mercoledì 9 gennaio 2013

[Dal libro che sto leggendo] Mozart

Sito di provenienza: Mozart.it


Se al nominare Paolina Leopardi, vi viene il dubbio, ecco sì è la sorella del più famoso Giacomo. Se vi state domandando qual è l'eccezionalità di questo libro, vi rispondo che sono due: la prima è legata al fatto che questa descrizione così accurata è scritta da una donna che da Recanati non s'è mai mossa e, la seconda è che, tutto il lavoro che Paolina fa per ricostruire la vita di Mozart, una volta trascritta assume il sapore del "mito", anche se utilizza una formula parecchio al di fuori dei canoni della biografia classica.
Altrettanto si può leggere in due modalità differenti, una seguendo le passioni di una donna che vede questo compositore quasi come un eroe e, nel trascrivere la sua vita, continua a rivivere per se stessa il mito e l'altra invece è la studiosa che cerca di trasmette al lettore di passaggio l'entusiasmo con il quale interessarsi alla vita di quel Mozart che portò una ventata di aria fresca sulla scena operistica del tempo. Il Mozart e la sua famiglia qui rappresentati sono più umani e meno asettici di quel che ci si aspetterebbe da lavori appartenenti a questo genere.
Una chicca, che potrebbe stupirvi...
Buone letture,
Simona Scravaglieri
Seguendole rive della bella e rapida Moldau, le di cui onde scorrono romorosamente al di sotto delle verdi foreste della Boemia,vi troverete ben tosto in una valle formata da sette colline ove fieramente riposa, al paro dell'antica Roma sopra i suoi colli, 1'antica città di Praga. Venendo di Buntzlaw,voi la mirate ai vostri piedi divisa in due parti dal suo largo fiume, in mezzo al di cui ponte s'innalza, illuminata dal sole, la grande statua di bronzo di S. Giovanni Nepomuceno, che si vede da lungi attraverso le frondi di quelle fiorite isolette, dei giardini e delle ville, fra le torri del Hradschin e i campanili delle chiese. Giovanni Welflin, nato a Népomuc, era un antico vicario dell'arcivescovo di Praga. Volle un giorno il re Venceslao costringerlo a rivelare il secreto della confessione della regina, ed al rifiuto di Welflino,fu trascinato in una buia notte sul ponte della Moldau, e gettato nel fiume. S. Giovanni Nepomuceno è il protettore e l'eroe del nobile e glorioso regno di Boemia, ch'ei tanto perfettamente rappresenta su quel ponte, ove la sua statua è decorata da nastri di parecchi ordini equestri i quali si rinnovano costantemente.
Se visiterete una volta questa pittoresca città di Praga, quando avrete veduto il castello di Hradschin, la sua sala di Wratislaw, quella di Spagna: quando avrete visitato la cappella di Venceslao,e posto sul vostro capo il berretto di quel re soldato,che ha la virtù di guarire dalla micrania; quando avrete ammirato i bei quadri di Luca Cranach e di Holbein, e le statue di Canova nella galleria Colloredo; quando vi sarete fermato dai monaci Premonstraten si dinanzii superbi ritratti di Zisca e di Ragoczys; quando gli sguardi vostri si saranno perduti nella valle di Scharka e saranno discesi lungo la montagna bianca,di dove Federico, soprannominato il re d'inverno,venne a vagheggiare Praga con cupido occhio; quando avrete veduto tutte queste cose, e le graziose giovani di Wischerad, e le fresche danzatrici dell'isola di Hetz, portatevi sul Kohlmarkt, all'albergo dei Tre Leoni, e fatevi mostrare una piccola camera coperta di arazzi di saia tutti in pezzi. Salite poi il colle pieno di viti di Kosohicz,ed entrate in una casa di modesto aspetto che appartenne una volta a Dusseck,ove troverete un'altra camera tanto sucida ed oscura quanto quella dei Tre Leoni. Credete pure a me, Praga non ha da mostrarvi cosa alcuna più interessante di queste due miserabili camere ove scrisse Mozart i due atti del Don Giovanni.
L'imperatore Giuseppe, egli stesso, domandato avea a Mozart di comporre un'opera sull'intreccio del Matrimonio di Figaro che occupava allora tutta la Francia. Le Nozze di Figaro furono composte e rappresentate a Vienna, nell'anno istesso in cui venne rappresentata la cosa rara di Martino Spagnuolo. La Cosa rara fece furore, e l'opera di Mozart piacque soltanto all'imperatore Giuseppe. A Praga però successe diversamente, e il Matrimonio di Figaro venne accolto con inaudito entusiasmo. Il ritratto di Mozart venne incoronato sul teatro, le strade risuonavano d'ogni parte delle sue melodie,e uno dei membri più distinti della nobiltà andò a trovarlo a Vienna, e l'invitò, in nome della città di Praga, a venire a comporre un'opera in mezzo ai suoi concittadini, imperocché Mozart,nato a Salisburgo era Boemo, e come tale, di Ceva sovente che solo in Boemia si sapeva comprendere la musica.
A Parigi, come già v'immaginate,si sapeva allora anche meno che in Germania la musica di Mozart. Le Nozze di Figaro, tradotte in francese, vi furono rappresentate nel 1793, epoca, se vogliamo dire, non troppo favorevole ad una tal musica. Essa venne poco gustata: fu trovata troppo forte, troppo completa, troppo diffusa per una opera buffa, troppo viva e leggera per un'opera seria, poiché allora stavano tutti attaccati alle idee di Quinault per l'opera seria,e per la buffa alla musica di Gretry.
Allora Mozart, inquietandosi assai poco del gusto di Parigi, ove, diceva egli con la sua grossolana franchezza, non vi erano né orecchie per udire né anime per comprendere, se ne andò nella cara e bella sua città di Praga, ove si mise al lavoro. L'amico suo, l'abate da Ponte, che avea composto il libretto delle Nozze di Figaro,immaginò di riunire in una sola commedia la novella spagnuola di Tirso di Molina, El Convidado de Piedra,e la commedia di Molière, conosciuta sotto l'assurdo titolo di Convitato di Pietra.

