Immagine presa da qui |
Io adoro questa autrice, e odio fortemente non riuscire a farle una recensione completamente positiva! Non so se vi è mai capitato di avere una forte simpatia per un'autore che nemmeno avete mai visto in faccia ma del quale avete letto il suo lavoro. Ebbene a me succede così con la Thomas e però rimane il "Bramante" della scrittura. Ora, per chi non lo conoscesse Bramante è stato architetto nel '400 e verso la metà di questo secolo arrivò a Roma, su invito dell'allora papa e successivamente lavorò anche per Giulio II, realizzando il portone del Giubileo di San Giovanni in Laterano e poi successivamente divenne architetto, il primo, della "fabbrica di San Pietro".
Ora, non starò a tediarvi con la storia dell'architettura, ma Bramante era un architetto coscienzioso e studioso e prima di venire a Roma lavorò per la Signoria di Milano per la quale realizzò ad esempio il finto coro nella chiesa di Santa Maria presso San Satiro che è un capolavoro di prospettiva. La chiesa mancava dello spazio sufficiente per creare un'abside dietro e ospitare l'altare e il coro, e così la parte mancante fu raffigurata con un affresco in prospettiva. L'unica pecca? Che l'affresco quantomai realistico era illusorio se stavi al centro della navata centrale, ma se ti spostavi ai lati era evidente che fosse un dipinto su un muro al quale era appoggiato l'altare stesso!
Ecco, lo stesso risultato lo restituisce questo libro. Pienissimo di potenzialità che però, non solo non vengono svolte, ma proprio troncate di netto, quasi all'autrice non interessasse più raccontare questa storia.
La storia è ambientata ai nostri tempi e riguarda sei giovani di età compresa fra i 25 e i 30 anni. Alcuni sono appena laureati e altri invece vivono una vita sbandata e sono tutti in cerca di un lavoro che non li limiti e che gli faccia guadagnare quella sicurezza economica necessaria a potersi dedicare alle loro passioni principali. Ognuno di loro ha risposto ad un annuncio che cerca "giovani brillanti" ma che non specifica di che lavoro si tratti, e per questo è molto più attraente di altre proposte.
Partecipano tutti ad un colloquio informale e si risvegliano prigionieri su un'isola sperduta nel mare con una casa piena di viveri, un generatore ecologico che garantisce l'elettricità un campo di frutta e tanta acqua da impedirne la fuga.
In un contesto come questo, i "rapiti", una volta verificate che le prime necessità possano essere soddisfatte, non prendono alcuna iniziativa e così la trama ha una scossa solo grazie ad un intervento diverso ed esterno che però sposta l'attenzione del lettore su un secondo filone di trama, che non è il principale ma che per vari motivi diviene più accettabile dell'iniziale. Mi spiego meglio. Scarlett Thomas è un'autrice che ci tiene particolarmente a documentarsi prima di scrivere una storia, è avvenuto anche con il precedente romanzo che ho recensito "Che fine ha fatto mister Y?". Questa sua eccessiva propensione per la documentazione si esplicita con lunghe descrizioni di teorie o di caratterizzazione dei personaggi che però appiattiscono il ritmo del racconto, rendendolo a volte estremamente pesante; a questa pesantezza si contrappone però una scrittura che è in grado sempre di catturare l'attenzione del lettore, che comunque le da fiducia e spera sempre che ci sia dietro l'angolo, girando la pagina successiva, una situazione ad effetto che giustifichi tutta questa preparazione del contesto. Nel precedente libro questa cosa avviene, anche se non con gli effetti che ci si può aspettare, in questo romanzo no.
Le lunghe presentazioni dei sei protagonisti a nulla valgono al fine della loro interazione, non si conoscono e così dopo la lunga presentazione iniziale ante colloquio ( un capitolo per personaggio) successivamente nell'isola si devono ripresentare agli altri aggiungendo particolari che prima non erano stati citati, senza che queste nuove informazioni facciano scaturire nuove interazioni o nuove situazioni.
Le lunghe presentazioni dei sei protagonisti a nulla valgono al fine della loro interazione, non si conoscono e così dopo la lunga presentazione iniziale ante colloquio ( un capitolo per personaggio) successivamente nell'isola si devono ripresentare agli altri aggiungendo particolari che prima non erano stati citati, senza che queste nuove informazioni facciano scaturire nuove interazioni o nuove situazioni.
Leggere questo libro insomma è un poco come fissare la boccia dei pesci rossi. Ci sono, girano qui e là nell'acqua, ma non c'è nulla che dia brio alla situazione, potrebbero sfiorarsi o anche fissarci dalla boccia, ma non cambierebbe lo stato di apparente calma piatta. Nel punto in cui anche l'autrice sembra arenata, avviene una scoperta, che non sto a specificarvi, nel caso lo voleste leggere. Il fatto nuovo da una scossa alla situazione, che però è solo temporanea e volta esclusivamente alla restaurazione dello "status Quo" precedente. Non è un libro propriamente da buttare o evitare ma da conoscere per chi ama scoprire metodi di scrittura contemporanea alternativi. Quello in cui, infatti, la Thomas pecca non è l'architettura delle storie ma solo nei finali, almeno per i libri che ho letto io.
Rimane una delle scrittrici che mi attirano di più ma che, spero, di poter finalmente leggere in qualcosa che abbia almeno la parvenza di essere completo, mentre in questo caso posso dire di aver letto l'inizio di qualcosa che è rimasto appeso.
A voi l'ardua sentenza e, se lo leggete, fatemi sapere se siete del mio medesimo avviso.
Buone letture, Simona
L'isola dei segreti
Scarlett Thomas
Newton Compton Editori, Ed. 2010
Collana "Newton pocket"
Prezzo 4,90€
- Posted using BlogPress from my iPad
Nessun commento:
Posta un commento