mercoledì 30 maggio 2012

[Dal libro che sto leggendo] Tempo di uccidere

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Questo è un signor libro proveniente da un passato non troppo lontano. E' infatti stato il Primo Premio Strega della storia della Fondazione Bellonci. E lo scrittore è Ennio Flaiano.
Anno 1947. Eppure, nonostante gli fosse assegnato un premio, Flaiano non era contento di questo libro, e non aveva tutti i torti ma il perché ve lo spiegherò nella recensione che seguirà fra qualche giorno. Leggere però questo scritto mi rivelato che un tempo i Premi Strega avevano sempre un valore letterario, quindi, per chi mi vorrà seguire, e nella speranza di reperire i vari titoli, ho deciso che seguirò la storia del premio attraverso i libri premiati insieme a voi. Quindi partiamo dall'inizio, dal primo libro e dal primo capitolo di quest'ultimo che si apre ironicamente con la storia di un abbandono.
Un libro assolutamente da conoscere!
Buone letture,
Simona

LA SCORCIATOIA 

Ero meravigliato di esser vivo, ma stanco di aspettare soccorsi. Stanco soprattutto degli alberi che crescevano lungo il burrone, dovunque ci fosse posto per un seme che capitasse a finirvi i suoi giorni. Il calco, quell'atmosfera morbida, che nemmeno la brezza  del mattino riusciva a temperare, dava alle piante l'aspetto di animali impagliati.
Da quando il il camion s'era rovesciato, proprio alla curva della rima discesa, il dente aveva ripreso a dolermi, e ora un impulso che sentivo irresistibile (forse l'impazienza della nevralgia) mi spingeva a asciare quel luogo. "Io me ne vado", dissi alzandomi. Il soldato che fumava soddisfatto, oramai pronto a dividere con me gli imprevisti della nuova avventura, si rabbuiò. "E dove?" chiese.
"Giù al fiume". Non vedevamo ancora il fiume, ma era là sotto, nella sua valle scavata da secoli e guardata da qualche pigro coccodrillo a caccia di lavandaie. Pensavo di trovare un autocarro per risalire dall'altra parte. Dovevo esservi prima di sera o sciupavo uno dei quattro giorni che m'avevano concesso per trovare un dentista.
Sì, dovevo andarmene. oltre la valle, nel cielo bianco, appariva il ciglio opposto dell'altipiano. Il fiume aveva scavato attorno alle montagne lasciandole asciutte come ossi.
tra i due cigli correvano chilometri, quanti non so, perchè le distanze ingannano con questa luce che disgena le più lontane minuzie: forse cinque o sei. E, oltre il ciglio, la vita calma dei depositi. Ancora avanti, e la parola domenica avrebbe riacquistato valore. Avrei trovato il primo letto con le lenzuola, il primo giornalaio. E un dentista.
Il  soldato non voleva cedere. "Aspetti", disse, "passerà qualcuno". Guardai il camion che giacva con le ruote contro la scarpata e scossi la testa: non passava nessuno. Era passato soltanto un colonnello annoiato come un generale. E la petulanza del soldato cominciava ad infastidirmi. Essersi salvati insieme non mi sembrava più una buona ragione per mostrarci fotografie, raccontarci fatti propri, azzardare le solite previsioni sul nostro ritorno in Italia. Pure, mi dispiaceva abbandonarlo.
"E così, mi lascia solo?"
Cominciai a raccogliere la mia roba, lo zaino, il cinturone con la rivoltella. Per mitigare la mia fuga cercai un pretesto, ma era un cattivo pretesto: gli dissi che se avessi trovato un camion giù al fiume (spesso i conducenti si fermavano a fare il bagno), sarei tornato ad aiutarlo. Il soldato finse di crederci e questa sua improvvisa e ostile condiscendenza mi fece arrossire. mi strinse la mano senza calore, veramente deluso. Dopo cinquanta passi, un gomito della strada me li nascose, lui e il suo autocarro, e d'allora non li avrei più rivisti.

Il libro da cui è tratto questo pezzo:

Tempo di uccidere
Ennio Flaiano
Rizzoli editore, ed 1990
Collana "BUR"
Prezzo 7,80€ (è il prezzo originale io l'ho trovato usato a 3,90€)

domenica 27 maggio 2012

L'ha detto... Albert Einstein


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Tutti sanno che una cosa è impossibile da realizzare, finché arriva uno sprovveduto che non lo sa e la inventa.

Albert Einstein



venerdì 25 maggio 2012

"Sabato, addio", Marco Archetti - L'addio che si ricorda...

