mercoledì 30 maggio 2012

[Dal libro che sto leggendo] Tempo di uccidere

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Questo è un signor libro proveniente da un passato non troppo lontano. E' infatti stato il Primo Premio Strega della storia della Fondazione Bellonci. E lo scrittore è Ennio Flaiano.
Anno 1947. Eppure, nonostante gli fosse assegnato un premio, Flaiano non era contento di questo libro, e non aveva tutti i torti ma il perché ve lo spiegherò nella recensione che seguirà fra qualche giorno. Leggere però questo scritto mi rivelato che un tempo i Premi Strega avevano sempre un valore letterario, quindi, per chi mi vorrà seguire, e nella speranza di reperire i vari titoli, ho deciso che seguirò la storia del premio attraverso i libri premiati insieme a voi. Quindi partiamo dall'inizio, dal primo libro e dal primo capitolo di quest'ultimo che si apre ironicamente con la storia di un abbandono.
Un libro assolutamente da conoscere!
Buone letture,
Simona

LA SCORCIATOIA 

Ero meravigliato di esser vivo, ma stanco di aspettare soccorsi. Stanco soprattutto degli alberi che crescevano lungo il burrone, dovunque ci fosse posto per un seme che capitasse a finirvi i suoi giorni. Il calco, quell'atmosfera morbida, che nemmeno la brezza  del mattino riusciva a temperare, dava alle piante l'aspetto di animali impagliati.
Da quando il il camion s'era rovesciato, proprio alla curva della rima discesa, il dente aveva ripreso a dolermi, e ora un impulso che sentivo irresistibile (forse l'impazienza della nevralgia) mi spingeva a asciare quel luogo. "Io me ne vado", dissi alzandomi. Il soldato che fumava soddisfatto, oramai pronto a dividere con me gli imprevisti della nuova avventura, si rabbuiò. "E dove?" chiese.
"Giù al fiume". Non vedevamo ancora il fiume, ma era là sotto, nella sua valle scavata da secoli e guardata da qualche pigro coccodrillo a caccia di lavandaie. Pensavo di trovare un autocarro per risalire dall'altra parte. Dovevo esservi prima di sera o sciupavo uno dei quattro giorni che m'avevano concesso per trovare un dentista.
Sì, dovevo andarmene. oltre la valle, nel cielo bianco, appariva il ciglio opposto dell'altipiano. Il fiume aveva scavato attorno alle montagne lasciandole asciutte come ossi.
tra i due cigli correvano chilometri, quanti non so, perchè le distanze ingannano con questa luce che disgena le più lontane minuzie: forse cinque o sei. E, oltre il ciglio, la vita calma dei depositi. Ancora avanti, e la parola domenica avrebbe riacquistato valore. Avrei trovato il primo letto con le lenzuola, il primo giornalaio. E un dentista.
Il  soldato non voleva cedere. "Aspetti", disse, "passerà qualcuno". Guardai il camion che giacva con le ruote contro la scarpata e scossi la testa: non passava nessuno. Era passato soltanto un colonnello annoiato come un generale. E la petulanza del soldato cominciava ad infastidirmi. Essersi salvati insieme non mi sembrava più una buona ragione per mostrarci fotografie, raccontarci fatti propri, azzardare le solite previsioni sul nostro ritorno in Italia. Pure, mi dispiaceva abbandonarlo.
"E così, mi lascia solo?"
Cominciai a raccogliere la mia roba, lo zaino, il cinturone con la rivoltella. Per mitigare la mia fuga cercai un pretesto, ma era un cattivo pretesto: gli dissi che se avessi trovato un camion giù al fiume (spesso i conducenti si fermavano a fare il bagno), sarei tornato ad aiutarlo. Il soldato finse di crederci e questa sua improvvisa e ostile condiscendenza mi fece arrossire. mi strinse la mano senza calore, veramente deluso. Dopo cinquanta passi, un gomito della strada me li nascose, lui e il suo autocarro, e d'allora non li avrei più rivisti.

Il libro da cui è tratto questo pezzo:

Tempo di uccidere
Ennio Flaiano
Rizzoli editore, ed 1990
Collana "BUR"
Prezzo 7,80€ (è il prezzo originale io l'ho trovato usato a 3,90€)

domenica 27 maggio 2012

L'ha detto... Albert Einstein


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Tutti sanno che una cosa è impossibile da realizzare, finché arriva uno sprovveduto che non lo sa e la inventa.

Albert Einstein



venerdì 25 maggio 2012

"Sabato, addio", Marco Archetti - L'addio che si ricorda...

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Se fossi costretta ad usare una parola sola per descrivere questo libro sarebbe "indimenticabile". Questo è un libro che non ti abbandona ma che continua insistentemente a stare con te. Ci ho messo un po' di tempo a scrivere questa recensione perché, come al mio solito, speravo di poter prendere le distanze, guardarlo da lontano e capire se veramente mi ero innamorata di una descrizione della solitudine. E invece no, non mi è riuscito. I problemi possono essere di due tipi o di trama ingegnosamente incastrata mettendo una vita in un momento o concettuali ovvero la possibilità di avere nella penna le parole più adatte per descrivere la solitudine. In entrambi i casi il libro ti prende e rimane con te perché, al di là della trama straordinariamente semplice, sia il fattore tempo, che determina gli avvenimenti e rivela solo alla fine quel che si sta leggendo, che il fattore descrittivo sono sinonimi di quel "saper scrivere" che tramuta una storia di tutti i giorni in un vero lavoro eterno.

