domenica 29 novembre 2015

L'ha detto... Gotthold Ephraim Lessing


Foto di Maria Grazia Lai 
Fonte: Finanza Online

L'attesa del piacere è essa stessa il piacere. 
Gotthold Ephraim Lessing


venerdì 27 novembre 2015

E per oggi...

Festa!

Scherzo! Ma visto che durante questa settimana ho avuto una serie di impegni che mi hanno fatto stare troppo fuori casa, stasera non ce la faccio a scrivere un post e non ho avuto tempo di prepararlo in precedenza. Pertanto, per oggi e solo oggi, io, Oscar e Joyce ci prendiamo un giorno di pausa!
Perdonateci,
buone letture da noi!

Joyce a sinistra e Oscar a destra
la lettrice sta dietro al cellulare a fare la foto
fonte: Letture Sconclusionate

mercoledì 25 novembre 2015

[Dal libro che sto leggendo] Tutta la luce che non vediamo


Fonte: Tripadvisor

Sono a cento pagine dalla fine, e devo ammettere che Doerr se lo è proprio meritato questo Pulitzer! Come dicevo al gruppo di lettura l'altra sera e forse ho accennato anche ad Elisa Gelsomino di "Odor di Gelsomino" con la quale lo stiamo leggendo insieme, il passaggio dalla Melodia di Vienna a questo è stato un vero salto nel tempo e nei modi di scrivere seppure, i due romanzi arrivino a trattare lo stesso periodo storico. C'è un punto in cui, sebbene uno sia concentrato sullo stato Austriaco e quello di oggi su quello tedesco, in cui non si sfiorano più ma si tangono con una breve ma toccante scena dove Doerr trova anche lo spazio di qualche riga per dipingere la Vienna dell'epoca.

Due ragazzi, sono nati a migliaia di km di distanza. Una è francese e l'altro è tedesco. Lei è orfana di madre e ha perso la vista presto. Lui è orfano di entrambi i genitori e vive, in una città mineraria tedesca in una casa di accoglienza per orfani. Lui appassionato e curioso studioso del mondo elettromagnetico e di comunicazioni radio e lei di libri, in particolare Verne e di giochi di incastri perfetti che il padre realizza per lei ad ogni compleanno.
Nulla li accomuna se non una voce. Non sanni chi sia, non sanno da dove trasmetta non sanno nemmeno che li accomuni. Sanno però che non capiscono le ragioni di una guerra che non hanno voluto e che invece vorrebbero potersi dedicare alle loro passioni senza che queste arrivino ad uccidere migliaia di persone.

Al momento non so nemmeno come finirà ma non credo che riuscirà a deludermi. Oggi Rizzoli mi odierà, ma per farvi capire quanto valga la pena leggerlo mi è toccato ricopiarvi un pezzo più lungo del solito. Che Dio mi salvi da eventuali dannazioni!
Veramente un bel viaggio,
buone letture,
Simona Scravaglieri


Zero
________
7 agosto 1944

I volantini


Piovono dal cielo al crepuscolo. Scavalcano in volo i bastioni, fanno le piroette sui tetti, sfarfallano nei dirupi tra le case, lampi bianchi sull’acciottolato di intere vie sommerse dal turbine. Messaggio urgente per gli abitanti di questa città, dicono. Dirigetevi immediatamente in aperta campagnaLa marea monta. In cielo pende una luna piccola, gialla e gobba. Sui tetti degli alberghi del lungomare e nei giardini retrostanti, dal lato orientale, cinque o sei unità d’artiglieria americane infilano bombe incendiarie nelle bocche dei mortai.

I bombardieri


Traversano la Manica a mezzanotte. Sono dodici e hanno nomi di canzoni: Stardust, Stormy Weather, In the Mood, Pistol Packin’ Mama. Molto più giù, il mare si muove lieve, picchiettato da infinite creste candide di onde; e ben presto i navigatori cominciano a distinguere al lume della luna i grumi bassi delle isolette allineate all’orizzonte. La Francia. Un crepitio di interfoni; precisi, quasi indolenti, i bombardieri scendono di quota. Dalle postazioni di contraerea disseminate per tutta la costa salgono filamenti di luce rossa. Ed ecco apparire relitti scuri, navi affondate o distrutte, una con la prua tranciata di netto, un’altra che manda bagliori bruciando. Su un’isoletta al largo, greggi di pecore terrorizzate corrono a sghembo fra le rocce. Dentro ciascun aeroplano c’è un bombardiere che sbircia dal finestrino di puntamento e conta fino a venti. Quattro cinque sei sette. Per questi uomini la cittadina fortificata, sempre più vicina sul suo promontorio di granito, somiglia a un dente scellerato, una cosa nera e pericolosa, un ultimo ascesso da incidere definitivamente.

Lei

In un angolo della cittadina, al quinto e ultimo piano della casa alta e stretta al civico 4 di rue Vauborel, una sedicenne cieca di nome Marie-Laure Leblanc sta inginocchiata dinanzi a un tavolino interamente ricoperto da un plastico. Il plastico è una miniatura della stessa cittadina in cui Marie-Laure si trova inginocchiata, e contiene le riproduzioni in scala delle centinaia fra case, botteghe e alberghi racchiusi entro le sue mura. C’è la cattedrale con la guglia traforata, c’è il vecchio, massiccio castello di Saint-Malo, ci sono le belle case allineate sul lungomare trapunte di comignoli. Un agile pontile di legno s’inarca nel mare da una spiaggia nota come plage du Môle; una struttura delicata come una trina sormonta il mercato del pesce; panchine microscopiche, alcune non più grandi di un semino di mela, punteggiano le piccolissime piazze. Marie-Laure percorre con la punta delle dita il parapetto di un centimetro che incorona i bastioni, tracciando un irregolare profilo stellato tutto attorno al plastico, e trova il varco che in cima alle mura alloggia quattro cannoni cerimoniali puntati sul mare. «Il Bastion de la Hollande» mormora tra sé, poi scende con le dita una scaletta. «Rue des Cordiers. Rue Jacques Cartier.» In un angolo della camera sostano due secchi zincati, pieni d’acqua fino all’orlo. Riempili, le ha insegnato il prozio, ogni volta che puoi. Come anche la vasca da bagno al secondo piano. Non si può mai sapere quand’è la prossima volta che tolgono l’acqua. Le dita tornano sulla guglia della chiesa, poi a sud verso la Porta di Dinan. È tutta la sera che Marie-Laure le fa marciare sul modellino, in attesa del prozio Étienne che è il padrone di casa, che è uscito la sera prima mentre lei dormiva, e che ancora non è tornato. E adesso è di nuovo sera, un altro giro d’orologio, e tutto l’isolato tace, e lei non riesce a dormire. Si accorge dei bombardieri quando sono ancora a cinque chilometri da lì. Un tramestio che sale. Il brusio dentro una conchiglia. Quando Marie-Laure apre la finestra della camera il rombo degli aeroplani acquista volume, ma a parte questo la notte è immersa in una quiete spaventosa: non si sente un motore, una voce, un acciottolio. Niente sirene, né passi sul selciato, nemmeno i gabbiani. Solo l’alta marea, cinque piani più sotto e un isolato più in là, che lambisce i piedi delle mura cittadine. E qualcos’altro. Qualcosa che stormisce dolcemente, vicinissimo. Marie-Laure scosta la persiana di sinistra e fa scorrere le dita sulle stecche alla sua destra: c’è un foglio di carta, venuto a impigliarsi proprio in quel punto. Lei se lo porta al naso: sa d’inchiostro fresco, e forse anche di carburante. La carta fruscia bene, non è lì da molto. Marie-Laure esita davanti alla finestra con i piedi nei calzini, la cameretta alle spalle, le conchiglie disposte in cima al guardaroba e i sassi lungo il battiscopa. Il bastone da passeggio è ritto in un angolo; il grosso romanzo in Braille attende sul letto a faccia in giù. Il frastuono degli aeroplani cresce.

