lunedì 27 febbraio 2017

La letture della Centuriona: La biblioteca sull'oceano

Ehhhh come la capisco Natascia questo mese in cui nulla sembra smuovermi dal mio torpore del blocco del lettore. Nel suo caso è un libro no... Ogni tanto le scelte ti sembrano remare contro, tante volte preparano a tempi di libri bellissimi. Auguro a Nastascia che Marzo sia migliore, nel frattempo, forse, ho trovato il libro che mi farà uscire dal blocco del lettore... Ne riparleremo più in là! In fondo tutti i riferimenti della libreria di Natascia!
Buone letture,
Simona Scravaglieri

Fonte: Amazon.it 


IL LIBRO DI FEBBRAIO 2017

Ecco, doveva capitare: per quanto uno ci stia attento e sia ben addestrato a decifrare le avvisaglie, è sempre possibile che un libro, apparentemente decente, si riveli uno dei peggiori mai letti nella propria carriera di lettore.
Per me, il libro di febbraio è stato, infatti, una rivelazione in negativo. E incolpo (non che ci sia da dare la colpa a qualcuno, è solo per dire) me stessa che mi sono fatta irretire dalla fascetta. Neanche da quanto scritto sopra, perché, a dire il vero, non l'ho letta, ma il fatto stesso che fosse citato il libro 'La luce sugli oceani' di M:L. Stedman (che lessi anni fa e mi fece innamorare... tra l'altro ho visto che esce il film, per cui vi consiglio di leggerlo prima) mi ha attirato. Certo, avrei dovuto farmi suonare un campanello d'allarme! La concomitanza di citazione e di titolo volutamente simile avrebbe dovuto farmi capire che si trattava di nient'altro che del solito specchietto per le allodole. Perché, diciamocelo, cari fascettisti, ci prendete proprio per il sedere, quando paragonate due libri che non hanno niente a che spartire uno con l'altro se non il continente in cui si svolgono.

titolo: La biblioteca sull'oceano (titolo originale: the railwayman's wife ----> come noterete non ha nulla a che fare con nessun oceano!)
autore: Ashley Hay
casa editrice: Sperling & Kupfer
traduttrice: Velia Februari

Veniamo subito al dunque: come mai il libro non mi è piaciuto? Potrei riassumere tutto in una singola parola, quella più brutta e antipatica che si possa usare in una recensione, ma non mi limiterò certo a questo. Il libro, infatti, è sì, noioso, ma ha anche elementi di vero artificio, non nella sua eccezione positiva, che mi ha reso sgradita la lettura, man mano che questa andava avanti e la cosa diveniva sempre più palese.

Nonostante il libro sia ambientato in un periodo storicamente interessante (la seconda guerra mondiale è finita da pochi anni), in un paese che possiamo definire, facendo una citazione fin troppo banale, 'bruciato dal sole', l'Australia, che forse ai più è sufficientemente sconosciuto da incuriosire (sicuramente a me fa questo effetto), la trama non spicca neanche per un secondo (c'è una quasi-storia d'amore, ma che non arriva mai, anzi non parte proprio, anzi mi sto ancora chiedendo perché mai questi due avrebbero dovuto innamorarsi, a meno che il colore dei capelli sia un motivo sufficiente. Lo è?)

La narrazione parte dall'arrivo di una persona, il Poeta (no, nel libro non è scritto maiuscolo, benché venga individuato con quell'appellativo la maggior parte delle volte che l'autrice parla di lui; è una mia cosa, perché, a mio avviso, il suo personaggio è inconsistente, pure nelle parti più drammatiche - quelle sulla seconda guerra mondiale - e si riduce solo a quello: un poeta che vorrebbe essere un Poeta) che, dopo essere stato al fronte (non chiedetemi quale fronte) e aver girovagato per l'Australia dopo la fine della guerra, si è finalmente deciso a tornare nel paese natale.

Lui è il protagonista maschile di tutta questa vicenda, ma ha un ruolo marginale, più scenografico che altro. In certi pezzi è evidentemente il pupazzetto che serve a far scaturire certe sensazioni e certi pensieri alla protagonista, in altri, giuro, sembra non servire manco a quello. Pare un diversivo. Un modo di alternare le parti della protagonista femminile con qualcosa di diverso.