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Se fossi costretta ad usare una parola sola per descrivere questo libro sarebbe "indimenticabile". Questo è un libro che non ti abbandona ma che continua insistentemente a stare con te. Ci ho messo un po' di tempo a scrivere questa recensione perché, come al mio solito, speravo di poter prendere le distanze, guardarlo da lontano e capire se veramente mi ero innamorata di una descrizione della solitudine. E invece no, non mi è riuscito. I problemi possono essere di due tipi o di trama ingegnosamente incastrata mettendo una vita in un momento o concettuali ovvero la possibilità di avere nella penna le parole più adatte per descrivere la solitudine. In entrambi i casi il libro ti prende e rimane con te perché, al di là della trama straordinariamente semplice, sia il fattore tempo, che determina gli avvenimenti e rivela solo alla fine quel che si sta leggendo, che il fattore descrittivo sono sinonimi di quel "saper scrivere" che tramuta una storia di tutti i giorni in un vero lavoro eterno.

Ora detto così, potrebbe sembrare l'ennesimo libro che narra il male del secolo e che sarà sicuramente triste e noiosamente introspettivo. E invece nulla di tutto questo avviene.  Rimanendo fedele ad un concetto di base che è molto minimalistico, Marco Archetti, riesce a farci fare un passo indietro nel tempo in una Milano che non c'e' più (percorrendo le strade seguendo lo sguardo del suo protagonista sembra quasi di sentire le voci, gli odori dei rioni di una volta) e  al contempo a farci fare un viaggio nelle emozioni dell'essere umano, non in modo autocompiatiuto o retorico bensì, mantenendo le distanze dal proprio personaggio che parla in prima persona, franco. In entrambi casi scenografia e personaggi non sono sommersi di aggettivi e quindi pomposi o stucchevoli. La descrizione corrisponde a quello che lo sguardo umano intercetterebbe camminando per la strada, ora non guardando chi ci passa vicino e ora fissandosi su un particolare ed e' probabilmente questo approccio felice che dona uno splendido ritmo alla sua scrittura. 

La storia è molto semplice, due amici sempre insieme e sempre pronti a spalleggiarsi contro "il mondo" con cui tentano invano di entrare in contatto e da cui sono respinti. Non si sentono soli, l'abitudine di vedersi e di sapere che entrambi hanno la stessa sorte con gli amici e le donne danno loro la certezza di essere compresi. E se, da un momento e l'altro, uno conosce una ragazza? Finiscono le uscite, le passeggiate, le chiacchierate al bar per sfoggiare l'ultima conquista o la donna con cui non si è riusciti ad andare oltre i bacio. Insomma finisce tutto. Questa è la base del racconto, da dove si parte per capire ciò che l'autore e il suo personaggio hanno congegnato per i loro lettori. Ma già dalle prime pagine il male moderno della solitudine assume un'altra consistenza; non è più raccontato per informazioni asettiche, bensì vissuto. Io uomo normale, con una vita decente, un lavoro cos'ho di meno degli altri? Mi rifiutano? No sono io che rifiuto loro e mi creo un mondo parallelo, cui assegno il valore di "fisso" e di "infinito" e all'interno di quello ritaglio la mia dimensione. Ecco il concetto di Archetti che rende, forse meglio di uno specialista, il problema che genera il male. Mentre leggevo pensavo che ad Herling questo approccio sarebbe piaciuto, l'avrebbe amato. Perché il problema non è nella sua parte finale quella che si vede, come sembrano sottolineare entrambi, ma in ciò che genera questo isolamento e sul valore che si assegna al proprio universo parallelo.

Se poi l'universo parallelo, come può avvenire, si sgretola più è forte il valore che gli si è assegnato e più alto è il tempo che l'individuo ha per superare ed elaborare la "perdita" e la soluzione al problema. Non c'e' solo questo fattore che emerge, ma ce ne sono molti altri e il fatto che io possa averlo pensato come un libro in "stile Herling" è perché Marco Archetti riesce ad entrare talmente a fondo nella psicologia dei suoi personaggi da renderli quasi reali sia nelle azioni che nelle parole, così come avvenne per molti scritti di Herling. E quindi, oltre alle splendide cartoline della Milano nascosta o andata, che attraverso la sua penna assume un fascino come mai nessuno era riuscito fino ad ora, si aggiungono queste storie intrecciate e poi disgiunte ma sempre correlate fra loro anche quando non le vedi come tali.

E come foglie sull'albero che sfidano la forza di gravità rimanendo tenacemente attaccate al ramo che le ha generate, tutto in un attimo si conclude, la foglia ingiallisce, dondola e cade; allo stesso modo Marco lascia che la sua storia si svolga accompagnandoci per mano fra le righe folte di parole ma sempre con un ritmo deciso, fino ad arrivare ad una fine che non ci aspettiamo, ma è li, inesorabile e sorprendente. E la storia di una vita si condensa in quell'unico attimo, come se si fosse svolta così solo per la conclusione, lasciando il lettore con l'ultimo fiato sospeso in gola.

