E diciamocelo non poteva andarmi tutto bene! Fra gli arrivi di Maggio c'è anche "Maestra", volume che, a detta delle testate internazionali, ha fatto impazzire l'America da quando è uscito lì il 19 aprile scorso. In Italia è uscito il 4 Maggio e io lo avevo prenotato e mi è arrivato poco dopo. Ora, come dice Librangolo acuto, avrei dovuto sentire odor di sòla dal fatto che il The best Amazon Book di Aprile riportava le recensioni entusiastiche di Vogue e anche di Grazia (UK) - che manco lo sapevo che ci fosse una versione UK di Grazia!- insieme a quelle dei vari giornali. E invece no, in barba a qualsiasi criterio di scelta ponderata, io l'ho ordinato e la sòla è stata servita. Lei, che per la maggior parte del libro si fa chiamare Laureen, è una giovane assistente che lavora in una galleria d'arte chic ma piccola. Bella ma si veste come una nonna, dopo tre anni - manco ne avesse passati dieci in quel posto - si trova ancora a fare lavori di basso profilo finché un giorno, cercando notizie su un quadro che verrà messo all'asta fra un post e che si dice essere uno Stubbs, viene licenziata per non aver lasciato perdere come le era stato suggerito. Nel frattempo, ha cominciato una seconda carriera, ovvero quella delle ragazze dello Champagne Bar di Londra che fanno compagnia ai clienti invogliandolo a spendere cifre spaventose per offrir loro da bere. Poi un cliente che la invita a fare una gita nella Francia del Sud, un morto, la fuga. Ora, nelle descrizioni e negli stralci delle recensioni si legge che è un thriller, se così fosse Dan Brown è un genio, che è erotico, è - in alcuni punti - porno soft, di amore manco l'ombra, lati oscuri, ben pochi. "Ma allora che c'è qua dentro?" Tante, ma tante tante, marche di gioielli, scarpe, borse, perfino si parla del sito Trenitalia. Ci sono un sacco di luoghi comuni tipo "se girando per Roma la piazza vicino al ristorante è sporca, il locale sarà eccezionale" (???!!!). Insomma, dita mozzate vispe a parte, è veramente un disastro totale. Ne riparleremo in recensione. Buone letture, Simona Scravaglieri
Prologo
Lunghi orli e tacchi aggressivi frusciavano e ticchettavano sul parquet. Arrivammo a una porta a doppio battente in fondo al corridoio e il brusio ovattato ci annunciò che gli uomini erano già dentro. La sala illuminata dalle candele, era arredata con divani e sedie da pranzo, inframmezzati da tavolini. Gli uomini avevano pigiami neri di seta spessa, giacche con alamari la cui stoffa sfavillante creava un contrasto con le camicie inamidate. La luce delle candele faceva brillare qua e là, con guizzi d'oro, un grosso gemello o un orologio sottile ed emergere da sotto un vistoso fazzoletto di seta un monogramma ricamato. Se i particolari non fossero stati così perfetti sarebbe sembrata una situazione stupida e troppo teatrale; ma ero letteralmente ipnotizzata, il cuore mi batteva a un ritmo lento e profondo. Yvette fu avvicinata da un uomo con una penna di pavone fissata alla manica. Mentre si allontanava con lui, alzai lo sguardo e vidi un altro che veniva verso di me; sul risvolto della giacca aveva una gardenia uguale alla mia. « Quindi funziona così? » « Mentre mangiamo, sì. Dopo si potrà scegliere. Bonsoir.» «Bonsoir.» Era alto e magro, ma il suo corpo era più giovane del viso che appariva piuttosto duro e segnato, i capelli brizzolati tirati indietro sulla fronte alta, gli occhi grandi e le palpebre leggermente cadenti, come un santo bizantino. Mi condusse sul divano, aspettò che mi sedessi e mi porse un calice di vino bianco dall'aroma pulito con sentori di selce. Era una formalità artificiosa, che tuttavia riuscì ad intrigarmi. Julien evidentemente apprezzava il piacere dell'attesa.
