domenica 12 maggio 2013

Sceneggiato Rai(1974)-Il Commissario De Vincenzi - Il Mistero Delle 3 Orchidee

Ritornerò alla mia normalità, per ora mi manca il silenzio necessario per poter quadrare le mie recensioni. Quindi mi scuso per la mancata uscita di venerdì, le recensioni ci sono, ma non riesco a quadrarle perché ancora non sono tornata nei miei spazi e questa cosa si riflette sulle mie elucubrazioni libresche.
Quindi questa domenica vi posto un filmato in due puntate targato 1974. Il protagonista è Paolo Stoppa e il personaggio che interpreta è il Commissario De Vincenzi. Questo commissario è il protagonista di una serie di gialli a firma di Augusto De Angelis (Roma, 1888- Bellagio 1944) che all'epoca della pubblicazione fu seguitissimo. Vi domanderete qual'è l'eccezionalità della questione.

L'eccezionalità sta nel fatto che questi libri, pubblicati nel tempo da varie case editrici (di cui la prima mi sembra fu Mondadori) non erano ben visti dal regime fascista. Erano quindi vietati e censurati gli scritti che parlavano di uccisioni e suicidi di tutti i generi letterari. Nella post-fazione del libro di Augusto De Angelis, ristampato nel 2002 dalla Sellerio e ancora acquistabile, Beppe Benvenuto fa notare il sotterfugio adottato dallo scrittore per aggirare il sistema (come accennato nel [Dal libro che sto leggendo] Mussolini Censore il "sistema della censura" era talmente rigido e inconcludente da risultare eludibile!) è dato da u semplice escamotage: i protagonisti hanno nomi stranieri e in particolare, americani. Nello sceneggiato del '74 questa caratteristica si perde, ma se vi capiterà di cercare questo titolo e di leggerlo, fate attenzione alla caratterizzazione dei personaggi americani e avrete un mod per guardare alla cultura vigente nel periodo. Sempre perché questo libro fu pubblicato nel 1942, nella trasposizione televisiva, la regia di Mario Ferrero sceglie di mettere all'inizio documentari del periodo fascista editi dall'istituto Luce.

Il confronto fra originale e rielaborazione vi riserverà più di qualche sorpresa, quindi, ai curiosi consiglio caldamente di cercare il libro (da una ricerca fatta meglio negli store online che facendo peregrinazioni da una libreria all'altra!) come abbiamo fatto io, Elena (Appunti di una lettrice disordinata) e Marianna che abbiamo deciso di percorrere questa pericolosa - per delle lettrici compulsive - strada.
Della prima serie televisiva, che trovate in giro descritta come "Il commissario De Vincenzi" - fanno parte tre capolavori assoluti di De Angelis (ovvero quelli che lo consacrarono come il più letto giallista del periodo) e sono, oltre a quello che vi propongo io:
Il candelabro a sette fiamme
L'albergo delle tre rose.

Augurandovi buona domenica, buona visione e buone letture,
vi inserisco come di consueto in basso i riferimenti del libro,
Simona 

Il mistero delle tre orchidee
Puntata 1


Puntata 2


Il libro da cui è tratto questo giallo televisivo è:

Il mistero delle tre orchidee
Augusto De Angelis
Sellerio Editore Palermo, Ed. 2002
Collana "La memoria" n° 509
Prezzo 12,00€

mercoledì 8 maggio 2013

[Dal libro che sto leggendo] Mussolini Censore


Fonte: Venegoni.it


Come detto nella recensione di Operazione Compass, saggi come questi, permettono di avvicinarsi alla storia in maniera documentata e soprattutto di riscoprire la grande differenza che passa da una letteratura romanzata e d'intrattenimento ad una nata su basi ben diverse ovvero la ricerca. In questo caso il tema principale, nonostante il primo capitolo introduttivo di cui oggi trovate riportato i passi iniziali, non è la storia del fascismo in tutte le sue sfaccettature, bensì il rapporto fra Mussolini, l'editoria e la carta stampata. E c'è un forte paradosso che viene fuori, ovvero che Mussolini diventa come la storia ce lo descrive grazie ad un libro che, come sottolinea Bonsaver due volte in questo passo, apparteneva a quella categoria che lo preoccupava di meno. Anzi, in effetti furono due libri, "Colloqui con Mussolini" di Emil Ludwig, pubblicato nel 1932 - dove trovandosi in alcuni passi dell'intervista rilasciata al giornalista più debole di quanto avesse voglia di apparire chiede per ben tre volte alla stampa a mezzo veline di ignorare la pubblicazione mondadoriana-, e poi "Dux" di Margherita Sarfatti - uscito prima in versione inglese nel 1925 con il titolo "The life of Benito Mussolini" e poi tradotta e pubblicata da Mondadori l'anno successivo, 1926, in versione censurata rispetto a quella inglese -. Paradosso ancora più grande era che, la Sarfatti, era di fatto il gostwrhiter del Duce sia in Italia ma sopratutto per le testate internazionali e che che a creare il Duce, che nel '38 decide di introdurre le leggi razziali, sia stata una donna ebrea.