Questo pezzo è tratto da:

Mozart
Paolina Leopardi
il notes magico edizioni, ed. 2010
Collana "La biblioteca di Mercurio"
Prezzo 8,00€


domenica 6 gennaio 2013

L'ha detto... William Shakespeare

Immagine presa da qui


Non bisognerebbe affliggersi per ciò che è stato ed è senza rimedio. 

 William Shakespeare

venerdì 4 gennaio 2013

"Elogio degli E-book", Mauro Sandrini - Per un pugno di noci....


Immagine di Percorso di luce
Ci sono dei limiti oltre i quali, spingersi, significherebbe danneggiare quel che si difende a spada tratta. Uno di questi è l'accostare la "democrazia", come concetto, ad attività che, per loro natura, non sono naturalmente "democratiche" o anche, facendo perno sull'ignoranza telematica, far passare il concetto di "condivisione" con un significato che non ha. Sembra, in alcuni casi, di tornare alle spiegazioni di Carofiglio, che non ho molto apprezzato ne "La manomissione delle parole" e, infatti, il risultato finale del mio pensiero su questo ebook è pressoché similare. Chiariamo un concetto di base, non sono contro gli ebook che leggo spesso quando viaggio, non ho ancora una idea definitiva e lapidaria sul mondo dell'autopubblicazione. Quindi il mio giudizio è al netto di queste "convinzioni" che da tempo su Twitter e in alcuni gruppi di Facebook, nonché fra i vari blogger (ma questo sarà argomento del Diario di un mese di libri di Dicembre) è oggetto di animate discussioni.
Detto ciò, mi è dovuto precisare che questo ebook porta la data di edizione degli inizi del 2011, quindi parliamo di oramai due anni fa (tre ipotizzando che lo abbia scritto nel 2010) e da allora un po' di acqua sotto i ponti è passata.