Questo pezzo è tratto da:
Maestra Lisa Hilton Longanesi editore, Ed. 2016 Traduzione di Giorgio Testa Collana "La gaja scienza" Prezzo 16,90€
Anche quest'anno sono stata al Salone del libro di Torino. Non è una novità, oramai sono tre anni che ci vado ma di nuovo c'è che la "formula per vivere e sopravvivere al salone" quest'anno, con Librangolo Acuto, Appunti di una lettrice e La leggivendola (mentre Librinvaligiaè stata sempre ligia al dovere!), l'abbiamo involontariamente cambiata. Diciamo che non è stata una cosa voluta e cercata ma, forse per la prima volta, complice il "regime di carcerazione" istituito dalla nuova gestione dell'evento - che prevede che in fiera si può entrare solo una volta al giorno-, abbiamo preferito alla visita costante e continua agli stand, la presenza alle varie presentazioni. A parte quello sulla Sarfatti, edito da Mondadori, tutti gli altri erano piccola e media editoria (anche se Fazi, alla fiera di Roma, era considerato un grande editore!). Cos'è cambiato rispetto l'anno scorso? In pratica poco e niente. In compenso, visto le instabili pile di libri che voglio leggere, avevo stabilito che avrei comprato un libro, al massimo due. Non sono stata bravissima - ne ho presi tre - e due mi sono stati dati dagli editori e quindi, al rientro, non sembrava stessi portando un cadavere in valigia come lo scorso anno! Alla fine ho adottato tre case editrici e ne sono particolarmente contenta perché due di queste le conoscevo appena e una mi era totalmente sconosciuta e quindi sono felice di ospitarle come nuovi ingressi in questo spazio. Come al solito l'elenco è in ordine alfabetico per casa editrice e non per importanza:
Edicola Edizioni (casa editrice adottata)
Bellini loro, dividevano uno spazio molto bello con Spartaco Edizioni e un altro editore, che al momento mi sfugge. Hanno una vita un po' particolare che si divide sei mesi in Italia e sei mesi in Cile; pubblicano sia autori italiani che cileni traducendoli sia in italiano, per gli spagnoli, che in spagnolo, per gli italiani. Siamo andate in tre da loro, io, Librangolo Acuto e La Leggivendola e, in tre, abbiamo preso tutti libri differenti tra cui uno in spagnolo (Irene sbrigati a leggerlo che sto in ansia per questo orfano di madre!). Chiaramente il libro che ho preso io è un autore italiano con un titolo che è tutto un programma: "La gente morta non si diverte", Gianluca di Renzo. La quarta di copertina è micidiale e bellissima: "Non sono stato neanche capace di organizzare una morte fottutamente semieroica. Sono un mediocre. Lo sono sempre stato. Un non uomo, con aspirazioni da uomo, senza risultati apprezzabili. Maturo, costante, la decisione di un suicidio, che verrà attuato con risultati disastrosi. Mi farò molto male, senza uccidermi". E' inutile che fate i vaghi, se continuate a venire in questo spazio è perché anche voi non lo avreste lasciato lì!
Eris Edizioni (libro regalato, casa editrice adottata)
L'adozione ci sarebbe stata comunque quando mi hanno detto che mi avrebbero mandato degli esempi di analisi del mondo delle graphic novel. Parlando con loro ho detto che uno dei miei limiti è il non saper dare il giusto peso a questo genere di pubblicazioni che, invece, negli ultimi anni non solo hanno trovato un folto gruppo di estimatori ma, grazie a questa insperata riscoperta, si arricchita di nuove storie e di nuovi approcci alla costruzione delle storie.E invece mi hanno pazientemente, vi assicuro che con il caos della fiera e dopo un'intera giornata a fare banco fra i curiosi non è facile mettersi a fare un'analisi del genere, mi hanno dato un sacco di spunti da cui partire. Poi, guardando le copertine ho scoperto che hanno anche una collana di narrativa che a Roma mi era completamente sfuggita, me-colpevolissima-me, e allora ho fatto la solita domanda: "qual è il libro che hai deciso di pubblicare, in barba alle possibili vendite, perché ci credevi proprio?" "Il complotto delle statue di cera", Riccardo Borgogno. E' un romanzo che si svolge in varie epoche temporali e nella seconda di copertina specifica "[...] segue il percorso di un antico sapere esoterico e alchemico [...]" arrivando fino ai giorni nostri a Torino in cui una serie di pratiche antichissime che risalgono all'epoca di Arduino vengono ancora utilizzate dietro le facciate borghesi della finanza e della cultura della città. Ci sono un sacco di bei disegni, alcuni un po' inquietanti, ma mi piace e, appena lo leggerò non scamperete al mio resoconto. Contenti? Eggià...
