mercoledì 30 marzo 2016

[Dal libro che sto leggendo] Ventuno

Fonte: QuotesGram
Oggi parliamo di esordi, e questa raccolta di racconti è appunto di un esordiente. Sono ventuno racconti, come dice anche il titolo, di vario genere in cui l'importanza dei contatti e dei gesti fa da filo conduttore per tutto lo svolgersi del libro. È un inizio decisamente interessante perché, nonostante il tema sia decisamente molto utilizzato negli ultimi anni, Simone riesce a trovare una sua interpretazione del tutto personale che mette a confronto situazioni di incomunicabilità, dati ad esempio dalla solitudine o all'incomprensione, a quelle che sono dovute a specifici, chiamiamoli, destini.

Non vi nascondo che si vede ogni tanto l'ingenuità del nuovo scrittore, ma ci sono racconti, come quello che vi ho trascritto - solo in parte - oggi, che valgono davvero la pena di essere letti e che dimostrano un certo talento che speriamo Simone decida di affinare. Trovo che questa lettura sia stata per me un ottimo esercizio per ricordare quali sono i passi per diventare uno scrittore; non che non mi siano mai capitati fra le mani, ma è un po' che non leggevo "prime prove". E devo ammettere, con una certa soddisfazione, che con questo "ritorno alle origini" non mi è andata affatto male.

Buone letture,
Simona Scravaglieri

Scordarella 

All'inizio pensai che fosse uno scherzo.era divertente, quasi facile pensarla così.Dopo una vita trascorsa a immaginarla tua moglie, seduto ad una scrivania a inserire dati, a guardarti ogni giorno le spalle pronto a schivare le coltellate della gente che, neglio uffici, passa il tempo a cercare  il punto dove la carne è più tenera, e tornare la sera troppo distrutto per viverlo davvero il tuo matrimonio, non poteva essere che uno scherzo, un indovinello del destino. Qualcosa del tipo: ti va di giocare un po' a un gioco nuovo?Questo pensai, all'inizio.Il primo mese da pensionato decisi di trascorrerlo in viaggio. Prenotammo una crociera nel Mediterraneo: qualcosa di rilassante ed emozionante al tempo stesso.Non avevamo figli perché non ne avevamo mai avuto il tempo.Da giovane Maria aveva sofferto per questa cosa. Mi diceva che sapeva che sarebbe stata madre di tre bambini: due maschi e una femmina nel mezzo. Ne era certa, l'aveva sognato.Io sapevo già che i sogno a volte sono i film di quello che non avrai mai, ma un po' lo speravo anch'io. Di averli, intendo.Non andò così e col tempo perfino lei si arrese all'idea che il suo desiderio di maternità sarebbe rimasto nel cesto di quelli inesauditi. Un cesto pieno, perché quelli che si esaudiscono sono davvero pochi.Dicevo della crociera: fu lì che iniziò.Cabina spaziosa. balcone sul mare.io rilassato, felice. Lei che mi abbracciava, la sera. prima di dormire. Io, che non ero stanco, rispondevo all'abbraccio. Ho sempre pensato che per sposare una persona devi amare i suoi abbracci. Prima del resto devi amare i suoi abbracci. E ci abbracciavamo, su quella nave, come forse non l'avevamo mai fatto.Visitammo Corfù, con i suoi castelli di pietra a picco sul mare. Poi Mykonos e maria carezzò Petros, il pellicano che girava per le vie come una star. Vedemmo tanti porti e poi tornavamo sulla nave e ballavamo spesso fino a notte inoltrata.Ridevamo spesso. Come ragazzi.Una mattina mi svegliai mentre Maria era già in bagno. Quel giorno la nave attraccava a Spalato. Era l'ultimo giorno di crociera, poi saremmo tornati a Venezia. Accesi una sigaretta sul balcone. Mi piaceva farlo lì, affacciato sul mare. Mi dava una bella sensazione. «Posso venire in bagno amore?»«Sì tesoro, vieni: mi sto spazzolando i capelli»Maria aveva ancora capelli bellissimi e lunghi fino alla schiena. Spesso si svegliava presto per il piacevole rito di lavarli e poi spazzolarli con cura.Quando entrai, era seduta sullo sgabello, davanti allo specchio.Non me ne accorsi subito.Vedere quei movimenti lenti ed esatti delle braccia. Il collo, ancora giovane e liscio, inclinarsi appena per assecondare la direzione delle braccia. Mi incantava.[...]

Questo pezzo è tratto da:

Ventuno
Simone Delos
Edizioni Le Gru, Ed. 2016
Collana "Catarsi"
Prezzo 14,00€

lunedì 28 marzo 2016

Le letture della Centuriona: "Il primo uomo cattivo", Miranda July

E siamo di nuovo nello spazio e nel mondo di Natascia Mameli quindi a Genova! Buona lettura!
Fonte: LaFeltrinelli

Quando ho iniziato a capire che il sogno di aprire una piccola libreria di quartiere si stava avverando ho iniziato anche ad avere paura. Prima era pura illusione. Fino a poco prima, davvero. Poi ho iniziato a preoccuparmi. Ce l'avrei fatta tutta da sola? Avevo già lavorato in negozio (in diversi negozi, a dire il vero) e avevo già lavorato in libreria e avevo già lavorato in una libreria di quartiere da sola. Ma non era mai stata tutta mia. Faceva paura. Poi, vai a capire come funziona il cervello, ho pensato "ma se la mia libreria si troverà in una strada che si chiama "casata centuriona" vorrà dire qualcosa, no?". Non so come ma mi sono messa in testa che potevo essere io stessa la "centuriona" (femminile, storicamente inesistente, di centurione) e condurre la mia centuria (leggi truppe), composta da me, io e me stessa, alla vittoria!
Da lì, l'idea era quella di aprire un blog con quel nome etc... ma essendo geneticamente pigra ho accantonato la cosa ancora prima di iniziare.
Questo, in breve (!) è il motivo per cui io e Simona abbiamo deciso di chiamare questo spazio così come si chiama.
Ma adesso torniamo alle cose importanti!

IL LIBRO DI MARZO

titolo:Il primo uomo cattivo (titolo orig: the first bad man)
autore: Miranda July
casa editrice: Feltrinelli, marzo 2016
traduttore: Silvia Rota Sperti

Molto spesso ci facciamo fuorviare dal titolo del libro e scopriamo solo a libro inoltrato che l'idea, seppur vaga, di quello di cui il libro doveva parlare che ci eravamo fatti era del tutto infondata.

Quando ho deciso di leggere questo libro, senza conoscere l'autrice, l'ho fatto quasi esclusivamente per quel 'uomo cattivo', così evocativo. Peccato (ma si fa per dire) che nel libro di 'uomini cattivi' non ce ne sia neanche l'ombra. A dirla tutta, nonostante il libro inizi proprio con l'attesa di un uomo (quello di cui, apparentemente, la protagonista è innamorata), di uomini, in questo libro, si parla poco.

La protagonista, Cheryl, all'inizio sembra molto concentrata su questo Philip di cui pare innamorata persa, ma scopriamo dopo poco che ha un'idea davvero molto personale della vita, delle relazioni, tanto da avere un mondo interiore che spesso le sfugge e va a sostituirsi al mondo esterno. Una cosa abbastanza sconfortante, per il lettore (almeno per me) perché è continuamente costretto a chiedersi se quello che le racconta Cheryl è vero o è solo una sua interpretazione, spesso molto fantasiosa, dei fatti.

