mercoledì 29 aprile 2015

[Dal libro che sto leggendo] 19 Dicembre '43


Fonte: Last Inception

Inizia con una lettera il romanzo di oggi, ed è una lettera sentita ad un padre emigrato e praticamente sparito da sempre. E' un romanzo breve, anzi brevissimo, ma fulminante. E' un unico giorno che accompagna il lettore fra le macerie, la paura, le fughe, la morte nel periodo dell'ultima guerra mondiale.

Al centro di questa giornata c'è Ettore, i cui genitori sono emigrati presto per l'America lasciando il figlioletto alle cure dello zio, che nel presente della narrazione è morto da qualche anno. C'è Ada, l'amata Ada dalle mani di fata, che riesce con filo ed ago a creare vestiti che incantano giù in città e ancor più nel povero paese in cui vive. Poi c'è Giorgio amico del cuore, cresciuto con un padre idealista e comunista da cui ha preso come fosse il testimone di una staffetta, gli ideali da portare avanti, pure ora che, dopo un rastrellamento, il genitore non c'è più.
Giorgio ed Ettore non potrebbero essere più diversi, il primo un teorico e l'altro il pratico eppure sono l'esempio che la comunione d'intenti può essere la forza più grande e questo li rende ancor più inseparabili.

Poi la rivolta, uno sparo, i tedeschi tornati al paese per raderlo al suolo, spari, scoppi e infine silenzio. Da qui si parte.
Non c'è molto da commentare, perché la parte da"gradasso", la fa proprio l'autore, facendoti sentire ogni dolore e, lo ammetto, anche un grande senso di soffocamento iniziale - chiaramente è al capitolo 1 e ve lo dovete scoprire da soli! -. Senso di soffocamento, che ha fatto sì che al clou di questo libro ci arrivassi un po' timorosa. Ecco, passato quell'attimo che asserve a tutta la scena ,che vi si prospetterà di fronte, il libro scorrerà veramente velocemente.

E' un lavoro che non dimenticherò, cui sono arrivata grazie al suggerimento di Francesco e che consiglio veramente di cuore perché mi ha fatto ricordare perché, da romana, apprezzo sempre le proposte di lettura campane. E questo ne è un egregio esempio.
Buone letture,
Simona Scravaglieri




PAUSE 
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Padre, Mi ci vuole coraggio a mettere la penna sul foglio, perché poi, quando rileggo, prendo tutto per buono, l'inchiostro resta, e quelle parole diventano per me una condizione dalla quale non fuggo, in nessun modo.Insomma, non ho più scampo.Sarebbe stato più semplice averti qui, padre, e parlare. Così che tutto quanto detto l'avrebbe custodito il tempo.Tu, seduto, e io a girarti intorno.Avrei evitato solo di guardarti negli occhi.Il disagio che ne consegue.L'egoismo, quello pure gioca un ruolo fondamentale in questa mattina di dicembre.Probabilmente scrivere serve a me.Null'altro.Non ti conosco, non ti conoscerò mai, ma a quanto pare non è così importante,Nessun figlio conosce fino in fondo suo padre, eppure lo ama, incondizionatamente. E viceversa.Chi si illude di conoscerci veramente, poi, sa così poco di noi che potremmo mentirgli all'infinito.Quindi preferisco immaginarti, così che io possa farlo a mio piacimento, l'espressione tua che più mi serve.E concerdermi il lusso d'essere sincero.Ti vedo vecchio, sento il tuo profumo di vecchio.Lo stesso che sentivo da bambino, in sagrestia, con l'odore di legno chiuso e sapone da barba.Padre Emilio arrivava sempre per primo, era già lì che si radeva.Ogni Domenica, prima della messa delle nove. Si spettinava, indossava con cura la tonaca, dava uno sguardo nello specchio e usciva sicuro sull'altare.Era uno splendore.Con una certa sicurezza, da lassù, guardava fisso la signora Gianna.Lei era seduta fra le ultime panche, accavallava le gambe e sembrava apprezzare. Le altre invece no, non lo guardavano manco negli occhi. Anzi, li tenevano bassi. E pregavano, tra le prime fila, inginocchiate e con convinzione.Ho lasciato quelle panche e quel silenzio presto, molto presto.Ho preferito l'odore dei circoli, il rumore dei bar, dove tutti si guardano negli occhio e imprecano contro il regno dei cieli, compresa la Madonna. Quella vera. Credo lo facciano proprio perché, in fondo, ci credono. Forse anche più di Padre Emilio.Là ho imparato il biliardo, le carte, ma soprattutto che i sogni bisogna costruirseli da soli, e di giorno. E che la solitudine, se condivisa, è la più preziosa delle comunanze.Appena giovane, poi, fori dalla porta di quei circoli e lontano dai tavoli del bar, ho conosciuto un'idea.Spesso l'uomo utilizza l'amore per i suoi cambiamenti, le proprie rivoluzioni personali.Invece io, ho conosciuto un'idea.E ti assicuro che un'idea te la cambia la vita.

Questo pezzo è tratto da:

19 Dicembre '43
Donato Cutolo
Zona Editore, ed. 2014
Cd di colonna sonora di Fausto Mesolella e Daniele Sepe 
con la voce di Paolo Rossi
Prezzo 15,00€




lunedì 27 aprile 2015

" Reykjavík Café", Sólveig Jónsdóttir - Il Café delle storie...

Fonte: Aperture Photo art
Non è sicuramente così il café descritto in questo libro però corrisponde alla resa finale delle storie che in questo luogo di passaggio si intersecano o si sfiorano. E questo bancone pieno di libri è proprio come il nostro romanzo tante storie al di qui e al di là del perimetro che distingue chi vuole il caffè da chi lo fa. In una città come Reykjavík, il freddo e il gelo avvolgono la città per la maggior parte dei mesi l'anno e quindi i luoghi d'incontro, oltre al lavoro e alla scuola, sono le case e i locali. È quindi molto più accentuato il senso di solitudine che pervade le nostre protagoniste all'inizio della narrazione quando sono tutte riprese in una fase di transizione. Non sono più ragazzine, non hanno ancora una famiglia tutta loro - o se ce l'hanno si sta sgretolando-, e forse sono alla loro prima fase di conoscenza di se stesse e del loro ruolo nella società e nella loro vita.

Così Hervör, Mia, Karen, Silja sono vere e proprie "donne al bivio", di fronte la pagina bianca che descriverà la loro nuova vita e questa fase di transizione ha, come tutte le fasi di questo genere, una zona di limbo. Lasciare l'amante per cercare il meglio o cambiare vita dopo che tuo marito t'ha tradito o sfogare un vuoto usando gli uomini e non appartenendo a nessuno oppure affogare il proprio dispiacere fin quando uno sconclusionato individuo verrà a bussare al tuo finestrino. Tutti casi al limite che si nutrono della casualità; il caso offre loro delle opportunità inaspettate che colgono al volo più o meno senza pensarci creando quello spiraglio che possa loro indicare la via. alcune volte è lo sconosciuto, altre è l'ex marito, in altre è una caduta e un ricovero in ospedale e infine una morte. Tutto cambia le regole del gioco, toglie i punti d'appoggio certi e porta nella fase di disperazione a cercare altri appigli. Ma la vera rivelazione viene da altro, nel momento in cui non ci osserviamo e non ci sentiamo osservate, in quella fase di stasi in cui il libro preso dal bancone della foto ha attirato la nostra attenzione per un particolare diverso da quello del conoscerne l'autore e il titolo.