Rogas Edizioni (casa editrice adottata)
Avevo sentito parlare di questa casa editrice da un autore che mi ha mandato il suo lavoro che è: "Le cose dell'orologio" di Mario Borghi, che con una copertina siffatta non potevo non leggere (lo troverete fra gli arrivi di Maggio). Invece a Torino ho preso: "Riscenziello", Marco Ciotola - Un romanzo sull'ansia, ci ha detto l'editore, e in effetti il protagonista di questa storia già non ha una vita tranquilla circondato dai suoi parenti mentre deve curare una campagna pubblicitaria per uno psicologo e quindi decide di seguire un percorso di analisi. Abbiamo letto con Librangolo Acuto il primo capitolo e già ci siamo fatte ricche risate. "La biblioteca ritrovata. Percorsi di letteratura gay nel mondo contemporaneo.", Francesco Gnerre. In questo caso parliamo di un saggio e, stando alla presentazione decisamente partecipata che ho visto, anche un signor saggio. Nel giro di un'ora è stato ripercorsa per sommi capi la storia della letteratura che si occupata del mondo omosessuale e sono stati dati parecchi spunti di riflessione. Perché parlare di letteratura gay oggi? Per la questione dei matrimoni? L'adozione? In sostanza la cultura va a braccetto con la civiltà e la legislatura. Se non conosciamo abbiamo paura o ci convinciamo che sia tutto sbagliato. Conoscere, come nel caso anche del mondo esterno a quello che frequentiamo, ci mette in condizione di capire e scegliere. L'incontro si è svolto nella Sala Incubatore e ha generato non solo molto interesse ma anche molte domande e sussurri. Per esempio, io Irene e Daniela, non eravamo molto d'accordo sul fatto che in Italia non ci siano tante pubblicazioni in merito. Ma aspetto di leggere il libro per dare un giudizio definitivo.
Che se non me lo avessero regalato lo avrei comprato. Già avevo visto il comunicato e avevo intenzione di richiederlo, poi ci si è messa Irene. E' bello eh? Ma bello, bello-bello. Ecco è una saga storica inglese che si svolge nel 1783. Ora, ho appena finito Sterne, che non glielo vogliamo mettere un suo coevo vicino? "Ross Poldark", Winston Graham. E' appena tornato, dopo aver combattuto la guerra della Rivoluzione Americana, Ross Poldark ed è figli di uno piccolo possidente terriero inglese . Ha abbandonato l'Inghilterra per problema con la legge e quando torna è tranquillo signore non più giovane scavezzacollo, ma scopre immediatamente che la sua fidanzata, complice la guerra e una dichiarazione della sua presunta morte, sta per sposare un altro e che la sua casa di famiglia sta cadendo a pezzi per l'abbandono. Quindi il nostro eroe decide di rimettere a posto le cose, proprio partendo dalla sua proprietà. Ci riuscirà? Appena lo leggo non ve lo dico, ma magari trovo altro da dirvi in merito! Tra le presentazioni viste invece ci sono quelle di: "Sottrazione", Gorilla Sapiens edizioni, che non glielo diciamo che hanno fatto un libro con le gradazioni del blu che io preferisco, altrimenti chi le sente? Presentazione davvero bella perché il relatore è riuscito a stupire pure l'autore, Carlo Sperduti, con delle riflessioni che sono veramente interessanti. Insomma Sperduti o lo si prende in superficie, come umorista e narratore amante del rimescolamento dei vocaboli in soluzioni assurde, oppure lo si prende in maniera seria ,come fine giocatore e "declinatore" dei significati e delle accezioni con cui si forma una determinato linguaggio, fa sempre e comunque parlare di se. E questo mi sembra un buon punto a suo favore. E io vi metto una delle foto più belle che ho fatto al salone:
Quindi abbiamo visto, io un po' meno l'ho più che altro sentita, la presentazione del saggio di Fazi Editore, che prima o poi mi compro "Charlotte Brontë. Una vita appassionata" Lyndall Gordon. Ora questo libro mi piace in particolare per colpa di Irene, che ne è rimasta stregata, e vi assicuro che per stregare Librangolo acuto ce ne vuole eh! Quindi non appena mi toglierò di mezzo qualche libro, ne ho già due da defenestrare, lo comprerò (ad occhio e croce ne devo defenestrare qualcun altro, ma sto lavorando per voi, non disperate!). Poi abbiamo visto le presentazioni in cui è stato relatore Patrizio Zurru, il fondatore di Strade scritte, che è interventuto per commentare un saggio su Grazia Deledda e la sua amica e Amelia Melis de Villa. E' stato interessante, il libro è pubblicato da Arkadia Editore, anche questa una casa editrice che ho scoperto in Fiera. Il saggio di propone di restituire una quadro quantomai completo dell'autrice, svelandone i tratti meno conosciuti. Ne è venuto fuori un quadro decisamente interessante anche perché Patrizio è riuscito a trovare un articolo scritto dalla Deledda proprio sulla Sardegna e vi assicuro che c'era da rimanere stupiti. Sono certa che qualcuno inorridirà, lo sento già urlare "Orrore, orrore, orrore!", ma io e la Deledda non siamo andate molto d'accordo sino ad oggi, anzi fino al giorno della presentazione di questo libro. Diciamo che preferisco la Deledda giornalista che quella scrittrice... quindi inorridite, ma con contegno grazie!