Però, diciamocelo, chi di noi non fantastica, ogni tanto, in modo completamente slegato dalla realtà, su quella che potrebbe essere una risposta che aspettiamo da tanto o il motivo del comportamento di una persona?
A Cheryl accade di continuo. Fortunatamente l'autrice è sempre tanto magnanima da farci sapere anche quello che succede davvero, quasi sempre.

Ok, lo so, magari vorrete anche sapere di cosa parla il libro. Però non vi voglio raccontare niente di più di questo: parla d'amore. Parla d'amore in molti modi, dal più crudo al più romantico. Parla di molti tipi d'amore. Parla di una donna che, nonostante (perché no?) l'età non più giovanissima sta ancora cercando la sua strada. E la trova, come spesso succede, negli occhi della persona che meno di tutte si sarebbe aspettata. Parla degli alti e bassi della vita, del fatto che è solo vivendo che si scopre quello che si vuole e quello che non si vuole. E del fatto che, spesso, non si può avere tutto quello che si vuole ma, a conti fatti, quello che ci viene 'concesso' dalla vita è più che sufficiente.

citazione preferita: '' A volte la guardavo in faccia mentre dormiva, la sua carne viva, ed ero sopraffatta al pensiero di quant'era rischioso amare un essere vivente. Poteva morire anche solo per mancanza d'acqua. Sembra a mala pena più sicuro che innamorarsi di una pianta.''

allerta: linguaggio sessualmente esplicito

Ho apprezzato il libro per la sua complessità. Perché mi ha insegnato cosa è il "globus hystericus". Perché ho scoperto una canzone di David Bowie che non conoscevo. Perché mi ha ricordato che spesso abbiamo paura di affrontare gli altri. Perché mi ha insegnato che varrebbe la pena di vivere l'amore in ogni sua forma.

Natascia Mameli
Marassi Libri
via Casata Centuriona 31 r
010815182
GENOVA

domenica 27 marzo 2016

L'ha detto... Cicerone

Fonte: 10 Righe dai libri

Se possedete una biblioteca e un giardino, avete tutto ciò che vi serve. 

Cicerone

venerdì 25 marzo 2016

"Un vampiro", Luigi Capuana - Una vera sopresa!

Fonte: Etsy
Credo che questo sia l'ultimo post dedicato a libri letti a Gennaio scorso. In mezzo ci ho messo anche quelli letti recentemente ma questo mi era proprio sfuggito. Come dicevo nel diario del mese, questo libro è stata una vera scoperta fatta girando nei meandri di un'app che ho e che frequento molto poco che si chiama MegaUpload e che punta verso un sacco di biblioteche digitali compreso il Project Gutemberg. Ora, immaginate la scena: io che giro tranquillamente fra i vari titoli in italiano e scopro che c'è una polposa sezione di libri sui vampiri. Mi dico "Chissà chi avranno messo? non ricordo scrittori famosi e defunti che parlavano di vampiri, a meno che non siano traduzioni"; non faccio in tempo a cliccare che mi compare Capuana! Quel Luigi Capuana che si studia nelle noiose antologie letterarie di scuola?! Per curiosità l'ho scaricato e aperto."Tanto che ci vuole? Solo un'occhiata per vedere com'è!". Ecco l'ho visto e l'ho anche finito e ho pure molto riso!

Sono due racconti. Nel primo due amici, di cui uno è uno psicologo si confrontano su alcuni accadimenti che riguardano l'altro e sua moglie. Mentre l'amico cerca di spiegare a quali livelli di stress siano arrivati come coppia  e come genitori a causa dello spirito dell'ex marito di lei che torna a cercarla lo psicologo cerca, tornando con la memoria verso le ultime scoperte scientifiche in campo psicologico, di dare una risposta - perdonate la ripetizione - scientifica a quelli che sono i fatti che crede siano frutto di un'allucinazione collettiva di famiglia. Anche nel secondo racconto i protagonisti sono due amici ma, stavolta, le spiegazioni servono a delineare quello che è successo. Il pittore racconta al suo amico di sua moglie, una donna bellissima e ricca che avrebbe potuto sposare chiunque altro. Il fatto che lei si sia data a lui con tutto questo amore lo ha fatto stare lungamente in pensiero acuendo la sua gelosia. Un giorno scopre per puro caso come farla entrare in uno stato quasi di trance; lei è lì, dipende da lui e risponde a qualsiasi cosa lui chieda ma... sono pochissime pagine una trentina, proprio io ve lo devo dire? Meglio rimanere in sospeso!

La caratteristica più bella di Capuana sono i dialoghi serrati. Li ha nel sangue e gli vengono così bene che ti sembra di avere davanti i due protagonisti delle dispute. E' un botta e risposta con un ritmo veloce e sempre teso la cui cadenza viene interrotta, in questo caso, da qualche battuta di spirito che non ti fa trattenere la risata. Ecco qui ne trovate due esempi veramente d'eccezione. In più lo stile è fresco e contemporaneo e lo fa sembrare un libello scritto da poco. Quello che non ho mai amato, non solo di lui ma degli autori del periodo, sono le lunghe descrizioni che a volte sono decisamente noiose. ci vuole sicuramente una descrizione dettagliata per figurarsi una scena, ma quando diviene troppo lunga alla fine diventa al pari della divagazione. In questo caso non ci sono molte possibilità di descrizione visto che le varie scene che compongono i due racconti sono decisamente poche.

Non saranno sicuramente i lavori di Capuana che nemmeno i ragazzi di domani troveranno nelle loro antologie, ma sicuramente è un modo per avvicinarli a scrittori un po' più classici. in più mi piace quest'idea che, l'omone che ho sempre visto in un'unica foto con i baffi lunghi e bianchi, si sia divertito talmente tanto a scrivere questi racconti da renderli altrettanto divertenti e accattivanti per i suoi lettori. In mezzo possiamo sbirciare le mode, quando Freud aveva già avuto grande successo e qualsiasi cosa veniva rimandata alla psicologia, oppure sui rapporti familiari, lei innamorata che però doveva sposare un altro, e via dicendo. Tutto questo è un "di cui" in piccoli frammenti che luccicano all'interno della trama fitta per farsi notare da chi ha l'attenzione per farlo.

E' proprio un libello, i racconti sono piacevolissimi, io fossi in voi uno sguardo lo darei. Ho notato che in rete ci sono una sacco di versioni gratuite e vedrete che anche voi cadrete nella rete di divertimento di Capuana. Non ve ne pentirete!
Buone letture e Buona Pasqua,
Simona Scravaglieri 

Un vampiro
Luigi Capuana
Editore non pervenuto, ed. 1906
Prezzo: Gratis
Su wikipedia c'è una versione free .epub: Un Vampiro



Luigi Capuana
Fonte: Wikipedia

mercoledì 23 marzo 2016

[Dal libro che sto leggendo] Il fondamentalista riluttante

Fonte: Vogue

Questa è una lettura fatta nel fine settimana che ho adorato. Non è bello, ma molto di più. Scorre che è un piacere ed è un piacevolissimo diversivo dalle letture che sto facendo in questo periodo. Oltretutto non è grandissimo e si finisce in una giornata.

E' un dialogo fra un pakistano e un americano che si incontrano in un mercato di Lahore e che hanno l'occasione. Changez, ha vissuto in America per 5 anni e trova in questo incontro un'occasione per parlare di quei momenti. Più che un dialogo è quasi un monologo, visto che parla sempre lui, ma è così avvolgente la voce del protagonista che non annoia mai.

