mercoledì 29 febbraio 2012

[Dal libro che sto leggendo] Bravi bambini

Immagine presa da qui

E' il secondo dei tre libri (tradotti in italiano e disponibili sul mercato) di Tom Perrotta che l'anno scorso mi è capitato fra le mani e che ho divorato. Ho scelto di mettervi l'inizio perché in Perrotta è l'anticipo del tema dominante del libro anche se non è mai così evidente al lettore. In questo caso, si parla di insofferenze, ovvero quello status di quando si sa che non si sta bene ma non si ha il coraggio di fare quel che dovremmo, per cambiare la situazione. La storia è ben congegnata e il resto dei miei commenti in merito li troverete prossimamente nella recensione.
Buone letture,
Simona 


Mamma cattiva 
Le giovani madri stavano parlando della loro stanchezza. Era uno degli argomenti che preferivano, insieme alla abitudini alimentari, di sonno e di defecazione dei loro pargoletti, ai pregi di certi asili nido locali, e alla difficoltà di fare esercizio fisico con regolarità. Sorridendo cortesemente per mascherare un familiare senso di disperazione, Sarah ricordò a se stessa di dover ragionare da antropologa. "Sono una ricercatrice che studia il comportamento di noiose donne delle zone suburbane. Non sono una di loro".
"L'altra sera Jerry e io abbiamo cominciato a guardare quel film con Jim Carrey, avete presente?"
Quella era Cheryl, madre di Christian, un robusto bambino di tre anni e mezzo che si aggirava per il parco giochi con l'arroganza di un campomafia, sparando ai bambini più piccoli con qualsiasi oggetto potesse plausibilmente fungere da pistola: una cannuccia, una banana mangiata a metà, persino una Barbie abbandonata nella sabbionaia. Sarah detestava quel bambino e le riusciva difficile guardare negli occhi la madre.
"Ace Ventura?" domandò Mary Ann, madre di Troy e Isabelle. "Non capisco proprio. Da quando in qua i peti fanno ridere?"
"Solo da quando è cominciata la vita umana sulla Terra" pensò Sarah, rimpiangendo di non avere il coraggio di dirlo ad alta voce. Mary Ann era una super mamma deprimente, una donna minuta e truccata in modo elaborato che portava vestiti da ginnastica in spandex, guidava un fuoristrada grande come un furgone dell'UPS e ascoltava canali radio di destra tutto il giorno. Nonostante i numerosi commenti buttati là da Sarah a dimostrazione del contrario, Mary Ann si rifiutava di credere che una madre potesse non condividere il suo entusiasmo per Rush Limbaugh o il suo disprezzo per Hillary Clinton. Ogni giorno Sarah andava ala parco giochi determinata a mettere le cose in chiaro e ogni giorno batteva in ritirata.
"Non Ace Ventura" disse Cheryl. "Quello con il poliziotto dalla doppia personalità"
"Io, Me & Irene" pensò Sarah impaziente. Dei fratelli Farrelly. Perchè le altre madri non si ricordavano mai un titolo, neppure di film che avevano visto, mentre lei registrava informazioni inutili su film che non si sarebbe mai sognata di guardare neppure se l'avessero tenuta prigioniera in aereo? Non che le capitasse mai di viaggiare in aereo.


Bravi bambini
Tom Perrotta
Rizzoli editore, ed 2004
Collana "Biblioteca Universale Rizzoli"
Prezzo 9,20€

domenica 26 febbraio 2012

Lidia Ravera - Bagna i fiori e aspettami

Questo video mi è arrivato via e-mail in una segnalazione e mi è piaciuto talmente tanto da volervelo segnalare perché, a mio avviso, è veramente particolare. Partendo dalla Alcott che ha dato una prima "categorizzazione del femminino" arriva a definire quel che secondo lei è il ruolo dello scrittore verso il suo lavoro e definisce un "muro di cazzate" e contestualmente "divertentissimo" questo suo ultimo libro. Potremmo resistere e non comprarlo? Non credo...ogni tanto un libro onesto, di una scrittrice che si rivolge con onestà e difficilmente si potrà evitare. Mi inchino a questa donna, Lidia Ravera, con un approccio tanto particolare...
Buona domenica e buone letture,
Simona



Il libro di cui si parla è:
Bagna i fiori e aspettami
Lidia Ravera
et al. Editore, ed. 2012
Collana "Narrativa"
Prezzo 14,00€

venerdì 24 febbraio 2012

"Igiene dell'assassino", Amélie Nothomb - Il paradosso della recensione...

La foto non è stata presa da nessuno, è mia! Ma, senza didascalia, non ci posso stare!