Ora detto così, potrebbe sembrare l'ennesimo libro che narra il male del secolo e che sarà sicuramente triste e noiosamente introspettivo. E invece nulla di tutto questo avviene.  Rimanendo fedele ad un concetto di base che è molto minimalistico, Marco Archetti, riesce a farci fare un passo indietro nel tempo in una Milano che non c'e' più (percorrendo le strade seguendo lo sguardo del suo protagonista sembra quasi di sentire le voci, gli odori dei rioni di una volta) e  al contempo a farci fare un viaggio nelle emozioni dell'essere umano, non in modo autocompiatiuto o retorico bensì, mantenendo le distanze dal proprio personaggio che parla in prima persona, franco. In entrambi casi scenografia e personaggi non sono sommersi di aggettivi e quindi pomposi o stucchevoli. La descrizione corrisponde a quello che lo sguardo umano intercetterebbe camminando per la strada, ora non guardando chi ci passa vicino e ora fissandosi su un particolare ed e' probabilmente questo approccio felice che dona uno splendido ritmo alla sua scrittura. 

La storia è molto semplice, due amici sempre insieme e sempre pronti a spalleggiarsi contro "il mondo" con cui tentano invano di entrare in contatto e da cui sono respinti. Non si sentono soli, l'abitudine di vedersi e di sapere che entrambi hanno la stessa sorte con gli amici e le donne danno loro la certezza di essere compresi. E se, da un momento e l'altro, uno conosce una ragazza? Finiscono le uscite, le passeggiate, le chiacchierate al bar per sfoggiare l'ultima conquista o la donna con cui non si è riusciti ad andare oltre i bacio. Insomma finisce tutto. Questa è la base del racconto, da dove si parte per capire ciò che l'autore e il suo personaggio hanno congegnato per i loro lettori. Ma già dalle prime pagine il male moderno della solitudine assume un'altra consistenza; non è più raccontato per informazioni asettiche, bensì vissuto. Io uomo normale, con una vita decente, un lavoro cos'ho di meno degli altri? Mi rifiutano? No sono io che rifiuto loro e mi creo un mondo parallelo, cui assegno il valore di "fisso" e di "infinito" e all'interno di quello ritaglio la mia dimensione. Ecco il concetto di Archetti che rende, forse meglio di uno specialista, il problema che genera il male. Mentre leggevo pensavo che ad Herling questo approccio sarebbe piaciuto, l'avrebbe amato. Perché il problema non è nella sua parte finale quella che si vede, come sembrano sottolineare entrambi, ma in ciò che genera questo isolamento e sul valore che si assegna al proprio universo parallelo.

Se poi l'universo parallelo, come può avvenire, si sgretola più è forte il valore che gli si è assegnato e più alto è il tempo che l'individuo ha per superare ed elaborare la "perdita" e la soluzione al problema. Non c'e' solo questo fattore che emerge, ma ce ne sono molti altri e il fatto che io possa averlo pensato come un libro in "stile Herling" è perché Marco Archetti riesce ad entrare talmente a fondo nella psicologia dei suoi personaggi da renderli quasi reali sia nelle azioni che nelle parole, così come avvenne per molti scritti di Herling. E quindi, oltre alle splendide cartoline della Milano nascosta o andata, che attraverso la sua penna assume un fascino come mai nessuno era riuscito fino ad ora, si aggiungono queste storie intrecciate e poi disgiunte ma sempre correlate fra loro anche quando non le vedi come tali.

E come foglie sull'albero che sfidano la forza di gravità rimanendo tenacemente attaccate al ramo che le ha generate, tutto in un attimo si conclude, la foglia ingiallisce, dondola e cade; allo stesso modo Marco lascia che la sua storia si svolga accompagnandoci per mano fra le righe folte di parole ma sempre con un ritmo deciso, fino ad arrivare ad una fine che non ci aspettiamo, ma è li, inesorabile e sorprendente. E la storia di una vita si condensa in quell'unico attimo, come se si fosse svolta così solo per la conclusione, lasciando il lettore con l'ultimo fiato sospeso in gola.

Se fosse un mestiere scomparso, Marco Archetti sarebbe un "cantore", quelli con lo strumento che giravano nelle piazze e nelle corti dell'Italia rinascimentale. Avrebbe incantato le folle con le sue storie, come fa oggi nei nostri tempi con questo libro che racconta emozioni.
Forse è per questo che il libro in questione non vuole lasciarmi...