Ho questo libro da un sacco di tempo, credo guardando l'adesivo sul prezzo, di averlo preso nel 2011, e ricordo di averlo comprato con "Tempo di uccidere" che invece ho letto praticamente subito. Non so sinceramente perché non gli ho dato subito un'opportunità ma è un libro che consiglio caldamente a tutti perché, mi ripeto lo so, è davvero piacevole da leggere. Un po' come staccare la spina e immergersi in un mondo in cui, le regole della cortesia e della naturalezza, sono quelle che in occidente non si trovano più. A questo fanno da contorno riflessioni su avvenimenti relativamente recenti, come quello del 2001 delle torri gemelle, guardate da un punto di vista del tutto inconsueto.

Ne riparleremo in recensione,
buone letture,
Simona Scravaglieri


Capitolo primo  

Chiedo scusa, signore, posso esserle d’aiuto? Ah, vedo che l’ho allarmata. Non si faccia spaventare dalla mia barba: io amo l’America. Mi sembrava che lei stesse cercando qualcosa; anzi, più che cercando, lei pareva in missione, e dato che io sono nativo di questa città e parlo la sua lingua, ho pensato di offrirle i miei servigi. 
Come ho fatto a capire che lei è americano? No, non dal colore della pelle; in questo paese abbiamo un ampio spettro di coloriti, e il suo non è raro tra le popolazioni alla nostra frontiera nordoccidentale. E non è stato nemmeno l’abito a tradirla; un turista europeo avrebbe potuto facilmente acquistare a Des Moines il suo stesso abito con lo spacco singolo e la sua camicia button-down. Certo, i capelli rasati e l’ampio torace –il torace, direi, di un uomo che fa regolarmente palestra, e ai manubri solleva senza sforzo duecento chili –sono tipici di un certo tipo di americano; ma di nuovo, gli sportivi e i soldati di ogni dove tendono a somigliarsi tutti. È stato piuttosto il suo contegno a permettermi di identificarla, e non lo prenda come un insulto –vedo che la sua espressione si è indurita –ma come una semplice osservazione. Allora, mi dica, cosa stava cercando? Di certo a quest’ora del giorno solo una cosa può averla condotta al vecchio bazar di Anarkali –così chiamato, come forse sa, in onore di una cortigiana murata viva per aver amato un principe –ed è la ricerca della perfetta tazza di tè. Ho indovinato? Mi permetta dunque, signore, di consigliarle il mio locale preferito. Ecco, è questo. Le sedie di metallo non sono granché imbottite, i tavoli di legno sono altrettanto grezzi, ed è, al pari degli altri, a cielo aperto. Ma le assicuro che la qualità del tè è ineguagliabile. 
Preferisce sedersi qui, con le spalle rivolte al muro? Benissimo, anche se così trarrà meno beneficio dalla brezza intermittente che, quando soffia, rende più gradevoli questi pomeriggi caldi. Non si toglie la giacca? Così formale? Be’, questo non è tipico degli americani, almeno non nella mia esperienza. E la mia esperienza è notevole: ho trascorso quattro anni e mezzo nel vostro paese. Dove? Ho lavorato a New York, e prima ho frequentato il college in New Jersey. Sí, ha indovinato: a Princeton. Che intuito! Cosa pensavo di Princeton? Be’, per rispondere a questa domanda devo raccontarle una storia. Appena arrivato mi guardai intorno e osservando gli edifici gotici –più recenti, scoprii in seguito, di molte moschee di questa città, ma antichizzati dai trattamenti a base di acidi e dal sapiente lavoro degli scalpellini –pensai, questo è un sogno diventato realtà. Princeton mi dava la sensazione che la mia vita fosse un film di cui io ero la star, e che tutto fosse possibile. Ho accesso a questo splendido campus, pensavo, a professori che sono titani nel proprio campo e a studenti che sono principi della filosofia in gestazione. 
Ero stato, devo ammetterlo, esageratamente generoso nelle mie idee sullo standard degli studenti. Erano quasi tutti intelligenti, questo sì, e molti erano anche brillanti, ma mentre io ero uno dei due soli pakistani del mio corso, due su una popolazione di piú di cento milioni di anime, badi bene, gli americani erano il frutto di una scrematura condotta su percentuali molto meno clamorose. Erano un migliaio i suoi compatrioti le cui iscrizioni erano state accettate, cinquecento volte i miei, pur essendo la popolazione del vostro paese soltanto il doppio di quella del mio. Di conseguenza i non americani tra noi tendevano in media a far meglio degli americani, e nel mio caso giunsi all’ultimo anno senza aver ricevuto un solo voto al di sotto del massimo. 
Col senno di poi capisco bene la potenza di quel sistema, pragmatico ed efficace come molte altre cose negli Stati Uniti. Noi studenti internazionali venivamo da ogni angolo del globo, ed eravamo vagliati non solo attraverso i severi test standardizzati, ma anche attraverso ulteriori selezioni minuziosamente personalizzate: colloqui, prove scritte, raccomandazioni, che permettevano di identificare i migliori e i più promettenti tra noi. Agli esami in Pakistan ero stato tra i migliori, inoltre ero un giocatore di calcio abbastanza bravo da competere nella squadra universitaria, cosa che feci prima di infortunarmi al ginocchio nel corso del secondo anno. Agli studenti come me venivano concessi visti e borse di studio, un totale sostegno finanziario, ed eravamo, badi bene, ammessi nei ranghi della meritocrazia. In cambio ci si aspettava che ponessimo i nostri talenti al servizio della vostra società, la società di cui entravamo a far parte. E perlopiú eravamo ben lieti di farlo. Io certamente, almeno all’inizio. 
Ogni autunno Princeton si sollevava la gonna per i reclutatori delle grandi aziende che arrivavano al campus e, come dite voi negli Stati Uniti, mostrava un po’ di pelle. La pelle mostrata da Princeton era una bella pelle, naturalmente, giovane, eloquente e quanto mai invitante, ma anche in mezzo a tutta quella pelle, nel corso dell’ultimo anno mi resi conto di essere qualcosa di speciale. Ero un seno perfetto, se vuole, un seno abbronzato, succulento, apparentemente ignaro della forza di gravità, e confidavo di poter ottenere qualunque lavoro desiderassi. 
Eccetto uno: Underwood Samson & Company. Mai sentiti nominare? Erano una società di consulenza. Stabilivano per i loro clienti il valore di un’azienda da acquisire, e lo facevano, si diceva, con una precisione inquietante. Erano piccoli, in pratica una bottega che impiegava un numero ristrettissimo di persone, e pagavano bene, offrivano al neolaureato un salario di partenza di più di ottantamila dollari. Ma soprattutto garantivano a chi ci lavorava un robusto set di competenze e un’esperienza lavorativa di prim’ordine, tanto che dopo due o tre anni trascorsi lì come analista, ti era praticamente garantita l’ammissione alla Harvard Business School. Per questo nel 2001 più di cento tra i laureati di Princeton avevano mandato i propri voti e curriculum alla Underwood Samson. Otto vennero selezionati –per un colloquio, ovviamente, non per un lavoro –e uno di loro ero io.

Questo pezzo è tratto da

Il fondamentalista riluttante
Mohsin Hamid
Einaudi Editore, ed. 2008
traduzione di Norman Gobetti
Collana "Super ET"
Prezzo 9,50€


- Posted using BlogPress from my iPad

domenica 20 marzo 2016

L'ha detto... Luigi Pirandello

Fonte: Boorp

Gli unici modi per fuggire dalla vita sono la pazzia e l'ironia. 

Luigi Pirandello


venerdì 18 marzo 2016

"I cavalieri del Nord", Matteo Strukul - Questione di faretre...