Scorrendo queste pagine pertanto non troverete solo storie del Duce ma anche di chi, come tanti intellettuali dovette fare i conti con una dittatura e con il lavoro che aveva scelto per vivere. Editori conniventi più per convenienza che per credo, sotterfugi per poter pubblicare o rifiuti perché non si vuole rischiare e altri costretti ad espatriare pur di poter continuare a fare il loro lavoro. Ci sono casi di autori che non compaiono nelle liste di testi e autori non graditi, solo perché usavano uno pseudonimo com Ignazio Silone e ci sono le lettere di Moravia, all'anagrafe Pincherle, che chiedeva giustizia al Duce per certe voci sulla sua origine ebrea. Moravia, aveva il padre ebreo ma come scrive a Mussolini è cresciuto cattolico e pertanto sceglierà alla fine di cambiare il cognome, non con quello della madre, ma addirittura della nonna.

Per concludere, nonostante fosse, forse, uno dei primi capi di stato, all'epoca, ad aver capito l'importanza dell'informazione Mussolini non era in grado di gestire questa sua intuizione. Bonsaver lo descrive come "accentratore che però non sa guardare alla totalità ma che si sofferma al particolare" e questo fu il suo più grande limite. Ma capire come possa essersi risolta a lavorare l'editoria italiana in un contesto simile è molto interessante e un testo scritto in una maniera così scorrevole non tarderà a farsi amare proprio per questa sua esigenza di rappresentare un mondo spesso conosciuto per sentito dire (o per qualche testo scolastico poco accorto) per quello che era realmente, ovvero un sistema clientelare e poco flessibile destinato ad autodistruggersi proprio grazie ai suoi attori principali.

