra" stessa e' parte integrante.

E' infatti leggendo i lavori di questi e altri appartenenti alla stessa categoria che ci si rende conto che Gomorra è un vero e proprio romanzo, avulso dalla categorizzazione fino ad oggi assegnatagli, che riflette e narra le prospettive di vita della gioventù del Sud. Ovviamente per fare questo deve per forza elencare cosa impedisce lo sviluppo e la possibilità di crearsi un futuro nella regione cui fortemente il suo personaggio principale vuole appartenere. Chi parla in prima persona è un giornalista, probabilmente free lance, che descrive la sua inchiesta; e le inchieste da che mondo e mondo si fanno sul campo, almeno se vuoi fare la differenza ed è quello che e' descritto nel libro. Ed è col piglio del giornalista che viene descritto ogni fatto, affrontato con l'attenzione che viene data oggi al *valore* dell'informazione che e' veloce, diffusa e talvolta sovrapposta a se stessa. La stessa notizia, in vari frangenti, prende conformazioni differenti anche a seconda delle finalità di chi scrive e dal momento contingente in cui deve riferire di un fatto; il ritmo delle morti incalzante sembra, in alcuni capitoli, avere la connotazione di un elenco ma è invece da leggersi come un'affollarsi di nomi -che sono quelli dei caduti nella guerra dei casalesi o in quella tra la nuova famiglia e i Nuvoletta - che sono metafore di come noi abbiamo percepito quegli eventi, uno dietro l'altro, con la naturale confusione di chi sente il telegiornale ma ha difficoltà a capire chi è morto e da che lato della barricata stava. Nei periodi elencati, infatti, la lista dei nomi dei morti, vittime o no, era diventata una consuetudine quasi noiosa per chi questo fenomeno non lo viveva direttamente e, al contempo, un elenco in continuo aggiornamento dei caduti sul campo delle varie fazioni in guerra per chi, alla mattina, usciva guardingo sperando di non trovarsi sulla traiettoria di un possibile bersaglio o veniva svegliato di notte per attentati incendiari o affini.

Questo libro, che probabilmente in origine sarà stato sicuramente più lungo di quello che abbiamo l'opportunità di leggere noi è il frutto di un consapevole taglio ai fini, sicuramente, editoriali. Quindi, ogni capitolo, pare staccato dal precedente in maniera così netta che l'unica connessione tra uno e l'altro rimane solo la voce narrante che vede  ma non riesce a fornire collegamenti fra le varie inchieste svolte dal protagonista che si sposta da un luogo all'altro; rimane affidata al lettore la deduzione che si tratti di periodi o inchieste differenti.
Pertanto la differenza tra i precedenti scrittori sopra citati e l’autore in questione è data unicamente dalla formula scelta per il racconto che si avvicina forse solo lontanamente a Morganti. Entrambi sono decisamente asciutti nelle descrizioni; ma, mentre Morganti unisce alle visioni estreme dei suoi racconti un linguaggio diretto che però nasconde un mirato e sapiente voler veicolare l'attenzione e i sentimenti del lettore su questo o quel particolare, Saviano, dal canto suo, affida il suo punto di vista al fattore emozionale. Quel che, infatti, il taglio editoriale non è riuscito a togliere a questo romanzo è proprio questo: l'utilizzo dell'emozione. Può essere gioia o disgusto, ma l'emozione è quella che ci tiene vivi e che ci dovrebbe far ricordare un fatto, indipendentemente dai fattori che lo compongono. E' una specie di *fotografia sensoriale* con la quale memorizzare le situazioni. Ci fa ricordare che quella cosa ci piace o ci disgusta o ci stupisce.