Matteo Strukul
Fonte: 50 e 50 thriller


Ero tutta contenta quando ho deciso di prendere questo libro, perché tutti-tutti ne parlavano bene. Ecco, distinguiamo, la storia c'è e anche il contesto. Quello che fa un po' pecca, invece, è il modo in cui è narrata. Ci sono due cose che mi hanno reso, un po' pesante, la lettura di questo libro e si possono riassumere in: "ninja" e "carnaio". Sono un po' le parole che mi vengono in mente per identificare il lavoro che, se da un lato dimostra tutta la ricerca fatta, poi però perde di aderenza in alcune scene madre dove ad un certo punto ti trovi a guardare le pagine perplesso e a chiederti "Cosa?". Però appunto c'è una storia che preclude comunque ad un seguito e che porta a pensare che se ci mettono un editing un po' più accorto sarà un capolavoro.

Siamo nel 1240, fa freddo e siamo tra le fila dei Cavalieri Teutonici. Il gruppo che combatte, nel pezzo che vi ho anticipato un paio di settimane fa, si divide in due: una parte continuerà la propria missione di conquista e un secondo capitanato dal valoroso Kaspar si dirigerà, in aiuto alle truppe già presenti in loco, verso il confine verso est della Bulgaria che viene minacciato dalle orde dei Cumani. In questo viaggio il figlioccio di Kaspar incontrerà Kira che salverà da morte certa per una condanna di stregoneria applicata senza processo. Riusciranno i nostri eroi? 

Lo so che state pensando che io sia diventata improvvisamente sintetica: ma fidatevi non serve nemmeno che la trama sia più complessa perché il gioco della storia è focalizzato proprio sul coraggio e sull'avventura. Quindi sapere che vanno da lì a là non vi cambia nulla, cambia invece l'approccio della storia di viaggio che deve essere sempre coerente con i luoghi reali e con i riferimenti storici delle varie nazioni che attraversa rispetto all'anno in cui si inserisce la storia. E fin qui ci siamo, cavalieri, armi, fuochi e a sottolineare l'androne buio in cui di solito immaginiamo il periodo, le situazioni salienti si presentano quasi sempre di notte. Strukul dedica molto tempo a descrivere i personaggi e a farli presentare da soli attraverso i loro pensieri usando quest'ultimo espediente narrativo per raccontare quello che è successo anni prima e come si sono costruiti determinati legami. Non si presenteranno tutti subito, ed è una cosa che ho decisamente apprezzato, ma ognuno avrà il suo spazio al momento giusto e questo permette a lettore di proseguire la lettura con la curiosità di capire che nasconde questo o quel personaggio. Pure nelle descrizioni delle battaglie quando si ammassano tutti insieme, buoni e cattivi, nel corpo a corpo non è difficile comprendere chi fa cosa, e vi assicuro che è cosa quanto mai rara. La tecnica sembra quella dei film che in una ammucchiata di gente che si picchia fa vedere le azioni per gruppi. Ecco qui succede nel medesimo modo.

Tutto bello bellissimo? Eh no, diciamo che per il bello bellissimo c'è ancora da lavorare. "Scie di sangue arabescarono la neve". Strukul, no! Manco avessero sgozzato un pallone pieno di liquidi. Ecco quello che mi lascia decisamente interdetta è il linguaggio utilizzato. Va bene, ci dobbiamo calare nel periodo. Passi qualche frase un po' contorta che fa tanto 1.200. Ma questo trionfo di "carnai"? Non li ho contati, queste botte di precisione le lascio a Pippo Russo, ma se mi si dicesse che "carnaio" è ripetuto fra le 50 e le 70 volte non mi stupirei, anche perché io l'ho percepito così. Esistono altri termini suppongo, non credo che ci fosse solo carnaio per definire carneficina o strage che mi sa più di termine più moderno. Poi però dopo il trionfo dei carnai, dei dardi e della sventagliata (che non è proprio da medioevo diciamocelo), dopo tutta questa attenzione al vocabolo che fa tanto medioevo ti becco un cavaliere che correva o galoppava "come un proiettile". Beh allora potevamo usare anche carneficina, strage e chi più ne ha più ne metta!

Arriviamo alle situazioni che non reggono. Due cavalieri sono andati a caccia per rifornire di cibo l'accampamento. Ad un certo punto si accorgono che un branco di lupi sta attaccando l'accampamento più in basso. Non fanno in tempo a tornare giù quindi devono aiutare da dove sono. Erano partiti con arco e faretra, perché l'autore specifica mentre erano a caccia che avevano incoccato le frecce e che stavano mirando a dei lupi - che hanno visto correre nei boschi -.da sotto si accorgono di quel che sta per succedere e dopo un primo scontro si riparano piantando in cerchio delle fiaccole da campo per tenere lontani i lupi. Ora la scena dell'attacco sembra durare non più di una decina di minuti ma l'autore ad un certo punto dice che i due cacciatori dall'alto fanno piovere una pioggia di frecce e lo ripete mentre quelli di sotto si organizzano per ferire e mandar via le bestie feroci. La domanda che mi è sorta dopo aver letto questa scena è: Sono in due, per una 5 minuti fanno piovere una pioggia di frecce, ma che cavolo di faretre hanno? Quante frecce si portano tutte insieme? Stessa domanda sorge in un altra scena di agguato... pure lì, gli assalitori sono molti di più ma sembra che dietro di loro ci sia un tir con le riserve di frecce!

Poi c'è l'effetto Ninja-Matrix quello di scene come "Ruotò su se stesso di trecentosessanta gradi, mentre la spada, quasi un prolungamento del suo stesso braccio, fischiava bianca e perfetta, disegnando un arco nel cielo arrossato di scintille" che probabilmente saranno pure suggestioni personali ma io mi sarei aspettata di vedere più scene machiste tipo quelle da campo dei Cumani che queste, ma per fortuna sono poche questo genere di descrizioni.
Rimane il fatto che, certe metafore - tipo quella del palloncino sgozzato - e qualche ripetizione - tipo: Wolf attaccò il guerriero ferendolo dove la cotta di maglia era più debole e mal fatta. Il guerriero cadde a terra sanguinando. L'urlo del guerriero ferito risuonò sul campo di battaglia."[frase inventata da me per rendere l'idea]-, io le avrei sinceramente evitate. E' vero nel mondo dello Young Adult si incontrano spesso, ci si costruiscono interi mattoni su questo. Ma io, dal battage pubblicitario e dalle interviste che ho visto, mi aspettavo un pochino di più che invece non ho trovato. Ad un certo punto, quando ti fermi perché qualcosa - come le situazioni da pioggia dei dardi o le metafore- non ti quadra ti viene un po' a noia e fatichi a continuarlo, ed è per questo che ci ho messo tanto a finirlo. E, alla fin fine, è veramente un peccato che tanta ricerca e applicazione vengano rovinati da un mancato editing puntuale che avrebbe evitato questi errori.

Ecco, una cosa che mi è saltata all'occhio è che delle tante video-recensioni che mi è capitato di vedere, questi "errori" non sono mai stati rilevati e la cosa mi stupisce un po'. Non mi aspetto che il quindicenne se ne accorga ma io ne ho visti di ogni età ad osannare questo lavoro. Che io sia pignola? Non credo, magari sono stata abituata bene da ciò che leggo, ma rimango comunque perplessa su alcune competenze millantate che non hanno fatto caso almeno alle questioni più evidenti.
Non vi dico che è malvagio ma non è certamente il top, provatelo, magari è solo un mio modo di vedere!
Fatemi sapere!
Buone letture,
Simona Scravaglieri


I cavalieri del Nord
Matteo Strukul
Multiplayer Edizioni, ed. 2015
Collana "Multipop"
Prezzo 16,90€


Fonte: LettureSconclusionate

mercoledì 16 marzo 2016

[Dal libro che sto leggendo] Caterina fu gettata...