Sempre Zurru, in compagni di Isabella Pedicini, che è stata la scorsa estate con noi a #Nonsonosòle, con "Ricette umorali" e "Ricette umorali. Il bis" pubblicati entrambi con Fazi. È inutile, insieme sono un connubio esplosivo. Lei talmente solare da illuminare con il suo sorriso tutto ciò che le sta intorno e lui che, quando trova la giusta controparte, diventa un perfetto umorista. Abbiamo esplorato gli ambiti dove hanno visto luce le "Ricette umorali" nate come perfetto connubio di cibo e letteratura. Il tempo è decisamente volato con loro, nonostante tutto il caos che circondava il padiglione che li ospitava.
Infine, ma non ultima per importanza la presentazione del volume: "Margherita Sarfatti. La regina dell'arte fascista." di Rachele Ferrario per Mondadori Editore, presentata con Cazzullo come relatore. A parte essermi congelata con Daniela ed Irene, sono veramente contenta di averla vista. A parte i facili commenti, la figura di Margherita è basilare per conoscere i veri retroscena del regime, pochi sanno che a fare di Mussolini il Duce fu proprio lei, con un libro in particolare, pubblicato in Inghilterra e poi successivamente concesso alla pubblicazione di Mondadori solo a patti che alcuni pezzi dell'edizione inglese venissero censurati. L'avevo visto di sfuggita mentre facevo i regali di natale in libreria e poi mi ero dimenticata di prenderlo. A Gennaio lo avevo comprato in un'altra libreria e, devo ammettere, che dopo questa precisa ricostruzione fatta nella presentazione cui ho assistito, credo che la leggerò presto appena ho un po' di tempo e, sopratutto, ho chiuso i millemila libri aperti che devo ancora ultimare! Tra le iniziative interessanti c'era anche #faicomeallostandtuo #editorinscambio per la quale ogni editore prestava un suo rappresentante che doveva, allo stand di un altro, scegliere un titolo e sponsorizzarlo. Nel nostro caso ci siamo imbattute in Silvia di Edizioni Exòrma allo stand di Nottetempo:
Detto questo ho visitato gli stand bellissimi di Exòrma, Hacca Edizioni, Lavieri, Sur, Casa Sirio, Neo Edizioni, Intermezzi, Fazi, Giulio Perrone, Spartaco Edizioni, NN Editore, 66and2nd, Adelphi e Marsilio e altri che alle 23:00 di sera, con alle spalle una lunga giornata di lavoro, non mi sovvengono ma che vi aggiungerò in seguito. Stand bellissimi perché pieni di novità e tante conferme a riprova che la piccola e media editoria riesce ancora a distinguersi e questa è una bella notizia. Complice la figuraccia dello scorso anno dell'organizzazione, mi hanno detto che i prezzi degli stand sono un po' diminuiti, non tantissimo ma un pochino sì. Questo ha permesso a tutti di avere uno spazio adeguato e questa è una cosa che rincuora anche noi lettori che speriamo sempre di poter sbirciare nei tavoli in tranquillità senza dover fare a cazzotti con gli altri.
Sono comunque stata strattonata, calpestata, borsettata (sport particolarmente attivo alle fiere in cui la regola ferrea è: più grossa è la borsa della dama, più forte sarà la botta che ti darà voltandosi di scatto per guardare se dietro la stanno seguendo!"), ho ricevuto abbracci e sorrisi e, nonostante le corse da un evento all'altro - mai che ce ne fosse uno vicino agli altri! - mi sono anche molto divertita parlando con blogger che hanno interessi comuni e anche diversi dai miei. In fiera noi blogger per l'organizzazione rimaniamo "professionali di serie B" e quindi non si ha diritto a quasi nulla. Mi hanno detto addirittura che hanno chiesto 170€ per avere l'accesso alla wi-fi! Ora, io non voglio dire siori organizzatori, ma fate pace col cervello!
Abbiamo anche provato a fare una serata bookclub - versione salone off -, ma avendo finito solo io e Librinvaligia il libro, che vi ricordo era "Anime baltiche", abbiamo deciso di posticipare la discussione a Giugno con adeguata cena baltica. In effetti, di baltico c'era solo il clima torinese, e, vi confermo, con la braciola ai ferri rimane difficile acclimatarsi in quei luoghi per discuterne con calma! Però a noi si è unita anche Laura de "Il tè tostato" e sono venute fuori delle interessanti conversazioni.
Di tutta questa esperienza rimane un solo mistero: chi è che di mattina, per entrare in fiera si porta il Cointreau dietro. L'ultimo giorno quando abbiamo attraversato i controlli anti-Isis tra gli oggetti requisiti c'era una bottiglia di questo liquore!