Il "mestiere dello scrittore", sia su carta che sul digitale, non è affatto un mestiere "democratico", come sembra far intendere Sandrini che, in alcuni punti sembra nicchiare al nuovo ruolo della parola nel mondo dell'etere e della pubblicazione. Lo "scrivere" è esattamente l'opposto della democrazia, mettere -su carta virtuale o no- dei concetti, che sono propri dell'autore, prescinde dal pensiero di chi lo legge che non può intervenire nell'atto di scrittura cambiando in tempo reale quel che viene redatto.
Come diceva Segre ("Avviamento all'analisi del testo letterario", Einaudi, 1999) chi scrive confeziona un messaggio, per un destinatario che non conosce. E' chiaro che, più è bravo lo scrittore a rendere immagini al suo lettore e più l'immagine o il concetto verranno recepiti, da quest'ultimo, nella maniera più vicina alle intenzioni di colui che lo ha trascritto. Laddove l'autore decida di condividere un testo e di modificarlo secondo le indicazioni dei suoi lettori, il lavoro cessa di essere suo personale per diventare di una collettività e viene meno l'assegnazione della proprietà intellettuale (leggi: intesa come individuazione dell'ideatore dello scritto in maniera univoca). Pertanto, se si accetta questa impostazione, sostenere che l'arrivo degli ebook e degli scrittori che si autopubblicano corrisponderà ad una cultura più democratica, più diffusa e meno d'élite è decisamente errato. Può piacere il giocattolo del lettore e-reader, può essere divertente scaricare i primi ebook, ma poi, passata la novità, sempre di leggere si tratta e se il fortunato possessore del trabiccolo, trovava noioso leggere prima proverà la medesima sensazione anche nel formato digitale. Allora si studieranno, anzi sono già in distribuzione, nuove forme di ebook arricchiti (se volete dare un'occhiata al futuro che avanza vi consiglio E-Zagreb - sito -di Arturo Robertazzi che è la trasposizione digitale arricchita di Zagreb - recensione- in versione cartacea), in cui il prodotto finale non è la copia digitale di quel che sarebbe su carta ma diventa altro e, l'esperienza in cui l'immaginare attraverso il proprio bagaglio culturale fatti e luoghi descritti come avviene per l'esercizio di lettura classica, diventa non più necessaria perché l'ebook ha dentro una serie di informazioni che permettono al lettore di sbirciare sulla scrivania dell'autore e di vederne immagini video e pezzi che sono stati utili alle sue ricerche.