Fonte: Arte.it

Mi verrebbe da die "Carlo mi stupisce ancora" ma ci sono due cose che il lettore dovrebbe tenere presente del mio rapporto con lo scrittore Carlo:
1- Sperduti questo libro lo aveva già scritto prima che lo scoprissi fra edizioni gorilliane;
2- Se uno parte dall'assunto che Sperduti, per definizione, non è mai se stesso non può che concludere che Sperduti sia coerente, in tutti i suoi scritti, con il suo "io" - narrativo, interiore e chi più ne ha più ne metta - e proprio per questo i fallevoli siamo noi che non siamo sempre pronti a cogliere nel loro insieme le mille sfaccettature in cui l'Autore si presenta, di volta in volta, ai suoi lettori.

In parte scherzo ma in gran parte penso davvero che lo Sperduti definitivo a volte lo intravedo, molto più di quanto non lo veda lui stesso. Ecco servito per i contestatori della narrativa e dell'humor un paradosso bello che servito. C'è lui, Tommaso nullafacente, e lei Caterina, lavoratrice stanca, e anche l'altra Gnaca la gatta. 

Una cosa dello Sperduti attuale c'è ovvero l'amore per le parole e la sperimentazione narrativa. Sebbene si muova nel paradosso, Carlo conserva quella pignola attenzione alla parola e alla formula narrativa scelta, qui più vicina agli amanti della tradizione e delle descrizioni. Veramente interessante!
Buone letture,
Simona Scravaglieri 



Prologo primo  
Discriminazione 
Pur ignorando, per il momento, chi fosse Tommaso, immaginatelo come più ritenete opportuno, poiché non si fornirà alcun particolare sull'aspetto fisico del personaggio. Immaginatelo a gambe incrociate su una delle due piazze  di un letto, con un giornale spalancato sulla pagina degli annunci di lavoro a pochi centimetri dal volto, con la schiena appoggiata al muro, un'espressione delusa e indignata a un tempo, illuminato debolmente da una timida abat-jour, in un qualsiasi approssimarsi della mezzanotte.Immaginate poi, sull'altra piazza, una Caterina distesa, stanca e sonnolenta, da poco rincasata dal lavoro, il cui unico desiderio sia quello di farsi prendere dal sonno.Immaginate, infine, un miagolio prima sommesso e poi sempre più intenso e petulante, proveniente da un punto indefinito dello spazio circostante.

«Ma tu guarda che mi tocca leggere!» cominciò con l'esclamare Tommaso, piccato.
«Tommaso...» fu la risposta biascitata di Caterina, implorante pietà.
«Ci si batte tanto, a questo mondo, per i diritti di questo o quello, - continuò lui senza badare alla tentata interruzione di lei, - si scende in strada contro le discriminazioni razziali, contro quelle sessuali, contro la Chiesa, contro il governo ladro, contro le multinazionali, contro la mafia, contro le riforme dell'istruzione... a tutte le ingiustizie si presta attenzione, alla denuncia di tutte le iniquità si dedica spazio, ma a questa, che è spiattellata ogni giorno, spudoratamente, sotto gli occhi di tutti, nessuno accenna a ribellarsi. Di più: sembra perfino che nessuno ci faccia caso! Mi piacerebbe sapere con quale logica, mi piacerebbe sapere!»«Tommaso...» ribadì Caterina, con lo stesso tono adottato in precedenza.
«Senti qua - s'infervorò ancor di più lui - "Commesso/a negoazio di telefonia specializzato cerca max 28enne min. exp. no perditempo inviare curriculum con foto" Oppure... un attimo che cerco... ecco "Collaboratori PR ambosessi cercasi con proprio giro di clientela per interessante vendita abbigliamento donna. Ottimi guadagni. Astenersi perditempo. Ma non basta...»
«Tommaso... » fu la nuova risposta di Caterina, tetragona al fervore polemico del compagno.
«... senti qua - tirò diritto Tommaso, dimostrando brillantemente di non aver bisogno di un interlocutore per godere appieno della sua invettiva - questo è il più vergognoso: " Consorzio bancario ricerca figura commerciale per l'inserimento in organico tempo pieno. Inviare curriculum, Astenersi privi di requisiti. Esclusi i perditempo." Io non ho parole dice proprio "esclusi i perditempo"! Capisci? Non si fanno il minimo problema, questi gran signori che scrivono e fanno pubblicare gli annunci, a utilizzare il termine "esclusi". Dimmi tu se questa non è discriminazione a tutti gli effetti! Cosa deve fare un perditempo per avere un lavoro... un qualsiasi lavoro? Vogliono forse puntare il dito contro un'intera categoria d'individui per una caratteristica indipendente dalla loro volontà? Vogliono forse far morie di fame milioni di persone? E poi... se uno non avesse a disposizione un bel po' di tempo da perdere, come farebbe a trovare quello adatto, tra migliaia di annunci? Guarda quanti ce ne sono qui! Si può trovare lavoro senza aver tempo da perdere secondo te?»
In tutto ciò Tommaso, coinvolto dalle sue stesse parole e dal profondo senso di giustizia che da esse emanava, travolgente al pari di un fiume in piena, si era alzato dal letto e aveva preso a camminare avanti e indietro, gesticolando per accompagnare i passi salienti dell'orazione e consultando di tanto in tanto il giornale, al fine di avallare le proprie audaci tesi con citazioni testuali.
«Tommaso - intervenne un'ultima volta Caterina - fammi un favore: già che sei in piedi, potresti aiutare Gnaca a scendere dal soppalco? Non senti come si lamenta?»

Questo pezzo è tratto da 

Caterina fu gettata
Carlo Sperduti 
Intermezzi editore, ed. 2011
Prezzo 10,00€


lunedì 14 marzo 2016

Diario di un mese di libri... Febbraio 2016

Fonte: Etsy 

Libri comprati:
"The 100", (#1) Kass Morgan - Rizzoli Editore 

"Di questo amore non si deve sapere. La storia di Inessa e Lenin", Rotanna Armeni - Ponte alle Grazie (usato)
"Dictator", Robert Harris -  Mondadori Editore (usato)
"La verità su caso Rudolf Abel", James B. Donovan - Garzanti  (usato)
"Io odio John Updicke", Giordano Tedoldi - Fazi Editore (Reimanders)
"Alla ricerca del tempo perduto 1. Dalla parte di Swann", Marcel Proust - Mondadori Editore  (Reimanders)
"Diario in pubblico", Elio Vittorini - Bompiani Editore (usato)
"Café Julien", Dawn Powell - Fazi Editore (usato)
"La leggenda del trombettista bianco", Dorothy Baker - Fazi Editore  (usato)"Gente di Dublino", James Joyce - BUR  (Reimainders)
"Thomas Jay", Alessandra Libutti Fazi Editore  (usato)
"Come diventare buoni", Nick HornbyGuanda Editore (usato)
"Quota 122", Anne Holt Einaudi Editore  (usato)
"Monsierur Ibrahim e i fiori del Corano", Eric-Emmanuel Schmitt Edzioni E/O  (usato)


Libri regalati

"La straordinaria tristezza del leopardo delle nevi", Joca Reines Terron - caravan edizioni


Libri letti
"Armalade", Wilkie Collins - Fazi Editore
"I Cavalieri del Nord", Matteo Strukul- Multiplayer Edizioni (Finito a Marzo) 
"La svastica sul sole", Philip k. Dick- Nord Edizioni (In lettura) 
"Il Circolo di Pickwick", Charles Dickens - Adelphi edizioni (In lettura)


Oggi sono una persona sazia e appagata. Non perché sto scrivendo il mensile che uscirà domani - mi si spezza il cuore a vedere quanto poco io abbia letto questo mese! - ma perché, stamattina, accompagnata da Librangolo Acuto @mariadicuonzo sono stata in un posto dove, se non fosse stato per le due citate lettrici e Angela Cannucciari, non avrei mai pensato di entrare: Il mercatino. È un luogo spettacolare! Vi anticipo solo questo: sono tornata a casa con 15 libri (più uno che arriverà grazie a Maria che ne ha preso uno che ha già e io no!). Mettere me medesima in un posto così è come mettere Hannibal Lecter in mezzo ad un piazzale pieno di gente, digiuno e magari un po' assetato, e dirgli che non è il caso che si mangi chi lo circonda! Detto questo, anche questo mese, come potete vedere anche dall'elenco e dalla foto, non mi sono risparmiata ( Nella foto non tenete conto dei due libri in cima alla pila che non sono miei!)!