Questo brano è preso da:

Tutta la luce che non vediamo
Anthony Doerr
Rizzoli Editore, ed. 2014
Traduzione di Daniele A. Gewurz e Isabella Zani
Collana "la Scala"
Prezzo 19,00€

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domenica 22 novembre 2015

L'ha detto... Achille Campanile


Fonte: Brevity

I lettori sono personaggi immaginari creati dalla fantasia degli scrittori. 
 Achille Campanile


venerdì 20 novembre 2015

"La melodia di Vienna", Ernst Lothar Müller - Passaggi secolari e generazionali...



Fonte: Habsburger


Il titolo lascerebbe presagire male invece questa lettura si è rivelata veramente una bella esperienza. Come successe ad Agosto per "La prossima volta", anche in questo caso c'è una frase in copertina che, all'acquisto del libro, non avevo notato:
Una perla ritrovata della grande epopea mitteleuropea: il Downton Abbey di Vienna
E anche in questo caso, come allora, sull'argomento non faccio testo visto che, non solo non ho letto il libro di Neri Pozza, ma ogni volta che provavo a vedere la serie televisiva mi addormentavo nei primi dieci minuti di programmazione! Ma relativamente a questo libro posso dirvi che vale veramente la pena leggerlo: è accattivante, mai noioso e con molti colpi di scena.

Siamo alla fine dell'800 a Vienna e nella ormai famosa casa degli Arlt si discute del desiderio di Franz, ultimo di 4 fratelli figli di Carl Arlt, di costruire un quarto piano che sia degno di ospitare lui e la sua futura sposa. Il problema non è solo la sopraelevazione, ma anche la sposa. Henriette Stein, figlia dell'illustre professor Stein, ma ebrea per parte di padre. Figlia di una donna morta giovane e dal discutibile passato. Non è accettabile che la famiglia borghese degli Arlt, oltre a passare sopra a questo, debba anche digerire che la sposa, che Franz si è scelto, sia conosciuta in società per le sue "famose" frequentazioni tra cui il principe Rodolfo, erede al trono d'Austria, anche se nessuno ha potuto dimostrare che siano amanti. Gli Arlt sono, da quasi mezzo secolo, famosi per i pianoforti che producono e la cui fabbrica viene definita "la melodia di Vienna", tra coloro che hanno suonato i pianoforti da loro prodotti c'è anche Morzat che qualche giorno prima di morire suonò il pianoforte che è situato in uno dei due saloni di rappresentanza dell'attuale condominio al terzo piano.
Franz non vorrà sentir ragioni, e a nulla serviranno le prove che gli verranno date dal fratello maggiore Otto, prefetto di Vienna.

Questo viaggio di circa 150 anni è la cronaca fedele e romanzata, non della Storia, ma di come questa si deve o non si deve vivere; è un po' come avere un compendio per trovare una serie di suggerimenti per affrontare i cambiamenti. Il mondo qui descritto declina vertiginosamente dall'età aurea a quella delle due guerre e non è semplice interpretare i cambiamenti per gli appartenenti alla famiglia Arlt. Prima siamo giovani e vorremmo essere grandi, cerchiamo risposte ed approvazione da chiunque ci sembri giusto per quel ruolo. Poi diventiamo grandicelli e le risposte le cerchiamo nei libri, nelle teorie che studiamo a scuola; quelle risposte ci sono vitali, anche per capire chi siamo e che strada intraprendere e, chiunque si metta in mezzo e ci imponga una scelta diventa nostro nemico. Poi entriamo nell'età adulta e lo scontro con un mondo che non sembrava così "duro" è un vero shock. Mano a mano cresciamo, ma la nostra anima non invecchia come il nostro corpo e la somma delle nostre esperienze non viene analizzata come dovrebbe per permetterci di vedere le cose in un'altra prospettiva. Quando diveniamo vecchi pensiamo che sia troppo tardi, ci attacchiamo al passato perché quello che c'è fuori ci pare ostile e perché troviamo che chi ci sta accanto non dipende più da noi e questo fa male.

È la vita di Henriette, divisa fra quello che avrebbe potuto essere e quello che effettivamente è. Il "passaggio" si nutre di tutta l'angoscia che potrebbe esserci in un caso come questo, ovvero quello di una donna che vive la sua scelta di vita come un ripiego, una soluzione ma che, non ha tenuto conto, è reale e come tale va vissuta. Eppure Henriette scoprirà di sé più di quanto possa immaginare grazie proprio alle vicende che la vita le imporrà di affrontare. Viene da un mondo dove le donne sono considerate belle e basta, vive in un ambiente privilegiato, non conosce la fatica e il lavoro e alla soglia dei quarant'anni si ritrova a doversi confrontare con giovani che hanno ricevuto un'istruzione completa e che si affacciano al mondo del lavoro con tutt'altro cipiglio. Il '900 è l'epoca in cui le donne cominciano a partecipare in prima persona alla vita sociale e produttiva della società, anzi lo facevano pure prima ma, essendo relegate a ruoli marginali, questo ruolo era sempre stato loro negato.  Il confronto è deprimente, come lo è il dualismo dell'approccio di Henriette nei confronti dei figli due dei quali tenuti a casa e gli altri due mandati in collegio. Una disparità che segnerà profondamente le loro vite e i rapporti complicati anche dall'approccio di Franz, molto più grande della moglie, in apparenza completamente anaffettivo. Henriette nel menage familiare del civico 10 è entrata come una rivoluzionaria e nel giro di vent'anni si ritrova a non essere né più tale, come continuano a vederla i parenti acquisiti e nemmeno più giovane come i suoi figli e quindi pronta ad affrontare tutte le novità con curiosità e coraggio.

Questa storia non ha solo un crescendo negli avvenimenti che si susseguono ma, come è accennato nella post fazione, nasce per un motivo e finisce per servire ad un altro. Nasce per far conoscere Vienna e l'approccio dei viennesi al cambio di secolo e alle guerre e diventa un piccolo miracolo. Improvvisamente diventa un compendio per chi è austriaco per capire chi si è e che rapporto si vive con la nazione di origine. Ecco, io amplierei il concetto. Nel corso delle seicento pagine crescono sia l'autore che i suoi lettori, partecipando alle vicende degli Arlt impariamo a scoprirci e a guardare oltre e ci si rivela una vita diversa da come pensiamo di averla vissuta. Non significa che abbiamo sbagliato, ma solo che abbiamo perso l'ingenuità che Hans attribuisce agli americani, della gioia quotidiana. La felicità e la gioia sono concetti che noi solitamente riconduciamo a momenti ben specifici della vita e ad altrettanti specifici sentimenti. Tutto il resto è abitudine e noia che spesso si tramutano in angoscia e stress, nonché in incomprensioni. Imparare a ricavarsi il momento di gioia dai piccoli momenti è una cosa difficile, me ne sono accorta anche io seguendo la sfida 2015 di UnaLettrice dei #100happydaysItalia, ma come dice Hans ci vuole l'ingenuità dell'abitante del villaggio, inserita nei contesti urbani per restituire al singolo quell'unico momento giornaliero in cui l'uomo è felice di appartenere a quella collettività e a quello Stato.

Cresce anche l'autore, nel suo percorso di conoscenza dei suoi protagonisti e il crescendo della storia corrisponde alla scoperta dell'io e del rapporto uomo società. EÈ un po' come se Hans e Ernst fossero la stessa persona che scopre la formula di una vita che vale la pena vivere. Per fare questo Hans toccherà il fondo dell'angoscia e da questo con il suo autore mano a mano risalirà la china del dolore, dell'uscita sconfitta dalla prima guerra mondiale e del radicale declino del mondo e della sua famiglia che fino allora pensava di conoscere, scoprendo finalmente il suo ruolo e il mondo che vorrebbe vivere. Ogni protagonista di questa storia si riscopre in un ruolo che non si sarebbe aspettato di ricoprire, ogni personaggio ha una sua formula della felicità, urlata o sommessa. Ogni uomo è soddisfatto e realizzato nella misura in cui riesce a rispecchiarsi in una collettività coerente e in una vita privata appagante. A questo si aggiunge la comunicazione e il gesto nel volge del 1900. Crollano i muri del silenzio e del non detto in virtù dei nuovi ruoli che ricoprono sia le donne che gli uomini. E quello che ieri era disdicevole oggi si rende necessario per sopravvivere al mondo in continua corsa verso nuovi miti, veri o falsi che siano. La comunicazione diventa necessaria per capirsi e per costruire quell'ambito di fiducia che ieri era imposta e oggi si guadagna, per farsi comprende e apprezzare. L'autorevolezza non viene dal ruolo ricoperto ma dalla coerenza di rapporto e di pensiero espresso vero gli altri. 