Buone letture,
Simona Scravaglieri



1. L'opposizione da sopprimere

Una volta al governo, Mussolini si preoccupò di creare le condizioni per una progressiva fascistizzazione della cultura italiana. Nel campo editoriale non erano tanto i libri a dargli pensiero quanto la stampa periodica. Non a caso, l'Ufficio stampa del ministero dell'Interno fu rapidamente posto sotto la direzione del suo fedelissimo, Cesare Rossi, e, per assicurargli completa libertà di manovra, nell'agosto 1923, venne spostato sotto il controllo del Duce e due anni dopo ribattezzato Ufficio Stampa del Capo del Governo. Come sappiamo, Mussolini si servì di Cesare Rossi per agire entro e oltre la legalità. Il rapimento e l'uccisione del deputato socialista Giacomo Matteotti fu l'episodio più violento e più avventato di questa deriva criminale, tanto che il governo stesso vacillò e Rossi si dette alla macchia portando con sé i faldoni di documenti con i quali ricattare Mussolini se questi avesse deciso di fare di lui un caprio espiatorio. Tuttavia passata la crisi dell'estate del 1924, come sappiamo, il governo non cadde; anzi, Mussolini riuscì a volgere la crisi a suo favore spingendo l'Italia verso la dittatura. Da qui l'introduzione delle nefaste "leggi fascistissime" con le quali il governo impose il bavaglio all'opposizione politica nonché ai mezzi d'informazione. Non fu però una rivoluzione come lo squadrismo avrebbe desiderato. O meglio, non fu solo attraverso la violenza squadristica che Mussolini raggiunse i propri obiettivi. Onde evitare una presunta degenerazione del dibattito politico, il governo promulgò una serie di leggi che fornivano poteri draconiani ai prefetti, dando loro la possibilità di arrestare cittadini e sospendere attività a monte del coinvolgimento della magistratura. La facilità con cui Vittorio Emanuele III firmò tali decreti e l'efficienza con cii i prefetti assolsero i propri compiti sono di per sé segno evidente dell'ampio consenso su cui il giovane Presidente del Consiglio Benito Mussolini poteva già contare. Con il Testo unico pubblica sicurezza, introdotto nel novembre 1926, lo svuotamento dei diritti democratici nell'Italia liberale fu pressoché completo.
In n telegramma circolare a tutti i prefetti del Regno d'Italia, spedito il 5 gennaio 1927 e diffuso pubblicamente attraverso la stampa, Mussolini mise in chiaro che cosa si aspettasse da loro. Fu una delle prime occasioni in cui utilizzare l'espressione "Prefetti fascisti", e in quel ruolo li invitò a farsi " tutela dell'ordine morale" e a "prendere tutte le iniziative che tornino di decoro al regime, o ne aumentino la forza e il prestigio, tanto all'ordine sociale, così come in quello intellettuale". Più interessante ancora una lettera riservata di qualche mese più tardi [aggiunta mia da nota 30.09.1927]. In questo caso Mussolini tenne a ribadire la sua intenzione di tenere sotto il proprio controllo ogni attività censoria. Ordinò infatti ai prefetti di "non assumere iniziativa alcuna di divieti o sequestri giornalistici senza la mia preventiva autorizzazione che giungerà esclusivamente per mezzo del Capo Ufficio stampa del governo".
Un esempio della collaborazione tra Mussolini e le prefetture italiane ci viene da Torino. Come si diceva in apertura, Mussolini non riteneva i libri uno strumento particolarmente pericoloso. A capo di una delle nazioni con il tasso più alto d'analfabetismo dell'Europa occidentale, egli sapeva benissimo che l'editoria si rivolgeva a un pubblico elitario, ben distante dalle masse che lui mirava a guidare e a istruire. Detto questo, vi erano casi eccezionali cui era d'obbligo occuparsi. Uno di questi riguardò una delle figure più potenti e carismatiche dell'opposizione al fascismo: un giovane intellettuale torinese di nome Piero Gobetti.
Nel 1922, a soli ventun anni, Gobetti poteva già considerarsi una voce ascoltata e temuta dell'antifascismo. Alla rivista "La Rivoluzione Liberale", fondata nel gennaio di quell'anno, Gobetti aveva fatto seguire la creazione di ma casa editrice, la Piero Gobetti Editore, con la quale contava di chiamare a raccolta le voci più lucide e più intransigenti dell'antifascismo. Maestri delle generazioni precedenti, come Luigi Einaudi, Giuseppe Prezzolini e Gaetano Salvemini, così come giovani intellettuali del calibro di Natalino Sapegno, Giovanni Ansaldo, Santino Caramella, Manlio Bosio e Augusto Monti, risposero alla chiamata. Si consideri inoltre la collaborazione di Gobetti nella veste di critico teatrale all' "Ordine Nuovo" di Antonio Gramsci, segno della sua attenzione verso il movimento comunista con il quale condivideva l'opinione che ormai solo un insurrezione popolare avrebbe potuto frenare lo scivolamento dell'Italia verso la dittatura fascista.
I toni della critica di Gobetti al fascismo e il sarcasmo tagliente con il quale si riferiva a Mussolini rinvigorirono dopo la Marcia su Roma. Nel suo tentativo di mettere a nudo le radici più violente e illiberali del movimento, Gobetti osò sfidare apertamente la violenza squadristica. Esortò i propri compagni a considersi una sorta di "futura compagnia della morte", li incitò a prepararsi all'inevitabile persecuzione, e ai fascisti richiese pubblicamente "le frustate perché qualcuno si svegli, chiediamo il boia perché possa veder chiaro".
Purtroppo non dovette attendere a lungo.
Già durante i primi mesi al potere, un telegramma al prefetto di Torino, inviato il 6 febbraio 1923, non lascia dubbi sulle intenzioni di Mussolini, noepresidente del Consiglio, di utilizzare ogni mezzo legale a sua disposizione:
Ordinole perquisire immediatamente redazione amministrazione giornale "RIVOLUZIONE LIBERALE" sequestrando schedari abbonati corrispondenza libri amministrativo. Contemporaneamente provvederà arresto nominato Pietro Gobetti e redattori provvedendo a denunciarlo autorità giudiziaria per intelligenza coi comunisti sovversivi. Attendo risultato operazione telegraficamente. Massima energia e durezza.