Detto questo, l'ebook non serve? Assolutamente si! E' comodo, ma non si compra perché gli ebook costano di meno - almeno i lettori forti, che non sono quelli che leggono 15 libri l'anno ma molti di più, non lo comprano per questo!-, ma per questioni di utilità e sopratutto per leggere quei prodotti nati solo per il digitale; Sandrini propone ad esempio 40K  e io invece vi propongo Quintadicopertina. Ma se guardate la loro configurazione e offerta, fatta da persone che di digitale ne capiscono davvero e che si confrontano continuamente in un panorama senza confini territoriali ma internazionale, come solo la rete può essere, noterete che i prezzi  e anche la tipologia di testo sono ben diversi, da quelli che, aspiranti scrittori in erba, propongono per l'acquisto del loro lavoro. E, a nulla serve l'invito alla "condivisione" che con magistrale gesto furbesco Sandrini associa al significato di "condivisione= rapporto fra autore e lettore" perché se per leggere un saggio, scritto, lavorato, sistemato e gestito da una casa editrice spendo 0,99€ non potrei comprare allo stesso prezzo e/o superiore un libro prodotto, come dice l'autore "artigialmente" (anche qui concetto deviato dal suo significato originale e adattato allo scrittore che si autopubblica) da uno che scrive e si autopubblica in maniera del tutto arbitraria e quindi nemmeno "democraticamente" passando per un vaglio di selezione. In più il processo di redazione, correzione, traduzione nonché impaginazione e pubblicazione richiedono competenze specialistiche come anche la commercializzazione. Molti autopubblicanti, chiamiamoli così, hanno in animo una storia, ma non si pongono il pensiero di domandarsi se questa sia una storia da condividere oppure no Carver diceva che negli anni aveva imparato a chiudere per mesi i suoi lavori per dimenticarli e rileggerli quando avevano smesso di "appartenergli" e Mozzi oggi molto spesso suggerisce di non scrivere un'idea subito ma di trascorrere più tempo a elaborarla e a documentarsi (perché un'idea scritta è difficile da modificare radicalmente nel caso in cui si rilevino errori ambientazione, storici o sulla conoscenza/coerenza dei personaggi e sopratutto di approccio e sviluppo del tema). "Condividere in rete" significa far girare storie concetti e cultura e non venderli - la rete è nata libera e quindi gratis -, e laddove si decida di farlo quello che Sandrini definisce "bene-libro che sostituisce il merce-libro", al momento della transazione di passaggio di soldi è e rimane una merce-libro. Se non lo si vende, allora si sta condividendo, se lo si vende, e quindi si fa merce delle parole, bisogna avere in mente un piano chiaro di commercializzazione del prodotto e del mercato cui è destinato e non pensare a caricare la quota sul primo acquisto che ti capita a tiro e magari poi lamentarsi che non ti leggono! E siccome di questi casi ne leggo tanti, mi rendo conto che non solo per me, la parola "artigianale" ha un altro significato! 
Artigiano per me è colui che esegue un lavoro a "regola d'arte" e lo fa perché in un lungo periodo di tempo si è affiancato a chi, questo lavoro lo fa da anni, e solo dopo essersi impratichito e confrontato con il suo maestro, finalmente decide di operare. Questo fa sì che, nel periodo di assistentato, abbia acquisito tutte le conoscenze/competenze del caso e anche in queste situazioni, la specializzazione non sempre riguarda l'intero ambito in cui opera, ma solo una parte di questa. Per contro, il prodotto che viene dal sapiente fare artigiano è un prodotto di nicchia, e non democratico, sia nel prezzo che nella diffusione, per cui, anche in questo caso, non v'è nulla di democratico.

