Quando una cara amica mi aveva accennato di aver sentito parlare di questo libro, dalla descrizione di quello che aveva sentito in radio, l'avevo trovato geniale. Riscrivere, o meglio allungare, i finali di famosi romanzi era un'operazione ardua, ma qualcuno ci era riuscito! Ebbene no, o almeno non è questo il caso, dei dieci romanzi riportati qui (Canto di Natale, I promessi sposi, Cenerentola, Il milione, Il nome della rosa, Il vecchio e il mare, La resurrezione di Lazzaro -dai vangeli-, L'uomo della pioggia, Assassinio sull'Orient Express, È già mercoledì e io no) ce n'è solo mezzo che almeno, fa della sana ironia che, sembra, essere scritta con la stessa penna di quella che ha scritto il romanzo originario "L'uomo della pioggia". Il resto è, in parte volgare - pieno di parolacce gratuite (non sono bacchettona, ma dove non servono perché scriverle ad ogni costo?)-, pieno di particolari che nulla hanno a che fare con il tempo e il modo in cui è stato scritto il romanzo che si prende in esame, con grande confusione di ruoli e di situazioni che ti impediscono di capire anche dove si sta andando e soprattutto non è una serie di finali, quella che viene proposta, ma un solo, grande, guazzabuglio di idee, mal presentate e supportate che non possono fare ascrivere questo lavoro nemmeno alla categoria divertissement.
In più l'idea non è nuova, ma in passato queste cose venivano fatte in maniera diversa. Fra queste il caso più eclatante di Guido Da Verona, autore famosissimo per le sue "licenziose opere" che nel 1929 con la casa editrice Unitas diede alle stampe un nuovo romanzo "I promessi sposi. Di Alessandro Manzoni e Guido Da Verona" di cui vedete sopra la foto ("Mussolini Censore", Guido Bonsaver collana I Robinson/letture, Editori Laterza, ed. 2013) che diede particolarmente scandalo. Dice lo studioso:
Copertina e speculazioni a parte, il romanzo era una divertente e licenziosa parodia delle vicende dei manzoniani Renzo e Lucia, con quest'ultima, ad esempio, trasformata da virginale a sensuale giovinotta di molte voglie e pochi scrupoli. Seppur bonaria, vi era poi una satira politica, in quanto, Da Verona ricorreva ad ironici paralleli con l'Italia dei suoi giorni [ventennio fascista]Nella terza di copertina della ristampa odierna (I promessi sposi, Guido Da Verona, Collana "Numeri uno vintage", Barbera Editore, ed 2012) ci viene detto che Don Abbondio va a letto con la perpetua e che la monaca di Monza ha anche tendenze lesbiche.
Confrontando queste notizie, con quello che è il finale proposto da Corradi, potrei sinceramente dire che questo è decisamente misero e poco originale.
Probabilmente, se avesse fatto un po' di ricerca, invece di scrivere che Scrooge si "risveglia vestito da majorette" per poi precisare che, tale tipo di vestiario, sarebbe comparso 100 anni dopo avrebbe tirato fuori uno scritto un po' più articolato. Sarebbe stato sicuramente più facile esporre quelle idee che si intravedono ogni tanto e sicuramente la resa sarebbe stata completamente diversa. E, invece, il vestito da majorette non ha molto senso e dà l'idea che la frase sia sta buttata lì solo perché l'autore, non sapeva come vestire Scrooge in modo ridicolo e pensava facesse ridere. Intendiamoci, non è che non ami ridere ma, il mestiere di fare l'ironia, è complicato quanto quello dello scrittore introspettivo. Richiede il saper dosare la battuta, coinvolgere il pubblico, non con quel che si aspetta ma, con un vero gesto da maestro. Se non si vuole scadere nella volgarità o nel dejà vu basta poco, ovvero la semplicità. In questo blog avevo già parlato anche di uno scrittore che ha fatto un lavoro simile ed é Alessandro Sesto con "Moby Dick e altri racconti" (Gorilla Sapiens, Collana "Caramella Acida", ed. 2013). Ecco vi invito a comprare entrambi i libri e a dirmi sinceramente chi è, fra i due il vero scrittore ironico. Sul finale de "Il nome della rosa" sorvoliamo perché i cliché classici della comicità della commedia all'italiana di "Giovannona coscialunga" e affini sono tutti rinchiusi lì dentro!
D'altronde, come ho scritto nel [Dal libro che sto leggendo] non sempre quel che diciamo o pensiamo, una volta che si trasferisce su carta rimane divertente come lo era nella forma orale. Probabilmente piacerà a molti, ma tra questi non ci sono sicuramente io.
Buone letture,
Simona Scravaglieri
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