Ani, la protagonista femminile per l'appunto, gravata dopo poche pagine da un lutto pesantissimo, costretta a rivedere la propria vita in un periodo (complici le scelte personali, comunque) in cui la donna è principalmente la moglie di qualcuno (da qui, a mio avviso, l'importanza e la sensatezza del titolo originale, contro quello assolutamente banale e insensato di quello italiano) è lì. E non si muove un granché. 
La parte iniziale in cui la morte la investe e la rende insensibile al resto del mondo è abbastanza comprensibile, ma più si va avanti e più il carattere di questa donna si fa incomprensibile. Ha sicuramente avuto un'infanzia segnata dalla prematura morte della madre, ha sicuramente subito un grandissimo colpo dopo la morte del marito, ma niente giustifica a pieno la flemma e la mancanza di verve con cui affronta la vita.

La mandano a fare la bibliotecaria (in una piccola realtà, in cui tutto gira intorno alla società ferroviaria, ci si preoccupa di trovare un posto all'interno della società a una giovane madre rimasta vedova) perché, a quanto pare, le piacciono i libri. Che le piacciono lo dice l'autrice, lo fa dire alla protagonista stessa ma non riesce a convincermi riguardo alla passione di questa verso la lettura. Io li ho contati e, in tutto il libro, vengono citati la bellezza (!) di 18 libri. Citati. L'unico di cui si parla un po' di più è questo 'Canguro' (indovinate un po' di cosa parla? no, non dei canguri, ma dell'Australia, intendo!!!) di D.H. Lawrence. Un libro che deve essere una vera pietra miliare per gli australiani perché viene citato a più riprese. Per il resto, pochi accenni qui e là a Jane Eyre, a Furore, ai racconti di Canterbury e altri libri probabilmente mai tradotti in italiano (non che questo indichi qualcosa, solo per dire che non ho trovato il titolo in italiano). Insomma, roba da terza media. Però, l'autrice insiste sul grande amore della protagonista per i libri. Protagonista che, una volta arrivata a lavorare nel magico mondo delle biblioteche, ha troppo da fare per leggere (teniamo conto che il paesino in cui è ambientato sarà composto da decine, forse un centinaio di persone, mica migliaia!) e passa il tempo a guardare il vuoto o a sentir passare i treni. Certo, uno del proprio tempo fa quel che vuole, eh!

Ma torniamo un attimo al Poeta. Alla sua esperienza decisamente dolorosa che, anche nel suo caso, non viene minimamente approfondita, se non in due o tre occasioni in cui si lascia trasportare dai ricordi, ma sempre senza dirci niente di più di quanto sia frustrante, per lui, aver avuto tanto da scrivere mentre combatteva e niente adesso, in tempo di pace. Che poi io tutta questa sorpresa sul perché non riesca a farsi venire l'ispirazione messa a confronto con ciò che può essere l'acuminarsi delle sensazioni in un contesto di vita o morte non ce la vedo; ma può essere una mia superficialità nel guardare a un campo che mi è del tutto estraneo (e parlo della poesia, non tanto della guerra). Forse, però, l'autrice non è stata davvero capace di far passare niente, su questo fronte.

Cos'altro? Niente, in realtà. Il libro è tutto qui (ci sarebbe, in effetti, un'altra quasi-storia d'amore, ma l'autrice è così impegnata a non dirci niente dei protagonisti che figurati se le viene in mente di parlarci di questi altri due sfigati). Infiniti giri per dirci, ridirci, ripeterci all'infinito che queste due povere anime dannate non troveranno pace. L'autrice è anche così crudele da illuderci che, almeno, questa sia una storia a lieto fine. Arriva addirittura a far dire al Poeta "Lo leggo solo perché so come va a finire" facendo riferimento al finale positivo di non ricordo più quale libro. Questo, dai, se non è messo lì per illuderci, non so proprio per quale motivo possa essere stato scritto. Anche perché non ci appiccia niente con il personaggio.

Poi, però, ed eccoci al dunque riguardo al perché il libro non mi sia piaciuto affatto, capisci che questo è solo uno dei tanti indizi. Io l'ho scritto nei miei appunti già più o meno a metà libro, poi ho avuto diversi riscontri, per poi arrivare ai 'ringraziamenti' finali e veder confermati, assurdamente proprio dall'autrice, i miei sospetti.