La questione potrebbe essere risolta in maniera differente e forse meno opinabile, senza per questo arrivare ad estremi assurdi dove si definisce il ruolo dell'editore alla stregua di un PR e l'autore diventa una starlette che va per piazze e fiere. Ci sono due mondi separati, quelli di coloro che hanno fatto un certo tipo di carriera e di formazione o anche solo per caso che arrivano alla pubblicazione direttamente con una casa editrice, grande o piccola che sia non ci interessa, ma vanno anche per fiere e seguono la classica carriera letteraria immutata nei secoli. Quello che la casa editrice acquista è il prodotto non il personaggio a  meno che non ci siano progetti differenti e particolareggiati solo per quel tema o solo per quell'autore. Ci sono anche quelli che, nonostante i rifiuti o le mancate risposte o per altri motivi, decidono di autopubblicarsi perché credono nella validità della propria opera. Non è detto che tutti gli appartenenti a questa categoria siano all'acqua di rose o dei novellini, ma rimane il fatto che non riescono ad accedere al circuito editoriale cui fortemente vorrebbero appartenere. Dire che scrivono in maniera disinteressata è come dire che Biancaneve è un saggio sui rapporti fra matrigna e figliastra. Anche loro, se arrivasse l'editore a dire "Ti pubblico", toglierebbero immediatamente i loro libri dalla distribuzione su piattaforme di autopubblicazione! La differenza fra ieri e oggi, ma questo Sandrini allora non lo poteva sapere, è che oggi grazie ai casi come "50 sfumature di grigio" si pensa che, qualora si vendano tanti libri arriverà l'editore a cercarli. In effetti non è propriamente così, l'appeal non prevede che io compri il libro e lo suggerisca perché ho visto chi l'ha scritto e siccome mi è simpatico e lo sbandiero ai quattro venti tutti lo leggeranno, acquistandolo per la stessa motivazione. Il passaparola è dato solamente dal libro stesso, dal suo contenuto, che diventa quasi oggetto di culto perché il suggerimento entusiasta vale più dello scrittore che si spoglia o che occhieggia come una quaglia in amore dalle pagine patinate delle riviste letterarie o similari. Quello della quaglia è un mestiere differente e lo scrittore ricopre un ruolo differente, altrimenti è merce di mercato al pari delle gomme della macchina che si comprano al supermercato. Quindi, essendo il prodotto che traina, dovrebbe essere scritto in maniera consona per la fetta di pubblico cui si rivolge, dovrebbe avere una trama adeguata e personaggi approfonditi come anche i contenuti. Non basta scrivere una bella storia per affascinare i propri lettori. In più bisognerebbe smettere di pensare che scrivere renda tutti scrittori, perché non è così. A fare lo scrittore è la selezione delle storie che si decide di condividere con il mondo. La conoscenza artigiana sta lì e si acquisisce con il confronto con chi fa questo lavoro giornalmente e purtroppo, per qualcuno, sono proprio gli editori a farlo. Quindi, ben vengano le nuove forme di pubblicazione ma solo se veramente i lavori sono selezionati e validi saranno un successo - ma la selezione deve comunque essere operata a monte dalle piattaforme di autopubblicazione che si devono dotare delle competenze e devono imparare a selezionare - come, d'altronde, succede anche nel circuito editoriale standard. Circuito editoriale dove, i cosiddetti "casi letterari" sono pecore nere in un mare di bianco che invece si ritaglia e conta su una fetta variabile di lettori affezionati o di curiosi. Se Einaudi, prendendo un esempio di casa editrice grande, pubblica 50 libri l'anno una casa editrice media ne pubblica 30 e una piccola da 9 a 12, prendendo un elenco degli editori operanti in Italia e moltiplicando i vari gruppi per il numero di pubblicazioni- in digitale e non- è presto spiegato perché il circuito non riesce ad inglobare altre novità. Sullo stesso ragionamento però è plausibile che alcune "eccellenze" siano state trascurate, per motivi commerciali o anche solo di linea editoriale, ma questo non significa che l'alto volume del pubblicato sia tutto eccelso, ma suggerisce che la percentuale del possibile "caso letterario" si riduca ancora di più in percentuale. Quindi che fare se si vuole diventare scrittori? Detta alla Carver vi risponderei dovete scrivere e confrontarvi con i lettori, ma non a pagamento selezionandoli in maniera ragionata senza ambire al tipico "fan". Una volta acquisita un'esperienza sul campo -e ce ne vuole di tempo-  puntare a chi nel circuito editoriale già opera e solo allora decidere se veramente, quello che avete scritto vale la pena di essere pubblicato e a che prezzo. La rete è piena di agenzie che fanno questo genere di lavoro e nulla vieta di provarci, ma è chiaro che mandare un lavoro, il primo senza alcuna esperienza che vi abbia insegnato a selezionare quel che scrivete, vi espone alla cosiddetta figuraccia che potrebbe farvi depennare dalle liste delle possibili future letture, quindi un periodo di praticantato - di studio sulla scrittura e di lunghe letture, anche e sopratutto di saggi - dovrebbero precedere questo genere di invii.

