mercoledì 30 ottobre 2013

[Dal libro che sto leggendo] Il ghostwriter

Fatalità il sito dove ho trovato un'immagine adeguata è quello della voce di Wikipedia relativa al film realizzato su questo libro: "L'uomo nell'ombra"


Non è una lettura recente, ma mi è capitato di pensare a questo lavoro per ben due volte la settimana scorsa e pertanto, visto che l'avevo riportato a casa da quella al mare ho deciso di trascrivervi l'inizio. Questo non è un thriller contemporaneo bensì è IL THRILLER per eccellenza. Robert Harris è uno scrittore abbastanza famoso in Inghilterra, è anche cognato dell'altrettanto famoso Nick Hornby attraverso il quale ho conosciuto questo lavoro. Potremmo definirlo il "Manfredi" dell'oltremanica e, in effetti, prima di questo lavoro quelli precedenti sono tutti gialli/romanzi storici.

Poi un giorno si presenta dal cognato con il suo nuovo lavoro, lui lo leggerà sicuramente. E come Hornby dirà in un suo pezzo per il giornale letterario, lo inizia a leggere per cortesia e lo finisce completamente soggiogato da stile e dalla trama. E, non vi nascondo, che è successo anche a me, l'ho iniziato per curiosità e l'ho finito con dispiacere e ogni volta che lo trovo in giro mi viene voglia di rileggerlo.

Purtroppo, e lo è per l'autore, l'edizione italiana è attualmente disponibile nella collana Oscar Mondadori ed è una vera calamità. Il 50% delle pagine presenta refusi, lettere scambiate o inchiostro sbiadito (magari hanno ascoltato le mie lamentele e rivisto le ristampe successive, ma non sono così ottimista!). Ma io all'epoca non ne ho trovata una versione più civile.
Il libro vale comunque, la storia è accattivante, c'è la tensione giusta e il ritmo è sempre crescente e, in più, stupite... non ha un finale farlocco o scontato.

E' un libro che consiglio sempre a chi mi chiede consigli su questo genere particolarmente difficile ma su cui molti, a volte mi viene da dire troppi, si cimentano incautamente con risultati discutibili.

Buone letture,
Simona Scravaglieri
Fra i tanti vantaggi del mestiere di ghost-
writer uno dei principale è la possibilità 
di conoscere gente interessante.
Andrew Crofts, Ghostwriting

Nel momento in  cui seppi che era morto McAra avrei dovuto alzare i tacchi e andarmene. Solo adesso me ne rendo conto. Avrei dovuto dire: "Scusa, Rick, ma non fa per me, non mi convince", poi finire il mio drink e sparire. Ma te le presenta così bene le sue storie, Rick - a volte penso che dovremmo scambiarci i ruoli, lui lo scrittore e io l'agente letterario -,che appena si mette a parlare lo ascolto senza discutere: e alla fine riesce immancabilmente a persuadermi.
La faccenda, da come me l'aveva raccontata  quel giorno, era andata così.
Due domeniche prima McAra  aveva preso a Woods Hole, Massachusetts, l'ultimo traghetto per Martha's Vineyard. Secondo i miei calcoli doveva essere il 12 Gennaio. La partenza del ferry-boat era rimasta a lungo in forse, perché a metà pomeriggio si era alzato un vento così impetuoso da far annullare la maggior parte delle traversate. Ma intorno alle nove di sera il vento si era attenuato e alle nove e quarantacinque il comandante aveva deciso che era possibile salpare senza correre rischi. Il traghetto era pieno, ma con un po' di fortuna McAra era riuscito a trovare un buco sotto coperta per la sua auto e poi era salito a prendere un po' d'aria. Nessuno l'avrebbe più visto.
La traversata da Woods Hole all'isola di Marthas Vineyard di solito dura quarantacinque minuti, ma quella sera le condizioni del tempo avevano rallentato la navigazione: con un vento a cinquanta nodi, aveva osservato Rick, non è uno scherzo attraccare una nave di sessanta metri. Alle undici di sera, finalmente, l'operazione fu completata e le auto cominciarono a muoversi. Tutte tranne una: un SUV Ford Escape nuovo di zecca color marrone chiaro. Il commissario di bordo invitò via altoparlante il proprietario a mettersi al volante perché il SUV stava bloccando le altre auto, ma inutilmente. Allora due marinai si avvicinarono all'auto e, poiché non era stata chiusa a chiave, la spinsero fin sulla banchina. Subito dopo la nave fu perquisita da cima a fondo, dalle scale al bar, dai bagni addirittura fino alle scialuppe di salvataggio alla ricerca dell'automobilista: niente. A quel punto telefonarono a Woods Hole per sapere se per caso un passeggero era sbarcato prima che la nave salpasse, o era magari rimasto a terra: ancora niente. E alla fine un funzionario della Massachusetts Steamship Authority si mise in contatto con la base di Falmouth della guardia costiera segnalando la possibilità che fosse caduto dalla nave.

Questo pezzo è tratto da:

Il Ghost Writer
Robert Harris
Mondadori Editore, Ed. 2010
Collana "Oscar Mondadori"
Prezzo 9,00€ 

domenica 27 ottobre 2013

Intervista ad Eugenio Montale


Dietro al poeta c'è sempre l'uomo. Perché non si è sempre poeti o scrittori, lo si è solo quando si scrive, quando si lavora. Per la restante parte del tempo si è uomini che vivono, soffrono, amano e desiderano.
Questa bellissima intervista fatta a Eugenio Montale apre uno spiraglio su quella parte di vita che non leggeremo mai sui libri: "Volevo fare il cantante [...] ma solo per il mio insegnante di canto [...] poi morì ma già da prima volevo scappare". O anche "[dei figli] ero l'unico che non era portato per la letteratura", l'incontro con Gobetti, il fascismo, la guerra.

La prima edizione di "Ossi di seppia" "bruciò" in due giorni, lo sapevate? "Bruciò" perché andò a fuoco il magazzino dice ridendo Montale, ma dopo questa la seconda costava 15£ e il padre di Montale trovava fosse un prezzo troppo alto, e a quest'ultima seguirono altre 12 ristampe. E verso la fine dice, riguardo la sua passione per la pittura "sospetto che i miei quadri saranno l'unica cosa che rimarrà della mia produzione".
E' un'intervista completa e molto gradevole, dove umanità e sentimento ( "non sono un poeta morto giovane, ma mi sentivo così") ipnotizzano il telespettatore e il cui ritmo delle domande viene intervallato da passi tratti dai libri dell'intervistato.

