Fonte: Manuel Marangoni |
Caro lettore che passi di qui, mi corre l'obbligo ricordarti che questa recensione è quella del capitolo finale della Trilogia di Hodges e conterrà sicuramente degli spoiler. Per cui, se non vuoi anticipazioni, questa recensione non fa per te! Lettore avvisato, mezzo salvato!
Quasi non mi capacito di essere arrivata alla fine della trilogia! Non ci avrei mai messo la mano sul fuoco, almeno alla fine del primo libro. In parte perché "MR. MERCEDES", il primo appunto, era stata un po' una delusione, ma poi si era ripreso con "Chi perde paga". Ora, "Fine turno" in linea generale mi è piaciuto anche se, tra i tre, io continuo a preferire più il secondo. Il problema di King è che ha del geniale ma che, questo suo talento, lo ammazza con questi tempi lunghi, dilatati e, a volte, anche un po' annoiati. Mi si potrebbe dire che è "maniacale" riguardo i particolari e vi sentireste rispondere: "No, almeno non in questi libri".
Il problema è la scelta del particolare da approfondire che non va: hai un assassino, il quale stravede per indurre gli altri a suicidarsi, e dimmi perché, dammi un indizio, spiega la situazione... E invece no: Brady "è affascinato dalla magia di poter indurre qualcuno a suicidarsi" e basta. Che volevate altro? Accontentatevi! Perché leggere la trilogia? Per la precisione della costruzione degli intrecci che reggono anche se si leggono i tre libri in fila. Tempi, persone, dislocazione delle stesse, la crescita dei piccoli, i rapporti fra i grandi sono talmente perfetti che un errore non lo trovi manco se lo cerchi analizzando la trama più e più volte.
Brady che sembrava ridotto a vegetale, dopo il trauma cranico procuratogli da Holly, non è nello stato in cui tutti pensano che sia. In effetti, non si sa per quale motivo, riesce a fare cose che hanno dell'incredibile e, ad un certo punto, è in grado nuovamente di spostarsi, anche se non fisicamente, dal suo letto d'ospedale per poter commettere il colpo del secolo. In fondo vuole portare a casa ciò che ha già iniziato, ma si ritrova con mezzi che mai avrebbe potuto immaginare di avere e sopratutto che sarebbero difficilmente spiegabili ad una persona sana di mente. Nel frattempo ci sono una serie di morti inspiegabili con un'unica marca di consolle portatile dei giochi. Si dice che chiunque l'abbia ne rimanga stregato. E, Hodges sa che c'è qualcosa che non va... e torna ad investigare.
Che succederà? Lo dovete leggere da soli!
Ora il principio è: che seppur assurdo come tema da dimostrare, questo mezzo utilizzato da Brady alla fine diventa credibile, quasi giustificabile. Il problema è che, sebbene al tema del mezzo ad un certo punto sei in grado di dare una certa parvenza di plausibilità, manca tutto quello che c'è stato per arrivare all'utilizzo di quel mezzo. Quindi è un po' come se King vi stesse dicendo che Brady fino a ieri era in ospedale ma ha imparato a buttarsi dalla finestra per cadere nel cesto di una mongolfiera che lo porta in giro nella città per ammazzare la gente. La prima domanda che ti fai è: ma la mongolfiera lì che ci fa? Chi ce l'ha messa? Possibile che nessuno se ne sia accorto? E come fa a non sfracellarsi Brady? Come ha imparato? E come fa dalla mongolfiera ad ammazzare le persone? Ad alcune di queste domande King risponderà ma a quelle basiche, tipo sul perché la mongolfiera è lì e su come ha imparato Brady a gettarsi, darà un accenno spiegando magari come fa a rientrare.
Questo modo di fare indebolisce l'insieme tanto che ogni tassello aggiunto sul passato, di cui accenna sporadicamente qui e lì, galleggia senza una reale concatenazione con quelli a cui si è accennato in precedenza. Ed è un vero peccato perché invece l'insieme dei tre libri tiene davvero bene. I personaggi che vanno e vengono, mantengono le loro caratteristiche come se i tre libri fossero in realtà uno solo. Quindi anche se si assentano e poi vengono richiamati a casa, anche se sono passati 4 anni, sono come uno si aspetterebbe di trovarli, cresciuti ma coerenti alla costruzione del loro personaggio iniziale. Quelli aggiunti sono altrettanto credibili e accurati. Le loro caratterizzazioni, di tipo del tutto americano, sono corrispondenti, in alcuni casi pure troppo, allo stereotipo del tipo di personaggio che impersonano. Hodges, è sempre se stesso, la polizia brancola sempre un po' nel buio per lasciargli spazio d'azione e lo fa motivando in maniera plausibile la rinuncia all'indagine.
Il finale stavolta non è allungato anzi decisamente coinciso. Non è credibile fino in fondo solo perché ad un certo punto, quando tutto sembra perduto c'è una comparizione mal giustificata che fa tanto mi-serviva-qualcuno-che-salvasse-capra-e-cavoli, ma dopo tutta questa architettura costruita in maniera eccezionale e originale, sono disposta anche a perdonare questo a King.
Rimane il fatto che, guardando alla trilogia completa sono contenta di averla letta. Alla fine ho visto qualcosa di diverso dalle mie letture legate al genere e soprattutto ho scoperto alcune caratteristiche di King che non mi dispiacciono, tra cui la più importante è quella capacità di creare scenari e situazioni originali.
Vediamo che succederà con i due libri che ho comprato proprio per questa caratteristica: The dome e Cell. Ne riparleremo!
Buone letture,
Simona Scravaglieri
Fine turno
Stephen King
Sperling&Kupfer, ed. 2016
Traduzione di G. Arduino
Collana Pandora S&K
Prezzo 19,90€
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