Ci ha attratto, lo abbiamo aperto e sfogliato e dalla prima riga siamo arrivate al punto di non poter smettere finché non è finito. E' quello che avviene per queste donne, in cui la rivelazione avviene per scelta casuale e per i lettori di queste storie che, colpiti dall'inizio esilarante, si fanno travolgere dalle storie personali di questi quattro personaggi caratterizzati egregiamente, non da una descrizione definita, ma dalle loro azioni e dai loro pensieri, che man mano ritrovano la forza per dare una svolta alla vita che fin lì le ha oppresse. La scrittura è scorrevole, il ritmo è sempre incalzante anche nelle situazioni più tranquille e l'anno, circa, in cui si svolge questa storia scorre nell'attesa che, di capitolo in capitolo, si sveli la conseguenza del capitolo precedente. Ad un certo punto speri pure che queste 4 giovani si ritrovino sedute insieme ad un tavolo e che i gesti di comprensione e aiuto non si fermino ai semplici sorrisi di uno sguardo fatto di sfuggita. Tutte si muovono a Reykjavík, nessuna di loro vuole andare via, tutte sognano di realizzarsi, nella vita, nel lavoro e nella famiglia. 

È un libro delicato e delizioso che, come vi avevo accennato, è circolare, ovvero stessa città, con personaggi che vivono la loro storia tangente o parallela a quella degli altri con cui entrano in contatto visivo o anche personale sempre di sfuggita. Questo garantisce non solo una sorta di continuità, ma anche un continuo confronto di personalità fra loro molto differenti. Hervör cerca se stessa, Mia vuole una realizzazione tutta sua che non la tradisca, Karen deve riempire il vuoto delle assenze e Silja deve trovare la via che le permetta di realizzare una vita il più vicina possibile alla sua visione. Insieme q queste ricerche si intersecano uomini buffi o traditori, padri affettuosi e nonni comprensivi e dolci signori anziani e sconosciuti. Non è un libro lezioso e nemmeno amaro, è solo un lavoro fatto sulle emozioni e come tale va inteso e letto. È questo che ho apprezzato di più, nessuna Giulietta e nemmeno donnina dalle trine intrise di pianto, le donne qui descritte vivono la contemporaneità e si scontrano in un mondo dove la regola si scrive vivendo e non più si segue perché scritta dalla morale comune.

La cosa divertente è che mi ero molto arrabbiata con me stessa per non averla scritta venerdì, ma la sera prima ero ad una presentazione. Poi nella vita il caso ci mette lo zampino e mia madre che ha letto l'estratto di Amazon, che le avevo mandato per errore per trascriverlo nel [Dal libro che sto leggendo] mi ha detto proprio sabato "Ma sai che quel libro con il titolo che non riesco a pronunciare è proprio bello? Ma me lo potevi mandare tutto!". Ecco, se lo dice lei, lettrice affamata ma sempre di gusti sconclusionati e al tempo stesso molto precisi, potete fidarvi! Intanto io mi devo attrezzare per portarle prima di subito il libro o non mi darà più pace, visto che anche stamattina - domenica - me lo ha ricordato! :D

Buone letture,
Simona Scravaglieri

Reykiavík Café
Sólveig Jónsdóttir
Sonzogno Editore, ed. 2015
Traduttore Sivia Cosimi
Collana "Romanzi"
Prezzo 17,50€


Fonte: LettureSconclusionate

domenica 26 aprile 2015

L'ha detto... Nicolás Gómez Dávila


Fonte: Alessandro Cascio
L'intelligenza tende all'imbecillità come i corpi tendono al centro della terra. 
 Nicolás Gómez Dávila

mercoledì 22 aprile 2015

[Dal libro che sto leggendo] Lo sturangoscia

Davide Predosin e Carlo Sperduti
Fonte: Letteratura Notturna

C'era una volta una piccola casa editrice romana, gestita da tre ragazze volenterose e impegnate. Anzi, per la precisione, la casa editrice c'è ancora. Comunque, questa casa editrice era - per questioni di favola, ma voi riportate tutto al presente! - un cantiere letterario sempre in attività. I suoi autori, infatti, amavano così tanto questo piccolo mondo che si era creato, da continuare a creare a loro volta storie e divertissement per far sì che questo laboratorio rimanesse in vita.

Un giorno, due autori, tra una mail e l'altra cominciarono una fitta conversazione fatta di personaggi fantastici che si trovavano in situazioni assurde e che ha generato il libro di cui vi parlo oggi: Lo sturangoscia. Premettendo che, non ci sarà verso di rimanere seri leggendo queste divertenti "e-pistole" - come mi è capitato recentemente di leggere su un altro libro di cui vi parlerò in seguito -, questo romanzo si svolge solo per comunicazioni per lettera e comincia con la presa d'atto dello smarrimento di un pacco molto importante per il Dott. Vasca che ne dà la colpa al suo storico postino il signor Trincavella. Il problema non è di principio ma proprio una questione di vitale importanza visto che contiene un marchingegno creato sulla carta da Vasca e realizzato da una ditta di sua fiducia. L'oggetto misterioso è lo "Sturangoscia" che serve, per sommi capi perché la specifica ve la dovete andare a cercare nel libro, per alleggerire lo stato di angoscia persistente o indotto in varie situazioni.

La particolarità dei libri di questa casa editrice è che pure dove sembrano folli i racconti o i romanzi, questi hanno comunque un peso specifico ben definito e approcciare a questi stili di scrittura sempre differenti ci fa un po' entrare nel cantiere culturale che si è creato attorno a Gorilla Sapiens. Non è un caso che all'interno del catalogo si passi senza alcuna difficoltà da un genere all'altro. L'atteggiamento è proprio di una realtà in divenire e che si sperimenta essa stessa nei vari modi di raccontarsi e di raccontare. E nel caso di questo libro, l'esperimento mi pare più che riuscito, ma ne riparleremo nella recensione,
buone letture,
Simona Scravaglieri

P.s.: La foto postata non è quella relativa alla presentazione che ho visto al Klamm. Il problema è che ero talmente impegnata a ridere e ad ascoltare, che mi sono dimenticata di fotografarli!