Buona visione e buone letture,
Simona Scravaglieri



venerdì 25 ottobre 2013

"L'importo della ferita e altre storie", Pippo Russo - La responsabilità generazionale...

Fonte: CambiaVerso
Credo di aver provato a scrivere questa recensione circa 25 volte e, in effetti, per me non è una novità. Di nuovo c'è che il libro di cui vi parlo oggi non è una storia e quindi l'approccio a questo resoconto di lettura deve essere diverso. Cominciamo con il dire che non è una lettura recentissima ma che ha cambiato il mio personale modo di leggere in meglio rendendolo più consapevole. Ha una morale ed è anche ben chiara: "non accontentatevi" dei libri brutti o di quelli mal scritti, di libri pressappochisti e nemmeno di quelli che vengono definiti come best-seller ancora prima di essere stampati e non accettate libri incomprensibili o pomposi solo perché chi li ha scritti è definito da qualche benpensante come l'astro nascente della cultura italiana perché, specialmente oggi, dopo il declino dell'editoria iniziato con la crisi degli anni ottanta, quel che si rifila, a caro prezzo, come "libro", molto spesso, ne ha solo le sembianze ma non la qualità e nemmeno i contenuti.

Pippo Russo non chiede di credere sulla parola al monito che professa ma va oltre; analizza i lavori di ogni, chiamiamolo, "scrittore" di cui denuncia lavori mal concepiti o scritti o che sono volutamente pomposi e all'atto pratico inutili portando con sé, non solo una puntuale stima e disamina degli errori, ma l'analisi delle trame e delle didascalie delle 2°,3° e 4° di copertina. Scorrendo queste pagine che vanno da Faletti e Volo fino a Scurati o a Piperno si scopre che ci si accontenta fin troppo spesso. Se Faletti scrive come stesse traducendo il suo pensiero dall'inglese e Moccia pare godere nel descrivere atti di violenza gratuita; Scurati e Piperno si crogiolano in un finto decadentismo barocco annichilendo lo sfortunato lettore che decide di comprarli. E viene da domandarsi a che pro? Siamo davvero considerati dei lettori cui si può rifilare gli scarti? O che si può facilmente abbindolare proponendo qualcosa come oro zecchino anche se è volgare stagno?

Potreste non essere d'accordo con lui - è bello avere idee differenti - ma per farlo, come ripete spesso e volentieri, dovete leggerli, e anche tutti, i lavori di questi professionisti della "scrittura creativa"; non è una posizione di comodo o una sfida ma è un invito a mettersi sul suo stesso piano di conoscenza per poter controbattere eventualmente partendo ad armi pari perché, con Pippo Russo, non sono ammesse mancanze di alcun genere. Ed è affascinante vedere come si muove nei vari ambiti passando dai significati e significanti dei vocaboli alla grammatica fino all'analisi logica delle frasi senza dover diventare didascalico. E' un libro volutamente scritto per essere appannaggio di tutti senza dover rinunciare alla corretta sintassi o ad un utilizzo della lingua italiana più che consono. 

Quindi non affonda, come potrebbe, il coltello con il fare didattico e a volte noioso di quei pochi "reperti archeologici" di critici che fanno il loro lavoro in autonomia, ma tenendo a far pesare la propria cultura a chi si avventura a leggerli, bensì svolge il suo arduo compito con il sorriso sulla bocca e una felice e quantomai azzeccata ironia accompagna i suoi pensieri e le sue "estreme" esperienze di lettura. E da imparare ce n'è veramente tanto e non per diventare l'ennesimo stroncatore per hobby ma proprio per essere più consapevoli ogni volta che scegliamo di investire i nostri soldi in un libro invece di una uscita con gli amici. Si ride e anche tanto, è difficile leggerlo mantenendo un certo contegno. Ci ho provato ma non mi è mai riuscito. Una cosa che mi è piaciuta è che è un libro che potremmo definire "open" ovvero che fa pensare che l'analisi non finirà qui ma continuerà, come in parte sta già succedendo sul suo blog Cercando Oblivia
Stasera, mentre pensavo a questa recensione che volevo assolutamente scrivere, pensando all'argomento prevalente che avevo individuato, mi è venuta in mente questa poesia (ed è cosa rara per me che sono romantica come una lapide funeraria...ma non parla d'amore!) di Walt Whitman citata nel famoso film "L'attimo fuggente":

“O me o vita!

Domande come queste mi perseguitano.

Infiniti cortei di infedeli,

città gremite di stolti,

che v’è di nuovo in tutto questo?
O me o vita!
Risposta:
Che tu sei qui,
che la vita esiste e l’identità,
che il potente spettacolo continua
e che tu puoi contribuire con un verso”.
“Che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso”.
Ecco dopo questa associazione mi è venuta in mente questa considerazione sulla responsabilità generazionale: se noi ci accontentiamo e abbassiamo il livello della qualità dei libri che leggiamo- permettendo alle case editrici di eclissare o sorvolare sui lavori di qualità a favore di ciò che si vende -, cosa leggerà chi verrà dopo di noi? Qual'è il nostro lascito o contributo? Anche i lettori contribuiscono con i loro acquisti e con le tendenze che seguono a creare modelli di scrittura e filoni. Cosa lasceremo ai futuri lettori di questi nostri anni? Domanda forse retorica ma che rimane irrisolta.

Buone letture e, in questo caso, buone risate,
Simona Scravaglieri

L'importo della ferita e altre storie
Frasi veramente scritte dagli autori contemporanei
Faletti, Moccia, Volo, Pupo e altri casi della narrativa di oggi
Pippo Russo
Edizioni Clichy, ed. 2013
Collana "Beaubourg"
Prezzo 15,00€

Fonte: LettureSconclusionate

mercoledì 23 ottobre 2013

[Dal libro che sto leggendo] L'impronta dell'editore

Fonte: Tolettablog


Difficilmente metto un video in un post legato a questa rubrica, ma in questo caso mi sembra più che pertinente. Adelphi quest'anno festeggia i suoi cinquant'anni di attività e lo fa nello stile che l'ha sempre contraddistinta negli anni attraverso libri (come questo che vi suggerisco oggi e Adelphiana - Ed .Adelphi, pubblicata nel 2013, prezzo 35,00€) e con una serie di convegni iniziati lo scorso anno sulla storia del libro e dell'amore per la scrittura vista come esperienza unica. Ogni volta che aprite un libro, scoprite un nuovo mondo e se ogni volta è diverso l'editore ha raggiunto il suo obiettivo. E' un po' come le fasi dell'innamoramento giovanile, prima è un'infatuazione, poi diventa passione e infine se è vero sentimento quello che vi guida diventa amore. Queste emozioni sono quelle che ogni lettore cerca e con ancora più decisione nel momento in cui ha vissuto questo magico momento e vuole trovare un libro che superi e renda ancora più intensi questi momenti.