Se fosse un mestiere scomparso, Marco Archetti sarebbe un "cantore", quelli con lo strumento che giravano nelle piazze e nelle corti dell'Italia rinascimentale. Avrebbe incantato le folle con le sue storie, come fa oggi nei nostri tempi con questo libro che racconta emozioni.
Forse è per questo che il libro in questione non vuole lasciarmi...

Davvero imperdibile,
buone letture,
Simona


Sabato, Addio
Marco Archetti
Feltrinelli Editore, ed. 2011
Collana "I narratori"
Prezzo 13,00€




mercoledì 23 maggio 2012

[Dal libro che sto leggendo] Io, Nojoud, dieci anni, divorziata

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Comincia  da un dichiarato amore per lo Yemen. Prosegue poi negli occhi della bimba che si vede nella foto che vi ho postato lei è Nojoud, oggi dovrebbe avere 14 anni e nel 2008 è salita agli onori della cronaca internazionale perché all'età ipotizzata di dieci anni ha chiesto il divorzio dal marito, che il padre l'aveva costretta a sposare, e che era più grande di lei di quasi 30 anni.
In un paese dove le usanze retrograde e mal interpretate del Corano fanno sì che sia usuale che una bimba di 10 anni abbia un marito e che abbia con lui rapporti sessuali, dove le donne escono velate di casa e dove in casa patiscono il potere e i maltrattamenti degli uomini, Nojoud è una eroina. Perché dopo di lei, altre bambine e altre donne si sono ribellate e, anche se ci vorrà parecchio perché certe usanze vengano abbandonate, oggi sanno di poter contare sul suo caso per avere ragione delle ingiustizie almeno in campo matrimoniale).
Ho comperato questo libro perché ha una copertina bellissima e non ho potuto non andare oltre il titolo.
Buone letture,
Simona




COME SE TUTTO IL PESO DELLA TERRA... 
C'era una volta una terra magica, dalle leggende incredibili quanto le sue case, che sembrano fatte di marzapane e sono ornate di piccole linee sottili simili a tracce di zucchero a velo. Una terra posta all'estremo sud della penisola arabica, lambita dal Mar Rosso e dall'Oceano Indiano. Una terra ricca di una storia millenaria, irta di torri di argilla appollaiate sulle creste di aspre montagne. Una terra in cui l'odore di incenso fluttua lieve agli angoli delle stradine lastricate di pietra.
Questa terra si chiama Yemen.
Ma, tanto tempo fa, i grandi decisero di darle il soprannome di Arabia Felix, cioè Arabia Felice.
Perchè lo Yemen fa sognare. E' il regno della regna di Saba, una donna incredibilmente bella e forte che fece  ardere il cuore del re Salomone, e della quale si può trovare traccia nella Bibbia e nel Corano. E' un territorio misterioso, in cui gli uomini non escono mai senza il loro coltello a lama ricurva, fieramente esibito alla cintola, e in cui le donne celano la loro bellezza dietro pesanti veli neri. E' una terra posta lungo l'antica rotta commerciale, percorsa dalle carovane dei mercanti di spezie e di stoffe. i loro viaggi duravano settimane, a volte mesi. Non si fermavano mai, né con la pioggia e né con il vento. Si dice che i più deboli non ce la facessero quasi mai a tornare a casa.
Per disegnare lo Yemen, bisogna immaginarsi un territorio un po' più grande di Grecia, Nepal e Siria messi insieme, con un becco che penetra nel golfo di Aden. Laggiù, in quelle acque affollate, i pirati tendono agguati ai cargo in transito, che vanno e vengono tra l'India, l'Africa, l'America e l'Europa...
Nel corso dei secoli sono molti gli invasori che hanno ceduto alla tentazione di impadronirsi di un paese tanto bello. Gli etiopi sbarcano armati di archi e frecce, ma presto furono ricacciati indietro. Poi vennero i persiani dalle folte sopracciglia, che costruirono canali e fortificazioni, e reclutarono alcune tribù per  combattere altri invasori. Poi toccò ai portoghesi tentare la sorte, con qualche insediamento coloniale. A loro succedette l'impero ottomano, che dominò il paese per oltre un centinaio di anni. In seguito, i britannici dalla pelle bianca sbarcarono nel sud, mentre i turchi prendevano possesso del nord. Poi, una volta andati via gli inglesi. il sud attirò l'interesse dei russi dal sangue gelido. Come un dolce conteso tra bambini troppo golosi, il paese si divise progressivamente in due.
Questo prezzo è tratto da:

Io, Nojoud, dieci anni, sposata
Nojoud Ali
Piemme Edizioni, Ed. 2010
Collana "Oro Piemme"
Prezzo 6,50€

domenica 20 maggio 2012

Presentazione di Metro 2033 con Dmitry Glukhovsky e Francesco Pannofino

Cercavo qualcosa di inerente al Salone del libro che si è svolto a Torino, e mi sono imbattuta in questo, che rappresenta le "follie" che accompagnano questi eventi, anche a Roma (A più libri più liberi se non vado errata c'erano sfilate di guerre stellari). Questa accompagna la lettura e la presentazione di questo libro "Metro 2033", che non so sinceramente se acquisterò, ma l'ho trovata carina e ho deciso di segnalarvela, magari fra quelli che circolano in rete qualche appassionato del genere decide di farlo e in quel caso se me ne segnala la validità o no gliene sarò grata.
Buona domenica e buone letture,
Simona




Il libro di cui si parla nel video è:


Metro 2033
Dmitry Glukhovsky
MPlayer Edizioni, ed. 2011
Prezzo 19,99€ 

venerdì 18 maggio 2012

"Stoner", John Williams - Non bastano 13 pagine...

"American Gotic" presa da qui

Quando si legge un libro, si cerca una storia, delle emozioni o delle informazioni. Ma se queste ci sono e sono riportate in maniera quasi enciclopedica, e senza alcun sentimento, a quel punto ti chiedi perché stai continuando a leggere quel testo. Alla fin fine, io, finisco tutti i libri, belli o brutti che siano perché spero fino all'ultimo che almeno un qualcosa di interessante ci sia. E, in effetti, sì c'è e sono 13 pagine che non vi posso raccontare perché fanno parte dell'epilogo della storia.

In primis, bisogna considerare che sembra in parte una autobiografia. E' stato scritto nel 1965 (cosa che ai giorni d'oggi dovrebbe essere un'informazione che si mette all'inizio e invece è citata all'ultima pagina, segno che l'editore ci crede talmente tanto nel testo da serbare l'ultima sorpresa in fondo!), quando Williams aveva 45 anni (è nato nel 1922) e lui era professore universitario proprio in Letteratura Inglese; si ritirerà nel 1985 dalla carriera universitaria e morirà nel 1994 e, a differenza del suo personaggio, in gioventù si è anche arruolato ed è stato in India e Birmania. Mentre il suo protagonista, Stoner, diventa studente per apprendere le nuove tecnologie per la coltivazione dei campi (plausibile) e finisce per diventare professore (per caso), sposarsi con una donna che lo usa quasi dal primo momento. Tutto quello che avverrà nella sua vita, non è affatto cercato ma molto spesso subito. 

Il fatto che sia stato scritto nel 1965 da una parte ti porta a considerare con altri occhi questo libro, ma per la stessa considerazione, fa anche pensare che questo lavoro non sia stato scritto e concepito in maniera "eterna", dopotutto, se così fosse il fatto che è un prodotto della metà del '900 non dovrebbe essere una informazione necessaria. E nemmeno il fatto che piaccia ai "critici" che nel tempo lo hanno definito un "capolavoro" è  sinonimo di "eternità" ma appare, invece, come un esercizio di stile, ben riuscito a detta di qualcuno, all'interno del quale una storia si svolge quasi senza motivazioni e quasi a sottolineare che quando nella vita ci si pone la domanda del "perchè siamo qui?" non avremo alcuna risposta da darci. La vita per Stoner è una cosa che si subisce quasi supinamente, che ti toglie le gioie e la voglia di scoprire (ammesso che lui abbia avuto mai tali pulsioni), che stronca sul nascere qualsiasi curiosità e che impone delle convenienze che lui deve accettare. Stoner sceglie di vivere una vita ai margini, dove si confina ai bordi di quella strada che rappresenta lo scorrere del tempo: "non superò mai il grado di ricercatore, e pochi studenti, dopo aver frequentato i cuoi corsi, serbarono di lui un ricordo nitido" . Non ha la forza di difendere le proprie idee, i propri sentimenti e nemmeno i propri desideri e, di rimando, tutto il mondo che con lui entra in contatto, e "contatto" è l'unico termine adeguato perché in 300 pagine c'e' solo un personaggio che buca questa corazza, lo fa come se passasse per caso e trova in lui forse solo uno strumento da usare.