Dott. Filottete Vasca
San Giovanni in Galilea (FC)
13/05/1985
Ore 00:20

Gentile signor Girolamo Mercuriale Trincavella, le scrivo all’unico indirizzo che ho trovato sulla brochure di Zoomorfismo e dintorni.
Io che l’avevo sempre stimata – persona seria, mi dicevo, il nostro postino, uomo assennato, nonché coraggiosissimo, motorizzato, latore di missive commerciali giuridiche e non – scopro invece che lei adora farsi fotografare nelle fogge più sconvenienti, come quella in cui, vestito da artiodattilo bovide giallo, finge di adirarsi selvaggiamente davanti a un Sistemone Paperone non vincente. D’altronde non sono affari miei ed è giusto lei passi il suo tempo libero come meglio crede. E soprattutto non è per questo che le scrivo.
Le scrivo perché dopo aver tracciato un pacco a me destinato, ho scoperto che era di sua competenza recapitarlo. Ma io questo pacco lo aspetto ormai da tre mesi. Ho ottenuto queste informazioni introducendomi di soppiatto nell’ufficio postale perché, al tempo – due giorni fa – stimandola ancora, non volevo metterla nei guai segnalando inottemperanze che potessero screditarla agli occhi dei suoi superiori.
Concludo informandola che il pacco contiene apparecchiature di vitale importanza, forse per le sorti dell’intero pianeta.
Augurandomi che lei non lo abbia perduto, le porgo cordiali saluti e spero di sentirla presto. 
Dott. Filottete Vasca 
 P. S. Se avrà la bontà di rispondermi potrà farlo, per adesso, alla Casella Postale n. 212-47121 Forlì-Cesena. Mi sono licenziato, ho comprato un camper e ho abbandonato Castramonaci. Di volta in volta le indicherò il mio indirizzo.



Girolamo Mercuriale Trincavella
Castramonaci d’Abruzzo (ZY)
18/05/1985
Ore 11:30

Egregio dott. Vasca, prima di affrontare il problema del pacco smarrito, vorrei mettere in chiaro alcuni aspetti di ciò che ai suoi occhi sembra compromettere la mia rispettabilità.
Non potendo dare per scontato che lei stia scherzando, preferisco risponderle come se fosse serio nello scrivere ciò che ha scritto.
In caso contrario, tanto meglio: avrò impiegato un quarto d’ora occupandomi di una burla. Mi piacciono gli scherzi. Mi chiedo in quali circostanze abbia conosciuto Demetrio, fatto di cui sono sicuro, perché se non lo conoscesse non avrebbe tra le mani il nostro depliant.
Data la sua indignazione, devo supporre che lei stia ancora partecipando alla fase propedeutica dell’iniziazione campestre ufficiale, ma anche che Demetrio non l’abbia messa a parte di molte consuetudini del Club. Mi conferma, seriamente, di non conoscere l’assidua pratica del travestimento zoomorfo e di ignorarne la simbologia cromatica?
Non dovrei anticiparle troppe cose, e so che si è iscritto col nobile intento di divulgare il Dubbio, collaborando affinché la popolazione impari a centellinare la propria sicumera.
D’altra parte ci sono molte cose del nostro Club che lei ignora, ma scoprirà presto che non tutto ciò che appare osceno è necessariamente disprezzabile.
Veniamo ora al pacco, che a quanto dice è di vitale importanza. Non ho difficoltà a crederlo, se quel che è accaduto martedì scorso ha qualcosa a che fare con questa storia. Glielo dico con sincero stupore: non mi era mai capitato nulla di simile in quasi vent’anni di carriera. Per farla breve, mi hanno rapinato.
Stavo facendo le prime consegne della giornata quando ho sentito un trambusto alle mie spalle e mi sono accorto che tre uomini salivano sul mio furgone. Avevo accostato lasciando le chiavi all’interno: il civico al quale dovevo recapitare la posta era a pochi metri. Ho tentato di fermarli ma mi sono beccato un destro che mi ha fracassato il setto nasale. Mi è andata bene, tutto sommato: credo fossero armati.
Sono riuscito a vedere in faccia, per un istante, l’uomo che mi ha colpito. Ecco, glielo disegno:
Illustrazione Carlo Sperduti per Gorilla Sapiens Edizioni
Fonte: Carlo Sperduti Wordpress

Il tutto è durato pochi secondi. Ho tenuto a mente la targa e mi sono precipitato ad appuntarla, sennonché mi sono reso conto che non ce n’era alcun bisogno perché era la mia. È molto probabile che il suo pacco fosse tra quelli nel furgone e credo, ahimè, non sia in mio potere recuperarlo. La prego di scusare la mia scarsa prudenza. Spero che i vantaggi, soprattutto morali, che le deriveranno dall’appartenenza al Club possano in parte compensare il danno.
Per ulteriori chiarimenti, rimango a sua disposizione.
Cordiali saluti,  
Girolamo Mercuriale Trincavella



Queste lettere sono tratte da:

Lo sturangoscia
Davide Predosin, Carlo Sperduti
Gorilla Sapiens Edizioni, Ed. 2015
Prefazione Alessandro Sesto
Illustrazioni di Elisa Macellari
Collana "Scarto"
Prezzo 10,50€

domenica 19 aprile 2015

L'ha detto... Werner Herzog



Fonte: Una Donna

Sono convinto che quel che ci impongono di imparare a scuola venga dimenticato nel giro di un paio d'anni. Ma ogni cosa che impari per placare la tua sete non la dimentichi mai. 
 Werner Herzog

venerdì 17 aprile 2015

"XXI Secolo", Paolo Zardi - L'importante è non smettere mai di cercare la luce...

Fonte: Aforisticamente

Potrei cercare mille altre definizioni, ma non ce ne sarà mai una che potrà descrivere questa esperienza di lettura come "L'importante è non smettere mai di cercare la luce". Questo perché, questo bel romanzo è l'inferno del buio alla ricerca di luce, per la vita, per gli affetti, per il lavoro e per l'amore. Non c'è nulla in più e nulla in meno. Eppure, nella sua sintetica e realistica crudezza, non c'è concetto più grande che non si possa, almeno lui - Zardi - ci riesce, esprimere in maniera più semplice. In fondo la differenza fra lo scrittore vero e quello che ambisce ad esserlo sta proprio in questo: il primo tratta una storia come un quadro da costruire in uno spazio limitato, il secondo per esprimere la questione più semplice costruisce un testo che fa impallidire la dimensione della Divina Commedia.

E la speranza c'è, in un mondo buio e oscuro fatto di giornate tutte uguali, di persone che l'abitudine ha sbiadito, di amori che si riconoscono solo nei gesti e nel dormire nello stesso letto. Ma cosa succederebbe se un giorno, in un tempo e in un luogo definito genericamente, pure l'ultimo luogo virtuale costruito di certezze e di bugie non ascoltate, che però è l'unica isola di tranquillità in un mondo che cade a pezzi, comparisse un'incrinatura? E se questa magagna intaccasse la sfera di cristallo della famiglia "felice" e colpisse il perno su cui ruotano tutti i componenti del suo nucleo come si potrebbe ricostruire? Da qui parte il romanzo, dal momento in cui la madre di due bimbi, colpita da un ictus viene ricoverata in ospedale più morta che viva, il padre è al lavoro e la piccola ha chiamato i soccorsi. Lui rientra a casa quando la tempesta sembra passata, eppure basta la parola "condoglianze" detta dall'impacciato cognato per farlo rendere conto che non è la tempesta il problema,ma il tornado al cui centro si trova e che sta facendo cadere come un castello di carta tutto quello che aveva creduto che appartenesse alla sua realtà e alla sua vita.