Il BookClub del Klamm si è riunito nuovamente a fine Febbraio e abbiamo discusso fra lasagne e cannelloni del libro che era stato scelto per la lettura e che io non ho nemmeno finito che è: "La svastica sul sole" (Philip K. Dick- Nord Edizioni). Diciamo che ho fatto un po' fatica a leggerlo, e infatti lo devo finire, perché effettivamente mi aspettavo veramente altro. Invece di un romanzo lineare, infatti, lo stile di Dick è decisamente scostante e anche un po' sconclusionato con tanti protagonisti collegati tra loro dalle vite personali che si tangono. In mezzo i Ching, gli esagrammi, Hitler che ha vinto la guerra ma sta in pensione e un mondo che vive al contrario. Al gruppo di lettura non l'ho trattato bene, ma cercherò di finirlo per poter dire la mia definitivamente.
Prossimo rendez-vous il 24 Aprile, sempre al Klam con cena non da vegetariani, qualora lo foste - e voleste intervenire - avvertiteci che ci organizziamo per non farvi rimanere digiuni - ci sono le patate alla pizzaiola però eh! -, e Signor Libro da commentare: "La vita e le opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo" di Laurence Sterne. Definito spesso come "il lavoro capostipite del romanzo moderno", ha influenzato scrittori come James Joyce, Samuel Beckett, George Perec, Thomas Pyncon. E' un romanzo un po' strano, ha una strana punteggiatura e ha anche pagine con una sola riga scritta o completamente nere o anche marmorizzate. L'ho proposto io, visto che avevamo due mesi di tempo - complice la Pasqua- per leggerlo. L'ho in casa da parecchio e, come avveniva anche per Wallace a pagina 250 mi distraevo e passavo ad altro anche se, il libro, è veramente divertentissimo ma richiede attenzione. L'ho preso mentre cercavo un titolo invece contemporaneo scritto con il medesimo stile e, che poi dopo lunghe ricerche, ora è mio "La casa di foglie" di Mark Z. Danielewski - titolo peraltro, inspiegabilmente, non ristampato e quindi introvabilissimo - che anche lui attende di essere letto. V'ho stupito eh? Sapeste che chicche nasconde questa casa!

Tra gli acquisti invece fatti, si può dire che ho completamente dato affidamento al mondo dell'usato con qualche "puntata" in quello dei Reimanders che questo mese  proponeva qualche occasione. Cominciamo con Proust. "Noooo... Ti leggi "Alla ricerca del tempo perduto" (Marcel Proust - Mondadori Editore)?!" Eh sì, l'avevo promesso ad una amica e quindi ho cominciato a comprare il primo salvo poi accorgermi che, porcaccia la miseriaccia, dell'edizione del 2012 della Mondadori il secondo volume pare che non esista. Non c'è in nessuno dei miei canali di recupero libri. Ora, sciuri editori, ma perché se una vostra saga va fuori produzione un numero, dei volumi che la compongono, è sempre introvabile? Ne avete stampate meno copie? Sono curiosa, se qualcuno riesce a sanare questa mia curiosità gliene sarò infinitamente grata. Ora. Paola chequandoapreunblogfamofesta e Klára di kslivovice  avevano espresso questo desiderio - Paola lo ha già letto, ma Klára no - e io mi ero accodata quando leggevamo insieme Wallace. Visto che ho trovato il primo, la lettura inizierà fra qualche settimana, credo alla fine di Marzo anche se, con i miei tempi, non credo riuscirò a star loro dietro, ma ci proverò. 

Secondo la Fatina della lettura sono letture da farsi almeno una volta nella vita, che poi uno rimanda visto che, "Alla Luce del tempo perduto", consta di ben sette libri di lunghezza varia. E' stata scritta e pubblicata fra il 1909 e il 1922, in pieno periodo che io adoro, ovvero quello che va dalla fine del periodo de l'affaire Dreyfus fino alla Parigi del trionfo delle arti e della cultura - mentre il romanzo si ferma alla prima guerra mondiale -. Fu anche protagonista di un errore di André Gide, il romanzo era stato già rifiutato nel 1912 da un editore Gaston Calmette - tra i quali lettori spuntava un altro nome famoso come Emile Zolà -, che lo rifiutò per la pubblicazione su la "Nouvelle Revue Française" - dove all'epoca ancora lavorava Adrienne Monnier - quando lo lesse per conto di Gallimard (allora uno dei proprietari della rivista) ed uscì in, possiamo dirlo, autopubblicazione a pagamento nel Febbraio del 1913 quando Proust propose all'editore Bernard Grasset di pagare lui stesso le spese di pubblicazione e di pubblicità. ALT! Autore a pagamento che passi di qui e ti sei fermato a leggere questa cosa, sappi che Proust prima di questa pubblicazione aveva già pubblicato regolarmente almeno altri tre romanzi, tre saggi e vari articoli e introduzioni. Quindi non siete sulla stessa barca!



Detto questo proseguiamo. A fine Gennaio avevo fatto un ordine e fra questi c'era un libro che ero veramente curiosa di leggere ed era "The 100", (#1) Kass Morgan - Rizzoli Editore e che, invece, si è rivelato un'immensa noia. Già vi sento con "E che ti aspettavi?". Sinceramente un po' di più, l'ho detto spesso che i sceneggiatori sono i salvatori della letteratura che aveva potenzialità ma che non sa utilizzarla appieno ma, in questo caso, la storia ricreata per la serie tv è decisamente più accattivante e ha più senso del libro. Serie (libro) che non continuerò di sicuro.

Tra gli stessi acquisti c'era anche  "Di questo amore non si deve sapere. La storia di Inessa e Lenin" (Rotanna Armeni - Ponte alle Grazie) e, vi giuro è un caso, lo scopro solo ora che sto riguardando gli appunti, tange con il periodo citato, poco fa, di Proust. Inessa, la protagonista di questo saggio romanzato è stata effettivamente non solo un'amante per Lenin ma molto di più. E' stata anche un'amica, una confidente e un riferimento con cui dividere le discussioni sull'interesse comune dei due di liberare la Russia dal dominio zarista e con cui parlare di interessi comuni riguardo l'arte, la letteratura e via dicendo. Indovinate quando e dove Lenin e Inessa si incontrano? A Parigi nel 1909! Ora, l'Armeni, in alcune interviste che ho letto, dichiara di essersi imbattuta per caso nella figura di Inessa di cui Stalin, all'epoca della morte di Lenin e conoscendo il suo testamento che lo dichiarava incapace di raccogliere il posto che lasciava vacante, voleva far uso per intaccare la reputazione del suo predecessore dichiarandone pubblicamente l'infedeltà alla moglie. Ecco, a me queste storie piacciono da morire e quindi manco mi sono posta il problema, poi è un Ponte alle Grazie e ha una copertina che reputo magnifica (vi bastano come giustificazioni?). 