È interessante scoprire che quanto sin'ora detto sia straordinariamente attuale per chi, come noi appena entrati negli anni 2000, ci ritroviamo nella medesima situazione e nella necessità di adeguarci al nuovo corso delle nuove generazioni. Stupisce ancor di più che i parametri per ottenere l'effimera accettazione plenaria di effimeri obiettivi, come quelli di guerra, ieri come oggi siano dati dal grado di diffusione del dissenso e della condanna dei fatti e quindi dalla comunicazione, a conferma che il '900 è stato il secolo della scoperta del potere dei media. Conforta invece sapere che può esserci salvezza come ieri, fermo restando che il singolo comprenda che, per cambiare il mondo, deve partire dal cambiare sé stesso anche se questo significa abbandonare, non dimenticandolo, un passato sicuro solo perché lo conosce meglio del suo presente.
Un libro veramente interessante che non pensavo fosse così coinvolgente, non ne rimarrete delusi.
Buone letture,
Simona Scravaglieri


La melodia di Vienna
Ernst Lothar Müller
Edizioni E/O, Ed. 2014
Traduzione di Marina Bistolfi
Collana "Gli intramontabili"
Prezzo 18,00€  


Fonte: LettureSconclusionate

mercoledì 18 novembre 2015

[Dal libro che sto leggendo] Il cielo resta quello


Fonte: Foto community

Leggere questo libro, come vi dicevo venerdì, è un po' come tornare indietro anche se, la scrittura è decisamente contemporanea come testimonia il termine "sfigata" inserito in questo estratto.
È un libro di un ragazzo giovane che però ha trovato la sua formula per parlare di temi importanti anche senza rinunciare alla sua voce educata e gentile e al suo approccio defilato e discreto. Un atteggiamento che potrebbe sembrare inadeguato per uno scrittore ma che invece gli permette di entrare nel ruolo di voce narrante senza essere troppo presente nella storia che sta raccontando.

È con Maria che inizia tutto, lei ama Carmine ma suo padre non vuole darla in sposa a nessuno. Non c'è l'uomo che possa prendersi cura di sua figlia meglio di lui. Così Maria si strugge da quando il padre ha detto al fratello del bel macellaio che lui, di figlie da mariti, proprio non ne ha. Ma l'amore può tutto e grazie a lui questa storia avrà un inizio.

Non è detto che per essere  una bella storia ci deve essere un lieto fine o delle belle situazione come non è detto nemmeno l'opposto. Questa è bella perché sentita e perché è ambientata in un periodo relativamente vicino. Eppure a volte sembra di essere agli inizi del '900, questo perché nel luogo dove si svolgono i fatti tradizione e modernità hanno tempi ben stabiliti nel passare delle stagioni: la modernità arriva d'estate e poi se ne rivà, nel resto del tempo la tradizione che ha preservato i popoli per farli arrivare fino ad oggi è l'unica legge che ha dimostrato che vale la pena di seguire.

Piacerà anche a voi, inaspettatamente.
Buone letture,
Simona Scravaglieri 


Se non evapori ad agosto, stai tranquillo dell'arrosto: se l'arrosto non sei tu, chiedi grazie a Gesù.Uh, gocciolin gocciante, bollicina tremula e timorosa, pronta alla sublimazione. Puf! Era scoppiata alla fine sulla fronte madida di Maria che in cucina aiutava la madre a pulire la verdura. Senza badare alle continue istruzioni che quella le impartiva, sciacquava le foglie di insalata che avrebbero accompagnato il merluzzo in umido che ribolliva a fuoco lento. Si prestava a darle una mano quando il tedio accumulato raggiungeva le altezze da vertigini e a lei non rimaneva che inventarsi occupata a a far qualcosa o buttarsi da quelle stesse altezze in un gran finale da sbadiglio suicida.Il cogitare era tutto rivolto a lui: a Carmine. Cosa facesse, con chi stesse, se la stesse pensando e le sarebbe bastato sapersi ricambiata di un decimo dell'intensità che ci metteva lei.Erano passati mesi dall'ultima volta che si erano visti e li teneva a conto come un debito che cresce di giorno in giorno e a cui porre rimedio al più presto se non si vuole patire il disagio tipico di chi non assolve alla restituzione.«Figlia mia, ma a che pensi?» disse Chicchina sfilandole dalle mani l'insalata che grondava d'acqua, aveva talmente stressato la fibra delle foglie che avevano oramai perso la sua croccantezza, tanto valeva bollirla, ripeteva. Maria le rivolse solo un'occhiataccia e se ne andò in camera sua  senza dire una sola parola. A tavola continuò a starsene muta: contava in testa  le tacche di noia che s'accumulavano, chiedendosi quando sarebbe traboccata. Ma quel giorno si chiese soprattutto cosa sarebbe stata capace di fare lei per porre fine alla miseria di quella situazione.Dopo pranzo era passata Rosa. Erano sole in cucina col tavolo ancora imbandito e Maria le aveva chiesto di far recapitare al Morise un suo messaggio: era lunico che avrebbe voluto in vita e l'avrebbe voluto a qualunque prezzo, anche quello di essere ripudiata dal padre. Poi però si era rimangiata tutto, pensando che fosse un messaggio da povera sfigata. Meglio seguirlo. Ecco sì, controllare ogni sua mossa.Rosa si mostrò riluttante all'idea di indagare per capire chi facesse la smorfiosetta con Carmine, ma Maria voleva vedere con i propri occhi cosa combinasse. «Allora accompagnami», disse all'amica, «non posso andarci da sola.» Ogni volta che il padre la vedeva infilare la porta di casa da sola le chiedeva dove stesse andando, che già se vedeva l'ombra della della figlia tremare sulle strade di Bagnara per la paura di non accompagnarsi a nessun'altra.Rosa si fece convincere.Carmine, dopo pranzo, prima di riaprire la macelleria in cui lavorava, non poteva che trovarsi al mare. Maria sapeva bene dove nascondersi senza il rischio di farsi beccare: lì nello stesso luogo dove si baciarono per la prima volta.

Questo pezzo è tratto da:

Il cielo resta quello
Francesco Leto
Frassinelli Editore, Ed. 2015
Prezzo 15,00€

domenica 15 novembre 2015

L'ha detto... San Francesco di Sales

Fonte: Trend Online


In ciascuno dei tuoi istanti è contenuto, come in un nocciolo, il seme di tutta l'eternità. 
 S. Francesco di Sales


venerdì 13 novembre 2015

"Il cielo resta quello", Francesco Leto - Come in una vecchia foto...

Fonte: EveryStockPhoto

Qualche tempo fa mi capitò di leggere, non ricordo dove in riferimento a non mi ricordo quale opere e quale autore, la definizione:"timbro narrativo". Ecco all'epoca mi sono arrovellata un po' su come si potesse sentire un timbro narrativo in una storia che ti leggi da solo; in fondo, quando leggi, è la tua voce interiore che "interpreta" la storia - in quelle più complesse si associano voci diverse a personaggi differenti - ma come si può sentire un timbro narrativo? Ecco, la storia di oggi, ha un notevole e maturo timbro narrativo del tutto diverso da quello che ti aspetteresti guardando in faccia l'autore. Ed è un complimento eh! Perché nonostante Francesco Leto riesca ad ottenere questo effetto, se andiamo a ben guardare, l'effetto non è creato dall'utilizzo di termini antiquati e desueti, ma dalla storia  e dalle immagini che da essa si ricreano. Stasera in macchina, mentre ripensavo che avrei dovuto totalmente riscrivere quello che avevo già fatto perché non mi sembrava all'altezza, mi è venuto in mente di trovare un'immagine che mi aiutasse a descrivervi questo romanzo.
Questo romanzo ha lo stesso effetto della foto sopra inserita (che nulla a che vedere con la storia!) che, evidentemente, è antica ma se vi fermate a fissare i volti di quegli uomini messi in posizioni anche poco naturali, scoprirete vi sembra che siano ancora vivi, che si stiano facendo fotografare proprio in quel momento davanti a voi.