Felici che ve la siete cavati con poco? Aspettate il diario... (Risata malefica)
Pensavo fosse un classico. Veramente pensavo di essere anche una di quelle pochissime che non conoscesse questo romanzo. Diciamo che, per scorrere, scorre visto che ci ho messo mezza giornata a finirlo ma non mi è affatto sembrato questo "intramontabile romanzo da conoscere". L'unica parte che tutti dovrebbero secondo me conoscere e rileggere come arrivano i primi mesi caldi è la prima pagina di questo libro che, secondo me, rende l'oppressione della puzza. Jean-Baptiste nasce in una giornata come tante da una pescivendola che lo partorisce sul posto di lavoro e lo lascia tra gli scarti del pesce che stava pulendo. Quando qualcuno si accorge del piccolo la denuncia, viene arrestata e condannata a morte mentre il piccolo, dapprima affidato ad un convento, viene infine affidato ad una donna che, per professione alleva i piccoli trovatelli - una specie di orfanotrofio privato-. Jean-Baptiste crescendo svilupperà un dono del tutto particolare, quello dell'olfatto, che gli permette di fare cose prodigiose e di riconoscere persone e cose solo dal loro specifico odore. La storia narra proprio di questa sua passione che viene coltivata a rischio e dispetto degli altri. Jean-Baptiste non è interessato al mondo in cui vive e nemmeno alle sue regole, l'unica cosa che conta è proprio e solamente il "Profumo". Ci sono tante chiavi di lettura di questo libro che però, mi rendo conto, alla fine dei fatti sembreranno un po' artefatte perché c'è anche un errore di fondo: l'autoresembra scrivere non avendo presente tutta la vicenda e cambia spesso direzione. Ne esce un lavoro spezzato in tre parti le cui "ragioni" non sono completamente correlate in maniera chiara alle altre. Ne riparleremo in recensione, buone letture, Simona Scravaglieri
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Nel diciottesimo secolo visse in Francia un uomo, tra le figure più geniali e scellerate di quell'epoca non povera di geniali e scellerate figure. Qui sarà raccontata la sua storia. Si chiamava Jean-Baptiste Grenouille, e se il suo nome, contrariamente al nome di altri mostri geniali quali de Sade, Saint-Just, Foché, Bonaparte ecc., oggi è caduto nell'oblio, non è certo perché Grenouille stesse indietro a questi più noti figli della tenebre per spavalderia, disprezzo degli altri, immoralità, empietà insomma, bensì perché il suo genio e la sua unica ambizione rimase in un territorio che nella storia non lascia traccia: nel fugace regno degli odori. Al tempo di cui parliamo, nella città regnava un puzzo a stento immaginabile per noi moderni. Le strade puzzavano di letame, i cortili interni di orina, le trombe della scale di legno marcio e di sterco di ratti, le cucine di cavolo andato a male e di grasso di montone; le stanze non aerate puzzavano di polvere stantia, le camere da letto di lenzuola bisunte, dell'umido dei piumini e dell'odore pungente e dolciastro di vasi da notte. Dai camini veniva il puzzo di zolfo, dalle concerie veniva il puzzo dei solventi, dai macelli puzzo di sangue rappreso. La gente puzzava di sudore e di vestiti non lavati; dalle bocche veniva il puzzo i denti guasti, dagli stomaci un puzzo di cipolla e dai corpi, quando non erano più tanto giovani, veniva un puzzo di formaggio vecchio e latte acido e malattie tumorali. Puzzavano i fiumi, puzzavano le piazze, puzzavano le chiese, c'era puzzo sotto i ponti e nei palazzi. Il contadino puzzava come il prete, l'apprendista come la moglie del maestro, puzzava tutta la nobiltà, perfino il re puzzava, puzzava come un animale feroce, e la regina come una vecchia capra, sia d'estate che d'inverno. Infatti nel diciottesimo secolo non era stato ancora posto alcun limite all'azione disgregante dei batteri, e così non v'era attività umana, sia costruttiva che distruttiva, o manifestazione di vita in ascesa o in declino, che non fosse accompagnata dal puzzo.