Poi c'era il motivo per il quale ho fatto realmente l'ordine che è Robert Harris "Dictator" (Mondadori Editore) che quando mi è arrivato ho scoperto essere il terzo di una trilogia ( e te pareva!!) dedicata alla figura di Cicerone e questo è l'atto finale quando c'è il crollo della Repubblica Romana, la guerra civile e la successiva uccisione prima di Pompeo e poi di Cesare. Dei precedenti volumi Lustro #2 ( dove # sta per il numero del volume) e Imperium #1 che ho in versione ebook regalatomi da Maria cui erano stati dati dei segnalibri con un codice, che inserito nella sezione Kobo del sito, permettevano di scaricare dei libri gratis. Quindi per iniziare non alla rinfusa credo che inizierò dal primo e poi, se la fortuna mi assiste e trovo il secondo, proseguirò la lettura con ordine. 

Sempre nello stesso ordine c'era anche questo volume che Diego aveva proposto in un precedente BCKLamm  ed è:"La verità su caso Rudolf Abel" (James B. Donovan - Garzanti). Ora, qui c'è un chiaro riferimento al fatto che gli sceneggiatori de "Il ponte delle spie" abbiano preso lo spunto per il film da questo libro ma, e c'è un ma, c'è un altro libro che vanta questo stesso riferimento e che io ho in ebook (acquisto di Marzo) e si tratta di un libro nientepopòdimeno che di Adelphi! Il libro in questione si chiama "Il cacciatore capovolto. Il caso Abel." di Kirill Chenkin. Ora io non conoscevo il caso Dreyfus finché non ho letto "L'ufficiale e la spia" di Robert Harris - vedi che ritornano! - figuriamoci se conoscevo il caso di Rudolf Abel nato in Inghilterra nel 1903 e morto l'anno prima che io nascessi, ovvero il 1972, da madre russa e padre "tedesco di russia" dice Wikipedia che fu colui che si propose per lo scambio all'alba, su un ponte, con un pilota dell'areonautica americana, prigioniero di guerra, nel 1962. Questione da approfondire sia sul caso della sceneggiatura: a chi assomiglia più il film? E anche sulla storia: Chi me la spiega meglio la questione dello scambio? Ora, Donovan e Garzanti, non me ne vogliate ma forse mi fido un ciccin di più di Adelphi, così a naso, ma verificherò anche perché se non lo faccio, morirò sommersa dai libri!



Secondo ordine e seconda infornata di libri. Questo ordine era partito con due libri che volevo assolutamente ovvero "La leggenda del trombettista bianco" (Dorothy Baker - Fazi Editore) e "Diario in pubblico" (Elio Vittorini - Bompiani Editore). Il primo lo volevo assolutamente perché mi sono innamorata della scrittura fresca e scorrevole della Baker, che è nata nel 1907 ed è morta nel 1968 (senza passare per Parigi però, stando alla biografia), e dei temi che tratta in maniera decisamente contemporanea. Sicuramente gioca a suo favore anche l'ottima traduzione faziana che, per entrambi i libri è a firma di Stefano Tummolini. Ora anche qui c'è un mistero, ma solo per me, ovvero è lo stesso traduttore di Stoner di cui invece non ho una grandissima opinione ( Stoner e Stoner rilettura) quindi, mi sorge il dubbio, che proprio la scrittura di Williams non sia nelle mie corde e che non sia colpa della traduzione. A Stefano va tutta la mia ammirazione per non esser morto di noia a tradurlo, Stoner! Ehh scusate, ma  quando ce vò, ce vò! Io grazie a Stoner ho in antipatia un vocabolo che mi piaceva da morire, "baluginare". In quel libro è un trionfo di "baluginii" di luci di lampioni e una volta anche di occhi, anche no, grazie!



Mentre per Vittorini la storia è un po' diversa e viene da un libro che, secondo me, prima o poi comprerete e leggerete per disperazione visto che ogni occasione è buona per nominarlo: "Mussolini censore" (Guido Bonsaver - Laterza editore). E - pensavate che me lo fossi dimenticato! - del libro che ci accoppio sempre ovvero "Siamo spiacenti. Controstoria della letteratura italiana attraverso i rifiuti" (Gian Carlo Ferretti - Bruno Mondadori Editore). La figura di Vittorini è cruciale per l'editoria che si va formando dal periodo fascista fin dopo, nel dopoguerra, ed Elio raccoglie quello che ha costruito nel periodo di passaggio fra la fine del fascismo - quando entrò in contrasto con il potere in essere prima culturalmente, aderendo a movimenti culturali antifascisti e poi partecipando alla Resistenza -,  e successivamente nell'Italia che andava ricostruita anche dal punto di vista culturale. Perché una ricostruzione culturale? Perché il fascismo fu la prima dittatura che usò, in maniera decisamente moderna - grazie anche alla Sarfatti di cui vi parlavo nel Diario di Gennaio -.e a tutto tondo, andando ad abbracciare sia la classe culturale e politica  e sia quella popolare. Questo libro, per stessa ammissione dell'autore quando fu pubblicato nel 1957, è un'autobiografia anomala perché mette insieme cronologicamente sia la vita del suo autore che i suoi scritti sparsi come introduzioni, saggi e articoli per giornali.



Per "Come diventare buoni" di Nick Hornby (Guanda Editore) non ho spiegazioni. Quando un libro suo è in giro, e io non ce l'ho, lo compro. Vale la stessa regola per Robert Harris, Tom Perrotta, Eric-Emmanuel Schmitt e anche per Dorothy Baker. Meno male che almeno una è morta altrimenti vado in bancarotta. È una storia molto in stile Hornby, occhio che è una ristampa oggi al mercatino c'erano almeno tre edizioni stampate in precedenza, in questo caso non di un incontro ma di una sorta di passaggio di "karma". Lei sposata con lui. Lei è buona e generosa e lui è noioso e sempre imbrociato. Lei un giorno lo tradisce e lui quel giorno decide di cambiare e diventare buono come lei. Poi arriva un'altra, ragazza credo, perché non si capisce bene dalla sinossi, e... lo sapremo quando l'avrò letto o, meglio, io lo saprò quando lo avrò letto e non so se ve lo dirò. Se fate i bravi, forse...

Detto ciò avevo comprato un Fazi editore e che fai non ci associ qualche altro loro titolo così si fanno compagnia nel pacco mentre arrivano a casa tua? Eddai su!


"Io odio John Updicke" (Giordano Tedoldi - Fazi Editore) era nei Reimanders perché lo stesso titolo è uscito recentemente (Gennaio) con MinimumFax e, visto che ho sentito un po' di persone parlarne anche se non mi è riuscito di andare alla presentazione, ho deciso di prenderlo. Oltretutto, perdonami MinimumFax, ma la copertina di Fazi, a me, piace di più. Sono otto storie  "dannate " dove secondo la sinossi "Miti e riti della contemporaneità [...] sondano paure e oscuri oggetti del desiderio di individui privi di equilibri e limiti.". Di primo acchito sono rimasta un po' perplessa, lo ammetto, poi mi sono detta che tentar non nuoce, ogni tanto bisogna rischiare un po' e quindi l'ho preso. Chissà se continuerò a perplimermi o mi piacerà... 

