Fonte: WikiDeep |
In un pezzo apparso su La Lettura del Corriere della Sera, di domenica scorsa, c'era un interessante articolo sui saggi storici dal titolo "Storici in cerca di lettori" nel quale, ad un certo punto, compaiono dei concetti che io non solo condivido ma di cui ho già detto la mia in altre occasioni come fu quando parlai del Gadda di Pedullà - in quel caso si trattava di critica letteraria, ma il discorso è applicabile a buona parte di quella letteratura fino ad oggi ritenuta troppo accademica. Siamo in un'epoca di cambiamento, in cui quel ramo di letteratura che viene compreso nell'area saggistica sta operando un forte cambiamento per venire incontro al grande pubblico. La questione è che molti non lo sanno e continuano ad evitarla. Quindi quando l'autore di questo pezzo, Antonio Carioti, dice "per Schiavone rivolgersi a un pubblico vasto non significa cedere alle semplificazioni divulgative: «La sfida è coniugare la solidità scientifica della ricerca con la capacità di ricostruire gli eventi nella forma di un racconto appassionante. Non è un obiettivo impossibile, è il modello di grandi classici della storiografia, come Edward Gibbon, Hans Mommsen, Fernand Braudel, le cui opere si leggono come romanzi»" comprendo perfettamente quali sono le difficoltà di uno studioso che decide di uscire dai tranquilli binari accademici mettendosi alla prova con un mondo meno "sicuro", che si divide fra i frequentatori di narrativa classica o peggio anche modaiola e quelli che invece leggono solo di Storia sorvegliata, come quella cui si accenna poco più in giù dove si dice "Per giunta, nota Barbero, spesso l’interesse dei lettori si rivolge a opere dal contenuto discutibile: «Purtroppo in Italia i politici, i pubblicisti e perfino alcuni storici hanno l’abitudine di usare in modo fazioso pezzi del passato per alimentare le contrapposizioni di oggi. E c’è una parte di opinione pubblica disposta a bere qualsiasi panzana, specie se rivolta contro la Resistenza o il Risorgimento, purché accarezzi i suoi pregiudizi".
Nel libro di cui vi parlo oggi, Andrea Santangelo, scrive ai suoi lettori nel modo che viene "contestato" a Schiavone. Pone al centro un'unica operazione, che nel periodo fascista in Italia non ebbe associato alcun nome, perché fu - come suggerisce il sottotitolo - la "Caporetto" della Seconda Guerra Mondiale, e che rimane denominata con il nome della missione di chi vinse, gli inglesi, ovvero "Operazione Compass". In pratica fu la distruzione della 10° Armata in Libia, allora affidata al Comandante Graziani. La differenza tra uno storico che racconta e uno scrittore sta nel fatto che, nel rendere vivibile il racconto, il secondo ha necessità di creare una trama mentre, come diceva Carr in una delle lezioni italiane trascritte da Carlo Ginzburg -"Sei lezioni sulla storia", Edward Carr, Carlo Ginzburg, Einaudi Editore, ed. 2000 collana "Piccola biblioteca Einaudi" prezzo 17,00€ -, lo storico trova i fatti e li analizza, li seleziona fra quello che è rilevante e quel che invece non lo è ai fini di quel che è stato e poi li mette insieme, come li stesse cucinando, per servirli ai suoi lettori. Quindi non serve romanzare ma solo avere al proprio attivo le capacità per presentare la storia, per quel che è stata, in una maniera semplice e diretta; la trama l'ha già scritta la Storia. E "Operazione Compass" ci riesce pienamente, è un libro scorrevole anche per me che sono sempre stata una vera a propria "capra" - mai capiti tutti i gradi militari, tutte le volte ho bisogno di un'anima pia che mi dica chi è più importante di chi!- e, in più, restituisce un quadro chiaro di quello che è realmente stato il fascismo in Italia, senza le schermature che solitamente a destra e sinistra si preferisce mantenere, per evitare di essere additati.
