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Vi è ma capitato di essere così attratti da un contenuto, un libro o un film, da non riuscire a staccarvi dalla sedia se non lo avete finito? Con questo libro mi è successo. Non è il capolavoro del secolo, ma sa fare quel che promette, ovvero, introdurre ad un periodo storico che pochi conoscono, quello della prima guerra mondiale, periodo in cui il proibizionismo regnava e nasceva il Jazz e il razzismo era di casa. Era quel momento storico in cui essere uomo di colore significava che, se anche ti arruolavi, eri ancora considerato cittadino di serie B e il massimo del compito che ti veniva assegnato era quello di pelare le patate. Era lo stesso periodo in cui le donne, una volta che l'America aderì al conflitto, presero il posto degli uomini in fabbrica ma al contempo non era permesso loro il voto e, nonostante supplissero ai lavori dei mariti, per convenzione venivano pagate di meno.
In questo periodo l'America scoprì un nuovo nemico: i "Bolscevichi". Questo perché, dall'altra parte dell'oceano in Russia lo Zar Nicola veniva ucciso e contestualmente alla rivoluzione nascevano governi provvisori capitanati dai vecchi detrattori del potere zarista, troppo intenti a dire quel che non andava da non accorgersi di non avere abbastanza esperienza per governare. È l'epoca del rientro in Russia degli intellettuali che erano espatriati per sfuggire agli agenti segreti dello Zar ed è anche il periodo della nascita del culto della sottomarca - sempre in russia- della vodka ( ma questo, l'autrice non lo dice anche perchè del panorama russo se ne accenna dalle informazioni ora dettagliate e ora contrastanti che arrivano ad una delle protagoniste, ma viene citato in "1984" di Orwell). Quel che si evince, e che poi è in realtà successo, è che al fervore culturale che aveva preparato la rivoluzione e che aveva guidato gli intellettuali, arsi dal sacro fuoco della necessità di uguaglianza sociale, all'atto di organizzare la nuova società trascendono dagli alti ideali trasformandosi in "potere gestito da pochi", sempre troppo avvezzi alla cultura della paura in cui hanno vissuto per anni, tanto impegnati a scovare i cospiratori da trasformarsi da aguzzini a sentenziatori di morte, a ricercati e infine in morti. Questo è il mondo da cui è fuggita e di cui fa parte Anna, che aveva passato anche due anni al confino, visto che in una retata le viene scoperta in casa una rivoltella e lei si rifiuta di dire il nome del suo proprietario, ovvero il suo amante georgiano.
Quando finalmente riesce ad evadere dal confino siberiano, fugge in America, portando i suoi appunti di una vita e lasciando in patria l'ex marito che si occuperà del figlio e finanzierá la sua fuga.
Contestualmente dall'altra parte del mondo Inez vive a New York, dove è arrivata per stare lontana da casa sua, benestante e di buona famiglia era considerata dal circolo degli agiati come una testa calda, troppo impegnata a vivere le proprie emozioni amorose senza rispettare i dettami del periodo che la vorrebbero impegnata a trovarsi un bravo marito e a sfornare marmocchi uno dietro l'altro. Inez vuole essere ballerina. New York non le regala un ingaggio, ma un amore, si mantiene facendo l'indossatrice di abiti per un grande magazzino borghese e frattanto si innamora di un venditore di canzoni ebreo.
Due donne, due amori che non sfociano in un solido matrimonio ma che vengono costantemente rimbalzate lontano dai rispettivi uomini della vita. Nel cammino ne incontrano molti altri, fugaci o lunghe relazioni, che sanno benissimo di essere nate per convenienza e non per vero amore. Ricattate da uomini biechi e senza alcuna morale, erose dal tempo che passa, dalla povertà o dal perbenismo vivono un'epoca di grandi cambiamenti e affrontano la loro vita con un obiettivo chiaro, una vita e un amore, non importa se gradito o no agli altri perchè basta sia giusto per loro.
Quelle rappresentate, non sono le donne che ci aspetteremmo di vedere e che sempre ci propinano negli scorci dell'epoca. Queste donne appartengono sempre a quel periodo, ma sono le "altre", quelle poche che hanno osato sfidare le convenzioni, che hanno vissuto la vita in maniera sfacciata ma che hanno lasciato il segno. Nonostante la storia sia inventata si ispira a personaggi vissuti realmente.
Un romanzo, che come dicevo, non è nato per essere un capolavoro, ma diviene un lavoro imperdibile proprio perché testimonia la grande ricerca fatta da questa autrice sul periodo e i suoi protagonisti e ne restituisce una storia che si rivela un intreccio con un ottimo ritmo, mai noioso e nemmeno melenso ma che è in grado di catturare il lettore portandolo indietro nel tempo fra le strade, gli odori, la musica e le facce di un tempo che non c'è più, in maniera talmente accattivante da leggere le circa 400 pagine di questo libro in un soffio.
Ottima storia, impaginata bene, traduzione ed editing fatto come non ne vedevo da tempo, l'edizione NeriPozza vale il prezzo di vendita. Romanzo davvero imperdibile!
New York 1916
Beatrice Colin
NeriPozza Editore, ed 2010
Collana "I narratori delle tavole"
Prezzo 18,00€
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