"Thomas Jay" (Alessandra Libutti Fazi Editore) e "Café Julien" (Dawn Powell - Fazi Editore) invece li avevo adocchiati da un po'. Il primo è un romanzo su uno scrittore di culto e dannato che racconta la sua vita in una cella e che cosa lo ha salvato, ovvero la letteratura e i libri. Il caso Thomas Jay è un caso che è stato al centro di un mistero e come dice in un intervista uno studioso "ci sono voluti sei anni e sei romanzi per sapere la sua vera identità". Thomas Jay era o è - non si è ben capito - un ergastolano. Conoscevo il titolo anche se non ne ricordavo il perché e l'ho scoperto ora, controllando per non scrivere strafalcioni, questo romanzo è stato finalista al Premio Calvino. Ma vi rimando alla pagina di Fazi dedicata a "Thomas Jay" per sbirciare il video realizzato che secondo me è decisamente interessante. Questo giro o sono nati o vissuti nello stesso periodo o nello stesso posto o sono dei "casi" me ne rendo conto solo ora!
Con "Café Julien"  invece andiamo nella New York degli anni quaranta in un bar frequentato dagli artisti. Un bar che è il centro di vite, caratteri, desideri, amori e ambizioni completamente differenti come sono i suoi frequentatori. È attorno a questo che ruota tutto il romanzo e la presentazione era così invitante da renderlo imperdibile.

Parlavamo più su di Schmitt? Eccolo qui! Con "Monsierur Ibrahim e i fiori del Corano", (Edizioni E/O). Libro vecchio e che io avevo bellamente snobbato pensando che fosse di una pesantezza senza pari - all'epoca all'attivo di questo editore avevo letto solo "L'eleganza del riccio" che prima non era piaciuta a mia madre, e ce ne vuole ve lo assicuro, e poi a me -, quindi non mi ero nemmeno posta il problema. Poi galeotta fu "La giostra del piacere" e, piano piano sto comprando tutto quello che trovo di lui in cartaceo. E' una storia delicata e dolce di un'amicizia che nasce in un quartiere ebreo di Parigi (lo so, lo so...) tra un arabo che ha una macelleria dove Momo, un ragazzino ebreo, va giornalmente a fare la spesa. Momo sta vivendo un'infanzia difficile accanto ad un padre sempre depresso e Monsieur Ibrahim sembra capire il ragazzo e ne diventa un po' il riferimento durante una fase particolare della sua crescita. Notare Schmitt ci mette 110 pagine la Tartt per una storia similare mille milioni! E ho detto tutto!

"Gente di Dublino" (James Joyce - BUR) è per l'abitudine che ho preso di un classico al mese. Di Joyce, orrore orrore, ho letto molto poco quindi, visto che anche lui era a Parigi, alla libreria "des amis des livres" della Monnier e a quella accanto di Sylvia Beach di Shakespeare&Co (ora vi potete lamentare...) mi sono detta che cominciare da qui non era così male, visto che questo è l'anno dei classici facciamolo fruttare.
"Quota 122" (Anne Holt Einaudi Editore ) ecco, qui proprio non ho spiegazioni. Ho sentito molto parlare della Holt e ho un precedente titolo, suo, di cui nemmeno ricordo il nome che dovevo leggere e ancora non l'ho nemmeno aperto. Mi era arrivato con uno scambio si Bookmooch. Vedremo.

Il libro di cui parliamo ora, invece, è una vera e propria sfida. Chi mi conosce sa che ho una sana antipatia per il mondo sudamericano dopo un autore che non vi dico, altrimenti Simona Baldelli mi mena, e Amado (che non mi ricordo sinceramente se anche questo sia un buon motivo per cazziarmi ma me la rischio!). È anche vero però che, da qualche anno a questa parte, complice l'amicizia con una forza della natura che risponde al nome di Silvia e a Marco Cassini con il suo tour per Cortázar di un paio di anni fa, questo spazio si è arricchito di altri tre titoli sudamericani che ho amato e che non mi hanno fatto venire voglia di menare a nessuno. Quindi quando mi è stato proposto questo e mi  stato fatto notare che è al limite del mio "perimetro felice" sono rimasta un po' sul chi va là. Ma visto che  la cattiva Caravan mi mette sempre questi titoli che mi fanno venire curiosità ho deciso di leggerlo perché voglio capire se mi posso spingere un po' più in là. "La straordinaria tristezza del leopardo delle nevi" (Joca Reines Terron - Caravan edizioni), ricorda come impianto quello di Café Julien e ci faccio caso solo ora che li ho commentati tutti - il Diario serve più a me che a voi spesso! - ,  che, in questo caso, il punto d'incontro in cui si ritrovano i protagonisti di questa storia, che in comune hanno questo luogo e la città dove vivono, è la gabbia dello zoo dove c'è il leopardo delle nevi. Diciamo che così non sembra male ne riparleremo in recensione o nel "Dal Libro".

E veniamo alle "Vergogne": questo mese ho letto solo due libri e mezzo. Sono una pessima persona, me lo sto dicendo da circa due settimane! Il problema, che non è una giustificazione, è che Armadale si è rivelato un tantino più complesso di quanto mi aspettassi e ha richiesto, in pratica, tutta la mia attenzione (ripagata eh! Erano anni che un autore dell'ottocento non mi prendeva così tanto!). C'è da aggiungere che, con la sòla presa con "The 100", non è che fossi così invogliata ad esplorare. Quando poi ho aperto Strukul (I cavalieri del Nord- Multiplayer Edizioni) la debacle è stata completa. La storia c'è, solo che c'è qualche problema di editing, ci sono delle situazioni che non reggono e che hanno seriamente minato la mia voglia di andare avanti per vedere come finiva il libro. C'è un'altra cosa, che veramente mi stupisce non sia stata riportata da alcun vlogger che abbia parlato di questo libro, ovvero che ci sono tre termini ripetuti talmente tante volte che ti viene voglia di regalare un vocabolario dei sinonimi e contrari sia all'editor che allo scrittore. Se ci fosse stata un minimo, e dico un minimo, di attenzione in più credo che, veramente, sarebbe potuto essere una svolta per la letteratura italiana di genere: la storia c'è, è anche evidente l'enorme ricerca fatta dall'autore, i personaggi ci sono, c'è l' "ammmmore" che tanto piace ai giovani, ci sono personaggi in cui si possano identificare e quindi sinceramente non capisco, proprio non ci riesco, questa mancata, dovuta, attenzione. Insomma, detta alla Strukul, questo mese è stato un tale "carnaio" che una "sventagliata" di dardi non sarebbe riuscita ad "arabescare la neve" così bene. E se, a questo punto, sulla vostra testa è comparsa una nuvoletta a mo' di fumetto con un bel "?", ecco, sappiate che in questo si condensano gli errori che mi hanno accompagnato questo mese e parte di marzo.

Solo Dickens con il suo "Il Circolo di Pickwick"( Adelphi edizioni) è riuscito a portarmi un po' di sana e allegra ironia e per me è stato un vero toccasana. L'ho iniziato sul finire di Febbraio perché è il classico del mese di Marzo ed è anche decisamente lungo e quindi ho cercato di portarmi avanti almeno un po'. Sì sta rivelando meglio di quel che ricordavo e ne riparleremo presto in recensione.
Augurandovi buone letture e augurandomi che non siate morti di noia e di inedia leggendo questo post vi saluto!
Buona settimana!
Simona Scravaglieri


P.S. dopo tutta questa sfacchinata io sto così (lui è Joyce per non lo conoscesse, il gatto che da piccolo miagolava senza virgole!):


Una foto pubblicata da @leggendolibri in data:



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