Questa mancanza di contatti fisici, amorosi o amicali crea, unitamente a questo mondo che sembra punire gli ultimi, quello scenario oscuro, opprimente, pesante che piace tanto ai critici, perché fa tanto letteratura "altolocata", e invece paragonandolo ad un autore dello stesso periodo, ma europeo, Gustaw Herling (1919-2000) questa modalità di scrittura appare povera e anche un pochino insensata. Non ho scelto "uno a caso", ho scelto volutamente un autore che per tutta la sua vita ha deciso di trattare un tema volutamente oscuro, il "male", raccontandolo in tutte le sue forme in un libro "Diario scritto in una notte" (che consta di 6 volumi, di riflessioni e racconti ed è pubblicato nella sua totalità solo in Polonia, paese di origine dello scrittore, mentre nel resto del mondo sono state pubblicate raccolte dei racconti che lo compongono) ma in maniera certamente più vivida e sentita e descrivendolo attraverso le vite dei personaggi che popolano la sua mente e nascono dalle sue esperienze. Herling definiva il ruolo del letterato dicendo che "Un tempo gli intellettuali venivano ascoltati e considerati proprio perche' avevano qualcosa di importante da dire per tutti noi"  mentre Williams a quanto pare non ha nulla da comunicare e, sebbene quello che si potrebbe prendere come messaggio è "vivrai una vita che continuerà a punirti" laddove quello di Herling pare essere invece una riflessione su come evitare che "il male d'essere si impossessi di noi", quest'ultimo viene nel suo tempo definito come "lo scrittore del male", mentre il lavoro di Williams è riconosciuto come "un capolavoro".

Quindi, per me, manca l' "anima" in questo libro, la storia scorre in maniera quasi automatica, i personaggi non hanno alcun tipo di affetto profondo bensì sembrano provare quasi per dovere o apparenza e sono troppo occupati nelle loro attività per generare un qualsiasi confronto. E questa mancanza di anima si traduce in una trama delineata da una linea piatta, come un elettrocardiogramma in cui, la fibrillazione, non è data dal sottolineare un cambiamento, ma solo da qualche rada discussione messa qui e là.
Qui si ha solo un trionfo di "sussurri", "mormorii", "labbra morse per non dire" e "pensieri non espressi" e solo qualche rada discussione porta il tono di voce alla normalità e, in uno solo, è in modalità quasi urlata. "Appiattimento di toni", che qualifica la piattezza dei sentimenti. Stupisce che Stoner, anche se proveniente dalla campagna, ma già da tempo cittadino e laureato "caschi dalle nuvole" perché il suo collega di dottorato gli comunica che, visto che c'e' la guerra, si arruolerà. Stupisce ancor di più che vada a parlare con il suo professore quasi a chiedergli "cosa deve fare". E non è l'unica situazione "anomala che viene descritta". Il giovane Stoner infatti non sa, non sente, vive per forza di inerzia, inerzia che rimane in tutte quelle che sono le esperienze precedenti e successive a questa. Persino la decisione di cambiare facoltà nata quasi per caso e che dovrebbe essere sinonimo di "vivida e fremente curiosità e partecipazione" si traduce in un noioso passaggio che è meglio, anche per l'autore, non approfondire quasi per nulla."Il momento" in cui si parla dell' "attimo in cui visualizza(?) o si innamora (?) - non è ben dato capire - attraverso la poesia della letteratura" si perde letteralmente perché non esplicato ma quasi solo accennato in mezza paginetta. E, questa mancanza di caratterizzazione, continua nei personaggi, nei luoghi, nelle situazioni e quindi qualsiasi fatto principale o secondario non viene descritto ma rimane solo "citato", come se stancamente l'autore si limitasse a leggere una lista della spesa composta di momenti e persone. Nulla in più nulla in meno.

C'e' solo una situazione dove aggiunge, a mio avviso a sproposito, qualche informazione in più:

"Erano giunti senza peccato al matrimonio, ma in modi profondamente diversi. Erano entrambi illibati e consapevoli della loro inesperienza. Ma mentre William [appunto mio: notato la coincidenza?!], essendo cresciuto in una fattoria, era abituato ai naturali processi della vita, per Edith tutto era profondamente misterioso e inatteso. Non sapeva nulla di certe cose e c'era qualcosa di lei che pregava di restare all'oscuro."

A sproposito perché, a parte Bukowsky e qualche altro, il periodo che parte dopo la seconda guerra mondiale non è ancora il "momento per attestare certe cose", anche se l'autore conta sul fatto che, chi parla, è esterno alla storia e, questa, non è raccontata in prima persona. Ma se la storia è narrata partendo dal concetto che il lettore deve "dedurre" molte situazioni e scelte, quasi a sottolineare che sia stato scritto nel mentre la vita di Stoner scorre - in netta contrapposizione con il suo inizio in cui attesta quasi che è una storia postuma-, in questo unico caso il protagonista e la moglie hanno una minima descrizione in più. Per il resto i personaggi come le situazioni, come detto, rimangono solo citati, quasi ad amplificare questo senso della nullità.