Questo fattore emozionale, chiamiamolo "fattore Saviano", è proprio suo e si ritrova nei numerosi scritti o articoli, ora mitigato dall'esigenza della pubblicazione redazionale che pretende spazi ben definiti, ora nel libro successivo che racchiude saggi scritti in tempi differenti in cui si intravede quella che e' la crescita naturale della persona e in questo caso dello scrittore. Questo *fattore*, caratteristica tutta particolare di Saviano, è contemporaneamente punto di debolezza e di forza per due motivi principali.
Il primo e' la gestione del "ricordo" di quello che scrive. In Morganti ogni sensazione concorre all'obiettivo finale del libro e quindi non è solo un ricordo sensoriale. In Saviano invece, se è vero che ti entrano nella pelle certe descrizioni è altresì vero che quello che si scrive, se non così evidente nel proprio obiettivo o veicolato dall'autore in tal senso e se descrive un'immagine che non appartiene al nostro quotidiano, ci lascerà solo la memoria della sensazione ma non del fatto. E' per questo che se si chiede in giro qual è la cosa che più si ricordi del libro, solitamente ci viene risposto "l'io so" e qualcuno aggiunge "di Pasolini". Perché quell' "io so" e' una delle poche cose che sia comune quasi a tutti perché l'abbiamo appresa sui banchi di scuola. Eppure di un libro che, pari ad un ottovolante, ha una parabola prima ascendente poi giù a precipizio discendente per poi risalire una volta ancora fino alla fine del libro, ci si dovrebbe ricordare di più del momento più basso del romanzo dove il protagonista elenca non solo quel che sa ma anche la sua totale impotenza al contrasto di quello che l'opprime sentenziando quasi come fosse una nenia "io so....ma non ho le prove". E invece, occorre rileggerlo ogni tanto per rinfrescarsi la memoria.
Il secondo, è il pregio della scrittura; non è affatto semplice descrivere situazioni in modo tale da suscitare tante emozioni in persone di diversa età, estrazione sociale e culturale. E questo pregio riesce ad emergere nonostante al libro sia dato un taglio che non ha. Ed è sicuramente per questo talento che riesce a mietere così tanti consensi e altrettanta disapprovazione.
Spesso la disapprovazione riguarda l'esposizione dei fatti e in altri meramente il successo. In effetti, così tanti fatti elencati in ogni capitolo non ne permettono la memorizzazione e favoriscono, a volte, la confusione di eventi e date a chi non è ferratissimo sul tema. Ma sicuramente questo viene a favore della mia tesi, perché "la camorra" non è il motivo centrale che muove Saviano che, invece, pare essere interessato a far capire qual'e' la *disgrazia* e al contempo *la fortuna* di essere nati in quei luoghi. Subire ma poi contrattaccare, e andare oltre -"nonostante tutto io sono ancora qui!"- divenendo così eroi dei tempi moderni. Ma gli eroi dei giorni nostri non partono più come crociati, la battaglia non si combatte più sul campo di guerra schierati come soldatini. I tempi moderni pretendono altro e anche la situazione descritta in Gomorra lascia chiaramente intendere che i luoghi del contrasto sono altri. Gli *eroi* moderni, analizzano il loro presente prima di attaccare. E questo particolare attacco non è quello frontale dello scontro all'ultimo sangue ma quello della parola e del racconto. Ecco qui che si comprende anche il grande interesse per l'autore di spiegare che l'unico modo per contrattaccare uno stato di fatto è  quello di parlarne e non passare più sotto silenzio quello che accade. E ancora, il problema dell’errata interpretazione e' anche dato da uno sbilanciamento del racconto a favore dei fatti narrati dal giornalista e a sfavore della storia principale quella del giovane che lavora e che non si arrende alle imposizioni che la società fino ad oggi ha sempre subito in silenzio; storia principale che, invece, manca totalmente nella trasposizione cinematografica che probabilmente ha dovuto asservirsi a quella che era la nuova richiesta del mercato ovvero la conoscenza del fenomeno camorristico. Ed è qui che il protagonista viene scambiato per l'autore (come in ogni storia l'autore avrà sicuramente messo qualcosa di autobiografico!) e allo stesso viene definitivamente appioppata una battaglia differente.

In un anno di riflessione, questo libro ha avuto varie valutazioni su Anobii, 5 stelline (il massimo), poi 4,3,2 e invece con queste considerazioni ritorna a 5 stelline. Per vari motivi tra i quali spicca sicuramente il "fattore Saviano", per la storia che e' un ottimo inizio e speriamo che i due libri scritti non siano gli unici e sopratutto che non siano tutti dello stesso stampo. Altro punto a suo favore è lo stile. E' una cosa che fa ridere molti, ma io dico spesso che mi è rimasto impresso, di questo libro, che a Napoli non c'e' l' "asfalto" ma solo il "catrame", perché rileggendolo a distanza di tre anni (anzi a dir la verità nel 2007 lo abbandonai a pagina 167, perché non abituata a certe descrizioni forti) e, forse per il tempo passato o perché vedo le cose sempre con occhi differenti, ho notato una nutrita selezione di vocaboli messi ad hoc per mantenere il pathos legato al momento che si racconta. Così, caso strano, se vi capita di rileggere il libro noterete che e' vero, in Campania l'asfalto non c'e', almeno per Gomorra. Pure qui, mi si potrebbe dire che secondo l'impostazione data alla mia recensione, questo possa essere una questione di revisione bozze ma, in questo caso, la parola asserve l'emozione (nel caso specifico già il suono dei due vocaboli da una sensazione diversa) e, siccome il fattore emozionale e' quello che più appartiene e caratterizza lo scrittore, è facilmente assimilabile che certi vocaboli o descrizioni particolari siano propri dello stesso e siano difficilmente tagliabili o modificabili se non modificando il realismo di ciò che è oggetto di descrizione. Per quanto attiene la consequenzialità storica degli avvenimenti, ammetto che, per chi era ignorante come me in materia, questo libro ti lascia la sensazione di aver capito e poi ti accorgi che invece fai confusione perché i fatti narrati, asservendo una logica narrativa che si sottomette alla dicitura *romanzo*, sono a volte un po' differenti da quel che realmente è accaduto nelle varie situazioni o nella loro consequenzialità.

Per chi mi legge e segue la pagina delle letture concatenate che mappano le ricerche che hanno avuto come inizio da un particolare libro, sa perfettamente che nella sezione "camorra" io avevo inserito Gomorra come libro d'inizio della mia ricerca volta a sanare una curiosità per un periodo e un fenomeno di cui non avevo percezione. Ebbene, il libro rimarrà lì, linkato come tutti alla sua recensione, ovvero questa, perché dopotutto ne rimane l'istigatore principale.