A fianco a questo c'è la scelta di un editore che per definizione part dall'esperienza di lettura nella sua totalità: la lettura non è solo lo scorrere delle parole ma è anche il piacere del tatto, passando dalla scelta della carta fino alla rilegatura del libro stesso, è visiva nell'apprezzamento della scelta della copertina, è anche un po' abitudine con la riconoscibilità di un marchio non solo dal logo ma dalla fattura del libro. In questo, sottolinea Calasso in questo libro, l'ebook non potrà mai confrontarsi con la carta perché l'esperienza digitale è altro e per nulla paragonabile a questo tipo di "arte.
Ho pensato pertanto di inserirvi ora questo video registrato in un intervento fatto da Calsso a Palazzo Ducale qualche settimana fa e di inserirvi quanto prima i video del recente documentario girato per SkyArte che devo ancora ottimizzare.

Sotto, come al solito, troverete anche l'assaggio di lettura di questo libro.
Buona visione e buone letture,
Simona Scravaglieri


Roberto Calasso: Memoria, editoria, scrittura



I LIBRI UNICI

All'inizio si parlava di libri unici. Adelphi non aveva ancora trovato il suo nome. C'erano solo pochi dati sicuri: l'edizione critica di Nietzsche, che bastava da sola a orientare tutti il resto. E poi una collana di Classici, impostata su criteri non poco ambiziosi: fare bene quello che in precedenza era stato fatto meno bene e fare per la prima volta quello che prima era stato ignorato. Sarebbero stati stampati da Mardersteig, come anche Nietzsche. Allora ci sembrava normale, quasi doveroso. Oggi sarebbe inconcepibile (costi decuplicati, ecc.). Ci piaceva che quei libri fossero affidati all'ultimo dei grandi stampatori classici. Ma ancora di più ci piaceva che quel maestro della tipografia avesse lavorato a lungo con Kurt Wolff, l'editore di Kafa. 
Per Balzen, che aveva una velocità mentale come non ho più incontrato, l'edizione critica di Nietzsche era quasi una giusta ovvietà- Da che cosa si sarebbe potuto cominciare altrimenti? In Italia dominava ancora una cultura dove l'epiteto "irrazionale" implicava la più severa condanna. E capostipite di ogni "irrazionale" non poteva che essere Nietzsche. Per il resto, sotto l'etichetta di quell'incongrua parola, disutile al pensiero, si trovata di tutto. E si trovava anche una vasta parte dell'essenziale.


Taglio alla prima pagina perché poi il discorso entra nel dettaglio e sarebbe un delitto tarpare una logica di pensiero così articolata e bella...Vi ho incuriosito?
Questo pezzo è tratto da:

L'impronta dell'editore
Roberto Calasso
Adelphi Edizioni, ed. 2013
Collana "Piccola biblioteca" n° 642
Prezzo 12,00€


domenica 20 ottobre 2013

L'ha detto... Charles Bukowski


Fonte: Premio Celeste



Non possiamo ingannare la morte ma possiamo farle fare così tanta fatica che quando arriverà a prenderci saprà di avere ottenuto una vittoria altrettanto perfetta della nostra. 
 Charles Bukowski

venerdì 18 ottobre 2013

"Marina Bellezza", Silvia Avallone - E' tutta una questione di non appartenenza...


Fonte: Moda-Azi



Nel [Dal libro che sto leggendo] vi avevo postato la raccolta del livetwetting tenutosi in occasione della presentazione di questo libro. In quel momento non avevo molto da dire in merito, visto che avevo appena iniziato a leggerlo. Oggi posso tranquillamente dire che è veramente un bel libro: ben scritto e che dimostra anche una buona dose di approfondimento sul campo (ci sono delle descrizioni dei tempi sulla produzione dei formaggi che ad un certo punto mi hanno fatto venire il dubbio che avesse veramente messo su un piccolo caseificio!).
E' la storia di due giovani Andrea ventisettenne e Marina ventenne che "non appartengono". E' una ricerca della propria identità e quella di coppia, non sarà la prima e nemmeno l'ultima in ambito letterario, ma è proprio ben scritta. Parliamo un po' della trama e poi esplodiamo il concetto.

Lui e lei sono stati insieme 8 anni prima del momento in cui è ambientata la storia (ovvero a cavallo fra 2012 e inizio 2013). Vivono il periodo di recessione come una caccia al tesoro e il premio è uno spazio che possa garantire lavoro in un'epoca dove questo rappresenta l'Eldorado ambito da tutti. I loro profili si incrociano letteralmente partendo da esperienze, famiglia e desideri completamente opposti. Da un lato lui, figlio di buona famiglia - ma al contempo ne è anche la pecora nera - cresciuto all'ombra del fratello maggiore perfetto,  vive nel rifiuto di scendere a compromessi con i suoi genitori dai quali non si sente affatto compreso. Studente fuori corso, lavora in una biblioteca con un contratto a progetto e ha un sogno da coronare: fare il margaro come suo nonno producendo anche formaggi. Dall'altro lato lei, figlia unica di una famiglia disgregata  e che è sempre sopravvissuta nella vita. Padre sempre assente da quando se n'è andato di casa e madre alcolizzata, è cresciuta partecipando ai provini e facendo pubblicità e comparsate. Il suo sogno più grande è diventare un'affermata cantante ed entrare a pieno diritto in un mondo di vip.
Le vite di Andrea e Marina si incrociano nuovamente a 8 anni di distanza proprio una sera in cui lei canta ad un concorso e lui, con gli amici, è in cerca di qualcosa da fare per passare la serata.
Le differenze non finiscono qui: Marina nonostante desideri la notorietà è una ragazza sola e ambiziosa ed è proprio la sua ambizione a tenerla in questo stato insieme ad un inconfessabile segreto. Andrea, per contro,  è ben voluto e ha amici, magari non la crème de la crème, ma sono ragazzi che gli sono affezionati come fratelli.