Discorso a parte merita la visione quantomai bislacca che qualcuno, un domani, decida di andarsi a comprare un ebook (senza supporto) in libreria. Se compro un oggetto virtuale, non mi schiodo per farmi chilometri e non mi serve a nulla il libraio competente, che Sandrini ipotizza che si possa distinguere per quanti titoli ha letto e di cui può parlare. Non ho bisogno che mi suggerisca qual è il miglior titolo per me, mi basta scaricare le anteprime e se non ci sono, non mi fido e non compro l'ebook a meno che non sia suggerito come buon prodotto da gente di cui mi fido particolarmente. Se vado in libreria compro un libro e se voglio un ebook, me lo compro in rete, così come oggi succede proprio con le tracce musicali (confronto che in questo libro ricorre spesso, la magia dell'ebook come il futuro del fenomeno case discografiche-Itunes altro confronto che non calza affatto perché i libri non si vendono a capitoli!).
Delle interviste inserite, nella 3° parte di questo Ebook due mi sono sembrate più pertinenti e sono quelle di Tombolini (Simplicissimus) e quella di Granieri (40K) che mi è sembrata particolarmente interessante e con una visione in prospettiva che, in parte, è già oggi realtà. Avevo comprato questo libro, perché ero veramente curiosa di capire come mai due amiche lo decantassero tanto e sopratutto di capire perché alcune parole sembrano per loro essere "chiave" più di quanto a me sembrino. E finalmente ho capito. L'elegiaco, il poetico, la visione romantica di colui che ama i libri, la democrazia etc etc, non sono altro che il risultato di un'abile tecnica narrativa (che se venisse utilizzata per raccontar storie invece che teorie, per il mio punto di vista, farebbe furore- altro che sfumature di grigio!) che io ho trovato descritta in un libro di formazione manageriale "Scoiattoli S.p.A Storie di noci e di leadership". Il concetto è abbastanza semplice, quando si propone un progetto ad una platea (consiglio di amministrazione o anche al dirigente che ha potere decisionale etc) invece di partire subissando l'interlocutore di informazioni numeri grafici e altro, per far sì di creare un'atmosfera che sia il più possibile propositiva, si deve partire a presentare il proprio lavoro in prospettiva, creandone un'immagine desiderabile, della serie "Immaginate come sarebbe bello se...". Tecnica che evidentemente ha funzionato, vedendo i giudizi che commentano l'ebook in questione.
Non arriva a costare un euro, quindi evidentemente il suo autore, almeno per la componente commerciale ha una competenza che a molti altri manca. A me invece ad un certo punto ha fatto venir voglia di comprare il libro di un editore di quelli definiti come cattivi. 

A voi l'arduo giudizio e vi giro la domanda: secondo voi, la scrittura, è un'attività democratica?
Buone letture,
Simona Scravaglieri

Elogio degli E-book
Mauro Sandrini
Homeless Book, ed. 2011
Prezzo 0,89€ (Kindle Store)




mercoledì 2 gennaio 2013

[Dal libro che sto leggendo] I delitti di Praed Street

In questo caso, la migliore pubblicità della collana è chi l'ha pensata e
realizzata. Lo stand è quello di Polillo Editore a "Più libri, più liberi" 2012
a Roma.
Foto realizzata per LettureSconclusionate


Comincia così questo libro, in maniera lenta e quasi sonnolenta. In una recensione che ho intravisto in giro c'è scritto "non so come catalogarlo, in fondo mi dice prima qual'è il possibile movente, cosa che un giallo non dovrebbe fare". In effetti è così poche pagine dopo, rispetto a dove mi sono fermata io, si accenna d un possibile movente ma questo rimane lì sospeso in attesa di trovare conferma e di spiegazioni sul modo. In fondo in questo giallo del 1946 non interessa il "movente", quasi reputato un accessorio, ma la fine arte dell'omicidio che viene curata fino ai particolari più insignificanti. La genialià di questo lavoro, di un autore estremamente prolifico, risiede proprio in questa caratteristica. Come detto l'anno scorso, per me, Natale è anche questo ovvero "giallo" o meglio dovremmo dire in questo caso "rosso" visto che la collana "I bassotti", costituita da gialli che vanno dai primi del '900 alla metà circa, è caratterizzata da tutti libri dello stesso formato e con la copertina rossa. Questo è il numero 1 della collana che per ora non ha mai deluso le mie aspettative.
Buone letture e buoni omicidi e buon anno,
Simona Scravaglieri