Quindi sommariamente si può dire che rimane un esercizio di stile, che è tanto piaciuto alle mie amiche del salotto letterario che mi ha ospitata in questa esperienza di lettura. Loro lo paragonano a Hopper artista americano che descrive la solitudine, cosa che io trovo errata, perché in questo testo non v'e' alcuna ricerca di un modo di comunicare con il proprio lettore; io lo paragono ad "American Gotich" per la sua staticità austera e malcelata richiesta di non partecipazione e non affezione alla storia stessa. Pertanto per il mio modo di vedere questo "racconto lungo" non ha ne motivazioni e ne tanto meno "anima" e non riesce a gestire la storia che ha in mano, ma rimane solo lo scorrere delle parole che vorrebbero ampliare la descrizione fatta nella prima pagina, ma che riescono ad essere solo una maccheronica compilazione di pagine che lascia il lettore senza quel viscerale bisogno di sapere come va a finire, se non per poter passare al libro successivo. E per questo motivo si classifica nei miei "dimenticabili" nonostante sia pubblicato da Fazi, che è una Casa Editrice che nel tempo ha pubblicato molti titoli interessanti. Se, come sostiene Beraldinelli in "Non incoraggiate il romanzo" i critici si dividono fra coloro che prediligono la forma rispetto al contenuto e gli altri viceversa, io appartengo, nel corrispettivo mondo dei lettori, a quelli che non si accontentano di una storia vuota, ma scritta bene, ma che pretendono che l'autore si faccia ricordare insieme alla sua storia perché l'ha amata in prima persona e con la stessa passione l'ha scritta facendo permeare dal suo scritto quanto essa sia stata sentita e non subita.
Un libro senz'anima si dimentica presto confondendosi fra le pagine dei libri successivi, che magari hanno qualcosa di urgente da dire. Cosa che, in questo caso, non pare essere successo. E nonostante, le 13 pagine scritte con sentimento, che denunciano quel che sarebbe potuto essere un bel libro se la storia l'avesse realmente sentita, proprio per le motivazioni sopra citate, questo libro, prende una stella su cinque anche considerando il periodo storico in cui è stato elaborato. Un qualcosa di simile a "Meno di zero" di Easton Ellis che, come l'autore in questione, scrive una storia per una tesi e se la ritrova pubblicata.


Stoner
John Williams
Fazi Editore, ed 2012
Collana "Le strade"
Prezzo 17, 50€



mercoledì 16 maggio 2012

[Dal libro che sto leggendo] Nomi, cognomi e infami

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A volte ho un ritmo di lettura molto serrato sono capace di finire un libro e avere il successivo praticamente pronto da aprire. Poi, quando mi arriva in mano un libro sulle mafie, mi dico che in fondo dovrei considerarlo un testo come gli altri e che a lui posso dedicare un "tempo" stabilito e che con quello nuovo sarà diverso e io sarò veloce. E invece, ogni volta che me ne capita in mano uno, scopro che questo genere di libri, se scritti da chi ha qualcosa da dire veramente, non possono avere tempi stabiliti perchè capaci di inserire volta alle storie conosciute sempre nuovi particolari e nuove riflessioni. E così nonostante non sia un tomo questo libro l'ho in mano da due settimane, ma fatico a leggerne più di un capitolo per volta proprio perchè questo libro è configurato in maniera da lasciarmi riflettere e guardare in maniera diversa ciò che mi circonda quando alzo gli occhi dalle parole scritte.

Questo pezzo è uno dei tanti spettacolari momenti di narrazione che si alternano ma mano, dove la paura, quella dei buoni che sono "costretti" a regimi restrittivi perchè vigilati, "E' un re nudo" e dove la comunicazione che verrai messo sotto scorta è un'informazione che ti fa riflettere al bar "pensando o malpensado" che qualcuno che non sai chi è ti osserva o che lo fa anche quando lavori instillandoti un "tarlo", che automaticamente ti separa dai tuoi simili. Questo è Giulio Cavalli che, con un fare ora teatrale e ora semplice, anticipa i monologhi del suo spettacolo con delle ricche introduzioni fatte per spiegare gli antefatti, da dove nascono le sue parole. E quella che vi riporto è la "fiaba per non dormire" su una storia che ha toccato tutti, la morte di Borsellino un uomo che per mezza giornata pure mezza festiva "sperava di non essere un eroe, ma un figlio al citofono". E' volutamente un assaggio,trascrivere tutto il pezzo magari vi commuoverebbe come ha fatto con me oggi (ieri), ma non vi spingerebbe a leggere le altre "brutte favole" che il genere umano italico ha permesso che venissero create nell'indifferenza completa.
Buone letture, 
Simona


Ecco Leonardo,

questa sera per non addormentarsi mi viene con un nodo di raccontarti una storia, Una storia di quelle che non dormono, una storia che a guardarla di fretta, di passaggio, o da lontano ha la gonna della favola per un giro beffardo di sensi unici del rione del destino. Una favola con i buoni, un re, una guerra e addirittura un castello. Una Favola con tutti i trucchi  e gli ombretti per finire dritta nei libri rilegati di azzurro e di rosa, sullo scaffale del conforto e della buona notte. E' che succede, caro Leonardo, che una mattina, sarà che c'era un umido che gocciolava tra le ossa, l'onestà e il cuore, o sarà stato che era una mattina che si era acceso a tutti il diritto di rivendicare un dubbio, un punto di domanda. Un punto di domanda che si stiracchia appena nato e morde il guscio. Un punto di domanda che è andato a riprendersi un libro, il libro della storia con i buoni, con i re, con la guerra e addirittura il castello. Ma una favola da rendere, restituire perchè ce l'hanno venduta scassata: ci hanno venduto una favola in cui mancano i cattivi.