Questi due insiemi chiamati Andrea e Marina si trovano a tangere nel momento in cui i due giovani, nonostante le diversità che li hanno in passato divisi, decidono di ricominciare la loro storia d'amore.
Sono le differenze che definiscono la loro "non appartenenza" l'uno all'altro, ma questa è anche la caratteristica che hanno in comune, l'unica: "non appartengono" a nulla e a nessuno. Nè alla famiglia o ai luoghi che sono teatro di queste vicende e neanche agli amici o ai conoscenti. Appartengono invece ai propri sogni, che sono anche causa delle loro incomprensioni e divisioni rendendo difficile questo ricongiungimento. Lui ambisce a ritirarsi dal mondo e lei a conquistarlo. Nei loro desideri "gli altri" non sono contemplati o lo sono, nel caso di Marina, solo ed esclusivamente in qualità di spettatori. Quindi il difficile rapporto di coppia di regge su un filo labile, l'essere "coppia" ma "soli" allo stesso tempo. 

Ma la "non appartenza" non decreta il rifiuto della ricerca identitaria. Io sono in quanto penso, o vivo o anche occupo uno spazio. Qui queste affermazioni si annullano: Io esisto in quanto non appartengo e scelgo di seguire passato o futuro secondo le mie inclinazioni o i miei desideri (c'è anche un pizzico di Roth in questo, ironicamente). Posso essere margaro a Biella o nel mondo, ma scelgo di esserlo come da "tradizione" prendendo "i tempi" di un passato che ho ereditato da mio nonno e che condivido nell'ambito del mio lavoro. Scelgo una vita fatta di silenzi ma anche di famiglia, mi escludo dal mondo ma cerco qualcuno che abbia un rapporto così stretto con esso da farmi da tramite. Per contro io scelgo di fare la cantante a Biella o nel mondo. Il punto non è dove, ma è quello che voglio: fama, soldi e successo. Per fare questo mi proietto al mondo ma scelgo di tenere i piedi in due scarpe: da un lato la conquista e dall'altro tenermi i miei punti fermi, ovvero Andrea.

Due concetti all'apparenza diversi, ma in fondo molto uguali fra loro. Che si scelga la tradizione o il futuro il punto fermo, quello di riferimento, non è situato né al passato ma neanche al futuro. E' solo il presente che, per quanto instabile e incerto, in questo periodo di crisi è l'unica cosa cui ambire. E' il presente che ci restituisce la forma della nostra identità che non è un'entità fissa, graniticamente impassibile al passare del tempo ma con questo muta, in deroga ai tempi che viviamo, e si adatta al grado maturazione della persona che rappresenta. Detta in termini più semplici: siamo in quanto viviamo il nostro presente e mentre cresciamo il nostro essere muta con la nostra consapevolezza e la nostra esperienza.

E' certo che i temi prevalenti che Silvia Avallone ha evidenziato nella presentazione ci sono, ma io ho trovato affascinante questo aspetto, forse per lei secondario, che per me apre a riflessioni del tutto inaspettate.
Cervo a parte , di cui non ho compreso affatto la metafora o l'imprtanza- e lascio a voi scoprire di cosa sto parlando-, la storia è ben scritta, pertinente e verosimile, quindi niente favolette, e - Grazie Silvia! - affatto smielata nonostante la storia d'amore sia protagonista di questo lavoro. Molto belle sono anche le descrizioni della provincia Biellese.

A voi non resta che leggerlo e a me solo l'inserimento fra i recensiti del blog nell'apposita nuova libreria. Una cosa sola è certa, dopo tante letture "un po' strane" un libro così ci voleva proprio. 
Buone letture,
Simona Scravaglieri

Marina Bellezza
Silvia Avallone
Rizzoli Editore, Ed. 2013
Collana "La Scala"
Prezzo 18,50€

Fonte: LettureSconclusionate

mercoledì 16 ottobre 2013

[Dal libro che sto leggendo] Marineide



Fonte: n3po


E' da parecchio che vi volevo parlare di questo libro che è uno di una serie di gialli che raccontano le avventure dell'Ispettore Marineo. Oltretutto è una scoperta fatta per puro caso grazie alla segnalazione della casa editrice quando sono stata alla fiera della piccola e media editoria di Roma. Navarra, infatti è un editore molto impegnato nel mondo sociale che pubblica scritti e raccolti focalizzati su temi caldi dell'apparato sociale, talmente seri che alla "politica", se così la vogliamo chiamare, cerca sempre di non affrontarli. Temi come l'immigrazione, le mafie, il giornalismo vittima  dei poteri oscuri sono concetti che ben conosciamo ma che, se ci soffermiamo a pensarci, difficilmente sono oggetto di serie discussioni se non portano l'acqua al mulino di questo e quel rappresentante politico.

E in questo catalogo impegnato (nel quale alcuni testi hanno i diritti devoluti ad associazioni) spunta la saga dell'ispettore Marineo, l'anti-Montalbano. Irriverente, talmente tanto da sembrare a volte maleducato, sempre un po' scocciato, circondato da una serie improbabile di collaboratori sembra un po' il Kojac siciliano. Ma la domanda sorge spontanea: "Com'è che uno scrittore che, dal nome e cognome, tradisce origini straniere scrive un libro dalle tinte e dal dialetto prettamente siciliano?" Semplice! Il padre è danese ma la madre è siciliana e lui ha passato parecchio tempo in Sicilia e dalla madre ha appreso le tradizioni di quest'isola bellissima.

Ecco, io ho veramente riso tanto di questi due omicidi, non per i morti (letterari) ma per le uscite dell'ispettore. Ho trovato racconti accattivanti, che tradiscono l'affezione dell'autore per la terra d'origine materna, e, al contempo, un autore che riesce ad orchestrare situazioni verosimili che non facciano sembrare campata in aria l'inchiesta. Diciamo che se Marineo è l'anti- Montalbano, Viborg è l'anti-Dicker.