Questo pezzo è tratto da: Il profumo Patrick Süskind Tea Edizioni, Ed. 2014 Traduzione di Giovanna Agabio Collana "«i grandi» tea" Prezzo 5,00€
Quando vi ho postato il [Dal libro che sto leggendo] vi avevo detto che era da tempo che non leggevo libri di esordienti e, fatalità ha voluto, che anche ora, che recensisco questo libro, ne ho per le mani un altro. Nel caso di Simone Delos, parliamo di una raccolta di ventuno racconti, più o meno omogenei, che trattano principalmente di rapporti. Che siano rapporti amorevoli o solo affettuosi, la "chimica" che si sviluppa fra due persone ha da sempre affascinato gli scrittori, che si sono cimentati nelle descrizioni il più possibile realistiche di quello che avviene in un gesto o in uno sguardo. Nel caso di Simone questa cosa avviene con un discreto successo per buona metà dei racconti, mentre per gli altri l’ho sentita di meno. Intendiamoci, il rapporto con la forma narrativa del racconto prevede essa stessa un innamoramento fra lettore e storia perché, quest’ultima è talmente breve, che deve riuscire a far scattare la scintilla quasi subito. Invece quello che ho più apprezzato e trovo veramente raro è la capacità di dare alle storie lo spazio giusto: questa avviene per tutti i racconti postati nella raccolta. E’ una cosa veramente rara la consapevolezza dello “spazio narrativo” che deve occupare un evento o un’intera storia; a volte gli autori si affezionano ad un particolare personaggio o si divertono ad abbellire una scena, un vestito o un atteggiamento. Ritengono necessario usare quello che è lo strumento del romanzo per poter, ai loro occhi, dare un peso diverso, magari non sempre coscientemente, alla formula scelta del racconto che spesso dal grande pubblico, erroneamente è poco apprezzata. Ne vengono fuori storie pensanti o sbilanciate in cui, tutti i particolari inseriti affossano l’attenzione del lettore orientato ad una lettura che sia fulminante, d’impatto e compatta. In questo caso non avviene e, forse consapevolmente o no, Simone adotta soluzioni veramente contemporanee come avviene per il racconto con il giocoliere, in cui la separazione dell’azione ha dei tempi definiti come dei piccoli flash che illuminano i vari “luoghi” della storia. Non serve che le immagini abbiano un forte collegamento, non servono motivazioni a valanga, basta poco e la magia segue il suo corso: una serie di biglietti sulla macchine con dei messaggi, il ricordo, il semaforo con il giocoliere, la conoscenza, la casa, la fuga. Un perfetto cerchio che chiude tutto senza dover aggiungere di più. Al lettore rimane l'indizio del tempo e dei luoghi cosicché possa saggiare e conoscere le dimensioni fisiche e temporali in cui questa storia si muove. A queste qualità si affianca qualche difetto, parliamo di un esordiente che si sta facendo le ossa, che risiede in alcuni punti nel cercare continuamente riferimenti metaforici o immagini da richiamare per spiegare una situazione o un’emozione. Non è esageratissimo il numero, ma io me ne sono accorta e quindi vuol dire che in alcuni punti andrebbe sfoltito. Oppure in alcuni punti dove la concitazione delle situazioni non è così facile da capire al primo sguardo, ma pure qui è tutta una questione di tecnica che va affinata, e ti tocca riguardare per capire chi fa cosa o chi dice cosa. Per quanto riguarda la qualità delle storie, devo ammettere, quando mi è stato detto che “Ventuno” era rappresentativo del numero dei racconti pensavo che qualcosa si sarebbe ripetuto o che qualche racconto avrebbe avuto la struttura simile ad altri visto numero e il tema comune. Invece, la bella scoperta, è che sì il tema rimane uguale ma le situazioni sono tutte completamente diverse. Nel pensiero di Simone sembra essere importante sottolineare che il riconoscimento di due anime è uno Zenit nella vita di ognuno di noi. Ma questo zenit non è definitivo e nemmeno sempre giusto. Due anime si riconoscono perché entrano in contatto in un momento "perfetto" per entrambe, ma questo non significa che si appartengano e nemmeno che si siano conosciuti in quello specifico momento. Quindi forse per essere più corretta nella descrizione dell'insieme dei racconti vi dovrei dire che sembra un po' un'indagine su quanti tipi di Zenit possono esserci. Altro aspetto che mi ha incuriosito è la presenza femminile. Le donne di Delos sono raramente il "sesso debole". Sono sicuramente belle, ma sono anche decisamente emancipate e decise, sanno quello che vogliono e si scontrano invece con uomini che si fanno un po' trascinare dagli eventi. Al momento giusto questi ultimi sanno scegliere, ma non scelgono mai la strada più semplice e, come avviene spesso, l'autore non scende nelle motivazioni ma lascia spazio anche all'interpretazione del lettore. Ogni tanto sarebbe piacevole un punto di vista più approfondito, ma pure qui, nei primi lavori bisognerebbe essere più accondiscendenti. Ma la somma delle esperienze che si fanno da un lato all'atro della barricata è molto spesso verosimile e anche questa è una qualità da apprezzare. Tutto sommato non mi è andata affatto male con questa raccolta che sono felice di aver letto. Sicuramente un buon inizio, da leggere. Buone letture, Simona Scravaglieri Ventuno Simone Delos Edizioni Le Gru, Ed. 2016 Collana "Catarsi" Prezzo 14,00€