Qui, nel primo presente della storia che è costruita su tempi che si spalmano quasi in mezzo secolo, siamo a Bagnara Calabra. Maria e Rosa, sono innamorate di due amici, la prima ha il padre poco convinto che Carmine sia 'uomo giusto per la sua adorata figliola, anzi, se proprio stiamo a ben guardare, un uomo adatto, prono non c'è. Rosa invece è già fidanzata. Ma Maria la spunterà alla fine e con Carmine avranno tre figli: Domenico, u' cardellino, Sisina e Antonio. Però per una battaglia che vinci con la vita e con il destino ce ne sono molte altre che perdi: ma questo non lo si può mai sapere a priori, lo si impara vivendo. E non è che sia una questione di ricchezza e povertà, perché Carmine e Maria sono felici anche con pochi soldi e tanti bambini, ma il destino ha sempre in serbo qualcosa che ci ricordi il valore della vita e degli affetti, che ci faccia rendere conto di chi siamo e di cosa possiamo fare, che ci permetta di essere mezzi per altri per uscire dall'ombra o per cambiare il mondo. Insomma il destino ci insegna che siamo tutti correlati e un mezzo ti tanti per permettere che qualcuno arrivi più su, quasi a toccare il cielo.

Poetico? Il libro è così. In effetti non è che avessi compreso tutto ciò quando a Roma si è presentato un alto - tanto alto giuro! - segaligno e timido Francesco. Effettivamente non gliela avevamo resa facile, lo avevamo invitato alla giornata di #nonsonosòle e gli avevo detto che l'obbligo era quello di autosconsigliarsi perché in questa giornata va sempre tutto al contrario. Così complice la situazione già strana e la mitica signora con il cane, sopraggiunta in quel momento e che non conosceva le regole del gioco, che lo sconsigliava ad autosconsigliarsi l'unica cosa che avevo capito è che qui c'era e non c'era Mimì Bertè. Ecco ora posso essere più precisa: Mimì c'è e di sfuggita anche la sorella Loredana e  anche un'altra sorella, di cui non sospettavo l'esistenza, e il loro padre il professor Bertè. La cantante compare per battere il tempo della storia. Ogni capitolo, più o meno, rappresenta una foto temporale scattata in un determinato periodo della vita di Maria e il ricordare qui e lì le tappe della nascita e della fine di un mito della canzone italiana aiuta il lettore a capire più o meno di quale periodo stiamo parlando.

E' un'artificio utilizzato in maniera strategica perché, nonostante si utilizzi un linguaggio contemporaneo e scorrevole, le immagini rimandano con le loro rappresentazioni a tempi ancora più lontani da nostro presente. E' corretto che sia così, la Bagnare che Francesco ci presenta è un luogo abitudinario e che cambia il suo ritmo solo all'arrivo del turismo che non ne intacca la tradizione. Il modo di vivere del luogo diventa parallelo e accomodante solo perché i turisti vengono e poi se ne rivanno, ma le regole per chi ci vive non cambiano. E quando finisce la stagione turistica le tradizioni millenarie tornano a farsi sentire in maniera prepotente, le ragazze da marito da una parte e i ragazzi in cerca di sistemazione dall'altra, la famiglia prima di tutto e la vita improntata tutta a costruire un piccolo mondo che si ridurrà naturalmente quando i figli cresceranno e usciranno di casa. Ma quei figli saranno la testimonianza dell'amore e della gioia che i loro genitori hanno avuto nel guardarli negli occhi finché hanno potuto. 

Non è una storia che si nutre di colpi di scena, ma di dolori. Quelli che fanno crescere e che fanno arrabbiare, che ti fanno strappare i capelli e chiederti perché proprio a te. Ma un destino c'è, magari non tutti lo vedono, ma c'è. E' quello di fare un pezzo di strada della storia insieme, di creare nuove vite, di aiutarla ad affrancarsi dalle fatiche delle vite precedenti e di sperare per loro un futuro migliore, più facile e tranquillo. Alcuni ce la faranno, altri no, altri ci lasceranno. Ma la sofferenza è un momento chiave di crescita e se lo sai cogliere, non lasciandoti andare, alla fine sarai più forte. Così Maria, la ragazza che era così delicata da dover essere preservata dal padre quasi fosse una bambola di fine porcellana, si rivela una vera leonessa. Punta su ogni singolo figlio ora con più fortuna ora con meno. C'è Sisina, così dolce e delicata che sa qual è il suo dovere e ci si applica con impegno, Antonio che deve ancora superare le sue paure dell'abbandono e Domenico, u' cardellino, che non appartiene a nessuno, forse un po' alla burbera nonna Sasso, ma rimane fedele solo a sua madre. ragazzo generoso e irrequieto non si sottrae al dovere alla bisogna e con sorprendente impegno crea una vita per tutti dal nulla. Ma tutti hanno un punto fermo, un esempio da guardare e a cui ispirarsi. Una madre forte e silenziosa che come un mulo sfida il mondo e le chiacchiere per garantire alla sua prole le stesse opportunità che hanno gli altri.

E' una storia bella e intensa, vivida e realistica come gli occhi degli uomini sopra fotografati, raccontati da una voce inaspettatamente matura e consapevole di un giovane talento italiano che non si dovrebbe trascurare. Probabilmente vi capiterà di leggero inizialmente di corsa perché è scorrevole ma, ad un certo punto, vi accorgerete di aver rallentato per gustarvi questo piccolo mondo raccontato con eleganza e sentimento cui vi affezionerete con estrema facilità. Una bella storia da conoscere sicuramente che a me manca già.
Buone letture,
Simona Scravaglieri

Il cielo resta quello
Francesco Leto
Frassinelli Editore, Ed. 2015
Prezzo 15,00€


Fonte: LettureSconclusionate

mercoledì 11 novembre 2015

[Dal libro che sto leggendo] La melodia di Vienna

Fonte: Anobii

Oh! E oggi andiamo a Vienna, luogo magici, soprattutto per il periodo di feste che sta cominciando ad arrivare. Siamo infatti a Meno di un mese da "Più libri, più liberi", la manifestazione della piccola e media editoria che apre le danze del mese di Dicembre.
Come anticipato nel Diario di Ottobre, questo, è il libro scelto dal gruppo di lettura del Klamm - che  ieri ha slittato la data dell'incontro da questa domenica a domenica 22 quindi se andate prima non ci trovate! -. 

Come potrete leggere qui sotto siamo nel 1888 ma lo stile è decisamente scorrevole. Quello qui riportato è il prologo da cui partono i capitoli successivi che vedono Franz, il nipote che eredita l'attività di costruzione di pianoforti e che abitando all'ultimo piano della casa di famiglia, decide di portare l'edificio da tre piani a quattro in vista del suo prossimo matrimonio con Henrietta Stein. Proprio il numero di carte necessario per fare questa sopra-elevazione gli permette di guardare la storia della sua famiglia attraverso le carte depositate al tribunale dei fabbricanti. Ma c'è ancora molto altro da scoprire...