Davvero imperdibile,
buone letture,
Simona


Sabato, Addio
Marco Archetti
Feltrinelli Editore, ed. 2011
Collana "I narratori"
Prezzo 13,00€




mercoledì 23 maggio 2012

[Dal libro che sto leggendo] Io, Nojoud, dieci anni, divorziata

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Comincia  da un dichiarato amore per lo Yemen. Prosegue poi negli occhi della bimba che si vede nella foto che vi ho postato lei è Nojoud, oggi dovrebbe avere 14 anni e nel 2008 è salita agli onori della cronaca internazionale perché all'età ipotizzata di dieci anni ha chiesto il divorzio dal marito, che il padre l'aveva costretta a sposare, e che era più grande di lei di quasi 30 anni.
In un paese dove le usanze retrograde e mal interpretate del Corano fanno sì che sia usuale che una bimba di 10 anni abbia un marito e che abbia con lui rapporti sessuali, dove le donne escono velate di casa e dove in casa patiscono il potere e i maltrattamenti degli uomini, Nojoud è una eroina. Perché dopo di lei, altre bambine e altre donne si sono ribellate e, anche se ci vorrà parecchio perché certe usanze vengano abbandonate, oggi sanno di poter contare sul suo caso per avere ragione delle ingiustizie almeno in campo matrimoniale).
Ho comperato questo libro perché ha una copertina bellissima e non ho potuto non andare oltre il titolo.
Buone letture,
Simona




COME SE TUTTO IL PESO DELLA TERRA... 
C'era una volta una terra magica, dalle leggende incredibili quanto le sue case, che sembrano fatte di marzapane e sono ornate di piccole linee sottili simili a tracce di zucchero a velo. Una terra posta all'estremo sud della penisola arabica, lambita dal Mar Rosso e dall'Oceano Indiano. Una terra ricca di una storia millenaria, irta di torri di argilla appollaiate sulle creste di aspre montagne. Una terra in cui l'odore di incenso fluttua lieve agli angoli delle stradine lastricate di pietra.
Questa terra si chiama Yemen.
Ma, tanto tempo fa, i grandi decisero di darle il soprannome di Arabia Felix, cioè Arabia Felice.
Perchè lo Yemen fa sognare. E' il regno della regna di Saba, una donna incredibilmente bella e forte che fece  ardere il cuore del re Salomone, e della quale si può trovare traccia nella Bibbia e nel Corano. E' un territorio misterioso, in cui gli uomini non escono mai senza il loro coltello a lama ricurva, fieramente esibito alla cintola, e in cui le donne celano la loro bellezza dietro pesanti veli neri. E' una terra posta lungo l'antica rotta commerciale, percorsa dalle carovane dei mercanti di spezie e di stoffe. i loro viaggi duravano settimane, a volte mesi. Non si fermavano mai, né con la pioggia e né con il vento. Si dice che i più deboli non ce la facessero quasi mai a tornare a casa.
Per disegnare lo Yemen, bisogna immaginarsi un territorio un po' più grande di Grecia, Nepal e Siria messi insieme, con un becco che penetra nel golfo di Aden. Laggiù, in quelle acque affollate, i pirati tendono agguati ai cargo in transito, che vanno e vengono tra l'India, l'Africa, l'America e l'Europa...
Nel corso dei secoli sono molti gli invasori che hanno ceduto alla tentazione di impadronirsi di un paese tanto bello. Gli etiopi sbarcano armati di archi e frecce, ma presto furono ricacciati indietro. Poi vennero i persiani dalle folte sopracciglia, che costruirono canali e fortificazioni, e reclutarono alcune tribù per  combattere altri invasori. Poi toccò ai portoghesi tentare la sorte, con qualche insediamento coloniale. A loro succedette l'impero ottomano, che dominò il paese per oltre un centinaio di anni. In seguito, i britannici dalla pelle bianca sbarcarono nel sud, mentre i turchi prendevano possesso del nord. Poi, una volta andati via gli inglesi. il sud attirò l'interesse dei russi dal sangue gelido. Come un dolce conteso tra bambini troppo golosi, il paese si divise progressivamente in due.
Questo prezzo è tratto da:

Io, Nojoud, dieci anni, sposata
Nojoud Ali
Piemme Edizioni, Ed. 2010
Collana "Oro Piemme"
Prezzo 6,50€

domenica 20 maggio 2012

Presentazione di Metro 2033 con Dmitry Glukhovsky e Francesco Pannofino

Cercavo qualcosa di inerente al Salone del libro che si è svolto a Torino, e mi sono imbattuta in questo, che rappresenta le "follie" che accompagnano questi eventi, anche a Roma (A più libri più liberi se non vado errata c'erano sfilate di guerre stellari). Questa accompagna la lettura e la presentazione di questo libro "Metro 2033", che non so sinceramente se acquisterò, ma l'ho trovata carina e ho deciso di segnalarvela, magari fra quelli che circolano in rete qualche appassionato del genere decide di farlo e in quel caso se me ne segnala la validità o no gliene sarò grata.
Buona domenica e buone letture,
Simona




Il libro di cui si parla nel video è:


Metro 2033
Dmitry Glukhovsky
MPlayer Edizioni, ed. 2011
Prezzo 19,99€ 
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