Prima c'e' un buco: un buco e Palermo che gocciola tutto intorno. Dentro il buco c'e' una fetta di mondo. C'è un figlio che è a un mezzo centimetro dal primo ciao di oggi per sua madre. C'è Emanuela, Vincenzo, Claudio, Agostino ed eddy che anche oggi sono a misurarsi per un mestiere con la pistola in tasca al posto delle ali. C'è quell'alone  sempre stonato e che sa di metallo di costringersi a illudersi  che si possa veramente, anche per oggi, almeno per mezz'ora pure mezza festiva, si possa veramente, non essere un nemico, non essere un eroe, essere un figlio attaccato al citofono. [...]

Il libro da cui è tratto è:


Nomi, cognomi e infami 
Giulio Cavalli
Edizioni Ambiente, ed 2010
Collana "Verdenero"
Prezzo 16,00€


Giulio Cavalli ha un suo sito che trovate qui: http://www.giuliocavalli.net/

domenica 13 maggio 2012

L'ha detto... Gianni Rodari

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Vorrei che tutti leggessero, non per diventare letterati o poeti, ma perché nessuno sia più schiavo.
Gianni Rodari


venerdì 11 maggio 2012

"Il libro è nudo", Franco Del Moro - Pensieri di una lettrice curiosa....


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Mosè Bianchi "La lettrice",1867

Ho comperato questo libro perchè stuzzicata da una recensione in video e precisamente quella di Luca Celea Gabriele che trovate qui. La questione è che, da qualche tempo a questa parte, sono molto incuriosita dal mondo che sta dietro la creazione di un libro, non tanto per questioni di lavoro ma perché più ci entro in contatto per caso e più, a volte, rimango stupita.
Con il libro di Lottman di cui vi ho messo un breve passaggio qui il punto della dissertazione è equidistante. Ovvero lo studioso si pone in mezzo ai vari attori della filiera (editore, libraio, marketing e lettori) per guardare il "mondo libro" da punti di vista non usuali sviscerando la questione in tante risposte ad altrettante domande. In questo caso, un editore (come è stato il caso di Ferri con "I ferri dell'editore" casa editrice E/O) si siede a tavolino e spiega il suo punto di vista.

Possiamo fare anche un piccolo confronto E/O è una casa medio-grande (sopratutto perchè opera su più paesi traendo vantaggio dall'essere nata come casa di traduzioni) Ellin Selae è una piccola casa editrice piemontese che ha anche una sua rivista. Nonostante i giudizi verso i grandi siano similari, in Ferri non c'e' questa ansia di denigrare il "comparto", cosa  che però è comprensibile nel caso di Moro. Non che abbia tutti i torti. Combattere in un mercato, imbibito come una spugna grondante di acqua, di milioni di titoli non è facile come, non lo è, attirare l'attenzione del cliente o vendergli un libro. Subentrano fattori come:
- incontrare il gusto della clientela;
- incontrare clientela che sia debitamente formata per quello specifico argomento;
- avere mezzi per la diffusione dell'informazione del proprio prodotto e mission e della propria disponibilità nel fornirlo in tempi adeguati;
e infine quello che poi decide tutto: "il prezzo giusto" che non è solo quello che l'editore valuta che sia da dare a quell'opera ma è quello che il cliente è disposto a pagare che diviene basilare. Se il lettore sente puzza d'imbroglio non farà uscire dalle sue tasche 20-30€ per un libro che non sia interessante e sopratutto non rischia tale prezzo su un nuovo autore, anche se osannato, perché la fregatura può essere dietro l'angolo e perché uno sconosciuto è difficile da rivendere anche a metà prezzo.

Triste? Abbastanza, ma è il mercato. Che ci possa piacere o no, viviamo nel villaggio globale da parecchio e il villaggio globale ha i suoi pro e i suoi contro, che saltano all'occhio per tutto lo scorrere del libro e si evidenziano anche tutte le contraddizioni in cui l'autore sembra cadere. Quella più simpatica è la contestazione, ai libri della collana de "I Miti" della Mondadori, di avere in fondo una pagina da ritagliare e spedire all'editore...e indovinate cosa c'e' in fondo a questo libro che è di Nuovi Equilibri?