Buone letture e, in questo caso, buone risate.
Simona Scravaglieri 


Omicidio sotto la rocca 
Prologo 
Non era una notte buia e tempestosa. Anzi, era calma, calda e illuminata dalla luna piena.
All'interno della scuola, temporaneamente chiusa perché sede di seggio elettorale, quattro uomini giocavano a carte seduti ai quattro lati di un banco troppo piccolo per loro.
- Scopa! Col settebello: due punti, - disse uno dei quattro.
- Ma se stiamo giocando a briscola, Collura! - rispose il giocatore al suo fianco.
- Mi ero distratto. Stavo guardando la televendita dell'idropulitrice - si giustificò il primo.
- Andate a fare in culo tutti e tre, compresi voi due che non c'entrate. Non gioco più, - sbottò il più anziano del gruppo.
- Dai ispettore, la notte è lunga, che facciamo se no? - intervenne il quarto.
- Vi guardate le televendite, Guzzo, - rispose l'ispettore. Poi, guardandosi intorno come cercando qualcosa con gli occhi, aggiunse - ma che hanno portato poco fa da mangiare?
- Pizza, pani cà meusa e gelati,- rispose qualcuno.
- Gelati? Ma perché c'erano i gelati? - chiese come risvegliandosi di soprassalto l'uomo che, poco prima, aveva fatto scopa giocando a briscola.
- Sì, - gli fu risposto.
- Allora non ce ne sono più.
- E perché?
- Perché mi sembravano cannoli e non li ho messi in freezer.
- Andate di nuovo a fare in culo tutti e tre. Vado a fare una telefonata, - disse incollerito l'ispettore. Si alzò, uscì e si diresse all'esterno dell'edificio, illuminato oltre che da una splendida luna anche dalla luce giallognola dei lampioni. Si godette l'aria pulita e frizzante della tarda serata per qualche minuto, poi, preso il cellulare, compose il numero. Attese qualche secondo che la persona chiamata gli rispondesse e quando questi lo fece disse:
- Commissario Guccione? L'ispettore Marineo parla. Ma nessuno c'era che si poteva fare 'sta nottata con questi tre deficienti al seggio elettorale?
- Sì, - rispose il commissario Guccione.
- E chi?
- Io. Ora ha capito perché lei è lì? Si vada a coricare che domani mattina vi verremo a dare il cambio. Va bene?
- No.
- Fa lo stesso Marineo, buonanotte.
- Vafanculu puru tu! - disse Marineo, a un ricevitore già muto.


Il pezzo è tratto da:

Marineide
Omicidio sotto la rocca - Il sultano Rhomen Al Fasud
Ian Viborg
Navarra Editore, Ed. 2009
Prezzo 10,00€

domenica 13 ottobre 2013

Carlo Ginzburg, "Schemi, presupposti, esperimenti a doppio cieco. Rifles...

Siamo  Milano nel Settembre 2011 Uno storico dal cognome famoso, Carlo Ginzburg (il figlio della compianta scrittrice Natalia, viene invitato ad intervenire al Premio Balzan . Ginzburg è stato premiato l'anno precedente, 2010, sul tema dell'Europa fra 1400 e 1700 (in questo blog è recensito uno dei suoi lavori "Il formaggio e i vermi").

Si comincia con la frase che è stata sempre un memento per questo grande storico "La vita di un lettore è piena di sorprese". E in effetti il mestiere di uno storico, stando anche a Carr ( altro storico di cui Ginzburg ha anche tradotto 6 lezioni famose pubblicate da Einaudi, nel 2000 ,"Sei lezioni di storia"), lo storico è un ricercatore e anche un mediatore che guarda fra i fatti che gli si presentano, indagando sulla loro importanza e selezionandoli per poterli proporre al pubblico. Qui Ginzburg dice "Ogni testimonianza ci parla prima di tutto di sé stessa" perché ci introduce al momento in cui è stata registrata e anche di chi lo ha fatto e perché e, in secondo luogo, "ci parla di qualcosa al di fuori di sé" ovvero, come nel caso dell'esempio che riporta, l'oggetto della testimonianza ovvero Chartres. Ma per comprenderla fino in fondo, e qui si scovano i punti di tangenza con Carr, bisogna metterle a confronto con le paritetiche dello stesso periodo - verifica che non è possibile per lo studioso, dirà più avanti, e "verifica" sta per sperimentazione (è il limite e la sfida dello storico) quindi si ricorre alla comparazione-.

Ovvio, direte voi, ma in effetti non è propriamente così. Come questo studioso, che vi propongo oggi, Carr e molti altri evidenziano, la tentazione dell'interpretazione storica è un fattore basilare per comprenderci, ma la tentazione all'interpretazione dei fatti a ridosso del loro svolgimento non ci permette di essere abbastanza distanti da poterli guardare con oggettività. La testimonianza contemporanea permette a chi sarà abbastanza distante dall'evento di raccogliere i pezzi del puzzle e tentare di restituire un'immagine più vicina al reale scartando tutto ciò non abbia attinenza con l'evento o sia ridondante. 

Anche se è un manifesto di quelle che sono limiti e obiettivi dell'analisi storica e dell'approccio ai documenti non vi limitate, ascoltando questo evento, a pensare solo al rapporto fra testimonianza o immagine e storia  ma ampliate il concetto e andate fino alla testimonianza storica che genera la letteratura. Quella "letteratura" che giornalmente ci viene proposta nelle librerie, che si pretende di giustificare, con il fatto che si tratta di "narrativa", quando deforma la realtà storica da cui però pretende di essere derivata. 
Una Lectio  che ho trovato veramente illuminante e che spero piaccia anche voi.
Buone letture, 
Simona Scravaglieri



mercoledì 9 ottobre 2013

[Dal libro che sto leggendo] Il Sale

Fonte: SuperEva
Questo è un "Signor Libro". Uno di quelli ai quali ti fermi di fronte e sai che potrai trovarci qualcosa di impagabile ma sei certa altresì che questa "impagabilità" te la dovrai guadagnare fino all'ultima pagina. Sono i classici imperdibili da tenere sottomano quando si ha voglia di sbirciare qualcosa che affiora ogni tanto, il ricordo indotto da immagini lontane racchiuse fra pagine come queste.
Io lo sto leggendo e ho scelto proprio di iniziare dal risveglio. Inizia così questa vicenda raccontata in modo corale dai vari componenti, diretto o acquisiti, di questa famiglia. A me è sembrato di vederli questi gabbiani, di vedere in lontananza anche la spiaggia, quella della Normandia. Un luogo lontano diviso fra i due mondi, quello francese cui appartiene e quello di conquista, inglese, fatto di nuovi coloni in cerca della magia di quelle acque oceaniche e ipnotiche. Perchè la Normandia? Non so ma procedendo nella lettura e seguendo le descrizioni mi sono venuti in mente questi luoghi.
Vi lascio con l'assaggio di lettura di oggi, attenti all'acqua
e buone letture,
Simona Scravaglieri




