mercoledì 22 ottobre 2014

[Dal libro che sto leggendo] Il lamento di Portnoy


Fonte: zoowithroy


Diciamo che non è n libro da educande ma quest'estate parlandone con delle amiche è nata l'idea di leggerlo insieme in #letturecondivise su Twitter. Tra le partecipanti ci sono @Exlibris2012 , @valeh89 e @comemusica. Se avete il libro e avete twitter non vi serve altro che postare o partecipare con i due HT #Portnoy e #letturecondivise.

Il lamento di Portnoy è un classico della letteratura erotica che solitamente viene propinato, nei suoi passi più calienti, in ogni raccolta di testi appartenenti al genere. E' anche vero che però è una costante per Roth quella di inserire passi espliciti in tal senso. Mi era già successo con il primo libro suo che mi era capitato sottomano: "Il professore di desiderio". Questo libro, invece l'ho trovato postato qui e lì, appunto, in raccolte e visto che ne è capitata l'occasione stavolta vorrei leggerlo tutto.

Nelle prima pagine dell'edizione che ho io c'è una introduzione che, dopo averla letta un paio di volte, secondo me è completamente inutile ai fini della lettura. A voi la scelta, qualora leggeste la medesima edizione, di affrontarla o no.
Buone letture,
Simona Scravaglieri



Il personaggio più indimenticabile che abbia mai conosciuto.


Era incastonata così profondamente nella mia coscienza che penso di aver creduto, durante tutto il primo anno di scuola, che ognuna delle insegnanti fosse mia madre sotto altre spoglie. Non appena suonava la campana dell’ultima ora di lezione, mi precipitavo a casa, e mentre correvo, mi domandavo se ce l’avrei fatta, almeno una volta, a raggiungere il nostro appartamento prima che lei fosse riuscita a trasformarsi di nuovo. Ma, invariabilmente, quando alla fine arrivavo, la trovavo sempre in cucina, già affaccendata a prepararmi il latte e i biscotti. Eppure quel prodigio di genialità, anziché indurmi a rinunciare a queste mie allucinazioni o illusioni ottiche che fossero, non faceva che aumentare sempre più il rispetto che provavo per i suoi straordinari poteri. E poi, comunque, era sempre un sollievo non averla colta nel bel mezzo delle sue incarnazioni, anche se non smettevo mai di provare, di tentare; sapevo che mio padre e mia sorella erano del tutto inconsapevoli della reale natura di mia madre, e le gravi conseguenze di un mio eventuale tradimento che, per quanto immaginavo, mi sarebbero cadute addosso se fossi mai riuscito a coglierla in flagrante, erano troppo grandi perché volessi accollarmele all’età di cinque anni. Credo persino di aver temuto che mi avrebbero fatto fuori se l’avessi veduta ritornare da scuola e volare dentro la finestra della camera da letto, o se l’avessi osservata mentre pian piano, una parte del corpo dopo l’altra, emergeva da uno stato d’invisibilità e rientrava nell’abituale grembiule. Naturalmente, quando mi chiedeva di raccontarle tutto ciò che avevo fatto quel giorno all’asilo, io lo facevo scrupolosamente. Non avevo certo la pretesa di capire tutto ciò che la sua ubiquità implicava, ma che si trattasse del desiderio di scoprire che tipo di bambino fossi, come mi comportassi, insomma, quando non c’era lei - questo, dico, era indisputabile. Una delle conseguenze di questa specie di visione, che continuò a esistere (in questa forma particolare) fino alla prima elementare, fu che, vedendo di non avere altra scelta, diventai onesto. Ah, e sveglissimo di cervello, poi! Di mia sorella, più grande di me, giallognola e troppo grassa, mia madre diceva (in presenza di Hannah, naturalmente - anche mia madre si atteneva all’onestà): “Certo che questa bambina non è un genio, ma non possiamo mica pretendere l’impossibile. Poverina, sgobba, si applica al massimo, considerate le sue limitazioni, e quindi quel po’ che riesce a fare è tutto di guadagnato.” Ma di me, l’erede del suo lungo naso egiziano e della sua bocca astuta e in continuo movimento, di me, mia madre diceva, con caratteristico ritegno: “Chi, questo mascalzoncello? Ma lui non ha
nemmeno bisogno di aprire un libro, prende 10 in tutto. È Albert Einstein Secondo lui!” E come reagiva mio padre a tutto questo? Beveva, naturalmente non beveva whisky come un goy qualunque; beveva olio minerale e latte di magnesio; succhiava lassativi; e mangiava speciali fiocchi di riso e di crusca con potere evacuante, mattina e sera; poi mandava giù frutta secca a cartocciate intere. Soffriva - ah, come soffriva! - di stitichezza. L’ubiquità di lei e la stitichezza di lui, mia madre che volava dentro la sua camera da letto entrando dalla finestra, mio padre che leggeva il giornale della sera con una supposta in culo... queste, Dottore, sono le prime impressioni che ricordo dei miei genitori, i loro attributi, i loro segreti.

Questo pezzo è stato tratto da: 

Il lamento di Portnoy
Philip Roth
Leonardo Milano Editore, ed. 1991
Fuori catalogo



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2 commenti:

  1. Io l'ho letto e l'ho odiato, tanto quanto ho amato "Ho sposato un comunista".
    L'ho trovato ridondante, ripetitivo, maschilista (ma questa potrebbe essere una caratteristica voluta, quindi...), ossessivo ed eccessivamente e inutilmente volgare (e non sono propriamente un'educanda, sia chiaro).

    Sarà anche un classico, ma proprio non sono riuscita a farmelo piacere...

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  2. Ma infatti non è che mi piaccia tanto, preferisco "Il professore di desiderio", "Ho sposato un comunista" mi manca ma lo cercherò! Il problema è che abbiamo deciso di leggerlo tempo fa e quindi ci eravamo attrezzate per farlo in questo periodo... :) Ti farò sapere quando lo avrò finito!
    Buona giornata!

    P.s.: fossero pochi i classici che sono noiosi da leggere!!! :D

    RispondiElimina

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