Immagine presa da qui |
Faccio appello alla quarta di copertina perché davvero non saprei come descrivere quel che ho letto, al punto tale che questo libro attende una recensione da quest’estate.
“Avventuroso e osceno, divertito e disperato, sboccato e insieme lirico. Factotum, il romanzo che ha rivelato Bukowsky al pubblico italiano è innanzitutto e sopratutto uned Henry Chinaski, l’alter ego dell’autore, ne è il protagonista assoluto”.
Fin qui, trascurando il “lirismo” (fandonia bella e buona!), non mente. Perché è vero, l’autore scrive di se stesso, anche nelle sue autobiografie c’è scritto che beveva e si drogava e cercava il modo migliore per non far nulla. ma mi domando e rivolgo la domanda a voi, cosa c’è di “artistico” in ciò? Quando le peregrinazioni da un luogo ad un altro in cerca di un lavoro che ci occupi poco e che ci renda tanto trascritte divengono arte? E allora mi sono chiesta, forse non è questo il "capolavoro" per il quale Bukowski è famoso, forse come Ellis devo leggere qualcosa di altro, perché non è affatto possibile che un'ammasso di fotogrammi che scorrono senza soluzione di continuità e senza un obiettivo possano esser reputati capolavori. Come anche non è possibile che proprio lo scegliere una vita scapestrata, badiamo bene, non perché non possiamo farne a meno ma proprio perché "non vogliamo fare la differenza", ma pretendiamo che essa venga incontro a noi, sia reputabile come lirico.
Questo libro costituisce il "pardosso" della cultura vigente. E' uno di quelli osannati da un lato e detestati dall'altro, ma se scendiamo ad analizzarlo non è nulla di diverso che si possa trovare in un qualsiasi diario. sono resoconti di giornate, nemmeno poi tanto romanzate. Però Bukowski, diviene un quasi idolo. Nell'ultimo anno l'ho visto letto e citato come ne fosse nata una nuova moda. E visto che sono una curiosa ho cercato uno dei titoli rappresentativi. Ed era questo. Fa riflettere no?
E la domanda successiva è: questa è arte? E' talento? E’ un pò come mettere un punto al centro di una tela e dire “ecco a voi, questa è arte!”. Ma non funziona così, non è così che si fa arte. L'arte pretende una ricerca che la muova e che la materializzi, pretende delle motivazioni che muovano l'artista, così come il talento dovrebbe essere quella forza e quel desiderio che ti spinge a tirar fuori dalla tua penna una storia. E' ansia di comunicazione. Qui l'unica ansia che si distingue è come avere soldi senza far nulla.
La trama, chiamiamola così, di questo testo è costruita appunto nei passaggi del protagonista da una città all’altra in cerca di un’occupazione che gli garantisca una stanza, sesso, e alcol nulla di più e nulla di meno. Tutto quello che c’è a contorno è uno sbiadito quadro della classe povera degli anni '30 e '40 americani. Ma la differenza è sostanziale e da tener presente, c’e’ chi è proprio indigente e questo non compare mai e chi si accontenta di sbarcare il lunario per una birra o di campare alle spalle di chi lo può mantenere. Pertanto proprio perchè anche la scrittura rispecchia questo accontentarsi, lo scritto è solo una lenta inesorabile lotta per riempire delle pagine senza altro obiettivo se non quello di farsi comprare. E in questo vi è perfettamente riuscito, visto che anche io l’ho acquistato.
L’unica cosa soddisfacente è che l’ho acquistato in libro e non in ebook, così potrò facilmente rimetterlo in circolo rivendendolo o scambiandolo per avere un qualcosa di leggibile.
Mi spiace di non aver molto altro da dire, ma veramente “Ho letto un gran bel libro, ma non era questo!”.
Buone letture a tutti,
Simona
Factotum
Chales Bukowsky
TEA Edizioni, ed. 2011
Collana “TEA Due”
Prezzo 8,00€
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