Il lavoro rappresentato in questo libro è decisamente atipico perché, nonostante il ritmo costante nella narrazione non ha un carattere ascendente ma discendente. E' un po' come scendere negli inferi, nel momento in cui la falla si apre, vengono a galla i dolori passati, la frustrazione per le scelte sbagliate fatte, le bugie o le cose non dette e via dicendo. Ma non è una discesa repentina, ma lenta e tendente a ricostruire un passato conosciuto e accantonato oppure sconosciuto e inesplorato. E, su queste due contraddizioni, si regge tutto questo mondo, che però lascia sempre un barlume di speranza disseminato qui e là. Un sorriso di un bimbo, la nonna che si ringiovanisce stando a contatto con i nipoti, gli sguardi, quel segnale di risveglio. E' qui che la maestria dello scrittore dà il suo meglio, descrivendo un mondo che è poco più in là della situazione di crisi che viviamo oggi, fatta di vite rovinate da una congettura economica ostile al singolo e premiante solo per l'arraffone, Zardi riesce a lasciarci una speranza: se nel nostro viaggio il cielo non si vede più, la coltre ci avvolge, non ci disperiamo ma cerchiamo la luce. È da lì che si riparte, dalla presa di coscienza che al di là delle macerie, c'è sempre la speranza di ricostruire, partendo dai compromessi e dal perdono, dall'amore e dagli affetti più semplici. E la realtà seppure uguale a prima improvvisamente diventa altro.

Un detto dice che "non è importante il traguardo ma il percorso", nella filosofia zardiana assume una sfumatura differente ma forse più bella "è l'importanza del percorso a rendere migliore il traguardo". Traguardo che qui è appena accennato e che però nel suo "accenno" diventa più forte come messaggio al lettore; diviene più forte e quasi definito proprio perché la discesa negli inferi è realisticamente una sconfitta e al contempo un momento di crescita. Dagli sbagli si impara e dagli sbagli fatti per capire gli sbagli subiti, si impara di più.

Oggi - Giovedì 16 - è uscita la lista dei dodici che passano alla fase successiva di selezione nella corsa verso lo Strega 2015 e XXI Secolo è ancora in lizza, sicuramente meritatamente. Al di là del pregio della scrittura, mai noiosa e nemmeno ridondante, dell'approccio rigoroso e non barocco alla narrazione fatta di pagine tutte necessarie allo scopo, è bello sapere che una piccola realtà editoriale - di pregio, come mi è capitato di parlarvi anche per Pezzoli, e Del Amo- sia riuscita ad arrivare fino a questo premio e speriamo che prosegua nella sua corsa per farsi conoscere dai più che ignorano ancora l'esistenza di questo bel catalogo. Sicuramente, ripensando alla scelta del primo premio Strega del 1947 (Tempo di uccidere, Flaiano) questo, sicuramente, è un libro da premiare!

Credo sia difficile rimanergli indifferenti ed è un libro consigliatissimo,
Buone letture,
Simona Scravaglieri

XXI Secolo
Paolo Zardi
Neo Edizioni, Ed. 2015
Collana "Iena"
Prezzo 13,00€



Fonte: XXI Secolo
(Pagina Fb)

mercoledì 15 aprile 2015

[Dal libro che sto leggendo] Reykjavík Café

Reykiavík
Fonte: Iceland Unlimited

Iniziamo con una novità, il ritorno al vecchio carattere di questo blog, il mio amato Georgia. Avevo letto che il Verdana fosse più leggibile ma, lo ammetto, non posso più vederlo e quindi faremo tutti più fatica, ma almeno sarà più bello da vedere! Altra novità è che il mio istinto ha avuto ancora la meglio e non mi ha tradito anche questa volta: questo libro è veramente, ma tanto tanto, bello. Da un lato c'è l'Islanda leggermente diversa di quella che incontra il killer di Hallagrimur Helgason in Toxic, dall'altro c'è un romanzo circolare che ho visto affrontare in maniera diversa da Vanni Santoni in Se fossi fuoco arderei Firenze e, devo dire, che il connubio è affatto male. 

Quattro donne diversissime fra loro per scelte fatte nella vita si muovono  nelle strade di Reykiavík. Tutte, seppur giovanissime, portano il loro bagaglio di esperienze e tutte sono ad un bivio. Cambiare, scappare, combattere oppure lasciare stare. Chi per lavoro e chi per amore deve scegliere che fare della propria vita e le loro esistenze si tangono solo nelle situazioni in cui si incontrano inconsapevolmente. Lasciano ognuna nella vita dell'altra solo una scia di ricordo che permette di evitare che il romanzo, che è costruito da capitoli che sono dei veri e propri racconti, risulti scollegato.

Un libro bellissimo che ho veramente adorato! Consigliatissimo!
Buone letture,
Simona Scravaglieri 


Hervör

La cosa migliore da fare per lei poteva essere quella di dare una svolta alla sua vita e andarsene per un anno o due. Sprofondare ancora di più nel passivo della MasterCard e almeno spassarsela un po'. Avrebbe potuto trovarsi qualche lavoretto mentre era in giro per il mondo. Raccogliere i fiori di gelsomino per le maison di profumi francesi, o magari chicchi di caffè in Colombia. Raccogliere per giornate intere e nel frattempo trovare se stessa. Nel frattempo lui quanto ci avrebbe messo a trovarne un'altra da portarsi a letto? Non molto. Mentre lei era immersa nei fiori, nei chicchi di caffè e nella propria consapevolezza spirituale lui si sarebbe fatto una storiella con qualche bionda, che avrebbe trovato infinitamente divertente tutto quello che diceva, e che magari avrebbe perfino fatto colpo su di lui chiedendogli se la tal cosa avesse qualche analogia con il New Deal di Roosevelt. Ragazze di quel tipo hanno le tette grandi e guidano automobili regalate da papà e godono ingiustamente dei vantaggi nella vita che le altre se li sognano. A quel punto le sarebbe stato chiaro quanto poco lei contasse per lui. O quanto lui fosse profondamente solo. 