Ci sono due modi di raccontare la realtà: prendendola di petto oppure ironizzando su essa, magari con la complicità di una controfigura. Così, allo stesso tempo, ci sono due modi di leggere questo libro: prendendolo solo per la sua trama o andando oltre le sue parole. Ci sono stati migliaia di scrittori che hanno usato l'immaginario per parlare del proprio presente come Dante che sogna la sua Commedia 6 anni dopo di quando è ambientata dividendo tra condannati, postulanti e salvati i vivi e i morti del suo tempo, ma anche per contestare gli atteggiamenti della chiesa troppo attenta al potere temporale e non a quello spirituale. C'è anche Thomas More, cancelliere di Enrico VIII, che, poco prima della riforma luterana, nel 1516 immagina in "Utopia" un'isola che contenga i mali del suo tempo e ne propone possibili rimedi. La Austen che prende posizione riguardo le "donne civettuole" e un mondo preconfezionato almeno 50 anni prima del suo tempo. E infine, dopo tanti altri che magari nemmeno conosco, c'e' Amélie Nothomb che sul finire degli anni '90 scrive, in "Igiene dell'assassino", una frase come quella che vi ho riportato in foto e tante altre che, se prese seriamente, fanno pensare che il suo scritto, come quelle che ho citato (e non solo loro), racconti una storia ma al contempo critichi il suo tempo, un mondo definito (quello letterario) non risparmiando nessuno, nemmeno i lettori.

La storia è molto carina anche se il finale è un tantinello arzigogolato da sembrare una via d'uscita troppo semplice. In sostanza un grande scrittore Tach, che per i suoi lavori ha vinto anche il Nobel della Letteratura, scopre di essere malato di cancro e di avere pochi mesi di vita. Tach è sempre stato schivo, ha sempre evitato eventi, interviste o convention, anzi non è nemmeno andato a ritirare il Nobel, quindi il mondo rischia di perdere la sua importante testimonianza diretta sul suo lavoro, ergo il suo segretario, seleziona un numero di giornalisti che avrà il compito di intervistarlo. Peccato che, i giornalisti in questione, non sappiano di trovarsi davanti ad un vero osso duro! Tach infatti, in dialoghi serrati con coloro che, mano a mano, gli si avvicendano davanti, non solo è ostile, ma dimostra un'acuta sapienza nel, come si dice in gergo, "rigirare la frittata":

Giornalista - Ma insomma, quella scena intollerabilmente cattiva con la sordomuta, si sente che lei sta godendo.
Tach - Certo. Lei non immagina il piacere che si prova a portare l'acqua al mulino dei propri detrattori.
-Ah! Allora non si tratta di gentilezza, signor Tach, è un oscuro miscuglio di masochismo e paranoia.
-Oh oh! La smetta di usare parole di cui ignora il significato. Pura bontà, giovanotto! Secondo lei, quali libri sono stati scritti per pura bontà? La capanna dello zio Tom? I Miserabili? Certo che no. Libri del genere si scrivono per essere ben accolti nei salotti. No, mi creda, i libri scritti per pura bontà sono rarissimi. Sono opere che si creano in abiezione e in solitudine, ben sapendo che dopo averle scagliate in faccia al mondo, si sarà ancora più soli e più abietti. E' normale, la principale caratteristica della gentilezza disinteressata è di essere irriconoscibile, inconoscibile, invisibile, insospettabile, perché beneficiario che dica il suo nome non è mai disinteressato. Vede che sono buono?
- C'e' un paradosso in quanto ha appena detto. Lei mi dice che la vera gentilezza si nasconde, e poi proclama a gran voce di essere buono.
- Posso permettermelo, tanto nessuno mi crederà mai.

Quindi, se lo si vuole leggere solo per la trama ci si troverà, appunto, di fronte ad un serratissimo e sagacissimo dialogo che porterà in velocità il lettore fino alla conclusione della vicenda che, però, rappresenta una cesura debole rispetto alla tensione costante precedente. Se invece si va a fondo ai dialoghi, si troveranno affermazioni che parlano di letterati ed edotti che premiano i libri quasi senza leggerli, di giornalisti che addirittura parlano di libri senza saperne nemmeno un rigo, di scrittori che hanno bisogno dell'auto-celebrazione per sentirsi tali e via dicendo. Vi ricorda qualcosa? Magari quelle recensioni tutte uguali che si vedono sui giornali e riviste specialistiche che inneggiano spesso al "capolavoro del secolo" anche se si tratta di mera accozzaglia di parole nemmeno ben editata? Oppure a quegli scrittori che ritengono i propri lettori incapaci di interpretarli e si presentano con il naso all'insù per portare il verbo in mezzo agli eretici?