Questo pezzo è tratto da:

Mussolini censore
Storie di letteratura, dissenso e ipocrisia
Guido Bonsaver
Editori Laterza, ed 2013
Collana "I Robinson/Letture"
Prezzo 18,00€

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domenica 5 maggio 2013

L'ha detto...Mark Twain

Fonte: Spicchi di limone



Se non puoi ricevere un complimento in nessun altro modo, fattene uno tu. 
 Mark Twain

giovedì 2 maggio 2013

Esce...ma più tardi....

Fonte: Trilli

Eh sì esce più tardi. La lettrice sconclusionata è stata "fermata" da un'eruzione cutanea da farmaco che le permette a malapena di usare due dita! Quindi, dovrete attendere che torni dal medico...e speriamo sappia di cosa si tratta, altrimenti mi toccherà scriverla con il naso! O.O

Buone letture e buona giornata,
Simona Scravaglieri

mercoledì 1 maggio 2013

[Dal libro che sto leggendo] Passi sotto l'acqua


Alicia Kozameh
Fonte: Alciòn Editora

Non è lunghissimo il passo che vi propongo oggi ma è la chiave del libro. "Non ci sono risposte per qualcosa che non si è vissuto". Non è facile spiegare questa storia, anche perché ancora oggi è una storia di cui si parla poco e se ne sa altrettanto poco, specie in Europa. Parliamo per del periodo dei desaparecidos. Sara rappresenta l'immagine della scrittrice. Sara è una di quelle fortunate che alla fine ritorna a casa. E' anche una donna. E da come si accenna nella postfazione del libro, i migliori resoconti di questa esperienza vengono proprio dalla sensibilità femminile, in grado di esplorare universi di parole e una pluralità di forme letterarie, che permettono di rendere le descrizioni di questo atroce sterminio tangibili ma leggibili. Il senso è quello che, colui che entra in contatto con queste storie deve poter accedere all'orrore senza esserne travolto. Deve poter ritornare con fiducia per ricordare e prevenire accompagnato da una mano materna, protettiva. Proprio come farebbe una madre, una donna.

E' un libro veramente interessante e sentito, di cui vi parlerò diffusamente nella relativa recensione, per ora mi limito a dirvi che sarebbe il caso di avere un titolo così nella propria biblioteca e magari sarebbe anche un titolo da conoscere e leggere, nonché regalare. Io l'ho veramente amato.

Buone letture e buon 1° Maggio,
Simona Scravaglieri



A mo' di ritorno 
Sara sale, sale di corsa le scale e dal gradino più alto guarda giù, vede il cortile della casa dei suoi genitori. E' tutto un po' rigido e un po' sfuggente, sembra lì e svanisce. E' più facile trasformalo in qualcosa di decisamente illusorio: un circo. per esempio. Opta per questo nuovo spazio, con elefanti e cavallerizzi. Se li immagina, si domanda se mangeranno gerani o prenderanno il sole come faceva lei, tanti anni prima, proprio lì.
Può darsi che questa volta la sua fuga non sia riuscita. Fuggire è complesso. Per quanto uno sia esperto nel campo, sai quante volte sbaglia. Scappare su per le scale significa affrontare l'incognita di come scendere. A ogni modo lei fugge, oramai impegnata a ispezionare tutte le cose, ma con poche certezze: anche il suo circo svanisce e quindi può solo posare lo sguardo sulle piastrelle, sul rubinetto che spunta dalla parete come una testa di vipera. Sul tubo di gomma.
Si chiede quanti passi di sua made su quanti millimetri di pavimento avranno diminuito lo spessore delle piastrelle in quei tre anni e mezzo. Quanti insetti saranno penetrati nelle porosità del pavimento a forza di pensarci sopra, giorno dopo giorno. Saperlo sarebbe istruttivo. Chiedere, chiedere cosa? Perché mettersi a contare queste sciocchezze? La sola idea che si tratti di una cifra mi stanca. E poi non ci sono risposte per qualcosa che non si è mai vissuto.


Questo pezzo è tratto da:

Passi sotto l'acqua
Alicia Kozameh
Et.Al Edizioni, Ed. 2013
Collana "Narrativa"
Prezzo15,00€

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