Hervör se ne sarebbe andata volentieri. Si sedette in auto con il motore acceso, perdendosi nelle sue fantasticherie. Tornò in sé soltanto perché qualcuno le bussò al vetro, ormai completamente appannato. Trasalì poco prima di abbassare il finestrino, lasciando entrare il nevischio bagnato.« Si rende conto che sta inquinando l'ambiente, tenendo l'automobile in moto, cara? E poi dovrebbe farla vedere da una meccanico. Esce del fumo bluastro da dietro.»Davanti al finestrino c'era una donna di una certa età. Hervör la guardò incredula, aggrottò involontariamente la fronte e si chiese se fosse passata di lì per caso o se l'avesse raggiunta nel parcheggio apposta per infastidirla. Hervör allungò la testa fuori dal finestrino aperto e con un cenno del capo indicò le buste della spesa che la donna teneva in mano.«Vedo che per la spesa usa sacchetti di plastica. Io invece utilizzo una borsa riciclata, una borsa di tela prodotta dal mercato equo. Quindi non credo di essere più colpevole di lei, in quanto a inquinamento dell'ambiente, anche se lascio l'auto in moto per non morire di freddo mentre ci sto seduta dentro. E lo so che esce del fumo blu. È un diesel » aggiunse richiudendo il finestrino.la signora non si era aspettata una reazione del genere e la squadrò scandalizzata. Certo, il discorso di Hervör sarebbe risultato molto più fico se la sua Volvo avesse avuto l'alzacristalli elettrico. Ma non ce l'aveva, e oltretutto la leva era durissima per cui aveva dovuto usare entrambe le mani e metterci una bella dose di forza per alzare il vetro. Ma il messaggio era  stato chiaro e la donna se la svignò, con tutta la prontezza che l'età le consentiva.Avviò l'auto e si allontanò dal centro per dirigersi verso la parte superiore della città, verso il quartiere di Breitõholt per essere più precisi. Nei primi tempi Hervör aveva voluto pensare che ci fossero aspetti sia positivi che negativi, a lavorare e vivere ai due estremi della città. A poco a poco però stava per giungere alla conclusione che ci fossero quasi esclusivamente aspetti negativi nel dover attraversare tutti i giorni la capitale a bordo della vecchia Volvo, soprattutto alla luce del fatto  che l'auto si rivelava sempre più malconcia ogni giorno che passava. Le gomme da inverno erano ormai usurate e guidare nel traffico sfrecciante della capitale le causava sempre qualche fitta di preoccupazione. 

Questo pezzo è preso da:

Reykiavík Café
Sólveig Jónsdóttir
Sonzogno Editore, ed. 2015
Traduttore Sivia Cosimi
Collana "Romanzi"
Prezzo 17,50€

domenica 12 aprile 2015

L'ha detto... Johann Wolfgang Goethe


Immagine di Massimo Cavezzali
Fonte: Pinterest

Gli errori rendono l'uomo amabile. 
 Johann Wolfgang Goethe

venerdì 10 aprile 2015

"Due di noi", Emily Gould - Sbirciare al di là del muro...


Fonte: DataWichdn.com


Anche questa settimana parliamo di un libro rivolto ad un pubblico giovanile. Nell'assaggio della settimana scorsa lo avevo catalogato come un libro destinato ad una categoria che satellita intorno ai vent'anni e, dopo averlo finito confermo le mie impressioni. E' un libro che tocca tanti temi cari alle giovani e future donne che si stanno formando e lo fa con la leggerezza di un romanzo senza grandi pretese ma con un buon ritmo.

Siamo a New York e le protagoniste di questo libro si muovono in spazi diversi. Amy ha un lavoro noioso, ripetitivo ma molto ben remunerato, una casa in affitto in un bel quartiere e un fidanzato pittore con un discreto seguito che gli permette di poter continuare a coltivare la sua arte. Per contro la sua migliore amica Bev, ha lasciato il corso di laurea, è stata innamorata di un vero cretino, che ha seguito in un altro stato e dal quale si è separata. Ritornata nella grande mela si trova a dover rimettere insieme i pezzi della propria vita partendo proprio da un lavoro che le permetta di pagare la parte di affitto di un appartamento che condivide con più coinquiline e che le possa garantire una vita migliore. Amy la sostiene così come Bev fa con lei.

Non vi racconterò di più per non rovinarvene la lettura, ma posso dirvi che la storia si svolge con estrema semplicità ed è anche verosimile. Il fatto che il rapporto fra giovani e mondo del lavoro ci sia un contrasto di fondo è un qualcosa che conosce chi questa fase l'ha già passata; è possibile sintetizzare questo momento come un fase di passaggio dall'incoscienza della visione del mondo alla cruda realtà. Questo perché nell'immaginario di ogni giovane c'è un mondo in evoluzione, flessibile, alla continua ricerca della piega migliore ma, la cruda realtà, è che le regole che si tramandano da generazione in generazione lavorativa annientano la flessibilità auspicata instradando tutte le energie nella complicata macchina della burocrazia che annienta ogni impulso individuale al miglioramento del processo. Ed è quello che succede ad Amy cui, nel lavoro precedente a quello che sta facendo ad inizio della narrazione, viene affidato un lavoro di ampio respiro che però all'atto pratico non lo è affatto. 

Si parla anche di rapporti difficili. L'importanza di fidarsi fra amici e fra colleghi, quella di trovare riferimenti che al di sopra degli interessi personali riescano a darti il consiglio giusto. Si parla anche di solitudini, di chi vorrebbe la famiglia perfetta e invece si ritrova con un pugno di mosche. Insomma sono tutti argomenti che vengono messi in discussione quando finalmente te la devi cavare da sola. Meglio il vestito nuovo o pagare la bolletta? Pianificare la vita on un lavoro certo, o continuare ad aspettare una grande occasione che non viene? Nessuno potrà darvi questa risposta e non lo fa nemmeno la Gould, a suo modo, ponendo però la domanda. Un po' perché prendersi la briga di cominciare a pensare in un altro modo, per Amy, significa diventare grandi , o meglio ammetterlo, un po' perché ad un certo punto sei cresciuta e manco te ne sei accorta come avviene per Bev.

È sicuramente un buon libro con cui però, mio malgrado, non ho avuto un grandissimo feeling. È l'annoso problema di chi cerca di fare il blogger sul serio, quando ti capitano libri così, quelli che sai che sono degli ottimi lavori ma che non ti prendono fino in fondo. In questo caso non è un problema di tipo di narrazione o legato alla trama, nemmeno di frasi strane. È solo che all'età di 43 anni, io so' perfettamente che c'è al di là del muro che Amy e Bev sbirciano soltanto all'inizio delle loro carriere e sono sempre stata controcorrente, perché non mi sono mai adeguata ma ho sempre ambito a guadagnarmi tutto quel che ho, anche se, per averlo, ho dovuto sgobbare il doppio. La mia risposta alla domanda sulla scelta di un lavoro certo o l'attesa di qualcosa di agognato, ha già una risposta che non è assoluta ma è personale per ognuno di noi. Pertanto rimane comunque un romanzo consigliabile, non sarà magari il capolavoro del secolo, ma è e rimane un buon lavoro. Se siete nella forchetta di età che va dai 20 ai 25 e forse anche 30 anni una sbirciata curiosa, fossi in voi la darei, potrebbe piacervi.

Buone letture,
Simona Scravaglieri

Due di Noi
Emily Gould
BookMe Edizioni, Ed, 2015
Traduttore R. Zuppet
Prezzo 14,90€



Fonte: LettureSconclusionate

mercoledì 8 aprile 2015

[Dal libro che sto leggendo] XXI Secolo

Fonte: XXI Secolo
(Pagina Fb)

Sono quasi orgogliosa di presentarvi questo libro, non perché leggerlo è stato complicato, ma perché è la prima volta da quando è nato questo spazio che leggo un libro candidato allo Strega a Marzo. Solitamente io leggo sempre tutto con estremo ritardo! In più, sono doppiamente contenta perché il libro in questione, non solo sarebbe da Strega meritatissimo, ma anche perché è veramente un bel libro.