Quello che oggi vien da pensare leggendo questo libro è che la malattia degli anni duemila ha radici ben lontane e sono sul finire degli anni '90. E' da lì che abbiamo smesso di "selezionare" quel che leggiamo in deroga a quello che dice qualcuno che è reputato "giusto che dice le cose giuste". E quel che leggiamo lo giudichiamo bello o brutto senza chiederci i motivi, proprio perché non leggiamo in funzione di quello che lo scrittore ci comunica ma in funzione di quello che qualcun altro dice che ne sia la "chiave di lettura". E così sveliamo il grosso gioco del mondo delle parole, così semplici eppure così facili, ad occhio ingenuo, da interpretare e anche quello della lettura, è la prima cosa che ci insegnano a scuola perché ci aiuterà ad essere parte del mondo eppure, alloro stesso tempo, la lettura rimane un momento privato, solitario nonché un "esercizio" di pochi. E se in questo esercizio mettiamo  da parte il nostro "io" a favore di quel che ci viene propinato da chi si pensa ne sappia più di noi, della nostra lettura che rimane? Assolutamente nulla. Si legge non solo con gli occhi ma anche con la propria esperienza e quel che per qualcuno indica qualcosa per altri potrebbe sottintenderne un'altra. La lettura è un momento privato con l'autore, lui si impegna a raccontare e noi poniamo di fronte il nostro giudizio. Se non svisceriamo,se non andiamo oltre e se non siamo completamente sinceri e attenti con il mondo delle parole Tach potrebbe continuare a sollazzarsi vedendo sviscerati i propri racconti in mille declinazioni possibili fatti da gente che non va oltre una biografia scritta, ammesso sempre che la legga. Potrà continuare a dire anche cose così:
Giornalista - In fondo , quel Nobel non smentisce la sua teoria? Non presuppone che almeno la giuria l'abbia letta?

Tach - Nulla di meno sicuro. Ma mi creda: anche nel caso che i giurati mi abbiano letto, questo non cambia nulla alla mia teoria. C'è gente così sofisticata da leggere senza leggere. Come uomini-rana, attraversano i libri senza prendere una goccia d'acqua.

- Sì, ne ha parlato in un intervista precedente

- Sono i lettori-rana. Costituiscono la stragrande maggioranza dei lettori umani, e tuttavia ne ho scoperto l'esistenza molto tardi. Sono così ingenuo. pensavo che tutti leggessero come me; io leggo, come mangio: questo non significa solo che ne ho bisogno. significa soprattutto che entra nelle mie componenti e che le modifica. Non si è gli stessi che si mangi sanguinaccio o caviale; allo stesso modo non si è gli stessi se si è appena letto Kant (Dio ce ne scampi) o Queneau. In realtà, quando dico "si" dovrei dire "io e qualche altro", in uno stato identico, senza aver perduto una briciola di in più. Hanno letto, ecco tutto: nel migliore dei casi, sanno di "cosa parla". Non pensi che esagero. Quante volte ho domandato a persone intelligenti: "Questo libro vi ha cambiato?" E mi hanno guardato, gli occhi sgranati, con l'aria di dire: "Perché avrebbe dovuto cambiarmi?"
E' ironico che, questo libercolo, riesca a restituire una "morale" del valore della lettura e degli scritti, condannando un'epoca e rimanendo valido anche nella successiva. E' altresì interessante trovare condanne così nette messe in bocca ad un personaggio di fantasia ma che è un letterato stesso "immerso nel proprio tempo" che rifiuta qualsiasi categorizzazione, cosa a cui invece molti ambiscono. E, ad un certo punto, forse per non ritrovarsi scoperta  nella propria condanna Amélie, o anche proprio lo stesso Tach, in un momento di bontà acuto, per proteggere la penna che lo sta creando rispondendo al giornalista che lo interroga sulla "somiglianza con un personaggio da lui creato" risponde nettamente che essi vadano letti e non interpretati perché, in fondo, non si rispecchia affatto nelle sue creazioni e sviscerarle così è sinonimo di imperizia. E' quasi un grosso cartello stradale che sottintende al lettore stesso che la trama è solo quella di superficie una specie di "Ogni riferimento a fatti o persone conosciute è puramente casuale" che diventa "ogni riferimento a fatti di attualità del mondo letterario è puramente casuale e asservito alla fantasia della storia".


E la cosa divertente sta nel fatto che se ne parlassi, come Tach vorrebbe essere letto, questo libro avrebbe preso, su una scala da uno a cinque, un bel 3. Se invece vado oltre e considero che una scrittrice al suo esordio sia riuscita in una realtà fantastica a fissare un momento e un ambito così particolare della società come quello letterario, che è sempre intoccabile perché parato dal grande scudo di appartenenza ad un mondo che "fa cultura", allora il mio giudizio prevarica la fine fiacca e va oltre una soluzione conclusiva un po' forzata per assegnargli un bel 5.