Piccola parentesi su 'i miei appunti'. Forse vi avevo già accennato al fatto che prendo appunti per forza di cose (la mia memoria vacilla da quando sono nata, e ovviamente non migliora invecchiando). In questo particolare caso, poi, avendo da subito notato l'alternarsi del racconto dal punto di vista della bibliotecaria e dal punto di vista del Poeta, ho iniziato a scrivere partendo da: numero di capitolo, protagonista. Poi aggiungevo altre cose (nomi, posti, cose sconosciute da andare a cercare) ma soprattutto mi interessava vedere quanto spazio era occupato da uno e quanto dall'altra. 
Bene, praticamente Roy (il Poeta) poteva anche essere eliminato. Vi spiego dopo perché, a mio avviso, l'autrice abbia voluto inserire anche la sua 'voce' (la chiamo voce, ma, precisiamo, le parti non sono raccontate in prima persona, anche se viste assolutamente in soggettiva: da Ani, nei capitoli di Ani, in cui l'autrice ci parla di come si sente Ani, di cosa sta pensando Ani, di quanto sia sofferente Ani... che sia un caso di egocentrismo personaggesco?; da Roy quando i capitoli sono dedicati a lui; con solo un paio di deviazioni e qualche inspiegabile svarione inutile, riguardante gente di passaggio).

Ecco, ecco, basta parentesi. Il motivo per cui il libro mi ha fatto anche un po' arrabbiare (l'avevate capito, eh?) è che è davvero esageratamente costruito ad arte. Artificiale. Ho scritto negli appunti che mi pareva che l'autrice fosse partita da tutta una seria di aneddoti (Guernica è forse l'unica avvisaglia della futura seconda guerra mondiale?), di figure riuscite, di frasi ad effetto ritagliate ad arte (arriva a far commettere alla protagonista piccoli gesti insulsi, pur di trovare l'espediente per metterci la frase ben studiata per suscitare un moto emotivo) per poi metterci nel mezzo quello che serviva, senza troppo sforzo, a tenere insieme le cose. Niente di più. Un po' come dei pezzi di costruzioni di marche diverse, che non hanno attacchi compatibili ma che vengono incollati con il silicone per dare un apparenza di finito. Una tristezza, a mio avviso.

Di fatto, alcune figure, alcune immagini e molte 'frasi a effetto' sortiscono un buon effetto. Ad esempio, ad un certo punto, verso la fine, la scrittrice fa dire alla protagonista una cosa molto carina sulla possibilità, nel cinema, di passare da una visuale della scena a quella opposta, come fossero i punti di vista (la soggettiva) di due persone, una di fronte all'altra. Poi, poco più avanti, lega (nell'unico capitolo in cui il protagonista è prima lei e poi lui) i punti di vista di lei a quelli di lui, usando lo stesso espediente, tramutando la finestra della biblioteca in una cinepresa, con lei da una parte del vetro, e lui dall'altra. Ecco a cosa serviva il personaggio di Roy: a creare questa bellissima scena che sarebbe davvero toccante, se non fosse smaccatamente artificiale, e se non fosse che fa sembrare il personaggio maschile un pupazzetto messo lì per fare scena.
Insomma è tutto un po' funzionale all'esercizio di scrittura creativa, finto e messo lì a forza. Non c'è legame, non c'è una storia. E non è piacevole. E il finale è tremendo.

So che mi dimenticherò presto di questo libro e quel che mi rimarrà sarà il senso di fastidio per una madre che non riesce veramente a reagire a niente, per una bambina che vuole essere grande troppo presto (fare la scrittrice!), per un uomo che non sa cosa farsene di tutto il tormento che si porta addosso. E, in generale, una sensazione greve di mancanza di speranza.

Qualcosa di buono? Non lo so. Proprio buono magari no, ma di interessante trovo che, essendo ambientata nell'altro emisfero e in un contesto così lontano dalla nostra vita, mi sorprende nelle piccole cose. Il caldo durante le feste di Natale, il mare e le spiagge così diverse da quelle a cui sono abituata. Poco davvero, a dirla tutta. 
Salverei un'unica frase, perché rispecchia molto il mio pensiero, per quanto non sia certo di nessuna originalità:
"Il cinema non la coinvolgeva quanto la lettura;la sua immaginazione funzionava meglio quando doveva elaborare da sola immagini e movimenti, anziché trovarseli spiattellati davanti agli occhi. Ma le piaceva la tregua che il cinema le offriva, la possibilità di starsene seduta al buio sena dover pensare a niente."

Dopo questa terribile esperienza, mi sono buttata in un libro che, di certo, non mi deluderà. Grazie di esistere Sophie!

Alla prossima
Natascia Mameli

CORSO DE STEFANIS 55 R
16139
GENOVA
tel 010815182

2 commenti:

  1. Ah che bello tornare da queste parti e scoprire di non esser la sola ad avere avuto un mese bloccato! Per ragioni diverse, ma il risultato non cambia: mese scarno di letture. E, viste le premesse, mi terrò lontana dalla biblioteca sull'Oceano!

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    1. Guarda non dirlo a me!! XDDD Grazie a Natascia un altro libro da non guardare nemmeno l'abbiamo trovato e tolto dalla marea dei libri pubblicati :DDD

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