Non l'ho ancora finito ma a me piace parecchio e sono sicura che incuriosirà anche voi!
Buone letture,
Simona Scravaglieri



Chi avesse svoltato presso la chiesa dell’ordine teutonico, avrebbe raggiunto in pochi minuti la casa all'angolo tra Seilerstätte e Annagasse; si trovava al centro del primo rione, e il primo rione era il cuore di Vienna. Per quasi cento anni fino a quel momento, il 9 maggio 1888, la casa aveva avuto tre piani oltre al piano terra e al mezzanino. Nessuna casa di borghesi che si rispettassero era più alta, a Vienna. Con le sue sette finestre che davano sulla angusta Annagasse e le sei finestre affacciate sulla più ampia Seilerstätte, con l’intonaco di un giallo-grigio opaco e la facciata in puro stile Maria Teresa, aveva un aspetto imponente ed emanava un senso di agiatezza. Se non fosse stato per la cartoleria al piano terra, che vendeva articoli comuni, si sarebbe potuto ritenere il numero 10 della Seilerstätte (l’ingresso principale dava infatti su questa strada) il palazzo di un aristocratico. Questa impressione era avvalorata da un blasone in pietra che sovrastava l’ingresso principale. Non era formato da corone, bandiere e guantoni da torneo come quelli che si vedevano sulle case principesche e aristocratiche del vicinato, ma da un angelo nudo del tipo che a Vienna era chiamato angelo musicante. Suonava una tromba dall'aspetto piuttosto strano. La sua canna lunga e sottile, che lo scalpellino aveva allungato quanto più aveva accorciato esageratamente il braccio nudo che la sosteneva, si drizzava verso l’alto come una lancia; neppure il disco sottile alla sua estremità contribuiva a conferirle l’aspetto di una tromba: sembrava piuttosto un’arma. L’angelo, del quale si vedevano l’ala destra e il corpo probabilmente più grasso che si fosse mai librato su compatte nubi di pietra, si rivelava invece un classico angelo barocco austriaco. Soffiava forte nello strumento, gonfiando le gote. Insinuare che quel blasone potesse avere lo scopo di levare alla casa la sua aria borghese per adeguarla all'aspetto aristocratico di alcuni edifici del vicinato sarebbe ridicolo. Era semplicemente nello stile dell’epoca, che provava piacere nell'ornare copiosamente le facciate e nel suggerire ai passanti, mediante opere di scalpellini e affrescatori, il rango o l’attività degli abitanti. Il serpente di Esculapio indicava il medico e il farmacista, la bilancia l’uomo di legge, la ruota il carrozziere e l’effigie barbuta di Gutenberg il tipografo. Nel caso dell’angelo con la tromba l’interpretazione era più dubbia. A giudicare dalla lunghezza e severità del suo strumento lo si sarebbe potuto ritenere un annunciatore del Giudizio universale, benché un soggetto simile non corrispondesse allo spirito dei viennesi, i quali non amavano si richiamasse loro alla memoria la resa dei conti finale; se invece lo si considerava un simbolo musicale, non si spiegava come mai un fabbricante di pianoforti avesse scelto come blasone una tromba. La casa esisteva ormai da novantasette anni quando Franz Alt, uno dei nipoti del costruttore, cominciò a pensare di sposarsi e di costruire un quarto piano. Un’idea audace. Gli abitanti del numero 10 erano infatti bravi viennesi, quindi contrari alle trasformazioni; e non esisteva niente di più sconvolgente dell’aggiunta di un quarto piano a una vecchia casa.Faremo quindi bene a studiare per qualche istante la topografia di questa vecchia casa e l’albero genealogico dei suoi abitanti, malgrado il quadro piuttosto intricato. 
Questo pezzo è tratto da:

La melodia di Vienna
Ernst Lothar Müller
Edizioni E/O, ed. 2014
Traduzione di Marina Bistolfi
Collana "Gli intramontabili"
Prezzo 18,00€ 



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lunedì 9 novembre 2015

Diario di un mese di libri... Ottobre 2015

Fonte WikiChoice

Libri comprati:
"E' la vita Joy", Nell Dunn
 - Sonzogno Editore (Usato)
"L'albero di stanze", Giuseppe Lupo - Marsilio Editore 
(Usato)
"Caravanserraglio", Francis Picabia - Edizioni Clichy (Usato)
"Carne viva", Merrit Tierce, SUR Edizioni (Usato)
"Paradossi della scrittura e altri racconti", Alessandro Abate - Meridiano Zero Editore (Usato)
"Un assaggio di Dunwich 5", AA.VV - Dunwich Edizioni 
"Streghe della Luna"(Vol.3), Maria Benedetta Errigo - Dunwich Edizioni
"La vodka è finita", Alessandro Bernardini - Ensemble Edizioni


Libri regalati
"La casa di Parigi", Elisabeth Bowen - 
Sonzogno Editore
"Non è un vento amico", Vincenzo Zonno - Vocifuoriscena Edizioni
"Miss Jerusalem", Sarit Yishai-Lev - Sonzogno Editore


Libri letti
"Florence Gordon", Brian Morton - Sonzogno Editore
"Chi ha paura di Pulcinella?", Massimo Torre - E/O Edizioni
"MR. MERCEDES", Stephen King - Sperling&Kupfer Editore
"L'ambasciata di Cambogia", Zadie Smith - Mondadori Editore
"Quando le chitarre facevano l'amore", Lorenzo Mazzoni - Spartaco Editore (non ultimato)
"I fratelli Karamazov", Dostoevskij - Sansoni Editore (non ultimato)
"A spool of blue thread", Anne Tyler - Ballantine books (non ultimato)



Questo mese ho fatto un po' schifo, un po' per colpa mia che sono sempre un po' stanca e un po' per colpa del GRA che non mi lasciato tornare a casa in meno di due ore. Quindi tante, tantissime code che non sono quelle adatte per leggere. "Tu leggi in macchina???!!!" già vi vedo con gli occhi sgranati! Io leggo se la coda è ferma, altrimenti mi limito ad ascoltare audiolibri e, molto raramente, anche la radio. Con le code del GRA ho imparato ad usare Access e un mese in particolare ho letto 8 libri; era il periodo in cui dovevano ampliare di una corsia il tratto che va dall'uscita Settebagni fin dopo la Flaminia. In quel periodo partivo alle 6 del mattino da Rocca di Papa e arrivavo alle 10:00 in ufficio! E secondo voi che può fare una ferma letteralmente in coda per quattro ore? Legge! Quindi le mie letture sono state un po' poche se pensiamo che "Florence Gordon" è nella lista solo per dovere di cronaca visto che è stato ultimato il primo ottobre e ve ne ho parlato ampiamente anche nel precedente Diario.

Dunque dunque che cose ho fatto questo mese... mumble mumble... 
Innanzitutto c'è iGruppo di Lettura del Klamm, organizzato con Irene di LibrangoloAcuto e con Carlo Sperduti che è partito il 18 Ottobre con la scelta di lettura "La melodia di Vienna" di Ernest Lothar Müller, Edizioni E/O. Qualora voleste partecipare il gruppo si riunisce sempre la terza domenica del mese alle 19:00 quindi siete ancora in tempo. Notare, con Irene abbiamo portato anche qualcosa da sgranocchiare durante l'aperitivo e, stupite stupite, a quanto pare sono ancora tutti vivi!!! Io non ho avvelenato nessuno! :D È stata una bella serata, avremmo dovuto teoricamente solo scegliere il libro, ma in fondo quando si riuniscono i lettori non si può mai pensare di chiuderla così facilmente. È finito che abbiamo parlato di gusti di lettura, dei libri sòla, di scrittori preferiti e non, c'è stata anche qualche lettura del libro di Alessandro Sesto, "Moby Dick e altri racconti" che era in bella mostra nella libreria del locale. Alla fine abbiamo chiuso la serata all'una del mattino, ma vi assicuro è stata molto soddisfacente! 
Per quanto riguarda il libro di Lothar Müller siamo di fronte ad una saga familiare che racconta di tre generazioni della famiglia Alt di Vienna, famiglia che è diventata ricca quando il suo capostipite si è messo a produrre pianoforti e ha chiesto il permesso al tribunale dell'edilizia per costruire una grande casa che potesse ospitare la sua famiglia e che impone agli eredi, per non perdere l'eredità, di vivere tutti sotto lo stesso tetto. Le famiglie che man mano si vengono a creare sono tutte diverse, felici o povere che siano, vivono nel continuo confronto fra la loro vita e quella degli altri in un condominio molto particolare che vede passare fra le sue mura personaggi importanti e grandi maestri di musica. Per ora quello che ho letto, circa un centinaio di pagine, mi piace e quindi vi dirò come si evolve la situazione.