Louise 

Si svegliò con la certezza che i bambini dormissero ancora. La prospettiva della cena prese forma nella sua mente e, con essa, la sensazione di questa sua presenza, quelli dei ragazzi nelle loro camere all'altro capo del corridoio, i loro corpi nascosti sotto le coperte. 
Un giorno sfilacciato scivolava dalla finestra e si infrangeva sullo spigolo del comò. All'alba bagnava la camera. Dalla casa, non sentiva il rumore delle onde, ma le arrivavano le grida dei gabbiani. Se le persiane non erano chiuse, e il giorno la trovava allungata su un fianco - il viso rivolto alla finestra - una delle prime immagini che distingueva, aprendo gli occhi, era il volo alto degli uccelli sopra un quadrato di cielo sul muro. Una carovana di nubi ci stazionava, a volte. Se le mattine erano grigie, Louise ci vedeva come il riflesso del mare, una schiuma che poteva essere bianca, o anche nera. Ma poco lontano, in verità, le brezze marine: gli uccelli non cessavano mai di dominare la città. Qualsiasi cosa accada alla gente del mare, loro sventrano il cielo comunque. La loro costanza le piaceva, niente poteva turbare le loro evoluzioni aeree. Normalmente non sentiva i loro richiami - ma quella mattina i gabbiani sembravano raddoppiare gli sforzi per strapparla al sonno. Può darsi che il vento soffiasse verso la casa, portando il loro concerto per lei. O, magari, era colpa dell'inquietudine per quella cena che già l'aveva tormentata tutta la notte.
Aveva sognato che erano tutti a tavola in una cucina. Non era certamente la loro, ma era conosciuta. Armand discuteva con i ragazzi. Lei non vedeva i loro visi, e non avrebbe saputo definirne l'età. Luoise non sentiva le parole di Armand distintamente; era contrariata di questo e si  convinceva che parlasse di lei, criticando il cibo o lo stato della casa. Poi si rendeva conto dello sciabordare dei propri passi  mentre camminava dal tavolo al lavello. Luoise abbassava lo sguardo e vedeva la pozza d'acqua allargarsi sotto la tavola, sul pavimento, senza che nessuno se ne curasse. Armand continuava a borbottare cose incomprensibili e i bambini restavano immobili e accigliati. L'acqua non smetteva  di salire e le arrivava alle caviglie. Louise pregava i ragazzi di reagire, di dirle cosa stava succedendo, ma nessuno si degnava di rispondere. Tutti fissavano Armand, pietrificati. Si ricordò della paura implacabile all'idea che l'acqua - che non smetteva di salire - stesse minacciando la tavola, il pasto e la famiglia. Nell'indifferenza di tutti, Louise cercava l'origine di quella perdita, e scopriva stupefatta che l'acqua sgorgava da Armand. Colava dalle gambe dei suoi pantaloni, dal collo, dalle maniche della camicia, dalle sue labbra di cui non riusciva, però, a distinguere i movimenti. Poi, come avviene nei sogni, prese coscienza dell'assurdità della scena: doveva svegliarsi. Armand era morto, lui e i suoi figli non potevano essere riuniti a tavola. Quella cucina l'aveva creata lei, da cima a fondo. L'acqua che raggiungeva le sue ginocchia era priva di consistenza. Ecco il sogno da cui Luoise riuscì a riemergere diverse volte, la notte che precedette la cena.
 Si svegliò nell'umidità delle lenzuola, poi ripiombò in un sonno approssimativo.

Questo pezzo è tratto da:

Il sale
Jean-Baptiste Del Amo
Neo Edizioni, ed. 2013
Collana "Pothlac"
Prezzo 16,00€ 

domenica 6 ottobre 2013

L'ha detto...Giovanni Giolitti


Fonte: San Josemarìa Escrivà



Perdonare sempre, ma dimenticare mai. 

 Giovanni Giolitti


venerdì 4 ottobre 2013

"cate, io", Matteo Cellini - Del pensiero grasso e delle probabilità di uscire dal loop


Fonte: La Dieta Mediterranea


Vi avevo accennato già a questo libro mercoledì scorso; nei commenti all'assaggio ero stata più che sibillina accennando a libri brutti e a libri che, odiati dalla prima all'ultima pagina, improvvisamente, a posteriori, appaiono belli. Ecco in questo caso, nonostante le premesse, devo ammettere che il libro non è malvagio anzi è riuscito a diventare un buon lavoro passata la metà del racconto. Ci sono sicuramente un paio di errori di cui il primo, e forse quello più grave, che sembra essere il pensare che, questo libro, potesse passare, con giudizi completamente positivi, il vaglio di persone dal "pensiero grasso" e il secondo, che lo mette nell'elenco dei libri caparbi e che non vogliono essere letti, è lo stile narrativo.

Se state cercando di capire che significhi il "pensiero grasso", se non siete mai stati pienotti - ma tanto, non bastano due chili in più sul peso forma - difficilmente riuscirete ad entrare nella mente di uno che ha questa forma di modo di pensare. Appartiene a tutte quelle persone, di sesso indifferente che hanno avuto questo grande problema sin da piccoli. Come dice correttamente l'autore attraverso la voce della protagonista, Caterina, il mondo ha milioni di sfumature - ci sono i biondi, i bruni, i castani etc stessa cosa avviene per gli occhi, per la statura, per i numeri di scarpe o il tipo di orecchie - ma c'è una sola divisione netta i magri e i grassi: la differenza sta nel fatto che i magri si sentano in dovere o di prendere in giro o di ricordare ai grassi quanto sono grassi, mentre questi ultimi se lo ricordano ogni minuto della giornata guardando le vetrine, passando davanti ad un bar, facendo anche una sola passeggiata e via dicendo. Ma in una cosa in particolare Caterina rispetta il "tipo grasso" ovvero che, le migliori cattiverie se le sa dire da sola. Fin qui il libro che narra le vicende i Caterina all'ultimo anno di liceo, con pochi amici, figlia e sorella e nipote di persone grasse e che vive due realtà ben distinte - la guerra (il mondo cattivo) e la pace (il ritrovarsi fra gli affetti familiari) - è perfettamente coerente.