Ma in fondo questa recensione è un paradosso per legge di Tach, se così mi è possibile definirla, della non interpretazione dello scritto. Ma confido nell'altra affermazione che sostiene che "leggere ti cambia" per dire che il mio giudizio è frutto di una presa di coscienza che viene fuori appunto da un cambiamento. Cambiamento che non è un assoluto reale a questo punto, paradossalmente, perché istigato da una storia fantastica che dichiara di voler rimanere ed essere considerata come tale.

Un libro che fa riflettere che potrebbe essere pensato al paritetico, in campo letterario, di quello che "La fattoria degli animali" o "1984" sono nella critica politica (ancora racconti della realtà che si mascherano dietro un mondo di fantasia), solo che Amélie è stata più brava, è riuscita comunque a evitare una possibile censura e a diventare un riferimento della narrativa di genere. 


Igiene dell'assassino
Amélie Nothomb
Voland edizioni, ed 1997
Collana "Amazzoni"
Prezzo 13,00€



mercoledì 22 febbraio 2012

[Dal libro che sto leggendo] Se fossi fuoco, arderei Firenze



Immagine presa da qui




Di questo libro ho scelto di mettervi solo l'inizio, il perché mi sembra abbastanza evidente dalla recensione che trovate qui. Ti conquista dal Duomo e le basiliche che beccheggiano nel mare della città e continua a tenerti stretto a sé fino alla fine. In sostanza è un lavoro da leggere perché dimostra che, come diceva Carver, "[...] uno scrittore che ha una maniera particolare di guardare le cose e riesce a dare espressione artistica a quella sua maniera di guardare, quello sì che è uno scrittore che durerà per un pezzo". Vanni Santoni in questo è perfettamente riuscito.
E un altro libro, cercherà finalmente il suo posto definitivo nella mia libreria.
Buone letture,
Simona


Guardalo, sta venendo a Firenze. Ha con sé i bagagli, viene per restare. Non ha vent'anni: uno studente, con ogni probabilità. Arriva in automobile, al casello sbaglia e infila l'uscita del Telepass, allora bestemmia, mette la retromarcia, comincia a fare manovra ma un altro gli si piazza in coda, lui sbuffa, quello sfarfalla, allora si volta, allarga le braccia, quello pure sbuffa, ma capisce e a sua volta arretra. Si riporta nella corsia giusta, se la prende con il traffico, si ficca in bocca una sigaretta e accende la radio. Prima di trovare una stazione che gli piaccia è già oltre, si è imbucato nel traffico cittadino, segue i cartelli a caso, "Stadio" "Parterre"(Parterre?), "Viali - Circonvallazione", finalmente scorge uno di quelli che indicano il centro, crede di seguirlo ma in realtà sta percorrendo in tondo i Viali, ne incontra e ne segue altri ma nessuno lo porta più in centro di quanto già non sia, prova a orientarsi con la lanterna di Palazzo Vecchio che spunta a vlte dai tetti, ora con le porte, massicce strutture di pietraforte orfane delle mura, che incontra ora in mezzo a uno svincolo, ora in mezzo a una piazza, ma si assomigliano tra loro e non riesce a raccapezzarsi, né riesce a sfondare, come se la cerchia esistesse e lo respingesse. Si trova a piazzale Michelangelo inevitabile se ti lasci guidare dai Viali. Nota il David, realizza di essere in quel posto là famoso, da cui si vede Firenze dall'alto, e scende.Si accende una sigaretta, fa qualche passo verso il muretto sotto al quale si apre la città, il Duomo e le basiliche come navi beccheggianti in un mare occiduo di tegole, e Freze gli appare non ferma, impegnata in un lunghissimo ralenti, come se stesse faticosamente scorrendo via. O come se fosse già altrove, e lì sotto di sé vedesse non già più la città ma soltanto il suo riverbero. Non c'è molta gente intorno a lui, è solo di fronte alla balaustra, i turisti si trattengono più indietro a scattare fotografie, finchè non vede spuntare da sotto una ragazza. [...]


Il libro da cui è tratto è:
Se fossi fuoco, arderei Firenze
Vanni Santoni
Laterza Editore, ed 2011
Collana "Contromano"
Prezzo 10,00€
  

domenica 19 febbraio 2012

L'ha detto... Henry David Thoreau


Immagine presa da qui

Dovremmo essere prima uomini, e poi cittadini.

Henry David Thoreau


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