La strada  
Praed Street non è certo una delle strade più amene di Londra. Là dove finisce, congiungendosi alla zona di indubbia responsabilità di Bayswater, ha un aspetto più promettente, ma per tutto il resto del suo percorso lascia francamente a desiderare. Stretta, fiancheggiata da tristi botteghe, i cui squallidi edifici sovrastanti hanno un'aria tutt'altro che invitante, non può essere stata concepita che come umile appendice della sua prosperosa vicina, Edgware Road. Malgrado ciò, senza ragioni apparenti, la Great Western Railway ha stabilito proprio lì il suo capolinea e Praed Street si è trovata dunque a diventare una grande arteria di passaggio.
 Tuttavia non sembra aver fatto molto per adattarsi al suo nuovo destino e, all'infuori di un involontario aumento di lunghezza, ha lasciato che l'interminabile flusso di autobus, tram e passanti frettolosi se la cavasse alla meglio. Sembra quasi che Praed Street consideri la stazione di Paddington come una intrusa e coloro che vi vanno e vengono degli stranieri poco graditi; per di più una delle estremità del Grand Junction Canal termina a pochi passi di lì. La strada guarda con indifferenza la gente che si accalca e s'incalza lungo il suo percorso, come a sua colta la folla si cura ben poco del misero luogo che è costretta ad attraversare.
Queste filosofiche riflessioni non preoccupavano davvero James Tovey, troppo annoiato e sconfortato per poter provare altre sensazioni. James Tovey abitava nei pressi di Praed Street. In lui non c'era nulla di misterioso; come non c'era nulla di misterioso, del resto, nel suo nome e nella sua professione, dipinti a caratteri cubitali sopra la porta di un negozio di Lisson Grove: James Tovey - Frutta e verdura. In realtà, non era che un semplice erbivendolo e quando, pochi anni prima, aveva impiegato una piccola eredità nell'acquisto di quel negozio, l'insegna recava scritto modestamente: Tovey - Fruttivendolo; ma il nostro Tovey si vantava di essere sempre all'avanguardia, sicché  quando i suoi vicini, il macellaio e il droghiere, avevano esibito sulle rispettive vetrine scritte pompose, aveva abbandonato anche lui il modesto titolo di Fruttivendolo sostituendolo con Frutta e Verdura, che suonava meglio.
Il fruttivendolo osservava strettamente la festività della domenica, giornata riservata ai suoi passatempi personali, né questa breve vacanza gli poteva essere rinfacciata, visto che durante i restanti giorni della settimana aveva ben poco tempo per riposare. Si alzava immancabilmente  alle sei del mattino per andare a Covent Garden con il suo furgoncino, un ford di seconda mano, che gli attirava salaci battute da parte dei suoi conoscenti poiché aveva perso da tempo buona parte della carrozzeria, come un olmo che perda con l'età i suoi rami, e il resto era tenuto insieme da strani e complicati legacci. Ma Tovey scrollava le spalle ogni volta che lo prendevano in giro per il suo veicolo e replicava inevitabilmente: " Finché dura, fa al caso mio e me ne infischio dell'apparenza!", frase che, generalizzata, riassumeva bene la sua filosofia di vita.
Tornato dal Covent garden, Tovey apriva il negozio e, per tutto l'anno, non lo chiudeva che a tarda ora. Gli abitanti di Lisson Grove fanno la spesa tardi e così James Tovey finiva per cenare sempre dopo le dieci; era dunque naturale che una settimana tanto laboriosa venisse ricompensata con il riposo totale della domenica, giorno in cui stava a letto fino a mezzogiorno, beandosi dell'odore appetitoso dell'arrosto  che veniva dalla cucina a solleticargli le narici. Ed era solo quando la pendola batteva i fatidici dodici colpi che si alzava e indossava il vestito migliore. Il pomeriggio era generalmente dedicato  alla tranquilla sonnolenza della digestione e solo qualche volta, in estate . se la moglie se la sentiva di accompagnarlo, faceva una passeggiatina nel parco. La sera poi, si godeva le notizie che riempivano l'edizione festiva del suo giornale preferito.
Quel bravo commerciante detestava essere disturbato nelle sere di festa, in particolare in una serata come quella, che chiudeva un giorno di tutto riposo. Il roastbeef, accuratamente scelto dalla signora Tovey, in ottimi rapporti con il macellaio loro vicino, era stato ancora più succulento del solito e la torta cotta alla perfezione, fino ad assumere quella delicata tinta dorata che gli stava tanto a cuore; veramente aveva avuto una lieve divergenza di opinioni con la moglie, ma la cosa era solamente servita a rompere la monotonia della domenica. Capitava raramente che i due coniugi litigassero; prima di tutto perché non erano attaccabrighe, e poi perché entrambi tenevano troppo alla pace domestica per rischiare di turbarla litigando, per quanto, come era successo quel giorno, non avessero sempre lo stesso mdo di vedere le cose.
Tutto era cominciato quando Tovey, entrato in cucina, aveva notato che sulla tavola erano stati preparati due soli coperti; aggrottando le sopracciglia, aveva lanciato un'occhiata alla moglie, china sui fornelli accesi.
"Be', dove si è cacciata Ivy?", aveva chiesto in tono piccato.
"E' fuori con Ted", aveva replicato lei con calma, muovendosi agilmente fra le pentole. "Sono usciti a pranzo e poi andranno insieme al cinema".
Il marito aveva fatto schioccare la lingua, il suo modo abituale per esprimere disappunto. Certo Ivy e Ted si conoscevano si da bambini; Il vecchio Sam Copperdock, padre del ragazzo, era il miglior amico di Tovey ed era stato suo vicino di casa fino dal giorno in cui il fruttivendolo, appena sposato, aveva acquistato il negozio; eppure la cosa non andava a genio a Tovey. Ivy ora aveva vent'anni e il giovane Ted Copperdock non aveva che tre anni più di lei, proprio l'età in cui i ragazzi mordono in freno e finiscono per sposarsi senza preoccuparsi per il loro futuro! Il vecchio Sam era una pasta d'uomo e suo figlio un simpatico ragazzo, verità che il fruttivendolo non intendeva mette in discussione, ma tutte le speranze per il futuro di Ted erano risposte nel negozio di Praed Street, mentre Tovey aveva in mente un avvenire ben diverso per la sua unica figlia.
Fin'ora non aveva ancora pensato a dare una forma concreta a queste speranze paterne e forse, anche se avesse voluto farlo, la cosa gli sarebbe riuscita alquanto difficile, dato che disponeva di un vocabolario molto limitato; ma ciò non toglieva che tali speranze esistessero nella sua mente e vi fossero sempre state, fin da quando i successi scolastici di Ivy gli avevano rivelato che la figlia era dotata per lo studio. Da allora non si era preoccupato che di darle un'istruzione molto superiore alla posizione sociale in cui il destino l'aveva fatta nascere. Se adesso Ivy era una bella ragazza, slanciata  ed elegante, non lo si doveva solo a suo padre ma, indubbiamente, se era anche un'ottima stenodattilografa, questo andava tutto a merito dei sacrifici che l'uomo aveva fatto per educarla.