Nel momento in cui ci si avvicina al finale, quasi per trovare una soluzione a tutto questo racconto, la vicenda assume risvolti fiabeschi. Il "risveglio", "il guardarsi allo specchio e improvvisamente cominciare ad apprezzarsi (senza aver perso un grammo)" ha veramente dell'inverosimile. Questo genere di reazione, a che cosa non posso dirvelo altrimenti ve ne rovino la lettura, non appartiene alle persone della "stazza" che lui associa a Caterina, bensì a quelli che si sentono grassi con un paio di chili in più. Quel che Cellini non sa o non ha tenuto conto è che una persona, donna ancor di più, non smette mai di essere grassa se lo è stata in pubertà anche se poi diviene magra come un chiodo. E come un marchio, che ti segna, come avviene per quelli che subiscono traumi. E questa non è una teoria, ma esperienza personale e condivisa con persone che hanno vissuto problemi similari ai miei. La differenza diventa solo esterna, ma tu non la vedi, continui a vederti allo stesso modo, nonostante i complimenti che ti si fanno e che se troppo insistenti diventano l'ennesima beffa. Si può aprire gli occhi sulle "seghe mentali" da adolescenza, ma da quello status non si esce, ma si impara a gestirlo e a conviverci senza farsi troppo male.

Il metodo di scrittura è un'altra grande pecca di questo libro che comunque dimostra, inaspettatamente, di avere un suo perché. Frasi un po' scombinate,  descrizioni metaforiche a volte un po' strampalate lasciano interdetti non poco e rendono la lettura non propriamente scorrevole. Ci sono anche una cinquantina di pagine che io avrei volentieri eliminato. Ma tutto sommato è una storia che, come detto, ha il suo perché e che tocca un tema abbastanza spinoso di cui nemmeno una persona che vive quel problema riuscirebbe facilmente a parlare, figuriamoci raccontarlo a qualcun altro!
Quindi, togliendo le questioni legate al metodo narrativo scelto non mi sento di bocciarlo, tenendo conto che si tratta di un esordiente e che almeno aveva una storia che sembra già pianificata nel suo svolgersi e quindi coerente. Probabilmente il problema è stato nell'arricchire i particolari delle vicende che rende molti passi della prima metà del libro "fluttuanti" perché sembrano preludere ad altro che ovviamente non c'è.

E' un lavoro che ha vinto il Campiello per gli esordienti e, devo fare ammenda, non conosco affatto i lavori degli sfidanti e quindi non saprei stabilire se i problemi che ho evidenziato fossero poca cosa rispetto agli altri libri proposti o se l'immagine della "guarigione prodigiosa dal pensiero grasso" possa aver decretato l'assegnazione del riconoscimento.
Però, a suo favore, va detto che, rispetto a tanti esordienti che mi è capitato di leggere, qui per buona parte della storia si sta con i piedi per terra, cosa che non è così scontata, e quindi l'autore dimostra un certo talento. Speriamo che nel prossimo lavoro limi un po' questa scrittura un po' bislacca, che si ricordi di presentare i protagonisti prima di coinvolgerli con pronomi in mezzo a descrizioni, come avviene nel pezzo che vi ho inserito mercoledì scorso dove la madre scendendo dalle scale accusa i due figli piccoli e il marito di aver iniziato la colazione "senza di lui"- ci ho messo mezzo libro a capire chi era questo dannato lui e a capire come si chiamava!-.

Buone letture,
Simona Scravaglieri

cate,io
Matteo Cellini
Fazi Editore, ed. 2013
Collana "Le strade"
Prezzo 16,00€  


Fonte: LettureSconclusionate

mercoledì 2 ottobre 2013

[Dal libro che sto leggendo] Marina Bellezza


Fonte: Hotel Morgana

L'ho appena iniziato, oggi 1 Ottobre sono infatti solamente al 2° capitolo e, quindi, ancora non ho molto da dire su questo libro i cui colori accesi mi ricordano le fotografie degli anni '70. Non saprei giustificare questa mia impressione, ma per ora è così. Trovo molto interessante questo libro e quindi ve lo propongo con i commenti fatti nella presentazione del libro che è stata ribaltata in livetwetting in Twitter. In quell'occasione ho raccolto i post che mi sembravano più interessanti per poterli ricordare mentre leggevo questo lavoro e per poterli riproporre anche a voi.