Come già accennato poco sopra - per l'elevato numero di articoli, saggi, recensioni e affini tra loro uguali o contrastanti che commentano questo libro - la linea di demarcazione tra quello che è reputato "accettabile" e quello che invece è inteso come "denigrante" è decisamente sottile e instabile. Pertanto sono cosciente che questa mia personale visione di un libro quanto mai famoso possa essere considerata o letta non con l'intento che ho messo nello scrivere questo pezzo e ne accetterò gli eventuali commenti. Ritengo che, in qualità di colui che giovanissimo si avvicina alla scrittura ufficiale ovvero che pubblica il suo primo libro - in questo caso Roberto Saviano pubblica a 26 anni-, questo sia un ottimo inizio confermato anche dal numero elevato di pubblico che dichiara di averlo letto e non nego che, almeno per il mio punto di vista, il modus utilizzato per scrivere questo romanzo, diventato simbolo per alcuni della *lotta antimafia*, abbia cambiato il modo di scrivere e di parlare di certi argomenti.
E' un fattore evidente che dopo la scalata in classifica è stato chiaro a tutti che per far arrivare determinati argomenti alla massa non era più sufficiente scrivere dei fatti, mettendo solo nomi e descrizioni delle situazioni, ma che bisognava trovare un modo nuovo e che il racconto doveva essere più completo e forse con toni meno retorici per arrivare chiaramente al grande pubblico. Questa "novità" però non ha sempre significato acquistare materiale di qualità perché, nonostante la dicitura “romanzo denuncia”, a Gomorra, nel tempo e a detta anche degli stessi addetti ai lavori, ha corrisposto l'uscita o la messa in evidenza di romanzi e libri d'inchiesta di indubbio valore oggettivo e contestualmente di testi che sono un'accozzaglia di luoghi comuni pubblicati da editori più interessati al profitto che all'effettiva diffusione di reale materiale di informazione.
Contestualmente la questione della *popolarizzazione* dell'informazione volta ad una massimizzazione della semplificazione del sistema mafioso, degli eventi e di tutto ciò che attiene il mondo antimafia -dovuta a motivi differenti da quelli della denuncia almeno per la mia convinzione - hanno aperto un dibattito interessante sull'opportunità dell'estrema semplificazione dell'informazione a favore dell'arrivo della stessa a tutti o alla necessità di riportarla in un ambito, meno di nicchia ma pur sempre piu' professionale, che però comporterebbe per la maggior parte dei lettori prestare un'attenzione molto maggiore nel seguire gli eventi e le evoluzioni di ciò che gli addetti ai lavori hanno da dire in merito ai vari fenomeni criminali. Dibattito che comunque è sinonimo non di denigrazione o esaltazione di una particolare branca della cultura e del giornalismo, come da alcuni e' stata percepita complice anche qualche dichiarazione a priori dello scrittore in questione, ma di una rinnovata vitalità ed evoluzione di questo ambiente prima luogo di relegazione e di emarginazione a *trafiletto di ultima pagina della cronaca* ora diventato improvvisamente di interesse nazionale.
E tutto questo grazie ad un’abile mossa editoriale, a un buon romanzo e anche a Saviano.
Tutto sta a non perdere la direzione e non fare di un possibile momento di crescita un fattore di “moda fine a se stessa”.

Come di consueto, per i libri di questo genere, mi è d'obbligo dire che anche Gomorra non e' un libro di camorra.

Gomorra
Roberto Saviano
Mondadori editore, Ed. 2007
Collana "Strade blu"
Prezzo 15,50€




mercoledì 2 marzo 2011

"Il mondo senza fine", Ken Follett - Non diro' poteva dare di piu'....




Anche questa è una recensione dell'inizio dello scorso anno:)

Non lo diro' per un semplice motivo, che forse se avesse dato di meno, sarebbe stato piu' apprezzato. Mi spiego, è innegabile che nei due lavori (questa è la prosecuzione de "I pilastri della terra") Ken Follett abbia fatto un grosso lavoro di ricerca del periodo storico che va molto oltre le storie in circolazione e costruite parimenti.
Quindi, il problema con cui mi sono scontrata ora come prima, con il primo volume, è la necessità di raccontare dettagliatamente un'intera vita. E' altresì vero che questo permette al lettore interessato, come me, all'architettura e curioso delle tecniche costruttive di carpirne l'evoluzione. C'e' anche un'ottima ricostruzione delle condizioni di vita del periodo.
E' un libro che consiglio, ma che credo, che come me chi lo leggera', lo fara' una sola volta. Però quell'unica varra' sicuramente la pena di farlo...:)

Questo libro è la prosecuzione del pù famoso "I pilastri della terra"pubblicato nel 1989 per la recensione  clicca qui

Il mondo senza fine.
Ken Follett
Mondadori Editore, Ed. 2007
Collana "Omnibus"
Prezzo 20,00€


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