Questo pezzo è tratto da:

I delitti di Praed Street
John Rhode
Polillo Editore, Ed. 2011
Collana "I bassotti"
Prezzo 14, 40€

domenica 30 dicembre 2012

Intervista a Roberto Calasso su 'La Folie Baudelaire'

Questa è una bellissima intervista di Roberto Calasso. Per chi non lo conoscesse, Calasso è anche  il direttore editoriale della casa editrice Adelphi. Quando si pensa a grandi e riconosciuti letterati di questo tempo si pensa a personaggi un po' stantii che citano soltanto, a volte se stessi, e  che parlano solo dei soggetti dei propri libri. Niente di più sbagliato. L'ho visto lo scorso anno a Roma, in occasione di "Libri come" a Roma all'Auditorium dove in occasione dell'uscita del suo nuovo libro, L'ardore, si faceva intervistare sui temi che venivano presentati nel suo lavoro. E devo dire che, oltre ad aver interessato la platea era riuscito a strapparci più di una risata. Stessa cosa è avvenuta con Canfora, sempre nello stesso luogo, al 1° Dicembre alla prima "Lezione di storia" della stagione 2012-13.
E' in questa occasione che mi sono ricordata di questa intervista che avevo visto su Youtube e quindi ve la posto, assicurandovi che difficilmente vi annoierete.

Buone letture e buon anno,
Simona










Il libro di cui si parla è:

La folie Baudelaire
Roberto Calasso
Adelphi Editore, Edizione 2008 (quella citata, ma c'e' anche un'edizione successiva 2010)
Collana "Biblioteca Adelphi"
Prezzo 36,60€

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