Con il pezzo che oggi vi trascrivo inizia un bel viaggio che ci porta sulle coste e nell'entroterra di terre poco frequentate in Italia. Non sono propriamente sconosciute Estonia, Lettonia e Lituania ma è pur vero che sono luoghi che conosciamo molto meno di quel che dovremmo. Da un lato c'è quel che Salamov diceva ne "Il guanto", ovvero che dopo un periodo terribile come quello del Gulag era tornato indietro provato e lui si sentiva come se avesse indosso dei guanti nuovi che, seppur belli e comodi, non gli calzavano come quelli vecchi. La Russia aveva da tempo cancellato le tracce dei Gulag e lui non avrebbe più ritrovato i guanti vecchi anche se fosse ritornato nei luoghi dell'orrore. Anche i paesi baltici vivono questa realtà, stretti fra due grandi potenze, da un lato la Germania e dall'altro la Russia. Patria in cui chi era del luogo viveva nel terrore del Gulag, gli Ebrei dei Lager e Russi e Conti baltici nel terrore di veder spodestati i propri privilegi. Per un certo periodo che va dalla fine del regno degli Zar fino alla fine della seconda guerra mondiale è persino difficile capire di che nazionalità si è e in quel mondo freddo, per la maggior parte del tempo, la vita diventa come quella che Salamov descrive nella Visera: un cerchio. Chi oggi comanda domani verrà annientato e nessuno riuscirà a sfuggire da questo inferno. In realtà, Salamov è uscito dal cerchio infernale ben due volte, seppur vivendo la sua vita da libero come un controllato dal KGB almeno fino alla riabilitazione, e così al cerchio sfuggono in pochi, ma qualcuno ce la fa. Ma a ricordare chi ce l'ha fatta e chi non c'è più rimane l'immenso patrimonio artistico lasciato in eredità al mondo. Mark Rothko, Hannah Arendt, Romain Gary, Gidon Kreme sono alcuni degli artisti citati qui. Arte, letteratura, musica, filosofia si fondono insieme riconoscendosi in destini molto simili sia per origine e sia per nostalgia. Un libro veramente affascinante, di cui riparleremo in recensione... buona sbirciata! Buone letture, Simona Scravaglieri
1.
ORGOGLIO
La figlia di Jakobson
Estonia, settembre 1999 Al largo i marinai erano un’ottima compagnia. Dal Dollart al Sund mi ero goduto i racconti di tempeste e naufragi con cui Huig, Melle e Aristides condivano i pasti, ma sulla terraferma mi sembrarono tipi un po’ rozzi.Avremmo dovuto raggiungere Oulu, il porto più a nord della Finlandia, per portare sale e caricare pasta di legno. Ma vedendo la stiva, il noleggiatore cambiò idea: era troppo sporca per trasportare sale da cucina. Dopo ventiquattr’ore di attesa al porto di Emden, il cabotiero si vide assegnare un’altra destinazione: Pärnu, in Estonia. Conoscevo il paese solo di nome, per via di quell’elenco imparato a scuola: Estonia, Lettonia e Lituania. Una filastrocca impossibile da dimenticare. Aristides, il cuoco di Capoverde che da una vita navigava al Nord per conto di armatori olandesi, era già stato una volta in Estonia, quando il paese faceva ancora parte dell’impero sovietico. All’ultimo momento tre poliziotte erano venute a piantonare la nave, una alla passerella e le altre due vicino alle cime d’ormeggio. Le tre virago russe si erano fatte portare una seggiola e avevano gridato in olandese: “Cuciniere, mangiare!” Ricevettero di che sfamarsi. Dopodiché gridarono: “Cuciniere, scopare!” Sapevano queste frasi in tutte le lingue. Quattro giorni dopo avvistammo le coste della Curlandia. Le dune erano talmente bianche che le scambiai per scogli di gesso. Più a est la spiaggia si allungava come una larga striscia di luce accecante. Sotto la punta dell’isola di Saaremaa la nave imboccò lo stretto che dà accesso al golfo di Riga. Boschi di conifere si profilarono all’orizzonte, infiammati dagli ultimi raggi del sole. Il capitano, vecchio e prudente, mise Huig, Melle e me di vedetta. Secondo Huig era arteriosclerotico:arteriosclerotico: erano secoli che nessun capitano gli ordinava più di scrutare il mare a occhio nudo. Dalla scoperta delle onde radio, ci si affidava al radar. Ma il capitano aveva visto sulla carta nautica così tanti punti esclamativi che non si sentiva affatto a suo