Tra parentesi, sempre in tema a Novembre con Elisa Gelsomino di "Odor di Gelsomino" leggeremo insieme Doerr,"Tutta la luce che non vediamo" che ha vinto nel 2015 il Pulitzer. Lo abbiamo preso in tempi diversi, ma alla fine né io e né lei eravamo ancora riuscite a leggerlo quindi, se non avete nulla da fare - e per i lettori compulsivi questa è una frase maledetta e micidiale! - potreste leggerlo per vedere se abbiamo lo so stesso punto di vista. E' anche un modo per conoscersi, visto che, come ho sempre detto, ognuno di noi legge con la propria esperienza e il confronto su quello che percepiamo ci rappresenta.

Sono stata anche ad una manifestazione che si chiama "Logos" per sentire gli scrittori di Gorilla Sapiens, lo so la mia è una malattia, ma mi fanno troppo ridere e in più - qui lo posso dire tanto lui non lo leggerà-, mi piace in particolar modo sentire leggere Carlo Sperduti. È un po' come sentire leggere Irene di LibrangoloAcuto, lo fanno così bene ma così bene che da loro ascolteresti pure la lista della spesa e ti piacerebbe moltissimo! Carlo in particolare ha veramente una bella intonazione baritonale ed è bravo al punto che riuscirebbe pure a farvi la parodia dell'Otello rimanendo sempre serio e impostato. Sono doni, ma noi non glielo diciamo tanto lui non sa che ne stiamo disquisendo! 
Dicevo che sono stata a questo evento con Irene, stampa molto alternativa, tanto alternativa, estremamente alternativa. Ma sinceramente pensavate che sarei tornata a casa senza un libro? Ecco, è stato davvero, davvero, davvero difficile, ma ce l'ho fatta! Mi sono fermata al banchetto Ensemble Edizioni e ho preso "La Vodka è finita" di Alessandro Bernardini. E' una storia violenta in cui il giovane Ugo, che sembra essere il protagonista, si trova fra due fuochi, l'amore per la sua bella e seguire le orme del padre nel mondo criminale. È anche una storia a due tempi, la prima parte si svolge nel 1982 e l'altra, se ho ben capito, qualche anno più tardi. Il venditore mi ha detto che potrebbero esserci dei refusi, cercherò di passarci sopra e ve ne parlerò quando lo leggerò!

E ora arriviamo a Maria Benedetta Errigo. L'ho conosciuta in una serata con un gruppo di lettura anobiiano e da allora ci sentiamo costantemente su FB. Abbiamo in comune: la passione per i libri, per i gatti e per il sushi. Maria è una di quelle sante donne che sopportano i miei sfoghi, e qualche volta ci ride pure su con me, ma non mi ha mai consigliato ne la sua pagina e tantomeno i suoi libri perché sa che spesso sui social vengo contattata privatamente spesso per richieste di recensioni o c'è anche gente che, anche se nemmeno ti ha detto ciao  già vuole che tu diventi sua fan. Invece Maria è una che non sta con le mani in mano e scrive parecchio, così quando ho visto la segnalazione dei libri in cui era presente ho deciso di non lasciarmeli sfuggire. Sono due ebook della Dunwich Edizioni "Un assaggio di Dunwich 5", AA.VV è una raccolta di racconti fantasy mentre per "Streghe della Luna"(Vol.3) - di Maria Benedetta Errigo - si tratta di una storia completa. È il terzo volume perché, nella collezione, ogni volume è dedicato ad un autore e nel caso di Maria è il terzo. E' una storia di streghe le cui anime vagano di discendente in discendente da quando sono state sterminate dall'inquisizione. Di passaggio in passaggio arrivano fino a Sara che però si trova fra due fuochi, il padre esponente dell'inquisizione e la sua anima da strega che ha appena scoperto la sua vera natura. Ne nascerà uno scontro che sconvolgerà la vita che Sara pensava di dover vivere. (se ci sono errori Maria non esitare a dirmeli!) La nostra autrice avrebbe anche una pagina Goodreads che ora speriamo che incrementi, vero Maria?? :)

Visto che il mese non mi ha riservato le soddisfazioni che avrei voluto, come diminuire la pila dei libri che ingombra la mia scrivania che mi ricorda, quanto sono indietro con le letture, ogni volta che vado a dormire e mi alzo, mi sono fatta un regalo. Ho comprato dei libri usati da Libraccio. Ho preso "Carne viva", Merrit Tierce, Edizioni SUR
Sono quattro i libri che rappresentano la nuova svolta della Sur che si vede "rivoluzionata" grazie all'attenzione di Marco Cassini e del suo team che hanno deciso di affiancare, alla consueta proposta di letteratura dell'America del sud, il core business e mission di Sur, anche una collana di letteratura Angloamericana, "Big Sur", che sicuramente si arricchirà di proposte interessanti. I quattro titoli che aprono questa nuova era sono: Carne viva (Merrit Tierce), Peggio di un bastardo. L'autobiografia (Charles Mingus), Gilliamesque. Un'autobiografia pre-postuma (Terry Gilliam), Rosemary's Baby (Ira Levin). Nell'opuscolo delle anticipazioni c'è una bella intro che dice:
Dopo aver lavorato insieme per tanti anni nella casa editrice indipendente minimum fax - portano in Italia nuove voci letterarie, classici da riscoprire, l'attività creativa raccontata in prima persona da registi e musicisti - abbiamo deciso di proseguire il percorso comune creando un nuovo spazio dove poter condividere le nostre passioni con i lettori.
Quello spazio lo abbiamo trovato dentro SUR, un marchio nato nel 2011 e fin'ora dedicato esclusivamente alla narrativa latinoamericana. Per la nostra nuova collana, che proporrà titoli di letteratura e saggistica provenienti dal mondo culturale angloamericano, ci è venuto quasi naturale scegliere il nome BIG SUR, che indica un luogo di confine tanto geografico quanto letterario, riassunto anche nel bilinguismo del toponimo: un po' California e un po' Sudamerica. Un avamposto a picco sull'oceano, a duecento chilometri da San Francisco e settecento a Tijuana, amato da Jack Kerouac e cantato dai Red Hot Chili Peppers, celebrato da Henry Miller ed esplorato da Hunter Thompson, messo in musica dai Beach Boys e raccontato da Richard Brautigan, dove Joni Mitchell, Joan Baez e Crosby, Stills, Nash & Young animarono il loro festival musicale; dove Lawrence Ferlinghetti andava in vacanza, Richard Burton e Liz Taylor girarono un film, e Orson Welles comprò un terreno.

Ci sembrava un posto giusto, abitato da persone simpatiche, e ci siamo trovati bene.

[...]

Marco Cassini

Dario Matrone

Martina Testa
Alla fine vi ho copiato praticamente tutta l'introduzione dell'opuscolo di anteprima dei titoli di questa collana. Perdonatemi, ma per me che sono una maniaca delle collane - adoro sapere il perché e il per come sono nate! - questa è vera e propria musica! Dicevamo, quando escono i titoli Big Sur?
  • Carne Viva: è uscito a Settembre con la traduzione di Martina Testa
  • Peggio di un bastardo: è uscito a Settembre con la traduzione di Ombretta Giumelli
  • Rosemary's Baby: esce a Novembre 2015 con la traduzione di Attilio Velardi
  • Gilliamesque: esce a Novembre 2015 con la traduzione di Assunta Martinese
Perché, dei quattro, "Carne viva"? La protagonista è una che nella vita è tanto precisa nel lavoro quanto sconclusionata nella vita privata. I suoi rapporti amorosi sono fallimentari, il figlio sta con il suo ex, si droga, beve eppure un giorno decide di raccontare i due lati della medaglia. L'ho scelto perché nell'anteprima è quello che mi ha particolarmente colpita. Narrato tutto in prima persona senza tanti orpelli e riguardi per il lettore fa parte di quel genere di letteratura che o ami oppure odi, ma non puoi saperlo finché non lo leggi, anche perché, per ogni personaggio dannato che racconta con la stessa formula la sua vita, puoi avere emozioni completamente diverse. Potreste anche ignorarlo, ma non è detto che sia una buona scelta, ma nessuno vi giudicherà per questo. (che donna pessima che sono vero? Mi metterò in punizione promesso!)