Una delle cose che con prepotenza oggi ancora si pensa è che lo strapotere fascista fosse così presente e pesante da essere identico alle contestuali dittature naziste e staliniste. Invece sia da questo libro, come anche in quello di Bonsaver "Mussolini censore" - Edizioni Laterza, ed. 2013, Collana "I Robinson/Letture", Prezzo 18,00€ - di cui vi parlerò più in là, esce fuori che la struttura fascista è molto simile a quella clientelare che ha caratterizzato e, lo fa ancora oggi in molti casi, la società italiana anche nel periodo prima dell'unione d'Italia. Un Mussolini impegnato a creare un'immagine senza doversi per forza impegnare a realizzare qualcosa di solido. Come lo descrive Bonsaver "un accentratore di poteri che però non era in grado di guardare al quadro generale, ma si concentrava sempre solo su fattori irrilevanti". La 10° Armata di cui racconta Santangelo era "invincibile", per un'Italia che doveva essere interessata alla guerra solo in caso di vittoria, solo in una cosa: nel coraggio di quelli che non avevano nulla e che, nonostante fossero stati mandati al fronte con armi vecchie o addirittura senza, hanno combattuto con coraggio una guerra che non gli apparteneva fino alla resa, non per vigliaccheria ma per impossibilità di andare oltre nella battaglia. Tutto il resto, ovvero quello che decreta la sconfitta più grande, è rappresentato da altri fattori a partire da colui che è a capo delle operazioni in Libia, Graziani, più impegnato a fare l'impiegato ministeriale che a capire le reali necessità del momento, l'impreparazione generale di una classe dirigente militare troppo impegnata a far carriera su carta invece di provarsi sul campo e finendo con un apparato statale ed economico, come quello italiano, che era più pronto a lucrare sulle spalle dei combattenti semplici che ad innovare e innovarsi e, infine ma non meno importante, a ministeri che con la loro burocrazia impedivano, a quel poco di innovativo che c'era, di arrivare dove c'era bisogno.
E' questa situazione di totale disastro organizzativo, sociale e istituzionale, che svela al mondo che Mussolini è solo "fumo negli occhi" negli anni '40, che l'Italia fascista deve ripartire da zero e costruire qualcosa di concreto. "Concretezza" che non diverrà mai fino in fondo come dovrebbe essere - questo Santangelo sembra suggerirlo -, perché la stasi tipica della società verticale e ingessata italiana, troppo attenta all'interesse personale a scapito di quello collettivo, sarà sempre al primo posto come causa delle perdite, e questo lo aggiungo io, non solo in guerra ma anche su altri fronti. La rappresentazione equidistante di ciò che è stato un movimento, che è sempre voluto sembrare all'altezza con quelli più grandi e che invece ne ha subito decisioni per poter apparire agli occhi degli altri come tale, non smonta quello che è il "giudizio" su uno dei momenti più neri della storia italiana, ma ne restituisce l'impianto di base da cui partire con una analisi seria di quelle che sono le "colpe" di un sistema clientelare e burocratico e autoreferenziale che ancora oggi, volendo o no, mina la storia attuale. Il revisionismo in fondo è anche questo, analizzare i comportamenti per poter far sì che questi non si ripetano più e che la società evolva. Nelle questioni relative all'ultimo conflitto mondiale questo avviene solo sulla carta e, prima di leggere l'articolo citato in calce, io personalmente pensavo che l'approfondimento fosse riservato alla Storia relativa alla resistenza italiana e, nel caso del fascismo solo per le leggi e le successive stragi antisemite. Invece, leggendo il paginone de "La Lettura" e la recensione del libro "Partigia. Una storia della resistenza" - di Sergio Luzzatto, Mondadori Editore, ed. 2013 collana "Le scie" Prezzo 19,50€ - su Domenica del Sole 24 ore "Partigiani della zona grigia" a firma di Raffaele Liucci, scopro che molti sono gli errori riportati anche in testi in merito di resistenza e partigiani commessi per faciloneria o per questioni di vendita.
E' forse per questo, che sono orgogliosa e molto felice di consigliarvi questo piccolo libro, sono solo 110 pagine, non solo per leggere un buon lavoro approfondito e scritto peraltro in maniera accattivante ma, soprattutto, perché credo veramente che in questo momento, come avviene per l'altro filone che seguo da anni - le mafie in particolare la camorra, vedi la sezione delle "Letture concatenate" - abbiamo bisogno di verità, scomode o no, e non di lavori scritti tanto per vendere o per creare falsi miti mediatici. Se quello che vi frena è la questione del "Si parla di una guerra", tenete conto che è un pregiudizio. Il libro di Santangelo è completo perché non si sofferma solo al momento storico ma guarda ad un impianto che caratterizzava la società degli anni '40. L'operazione Compass e la relativa distruzione della 10° Armata è la conseguenza delle scelte di quella società e leggere di quelle consuetudini non potrà che riservarvi facili confronti con la situazione odierna. Dopotutto, leggere e conoscere la Storia, serve proprio a questo come già detto: apprendere, riflettere, confrontare ed evolvere. Tutto sta alla voglia di mettersi in discussione del singolo individuo.
Buone letture,
Simona Scravaglieri
Operazione Compass
La Caporetto del deserto
Andrea Santangelo
Salerno Editrice, Ed. 2012
Collana "Aculei"
Prezzo 12,00€
Fonte: LettureSconclusionate |
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