Buone letture,
Simona Scravaglieri




PARTE PRIMA
Far West 
Un chiarore diffuso risplendeva da qualche parte in mezzo ai boschi, a una decina di chilometri dalla strada provinciale 100 stretta fra due colossali montagne nere. Era l'unico segnale che una forma di vita abitava ancora quella valle, sul confine nudo e dimenticato della provincia.
Lo vedevano apparire attraverso il parabrezza, simile ad un'esca intermittente negli abissi. Poi, alla curva successiva, lo persero di vista.
Rallentarono a un crocicchio circondato del niente, di fronte al relitto di un ristorante. Due finestre sprangate e un cartello dove sbiadivano MENU' FISSO e altre parole ora illeggibili. Uno di loro ricordò di aver festeggiato lì la prima comunione. Vent'anni dopo erano rimasti il tetto e le inferriate. Vent'anni dopo era tutto finito.
Proseguirono, accelerarono di nuovo. Non c’erano lampioni in quel tratto di strada, nessuna rete metallica a proteggerli dai massi che sporgevano minacciosi. I fari sorprendevano frammenti di ripe 
infestate dai rovi, ogni tanto un casolare caduto a pezzi. Si perdevano anche le indicazioni stradali, lassù, nella notte vuota.
Erano i soli a viaggiare sulla SP 100, tra il fondovalle e l’abbandono. S’inerpicavano tra i dirupi, su per quei tornanti che conoscevano a memoria da una vita, a bordo di una vecchia Volvo station 
wagon. Le latifoglie, via via che la strada saliva, si facevano sempre più spettrali. Le pareti della valle si stringevano a precipizio sul torrente e dai finestrini abbassati entrava solo il monotono logorio 
dell’acqua. 
La luce riapparve, fioca, seminascosta dalla dorsale di una montagna. La guardarono ancora, ma non dissero niente. 
Raggiunsero Andorno. I semafori arancioni pulsavano a intervalli regolari, e la Volvo sfrecciava a novanta all’ora senza rispettare né gli stop né le precedenze. 
Dopo il cimitero, dopo quanto restava del campetto da calcio dov’erano cresciuti, la sagoma scalcinata del bar Sirena se ne stava là, ad attenderli con l’insegna spenta. Parcheggiarono. Scesero dalla 
macchina. Erano uno alto, uno tarchiato e uno con due occhi più neri del petrolio. Si avvicinarono alla porta: dall’interno nessun rumore. La strattonarono lo stesso. 
«È chiuso.»
Sebastiano, quello alto, rimase impalato di fronte all’ingresso. Continuò a fissare la porta con sguardo torvo, le assestò un calcio, poi un altro. I tavoli esterni erano accatastati e legati con una corda, 
come se a qualcuno potesse venire in mente di rubarli. Per terra c’erano dei pacchetti di sigarette accartocciati.
Luca, quello tarchiato, fece il giro dell’edificio e ispezionò il retro.
«Niente, è proprio chiuso.»
«Andiamocene» disse Andrea.
Lui era calmo. I suoi occhi erano implacabili e affondati nell’oscurità.
 «E dove?»
La domanda venne subito riassorbita dal buio.
Sebastiano era nervoso, guardava Andrea come se dovesse sfidarlo e aspettava da lui una risposta. Luca tirò fuori dalla tasca il cellulare, si mise a scorrere i nomi della rubrica. 
«Non lo so» disse Andrea. Si sistemò il colletto della camicia, si accese una Lucky Strike. La città non faceva per lui, i locali del capoluogo lo avevano sempre messo a disagio. Preferiva quelle montagne spopolate da decenni, almeno lì non si sentiva un estraneo.
Si voltò a guardare in su, tra la Valle Cervo e la Valle Mosso, la luce che resisteva ancora e si appannava nell’umidità della notte. La indicò agli altri annuendo. Loro lo fissarono dubbiosi, poi risalirono in macchina. 
Sebastiano mise in moto e riattraversò Andorno. Cambiò strada questa volta, prese la SP 105 per San Giuseppe di Casto. Adesso il chiarore si vedeva meglio. Sembrava più vicino. Non dissero niente, 
ma decisero di seguirlo. Magari era solo un incendio, ma decisero di seguirlo lo stesso. 
A San Giuseppe c’erano un’edicola, un alimentari, una chiesa. Un paio di chilometri e scomparve nello specchietto retrovisore. Erano tutti così i paesi da quelle parti: abbandonati, con le imposte chiuse e le insegne spente. Ma loro non avevano mai pensato di andarsene, anzi: i loro sentimenti, il loro senso dell’orientamento, erano dettati da quelle strade, da quelle montagne.
Poi certe sere, come questa, erano di poche parole. Andrea se ne stava con la tempia appoggiata alla guarnizione del finestrino e guardava fuori. Sebastiano guidava e si godeva la sua libertà, riconquistata dopo nove mesi di arresti domiciliari. Solo per un attimo si chiese cosa avrebbe pensato un giorno di lui suo figlio, da grande.
Località Golzio. Lo stereo era rotto, e loro continuavano a non parlare. A forza di stare a contatto con i boschi e i sassi, avevano contratto il vizio del silenzio. Luca scorreva ancora i nomi della rubrica alla ricerca di una ragazza da chiamare – un’amica, una qualsiasi – però non si decideva.
«Vorrei capire dov’è che stiamo andando» disse. 
Nessuno gli rispose. I boschi erano masse scure dove i rami s’intricavano tra loro. Sebastiano non smetteva di domandarsi se Mathias avrebbe dato retta a lui o a quella stronza di sua madre. Andrea invece pensava a suo padre, si convinceva di essere abbastanza adulto per affrontarlo a muso duro. Tutti fissavano i dirupi sepolti nel buio, una terra di nessuno. Piccoli paesi diroccati tra le rocce. Cento, duecento abitanti. 
Continuavano a inseguire la luce lassù che non prometteva niente, così minima adesso da assomigliare alla fiamma di una candela. Continuavano a rimuginare, a risalire la strada deserta, a inabissarsi in quella voragine di abeti e di sterpi senza sapere come fare a trovare un biliardo, un bar aperto, a far accadere qualcosa dentro quel silenzio. 
Poi, in una frazione di secondo, quando Sebastiano si voltò verso i sedili posteriori per chiedere ad Andrea se gli accendeva la sigaretta, quando Luca si girò anche lui per raccogliere l’accendino che era caduto ad Andrea, proprio in quella frazione di secondo, qualcosa accadde davvero. 
Spuntò a velocità folle da un cespuglio. Si materializzò in mezzo alla strada. Ma anziché attraversarla, rimase ferma. Ed era viva. Era enorme. E non si schiodava. Rimaneva lì, come se una forza oscura l’avesse pietrificata. 
Due cerchi gialli s’illuminarono nella notte, rifransero la luce dei fari come specchi, solo che i ragazzi non riuscirono a vederli. E prima che potessero capire, prima che Sebastiano si voltasse finalmente e d’istinto affondasse il piede sul freno, la Volvo la investì in pieno.
L’urto fu devastante. Fu lo schianto feroce di un corpo fatto di lamiere contro un altro corpo ancora più duro. I fari si spensero insieme al motore. Luca si ritrovò con la faccia contro il parabrezza e il cuore in gola, Andrea finì incastrato tra i sedili anteriori. Il silenzio si era fatto abissale, come il buio pesto in cui erano precipitati. Sebastiano continuava a stringere il volante tra le mani. 
Ci fu un istante di panico, in cui tutti e tre ansimavano senza riuscire a fare altro, con gli occhi sbarrati. Poi si resero conto che la Volvo era morta in mezzo alla strada.
«Puttana troia» gridò Sebastiano. E cercò gli altri con lo sguardo.

Questo pezzo è tratto da:

Marina Bellezza
Silvia Avallone
Rizzoli Editore, Ed. 2013
Collana "La Scala"
Prezzo 18,50€
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...