Anche "E' la vita Joy" è un titolo recentissimo di cui ho letto in giro e che a me era sfuggito. Potevo sinceramente lasciarlo passare così? NO! A costo di passare le prossime vacanze post-Natale-Capodanno china sui libri con la tazza da tè e i gatti che mi guardano in "gattesco" perché leggo e non me li filo, io DEVO SAPERE perché questo titolo tanto mi attrae. E' successo con anche un altro titolo sempre Sonzogno che si chiama "Miss Jerusalem" che è uscito proprio ad Ottobre.
Sono quelle strane alchimie che fanno sì che ti capita di leggere la sinossi, la registri mentalmente ma, se di solito dimentichi buona parte dei titoli che ti sono passati sotto gli occhi, quella in particolare rimanga lì alla base della nuca e come la bimbetta del racconto di Barthelme (Questo giornale qui, dalla raccolta di racconti "Atti innaturali, pratiche innominabili", Minimum Classics) ti punge ogni volta che guardi libri nuovi per dirti "Ehi! Ci sono prima io! Ricordi! Prima io! Io! Io!". È dannatamente fastidioso, sappiatelo! Ecco questi due è parecchio che mi pungono, da Luglio più o meno.
Per il primo anche in questo caso si tratta di una donna dannata. La sua colpa è innamorarsi sempre dell'uomo sbagliato. Nella sua vita si è sposata presto, Joy, con un rapinatore che è finito in prigione lasciandola incinta e senza soldi e Dave, anche se più gentile e affettuoso, è sulla stessa strada dell'ex marito. Eppure, guardandola tutta truccata e vestita mentre gira nelle strade della Londra degli anni sessanta, non si direbbe che a casa nasconda tutto questo. E' un altro caso di una vita che si sdoppia, ci faccio caso solo ora! Vedi a che servono i Diari? Mentre per "Miss Jerusalem" la copertina è mirabilmente il riassunto di quello che è la storia narrata dentro. Si parla di quattro generazioni di donne che hanno vissuto nell'epoca della seconda guerra mondiale e della successiva creazione dello stato Isareliano (1948) e delle lotte che ne seguirono. Le donne che sono state protagoniste nella famiglia Hermosa hanno visto ricchezza e povertà, guerra e pace, sono state amate e invidiate ma non hanno mai rinunciato a perseguire i loro sogni. Che li abbiano veramente esauditi? Ve lo farò sapere, promesso. Visto che siamo in area Sonzogno smarchiamo anche "La casa di Parigi" che io ancora non ho letto, ma di cui ho letto la recensione di Irene che non è bella, deppiù - si dice a Roma!-, tanto che, se avessi potuto, avrei buttato all'aria tutto ciò che stavo leggendo per leggerlo anche io velocemente. Ma dalla tabella di marcia non si può prescindere e così attenderò il momento giusto che spero venga il prossimo mese! In questo caso siamo nel dopoguerra e a Parigi dove nasce una amicizia fra due bimbi Hernietta e Leopold. Lei viene ospitata mentre è diretta verso la Francia del Sud, è scesa alla Gare du Nord e a casa della signorina Fischer trova Leopold con il quale, dice la sinossi e anche Irene, avrà l'opportunità di scoprire antichi ricordi di famiglia, storie quasi dimenticate che vengono fuori quasi per caso. Poi se Irene dice che vale la pena leggerlo noi lo leggiamo, vero eh??!! Fate sì con la testolina, bravi!

Chiudiamo l'angolo Sonzogno che è a tutti gli effetti la casa editrice adottata nell'anno 2015 da LettureSconclusionate - vedete che danni fa scoprire cataloghi che non si era mai analizzati fino in fondo?!-.  A Ottobre mi è arrivato "Non è un vento amico" di Vincenzo Zonno che mi è stato segnalato mentre ero a Logos. Devo ammettere io manco sapevo l'esistenza di un editore che si chiama Vocifuoriscena, chiedo venia per la mia ignoranza, ma con Irene che era con me e un lamen (o ramen) sottomano, stavamo al giapponese a Viale Ionio, abbiamo letto in giro che tipo di libro fosse quello di Vincenzo e abbiamo trovato il blog "Libri e parole" di Anna Fogarolo e vi devo dire che, a parte la bella presentazione del libro, Anna scrive veramente bene. E visto quel che scrive di questo, libro di Vincenzo ora è qui tra i libri da leggere! Siamo in nel 1854 in Prussia e il nostro protagonista viene inviato in missione. Si trova in situazioni che non gli sono consuete perché viene da un mondo completamente diverso e sa di doverle gestire per avere un'avanzamento di carriera, ma tutto quel che lo circonda sembra nascondere anche più di quel che sembra. Quindi presto scopriremo se io e Anna siamo dello stesso avviso.

Per "Caravanserraglio" invece andiamo in tutt'altro mondo. Siamo un po' dopo Jacques Vaché  di Lettere di guerra, la Maison des amis de livres di Adrienne Monnier ha aperto i battenti a Rue de l'Odeon 8 nel 1915 - e nel 1921 al numero dodici della stessa via anche Sylvia Beach trasferisce la sua storica libreria "Shakespeare&Co"- e, riguardo le intenzioni della Monnier, nel BBF (Bulletin des bibliothèques de France) troviamo questo appunto:
La biblioteca si apre 15 Novembre 1915: "La nostra prima idea è stata molto modesta: avevamo l'intenzione di creare una biblioteca e sala lettura dedicata soprattutto alle opere moderne"(dice ndr) Adrienne Monnier, che ha scoperto la letteratura contemporanea con Le Mercure de France, vorrebbe diffondere soprattutto questa produzione. La biblioteca diventerà presto il luogo di incontro per scrittori: Paul Fort, Pascal Pia, Jules Romains, Léon-Paul Fargue, Louis Aragon, André Breton e André Gide, Paul Valéry, André Salmon, Max Jacob, Pierre Reverdy, Blaise Cendrars, Jean Paulhan, Tristan Tzara, Jean Cassou sono tra i primi "abbonati". 


Tra i frequentatori abituali c'è anche Apollinaire che non è solo il grande poeta, ma anche amico fraterno, ma tanto tanto fraterno, di Pablo Picasso e poi Valery Larbaud, Claudel Gallimard e poi anche Joyce per il quale, con Sylvia Beach la Monnier studia una petizione internazionale firmata da tanti grandi autori, tra cui Hemingway, contro la pirateria, visto che l'Ulisse in America era stato censurato e veniva venduto sottobanco ristampato da chissà chi. Ma che c'entra tutta questa gente e soprattutto Vaché?
Ve lo riassumo altrimenti facciamo notte e voi morite di inedia prima di scoprire il nocciolo:
  •  Vaché era molto amico di Breton che ha conosciuto nel 1915 sul fronte quando fu ferito. Breton era un medico e Vaché un dandy che è stato designato come l'antesignano del movimento surrealista. E' Breton che cura la pubblicazione postuma delle sue "Lettere di guerra", Vaché muore infatti nel 1919 non prima però di aver fatto una scenata, pistola alla mano, nel 1917, mentre assisteva alla prima di "Le mammelle di Tiresia" di Apollinare.
  •  Breton enl 1913, mentre frequenta medicina si mette in contatto con Paul Valéri per sottoporgli le sue poesie e per avere un giudizio critico. Nel 1915 invia ad Apollinaire una sua opera stringendo con lui amicizia l'anno successivo. Poi "Nel 1919 si mette in contatto con Tristan Tzara al quale manifesta il suo entusiasmo per il "Manifesto Dada 3". Nello stesso anno fonda con Aragon e Soupault la rivista "Littérature" (una rivista a cui collaboreranno tra gli altri Jean Cocteau, Jean Giraudoux, Valery Larbaud, Paul Morand, Jules Romains, Max Jacob, Tzara ecc.) ed entra in contatto con Paul Éluard. Esce intanto, presso Au Sans Pareil, Mont de pieté, sua prima raccolta poetica illustrata da disegni di André Derain, e supera l'esame che lo fa diventare medico ausiliario. Alla fine dell'anno, conosce Francis Picabia, ne diventa amico." (fonte Wikipedia)