agio. Il golfo di Riga era un campo minato. I sovietici avevano piazzato le mine quando le acque del golfo erano ancora vietate alle navi straniere, e lì erano rimaste. Mi sporsi con Huig dal parapetto del ponte di prua. “Come se nel crepuscolo si potessero vedere le mine”, borbottò con il suo mozzicone di sigaretta rollata all’angolo della bocca. “Com’è fatta una mina?” chiesi. “Tonda e nera.” Il mare era dello stesso nero, e la carta riportava un secondo pericolo: acque contaminate da sostanze chimiche, divieto di balneazione. I russi avevano ridotto la zona in un bello stato! La nave avanzava al rallentatore. Non vibrava né beccheggiava, scivolava sull’acqua come una barca a vela. L’aria odorava di terra e di pini. La costa continuava a essere formata da due strisce: una chiara, la sabbia, e una scura, i boschi. Nessun faro, nemmeno un puntino luminoso. Sembrava di penetrare in un mondo segreto. Huig era stato a Riga una dozzina di anni prima. All’epoca tutte le navi straniere erano scortate da due pattugliatori della marina sovietica.Navigavano a neanche un miglio di distanza, i fari costantemente puntati sulla nave. “Quando camminavi sul ponte non osavi nemmeno grattarti il culo. Non si poteva mai sapere, magari pensavano che volevi sparare.” Dalla scomparsa dell’Unione Sovietica, il golfo di Riga è aperto alle navi di tutte le nazionalità. Eppure Huig vide avvicinarsi una barca che evidentemente voleva sbarrarci la strada, “se non mi sono andati a puttane gli occhi”. Dalla foschia della sera emerse un pattugliatore della guardia costiera lettone. I lettoni non avevano creduto a quello che il timoniere della nostra nave aveva comunicato via radio: che eravamo vuoti e diretti in Estonia. Ma quando videro il Grachtborg alto sulla superficie dell’acqua, senza neanche un grammo di carico nella stiva, ci fecero segno che era tutto a posto. La luna era appena spuntata quando la nave pilota ci affiancò. Huig e io avevamo terminato la nostra missione, il pilota sapeva di sicuro dov’erano le mine. Poco dopo mezzanotte la nave entrò nel porto di Pärnu e ormeggiò a una piccola banchina, proprio di fronte alla città. Eravamo gli unici nel porto. Nel cuore della notte venni buttato giù dal letto dal primo timoniere. La polizia di frontiera voleva controllare se la mia faccia corrispondeva alla foto sul mio passaporto. Mi vestii e andai nella cabina del capitano. Trovai tre musi lunghi che mi fissavano. I poliziotti avevano chiesto delle stecche di sigarette e il capitano li aveva coperti d’insulti. “Che stronzo”, borbottò il primo timoniere, “se non avesse voluto fare a tutti i costi il calvinista, a quest’ora ce ne staremmo a ronfare in cuccetta.” Fummo costretti a presentarci uno alla volta ai doganieri. Il mio interrogatorio fu il più lungo; delle nove persone a bordo ero l’unico passeggero. “Che cosa ci fa su questa nave?” mi chiese in inglese uno dei doganieri. “Volevo vedere il mar Baltico”, risposi assonnato. “Perché, cos’ha di speciale?” “Secondo i marinai è il più bello di tutti.” “Mai notato.” “È la luce a essere speciale. Morbida e calda.” “La luce?” gli uomini si scambiarono un’occhiata. “In autunno si infiamma.” “E lei cosa fa di lavoro?” “Lo scrittore.” “Ah!” Un pazzo, ma non pericoloso. Mi sembrò di cogliere una punta di sarcasmo nel modo in cui mi timbrò il passaporto. La mattina dopo, lunedì, scesi a terra. Le case di Pärnu, quando non erano coperte di impalcature, erano appena state dipinte di giallo, di rosso, di grigio chiaro o di azzurro. Per strada si respirava odore di attivismo. Tra un quartiere e l’altro si stendevano parchi; il più grande arrivava fino alla spiaggia. Rimasi colpito dalle donne: avevano tutte il naso all’insù e le gambe che parevano coi trampoli. Le case ricordavano la Finlandia e la chiesa più rilevante era russo-ortodossa. Le donne sotto il porticato, alle quali si doveva pagare l’ingresso, avevano un foulard in testa, un golf e calzettoni di lana. Erano contadine. Comprai tre cartoline e la più vecchia tirò fuori dalla tasca una calcolatrice elettronica. La maneggiava con la disinvoltura di un ragazzino il computer. Sulla spiaggia, la stazione termale mi riportò ad atmosfere germaniche. Aveva l’eleganza degli hotel di Baden-Baden di fine Ottocento e vi si percepiva l’eco di passati splendori, pur se spenti da poco. Fino agli ultimi anni Ottanta ci venivano i funzionari sovietici per rimettersi in forze, e i fumatori più incalliti giuravano sui poteri taumaturgici dell’aria pura del Baltico.
Questo pezzo è tratto da: Anime Baltiche Jan Brokken Iperborea, ed. 2014 Traduzione di Claudia Cozzi e Claudia Di Palermo Collana "Narrativa" Prezzo 19,50€ - Posted using BlogPress from my iPad