Se ve lo dovessi descrivere con una immagine vi direi che quella che si avvicina di più è il "tunnel". Ma della resa al lettore parleremo nella recensione per ora, invece posso accennarvi la trama. Il protagonista di questo libro ha moglie e due figli, vive in quel momento del XXI secolo in cui la crisi diviene più incombente, come la nebbia che si vede sulla copertina. Il problema non è tanto che ci sia, ma che non si riesca a vedere un barlume di luce. Un bel giorno la giovane moglie ha un attacco di ictus, i figli sono soli con lei in casa. I piccoli chiamano aiuto, accorrono medici e ambulanza, gli zii che vengono a prendere i piccoli. E quando finisce l'ennesimo appuntamento di lavoro, quando torna a casa, il nostro protagonista trova solo il maldestro cognato incapace di trovare le parole più adeguate per far capire quel che è successo.

E' qui che il tunnel inizia, per poi diventare un tunnel dentro un altro, e un altro ancora. Metafora del percorso per liberarsi delle residue certezze che portano ad una diversa libertà contemporanea. Ma come detto, ne parleremo nella recensione. Un bel libro da leggere, contemporaneo, a tratti un po' oscuro ma che non perde mai di vista l'obiettivo finale, un po' come dovremmo fare anche noi nella vita di tutti i giorni.

Vi lascio sbirciare parte del primo capitolo,
buone letture,
Simona Scravaglieri



1  
Sua moglie era entrata in coma nel tardo pomeriggio di un giovedì di marzo, mentre lui era fuori e i figli stavano tornando da scuola. I bambini – una ragazzina di tredici anni e un maschietto di sette – avevano trovato la mamma distesa sul tappeto del salotto, a pancia in giù, con la bocca aperta e gli occhi chiusi. Prima di cedere al pianto, avevano chiamato il 118. Così avevano imparato, in classe, durante l’ora di educazione civica. Più tardi, mentre due medici tentavano di rianimare il corpo seminudo della donna, la ragazzina aveva provato a chiamare suo padre, cioè lui, ma il telefono era spento o irraggiungibile. Uno dei medici, una piccola donna sui quaranta, dotata della risolutezza che solo i corpi minuti hanno, si era accorta di quell’assenza e aveva chiesto ai piccoli chi si sarebbe occupato di loro. Scartate la nonna materna – una vedova che viveva in Austria – e la nonna paterna – altrettanto vedova che, lo dicevano loro, aveva problemi di cuore e una certa predisposizione all’angoscia – aveva optato per gli zii. La sorella di lui e il marito.  
A quest’ultimo venne affidato l’incarico di aspettarlo e trovare le parole adatte a spiegare perché la moglie non fosse a casa; la zia, invece, appena arrivata, si preoccupò di portare via i bambini, senza nemmeno capire ciò che davvero era successo.
Tornò a casa intorno alle dieci di sera. Il quartiere era composto, in gran parte, di villette a schiera, con giardini misurati in centimetri quadri, box auto come casette tirolesi, piscine di gomma che d’estate brillavano al sole, altalene appese ai rami più grossi degli alberi, telai di mattoni grigi per il barbecue, taverne e mansarde quasi sempre abusive. Il quartiere era ciò che restava della borghesia di un tempo, l’ultimo conato.
Tutto intorno, l’assedio di una povertà che non aveva più mezzi per nascondersi. Anche il centro commerciale innalzato da una società tedesca a due chilometri da lì non era che un miraggio: ogni giorno inghiottiva e rigurgitava vecchi, marocchini, badanti. Quando tornava a casa, li vedeva al capolinea dell’autobus, coi sacchetti mezzi vuoti, le donne rassegnate come vacche indù e gli uomini con sguardi affamati, pronti ad azzannare. I ricchi erano spariti, tutti insieme. Da anni non ne vedeva passare uno. Rimanevano le loro case enormi e sfitte, mausolei per stupori futuri.
La luce del giardino era accesa. Davanti al portoncino esterno il gatto del vicino alzò la coda e, sotto la pioggia, offrì la schiena alle sue carezze. Lo lisciava ogni sera, pensando al fatto che da qualche tempo i gatti del quartiere sparivano per motivi che nessuno sapeva. La lampada all’ingresso illuminava la porta blindata e i due vasi di petunie ai lati dello zerbino.In casa non c’era nessuno: solo quel cognato con la faccia triste, sorpreso in cucina a scaldarsi un po’ di latte.
«Che fine hanno fatto gli altri?»
Poco distante c’era una gelateria dove, ogni tanto, la figlia andava a prendere una vaschetta formato famiglia; ma erano mesi che non smetteva di piovere, e la strada davanti casa s’era trasformata in un lago artificiale. La macchina di sua moglie l’aveva intravista nel garage, tra scatole di attrezzi per il bricolage e casse di giocattoli che nessuno usava più. In effetti, erano anni che nessuno aveva il coraggio di uscire a piedi la sera.
Il cognato si avvicinò e lo abbracciò senza emettere un suono. Rimasero così per qualche secondo, sotto la luce al neon della cucina, mentre il latte aveva iniziato a gonfiarsi, minacciando di uscire dal pentolino. Cosa aveva creduto in quel momento: che fossero morti i figli? E perché il cognato aveva pensato di iniziare dalle condoglianze?

Questo pezzo è tratto da:

XXI Secolo
Paolo Zardi
Neo Edizioni, Ed. 2015
Collana "Iena"
Prezzo 13,00€


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domenica 5 aprile 2015

L'ha detto...Woody Allen


Fonte: RadioMontecarlo Blog


Non ho paura di morire. E' solo che non vorrei essere lì quando questo succede. 
 Woody Allen


venerdì 3 aprile 2015

"Il tuo meraviglioso silenzio", Katja Millay - Oreo o Ringo? Questo è il problema...



Fonte: Il sogno in una lacrima


In questo momento ci sarebbe la tentazione di scrivere a commento solo:


".............................................."

Il motivo è un po' perché ci siamo fatte un po' meno risate di quanto speravamo e l'altro perché forse, l'autrice, si poteva applicare un ciccinin di più. Sicuramente questo libro approda tra le mie letture in un momento sfortunato, per lui, visto che negli ultimi tempi, nell'intento di poter dire la mia su libri di cui parlano tutti mi sono vista tutta la saga di Twilight e anche il film delle Sfumature, anzi sfumatura perché ce n'era una sola e pure ben sbiadita.
Questo lavoro, uscito nel 2014, si incastra esattamente nel mezzo tra la Bella appena arrivata in un luogo umido e l'Anastasia che ha un quoziente di distruzione di massa paritetico a quello della Russia nel periodo della guerra fredda. In mezzo troviamo Nastja, ragazza dal passato oscuro, che un bel giorno, dopo un fattaccio, ha deciso di non parlare più. Non dice nulla, nemmeno passami il sale a tavola, sebbene non ne abbia bisogno visto che la zia, e qui sono in tono con il modo "gggiovane" di narrare di Nastja, "è cintura nera di take-away".

