mercoledì 20 giugno 2018

"Redenzione", Paco Ignacio Taibo II - La Libertà senza Storia non vale nulla...

Fonte: Recreaction

Altro titolo che mi ha accompagnata a Maggio, oltre a quello di Tricoli che doveva uscire venerdì e invece è stato pubblicato sabato, è quello di Paco Ignacio Taibo II, che per comodità della qui semplice lettrice chiameremo solo Paco altrimenti ci metto mezz'ora a scriverlo. La "redenzione" di cui si parla oggi è cosa potenzialmente breve, sono 123 pagine,con dei capitoli altrettanto brevi, ma, come avviene per il precedente libro "L'ombra dell'ombra", è un libello denso e anche un tanto malinconico che nasconde fra le sue pagine delle descrizioni bellissime di Napoli e una serie di considerazioni che sembrano avulse dal personaggio che le pronuncia e più appartenenti a chi, per lui, le trascrive. Paco, alla presentazione a Roma dice che per scrivere questo libro ci ha messo 15 anni, e lo fa scrivere  anche in calce al testo, spiegando agli spettatori ammaliati di Casetta Rossa, che solo per lui ho visto avvolta nel silenzio più totale, che il motivo è legato al fatto che è stato difficile tirarla fuori al personaggio principale perché non era una storia che si poteva narrare partendo semplicemente dall'inizio.

E in effetti è così, il racconto che ci si para davanti comincia sia in Messico e sia a Napoli in due tempi distinti, l'inizio e la fine del '900. In mezzo c'è Lucio Doria, l'ennesimo nome cambiato; di certo c'è che ha 93 anni, che ama la musica classica e che ha visto la storia del novecento tra i paesaggi e sotto il sole messicano. È napoletano e lì sta ritornando per la prima e ultima redenzione. Lucio, con un altro nome e anche con altri occhi, era stato fra quelli che erano sbarcati in Messico sotto dittatura di inizio '900. In virtù di uno scambio culturale, viene data ai contadini emigrati dall'Europa terra, semi, animali e armi per poter coltivare delle terre che sono state sottratte agli indios. Peccato che chi li accoglie non sappia che quel gruppo di italiani appena sbarcato non abbia mai visto un campo da coltivazione e, nemmeno, che abbia una visione completamente diversa della vita. Tra loro ci sono artisti, filosofi, poeti, ragazzini e un prete fuori dal comune. La Storia a volte, anzi sempre, non va come uno si aspetta che vada e per quanto tu possa pianificare, c'è sempre quell'insignificante dettaglio che cambia la natura delle cose e degli eventi.

Non saprei dire il perché mi capitino sempre queste storie che sembrano leggere e che invece nascondono grandi massime. O, meglio, so perché ho comprato questo libro, ovvero il suo autore, ma non so perché guardando alle recensioni degli ultimi tempi pare che io legga solo di questo genere di lavori. 
In questo caso la Storia di cui si parla, fa da sfondo e da crocevia per i personaggi e le vicende qui narrate; l'autore che l'ha scritta è una sorta di romanziere aggiuntivo che si inserisce in un contesto già articolato piazzando qui e lì dei pensieri come una sorta di testamento diretto a coloro che leggeranno. Il "non permettere che ci dimentichino" raccomandato dai prigionieri dei Gulag degli stranieri ad Herling sembrano identici alle richieste che, i personaggi, fanno a Lucio Doria .
E il male che qui si narra è come il, passatemi il termine, "culo" del governatore che dichiara ai giocatori se in mano lui abbia una pessima serie di carte. È il male di una dittatura che, anche in questo caso, come nel precedente libro, pur di conservare il proprio diritto al sopruso, non è in grado di guardare a quello che decreterà la sua fine. Lo dice direttamente l'autore "Perché da buon porfirista, sapeva che i poveri erano necessari, soprattutto per guardare i ricchi da lontano". Ed è lo stesso male di cui tutte le dittature si nutrono nel perpetrare l'annientamento delle comunità e delle culture preesistenti.

E' una storia surreale quella di Redenzione dove, in un mondo blindato arriva l'utopia della libertà e dove, una volta ottenuta, questo valore, si svuota del suo significato perché non esiste più chi ha combattuto per ottenerla. E' un messaggio chiaro che ti appare quando il quadro è completo. Ed è proprio in quel momento che la redenzione cessa di appartenere solo a Doria e diventa di tutti dando un senso anche alla necessità della conservazione della Storia stessa in maniera organizzata e con uno sguardo serio, al netto delle proprie convinzioni. Perché la Storia, filtrata da una revisione non avulsa dal coinvolgimento personale di chi c'era o ne ha sentito parlare, cessa di essere tale e diventa chiacchiera, cambia di stato, di significato e anche di morale. Doria passeggia per Napoli e sopra la sua testa si rincorrono le chiacchiere fra una stesa di bucato e una sigaretta accesa sul terrazzo. Le donne che commentano e trainano la storia dove si potrebbe arenare, hanno bisogno del continuo confronto fra loro per non deviarla definitivamente dal vero svolgimento dei fatti e così le chiacchiere si sovrappongono una sull'altra, divergono colorendosi di piccole cattiverie come se l'autore del libro avesse il suo bel daffare a tenere a bada il suo coro.

Probabilmente è proprio questo che mi piace di Paco. Lo scorso anno diceva che è necessario rimanere distanti dai personaggi e che lui non si riflette mai in nessuno di loro. Ecco, mentre l'altra volta storcevo un po' il naso perché pensavo che almeno un personaggio gli somigliasse, in questo lavoro finalmente vedo quello che lui dice con tanta forza. Sembra proprio di vedere Lucio Doria che storce il naso le poche volte in cui si intravede l'autore e le sentenze-testamento di cui sopra; queste ultime sono dei castoni visibilissimi e sono così perfetti da rendere necessario persino a me, che non lo faccio da anni, di sottolinearli (a matita!) e di trascriverli in un punto dove io possa ritrovarli spesso.
Un altro bel libro che veramente si lascia leggere bene. Non costa tanto, ma solo per come è scritto è davvero un piccolo gioiello.
Buone letture,
Simona Scravaglieri

Fonte: LettureSconclusionate

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