Riconoscete l'ultimo nome che avete visto anche nella lista dei frequentatori della piccola libreria di Adrienne Monnier? Ebbene sì buona parte della cultura che ha a creato le basi per la letteratura moderna è passata da Rue de l'Odeon,  da Rue de fleurs nel salotto di Gertrude Stein - assidua frequentatrice di Shakesperare&Co dove le viene anche presentato un suo grande ammiratore n viaggio di nozze e famoso per aver scritto Winnesuburg, Ohio ovvero Sherwood Anderson - e a Montmartre negli studio de Le Bateau Lavoir che era un'ex fabbrica dismessa suddivisa in piccoli "stanze" da affittare a giovani artisti squattrinati dove passò Picasso, Gertrude Stein, Max Jacob e tanti altri. Ora, sapendo tutto questo, sareste capaci di lasciare l'unico romanzo di Francis Picabia sullo scaffale? No, eddai!

Poi vi chiedete come nascono i percorsi di lettura che ho nell'apposita pagina? Questo non c'è - richiederebbe una pagina  a sé stante per quanto è diventato grosso! -, ma nascono proprio così! Da una serie fortunata di incontri e dalle successive ricostruzioni delle biografie dei vari artisti. Sono incontri casuali, come quelli che racconta la Cohen nel libro di Adelphi "Un incontro casuale", che poi lo divengono sempre meno... Ma in questo caso è casuale. Ho preso il libro perché ricordavo il cognome dell'autore ma non rammentavo dove lo avevo visto citato, cosa che ho scoperto quando mi è arrivato!


Per "L'albero di stanze" la motivazione è semplice: non ho capito di che si parla! Nella sinossi c'è un accorato pezzo di Cesare De Michelis "Lupo traccia un bilancio esistenziale e morale che va oltre il rimpianto, sfidando il futuro con l'entusiasmo del sogno e la concretezza del gesto. Di questa epopea Lupo, con 'L'albero di stanze', si conferma appassionato e sincero testimone, autentico e luminoso cantore, in un romanzo che segna con dolente e sofferta coscienza la conquista di una vita nuova". Quindi possiamo dire che l'ho preso perché sono sempre curiosa come una gallina; io adoro le sinossi di Marsilio Editore, solitamente mi venderebbero la qualunque grazie alle descrizioni, ma in questo caso c'è il sentore che possa essere un bel lavoro, ma se vi dovessi spiegare di che si parla io ho capito solo che è la Lucania. Il resto ve lo dirò quando lo avrò scoperto!

Mentre "Paradossi della scrittura e altri racconti" promette un formulario di racconti che tocchi le punte più estreme, sin'ora esplorate, del pianeta racconto. Ecco, lo so, state storcendo la bocca, dite le solite cose del tipo "Ah ma io con i racconti non ci faccio tanto", "eh però non riesco a leggere storie che finiscono prima che mi affezioni ai protagonisti" e via dicendo. Il campionario lo conosco tutto. Provate! Ci sono milioni di raccolte veramente mitiche che vi state perdendo. E' inutile fasciarsi la testa prima di iniziare, la branca della narrativa del genere racconto ha fatto passi da gigante da secoli, dai tempi della Steiner (sì, quella citata al paragrafo riguardante Picabia!) ed è parte integrante del genere letteratura. Rifiutarsi di leggerla è come dire che leggete, nei romanzi, solo le pagine pari, perché le dispari vi stanno antipatiche! Quindi in questo caso non avrei mai potuto abbandonare sugli scaffali questi mirabolanti "paradossi" e in effetti mi verrebbe da dire "fatelo anche voi!". Comunque ne riparleremo!


Tra i letti ci sono oltre Florence Gordon anche i lavori di Massimo Torre "Chi ha paura di Pulcinella?" che dire bello è poco. Credo di averlo consigliato a un sacco di persone di cui buona parte napoletani. Forse mi piace tanto perché nelle pieghe della realtà accartocciata del quartiere Sanità, raccontato da Massimo, si nascondono un sacco di verità sul mondo campano. Mi piace il suo modo di scrivere, così scorrevole e senza intoppi. E' uno stile informale e diretto, l'orpello può essere il termine dialettale che è subito seguito da una spiegazione dello stesso che viene bene inserita nel testo e che non disturba e non ha nemmeno l'aria della lezioncina. Così te lo godi senza problemi anche perché ha una trama abbastanza composita che non lascia spazio a distrazioni. Si legge veramente bene questo libro che è il primo di una quadrilogia. Il successivo "Uccidete Pulcinella" è uscito ad agosto mi pare e... insomma... come dire... Vabbè: l'ho comprato! Contenti? Uff... che fatica!

Poi c'è stata la mia incursione nel mondo Stephen King con "MR. MERCEDES". Come l'ho comprato, tutta una serie di persone mi hanno detto "Ma no, non è piaciuto a molti, dovresti leggere altro". Ecco io sono come San Tommaso se non tocco non credo e infatti il libro l'ho letto. Diciamo che, a conti fatti, io non lo categorizzerei come un thriller, bensì come un romanzo, ma non è stata questa gran lettura che mi ha cambiato la vita. Concordo solo in parte con la recensione di Luca Pantarotto di Holden&Company perché non è che lo "spoiler" dell'assassino mi cambi poi molto e capisco che la difficoltà di raccontare la situazione di più personaggi, nello stesso momento con differenti punti di vista, possa essere accattivante ma, per me, può rivelarsi un po' un cul-de-sac. E infatti,  a parte la scena fatta un po' per complicarsi la vita o allungare la storia va a capire, la bella idea si traduce inizialmente in un confronto di pensieri interessanti e successivamente si annacqua con l'aumentare dei personaggi e dei pensieri. Ecco perché nonostante tutto se andate sulla mia libreria di Goodreads trovate comunque 4 stelline: l'idea era spettacolare e con qualche taglio sarebbe stato perfetto. Ricorda nel concetto, lo so che parrà strano, "I dieci piccoli indiani" l'enigma talmente perfetto che l'autrice, Agatha Christie, è costretta ad aggiungere un capitolo in più per spiegare chi è stato. Ecco questa era la storia giusta per realizzare qualcosa di nuovo sull'onda di quel particolare genere di libro. Di sospeso nella recensione di Luca per me rimane solo l'interpretazione del tema del primo capitolo della saga perché l'ispettore in questione non lo vedo come lo vede lui. Ora vedremo che succede nel successivo capitolo della saga.

E arriviamo a Zadie Smith con L'ambasciata di Cambogia, grazioso racconto che mette addosso una tranquillità che nemmeno riesco a descrivervi. La Smith fa parte di quelle donne scrittrici che hanno la facoltà di descrivere vite che hanno passati pesanti in una maniera accorta, delicata. Nel caso di alcune è per evitare che l'orrore faccia rifiutare l'informazione e in altri casi come questi, il tono e l'atmosfera ci dicono che tutto passa, che la vita tornerà ad una nuova normalità dopo un cambiamento, ma si può e si deve andare avanti, non dimenticando ciò che è stato ma non permettendogli di cambiarci. Un libro da leggere davvero anche se, come detto, meglio prenderlo usato. Sono 40 pagine travestite, con caratteri grandi e tanti spazi, da 63 e 10€ sono a mio avviso troppe.

Oltre a quelli segnalati ho un sacco di libri in lettura a novembre, quindi per questo mese, la sezione dei libri in lettura la saltiamo. Ritenetevi fortunati! Ci rileggiamo a Novembre!
Buone letture,
Simona Scravaglieri

P.s.: sono certa che mi starete odiando, ma nemmeno vi immaginate quanto mi sia piaciuto scrivere questo post!



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