Come Bella che va dal padre, causa divorzio, e Anastasia che condivide la casa con un'altra studentessa, causa università, Nastja si trasferisce dalla città natale a quella della zia causa "fattaccio". La differenza con le altre due storie è solo che qui,  la "dannata" è la protagonista e non il suo co-protagonista. Per il resto sono storie che si somigliano anche nelle situazioni più differenti. Ora mi auguro che le adolescenti che si avvicinino a questo libro siano in grado di ridere con noi (le ragazze del gruppo di lettura) sul fatto che, Nastja, che non vuole essere interpellata da nessuno e nemmeno vuole fare amicizia, scelga, come "mise" da usare nella nuova scuola, jeans attillatissimi, maglietta aderente con grande scollo a "V" e un bel paio di tacchi 15cm che, seppure lei spieghi la sua strampalata teoria in merito, non sono il modo più facile per passare come un arredo urbano. Detto ciò, gli ingredienti per la storia d'amore ci sono tutti: lei bellissima e dannatissima - e quasi per imitare Dicker, lei ce lo ricorda in continuazione! - lui bello, tenebroso e sfigato con le conoscenze - che ricorda tanto un film di Brad Pitt che forse si chiamava "Vento di passioni" di cui ricordo solo una cosa le donne che entravano a contatto con lui morivano tutte e per questa mia impressione ho rischiato pure un'amicizia! - e tutta una serie di amici belli bellissimi oppure solitari e solitarissimi.

Lei passa nel cortile vestita come una, perdonatemi ma è davvero così, prostituta e ha l'illuminazione come Paolo sulla via di Damasco: davanti a lei, su una panchina è seduto un solo ragazzo, che dalla descrizione sembra quasi uno del cast di balle spaziali visto che pare avere uno "scudo protettivo" - lo dice lei eh! - che fa sì che nessuno voglia sedersi vicino a lui! E invece di pensare come una qualsiasi mortale che magari è uno che mena le mani oppure che non si lava lei si scioglie, seppur non ammettendolo manco a se stessa e, infatti, ci metteranno circa trecento pagine di chiacchiere per raggiungere almeno un accordo su cosa provano l'un per l'altra. Perché lui innanzitutto è curioso perché lei lo fissa e non perché nel pieno della fase ormonale, quando un ragazzo si farebbe anche un palo della luce con i brufoli nell'euforia di provare questa nuova avventura nei meandri dell'eros, gli si presenta un'occasione bella e quasi nuda.

Comunque frequentano la stessa classe di falegnameria - non stiamo a sottilizzare sul fatto che con i tacchi a spillo e le unghie laccate la falegnameria non sia il massimo! - si incontrano di sera nel garage di lui... Che state pensando? Eh no! Si incontrano per parlare si seghe, martelli e tipi di legno e via dicendo. Maliziosi! E comunque il punto non sta in quello che succede fra lui e lei, ma te ne accorgi solo dopo circa 350 pagine ed è la questione irrisolta di lei, quindi non c'è nulla da fare, se volete sapere, ve lo dovete leggere come abbiamo fatto noi!

Ora, a parte la terminologia "gggiovane" che ho difficoltà pure a pensare che esista in questo modalità, mi auguro di cuore che espressioni del genere non appartengano al frasario dei giovani tipo:

Pensiero profumoso...

"Se l'autocompiacimento fosse acqua di colonia"

Pensiero meno profumoso...

"mi sento letteralmente inzuppata di sollievo"

Volevo una crema solare...

"Scalcio via i miei strumenti i tortura (sarebbero i vestiti di cui sopra) e mi vesto da jogging. Ci andrei anche adesso, ma fa caldo e mi sforzo di non uscire mai a quest'ora, quando il sole ha la possibilità di perseguitarmi e marchiarmi a fuoco"

Il meteo da posseduto... (sul cellulare sorvoliamo va!)

"fulmini lampeggiano fuori dalla finestra, deridendomi ogni volta che il cielo s'illumina. Il cellulare è sul letto, a sussurrarmi nell'orecchio come una bottiglia di scotch a un alcolista in terapia, mentre la pioggia continua a prendermi in giro oltre la finestra"

??? In questa ci siamo scervellate tutte... nessuna ha capito che vuole dire!

"Gli Oreo non sono male. Ma è solo perché sono Ringo e, malgrado tutti gli sforzi, restano inimitabili"

Sappiatelo, secondo me, Nastja, deve essere stonata come una campana!

"A volte mi metto perfino a cantare (sotto la doccia), ma è una pratica riservata ai giorni in cui l'odio per me stessa raggiunge livelli stratosferici e voglio farmi del male"

Le altre ve le risparmio e ve le lascio scoprire dal soli!
Dicevo, a parte queste coloritissime definizioni e descrizioni, in fondo, per chi ama questo genere di libri non è  malvagio, anzi migliora andando avanti, anche se non diventerà il libro del secolo. La storia si sviluppa in crescendo finché ad un certo punto la matassa finalmente si sbroglia lasciando intravvedere la luce alla fine del tunnel. C'é anche una buona caratterizzazione dei personaggi anche se, che sia per la traduzione o no non è dato saperlo, quando sono tutti insieme è parecchio complicato capire chi dice cosa. Quindi, probabilmente, se l'autrice si fosse concentrata sulla storia, più che sul linguaggio "gggiovane", fintamente poetico e dannato, probabilmente sarebbe venuta fuori un'ottima storia. 
Sicuramente ho apprezzato alcune descrizioni di situazioni che potevano sbordare in contenuti non adatti al pubblico, cui è destinato un libro del genere, anche se, la stessa attenzione, non è stata messa in altri ambiti, uno per tutti quello evidenziato sopra relativo alla tecnica narrativa. magari non sarà il best seller del secolo ma rispetto a "Lo strano caso dell'apprendista libraia" qui, almeno, la storia c'è.

Ringrazio  le mie compagne di avventura, Irene di Librangolo Acuto, Daniela di Appunti di una lettrice e Paola di PrimaoPoiStoBlogLoDeviAprì, che mi hanno accompagnato nella lettura del libro in questione. E' stato divertente leggere i commenti di tutte e non vedo l'ora di leggerne i resoconti, quindi segnatevi i riferimenti!
Buone letture,
Simona Scravaglieri


Il tuo meraviglioso silenzio
Katja Millay
Mondadori Editore, ed. 2014
Traduttore L. Borgotallo
Collana "Chrysalide"
Prezzo 14,90€




mercoledì 1 aprile 2015

[Dal libro che sto leggendo] Due di noi


Fonte: Elite Daily

Se sbirciate prima l'estratto vi potrebbe venire il dubbio che mi sia data al mondo romance. In effetti non è così, il libro è uscito a febbraio ed era segnalato come un'uscita attesa. Aveva una copertina che mi ricordava molto quella di un altro libro (non BookMe) e mi sono domandata come fosse la resa della storia. Ecco, dalla scorsa settimana io lo so, voi forse no! Si tratta di un libro diretto ad un pubblico giovane, 20-30 anni, e principalmente femminile. 

Bev e Amy sono due amiche nella Grande Mela e si sono conosciute lavorando nella stessa casa editrice finché le loro strade non si sono divise per ragioni diverse. Amy è molto quotata nel suo lavoro, Bev aveva appena iniziato, ma, nonostante si siano momentaneamente allontanate si ritrovano, all'inizio della narrazione, nuovamente in contatto amiche più di prima.

Lo spunto viene dalla voglia di narrare quanto sia difficile entrare, ai giorni di oggi nel mondo del lavoro, i nuovi mestieri derivati dalla prepotenza della comunicazione via web, la necessità di visibilità e di fama. Tutte cose che nemmeno dieci anni fa, ancora consideravamo effimere! A questo si affianca la vita personale delle due eroine che devono far andare d'accordo carriera, vita amorosa, rapporti personali. Non facile,  e chi c'è passato lo sa perfettamente.

Per il pubblico cui è destinato è un buon libro che scorre bene e ha un buon ritmo. 
Buone letture,
Simona Scravaglieri


 
La scheda di candidatura dell’agenzia per il lavoro era lunga solo quattro pagine, ma Bev non era riuscita a compilarla. Si era ripromessa di farlo in metropolitana la mattina del colloquio, ma il treno era così stipato che era impossibile persino estrarre il modulo dalla borsa. Inoltre, J.R. Pinkman era nella stessa carrozza e le stava facendo ciao dal suo angolino affollato. Lei sorrise. Fu rassicurante, in quella situazione, vedere qualcuno che conosceva, ricordare chi era davvero sotto il tailleur. «Abbigliamento formale», le aveva scritto la segretaria in un’e- mail, e ora Bev era su un convoglio della linea B alle otto e mezzo del mattino con un trench color talpa su una giacca e una gonna di sfumature di nero leggermente diverse. In ogni caso, non aveva nessuna voglia di parlare con J.R. Voleva sedersi, quando il treno avesse scaricato metà dei passeggeri alla fermata di Grand Street, e sfruttare gli ultimi dieci minuti del tragitto per riempire la scheda. Rispose al cenno di saluto, ma poi abbassò lo sguardo e chinò la testa, fingendosi molto occupata e dando a J.R. il permesso tacito di fare altrettanto.
Il convoglio frenò e J.R. sgomitò tra la folla per raggiungerla. Avevano lavorato insieme alla Warwicke Smythe, un’agenzia letteraria, e Bev si era forse addirittura presa una cottarella per luipoco dopo averlo conosciuto. Nella luce della metropolitana a quell’ora del mattino, però, nessuno appariva al suo meglio. J.R. reggeva diverse sacche scolorite che presumibilmente contenevano vari manoscritti merdosi, cui si aggiungeva quello che teneva in mano.
«Dove vai?» chiese, indicando il tailleur di Bev.
«A portare il CV in un’agenzia di lavoro interinale». Ammetterlo fu un sollievo ma poi, nel silenzio che seguì, non parve più una decisione così saggia.
«Credevo volessi finire gli studi!».
«Ci ho provato, per un anno». Bev fece un sorriso più simile a una smorfia.
«Prima che cominciasse a sembrarmi un enorme spreco di soldi. Infatti mi tocca lavorare per cominciare a ripagare i debiti che ho accumulato». Accennò al manoscritto, ansiosa di cambiare argomento e di rammentare a J.R. (e a se stessa) che aveva avuto ottime ragioni per lasciare l’agenzia letteraria. «Stai leggendo qualcosa di interessante?».
Lui agitò il fascio di pagine stampate. «Vuoi scherzare? È solo un altro capitolo delle memorie di Warwicke». Faceva parte di un team di assistenti assunti per lo più per battere e rivedere le insulse memorie dell’anziano titolare in sedia a rotelle, oltre che per accompagnarlo alla toilette a intervalli di circa mezz’ora. «Sarai contenta di non dover più perdere tempo con queste stronzate».
«Come no. Contentissima. La disoccupazione è il non plus ultra della felicità».
Il convoglio si fermò con uno scossone a Broadway- Lafayette. «Be’, salutami tutti!» disse Bev quando J.R. risistemò le sacche e si preparò a scendere.
«Non mancherò. Farò un annuncio durante la riunione del mattino» urlò lui, soverchiando la voce registrata che invitava a stare lontani dalle porte durante la chiusura.
«Non dire del lavoro interinale!» gli gridò dietro Bev, ma J.R. smontò senza voltarsi, perciò non era sicura che avesse sentito.
Sbucò in Bryant Park cinque minuti prima del colloquio e si guardò intorno alla ricerca di un posticino in cui rifugiarsi per compilare il modulo. Caddero le prime gocce di un temporale improvviso e il trench si coprì subito di brutte chiazze scure. Sarebbe stata costretta a comprare uno di quegli ombrelli dei venditori ambulanti. Costavano soltanto cinque dollari, ma non valevano un centesimo e il loro acquisto si rivelava sempre uno spreco. Per quanto deprimente, cinque dollari rappresentavano una bella percentuale delle sue sostanze al momento. Riparandosi sotto un cornicione accanto ai gradini della biblioteca, controllò che il davanzale all’altezza del suo gomito non fosse incrostato di escrementi di piccione prima di posarvi sopra i fogli. Inserì in un batter d’occhio i dati di routine (referenze, esperienze precedenti), quindi, ormai mancava solo un minuto, si bloccò davanti a una domanda dell’ultima pagina: «Quali sono le sue principali aspirazioni?».
C’erano tre spazi di circa mezza riga ciascuno. Troppo piccoli per una frase completa. Lanciò un’occhiata all’orologio,poi fissò per un momento interminabile una coppia di fringuelli che saltellavano sull’erba, sgolandosi per un pezzetto di biscotto. Con ogni probabilità l’ultima volta che aveva dovuto rispondere a un quesito tanto stupido era stata alle superiori, o in chiesa, da adolescente. Immaginò se stessa ragazzina, intenta a riempire le linee vuote senza la minima esitazione: 1. Servire Dio. 2. Sposare un bravo cristiano. 3. Crescere i figli secondo gli insegnamenti del Signore. Aveva creduto sul serio che quelli fossero i suoi veri obiettivi? Le priorità erano cambiate già al primo anno di college: 1. Leggere tutti i libri del mondo. 2. Vivere il più lontano possibile dal Midwest. 3. Non rinunciare mai all’occasione di prendersi una bella sbronza.Ma quali erano adesso le sue maggiori ambizioni, o meglio, cosa poteva inventarsi per non consegnare l'ultima pagina in bianco? Sbirciò l'iPhone decrepito per accertarsi che l'orologio fosse preciso, quindi si affrettò a scrivere.
La verità, come al solito, le venne più facile delle bugie:
«1. Raggiungere una stabilità finanziaria»
era sincero, seppur ovvio.
«2. TRovare un posto nella società»
vago, ma chi se ne frega
«3. Avere la sensazione di svolgere un ruolo importante nella vita» forse un po' campato in aria, ma sempre meglio di una riga vuota.

Questo pezzo è tratto da

Due di noi
Emily Gould
Bookme Edizioni, ed. 2015
Traduttore Roberta Zuppet
Prezzo 14,90€


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