Certo, non è un questionario di gradimento da ritagliare, ma come ci sono persone che non ritaglierebbero mai una pagina di un libro, ce ne sono altrettante che non ci penserebbero due volte a strappare questa pagina e a mandarla all'editore! Altra cosa che mi ha fatto sorridere è che sebbene ad inizio libro questo editore ci tenga a dire che vendere libri non è come vendere prodotti come gomme della macchina o formaggi, nelle valutazioni successive, i suoi confronti e le sue domande fanno proprio pensare che i suoi dubbi si fissino sulla difficoltà di vendere i libri come prodotti di qualsiasi altro tipo. Quest'ultima visione è quella più pruriginosa per il settore editoriale, perché troppo bieca e bassa, ma in fondo reale perché tutte le case editrici non vivono di aria ma di vil denaro. Così se la qualità delle case editrici si è abbassata e questo lo dico da un po' (Quando la legge non è uguale per tutti) di contro i lettori hanno deciso di scegliere il "meno peggio" e scelgono prezzi più bassi, come fanno oggi facendo la spesa scegliendo di andare in un discount invece che in un supermercato normale o di andare dal singolo commerciante. Ma questa non è una situazione di oggi, ma che ora si è aggravata in maniera definitiva.

Tra il serio e il faceto Moro attraversa una parte della sua vita, raccontando dei suoi dilemmi nel rapportarsi con altri editori, con i librai e anche con i lettori ma non è decisivo e incisivo nelle sue riflessioni che rimangono parziali perché affidate al giudizio di chi vede solo dal suo punto di vista. E se rimane condivisibile il suo giudizio sul mondo giornalistico le motivazioni che adduce per i lettori sono sempre le stesse che oggi ci sentiamo ripetere "leggiamo roba commerciale perché ci facciamo volutamente del male". Oramai a questa affermazione mi sono talmente abituata da non farci quasi più caso anche se so che le cose che mi sono capitate per le mani spesso non lo sono.

In sostanza, il libro è da leggere (chiaramente se lo trovate è del 2000). Non è un libro diffusissimo di cui e su cui si è parlato probabilmente per questa sulla fallibilità di prendere sul personale ( ed è difficile farlo nella sua situazione) un lavoro che, invece, deve essere preso con altri presupposti, pertanto anche il lettore, accompagnato per mano nei meandri dei "gironi dell'editoria" si sentirà un prossimo abitante di quei luoghi inospitali. Diciamo che mi aspettavo di più viste anche le premesse in calce al libro stesso, ma confido nell'altro titolo che Luca cita per risollevare la situazione. Però, in fondo prima del famoso questionario in foto, ha una bibliografia interessante per chi si interessa dell'argomento e assolutamente da non perdere!

Buone letture,
Simona


Il libro è nudo
Rivelazioni letterarie ai lettori che non sanno
Franco Del Moro
Nuovi Equilibri Edizioni, ed. 2000
Collana "Eretica"
Prezzo 2,30€ (all''epoca costava 7.000£)



mercoledì 9 maggio 2012

[Dal libro che sto leggendo] Stoner



Immagine presa qui


Era un po' che non inserivo in questa sezione dal "Libro che sto leggendo" per davvero in questo momento, e quindi eccolo qui. Non c'è moltissimo rispetto ad altri che sono stati citati in passato, ma non c'e' molto altro da leggere, nel senso che il libro si articola proprio nel lasso di tempo segnalato, senza alcuna situazione di rilievo e finirà come scritto senza un motivo scatenante a monte...ma nemmeno a valle. E' un libro e una storia raccontata quasi a riempire le pagine. Dovevo capirlo dal fatto che in copertina, il nome dell'autore è riportato tutto in minuscolo...
Perché dell'immagine? Perché lo sto leggendo in un gruppo di lettura e probabilmente grazie alla loro scelta (io mi sono inserita all'ultimo) mi sono chiesta: "Ma vale la pena con tutti i libri che hanno qualcosa da dire, di soffermarsi su qualcosa che si racchiude in queste poche righe senza aggiungere null'altro al mio essere lettrice?". Non mi sono ancora data una risposta definitiva anche se alcune frasi di una cara amica, qui, sembrano avere un senso quasi profetico anche se sono state pronunciate per tutt'altra tipologia di letture. Vi farò sapere se la storia migliora nelle ultime 100 pagine, anche se non sono così ottimista.


William Stoner si iscrisse all'Università del Missouri nel 1910, all'età di diciannove anni.

Otto anni dopo al culmine della prima guerra mondiale, gli fu conferito il dottorato in Filosofia e ottenne un incarico presso la stessa università, dove restò a insegnare fino alla morte, nel 1956. non superò mai il grado di ricercatore, e pochi studenti, dopo aver frequentato i cuoi corsi, serbarono di lui un ricordo nitido. Quando morì, i colleghi donarono alla biblioteca dell'università un manoscritto medievale, in segno di ricordo. Il manoscritto si trova ancora oggi nella sezione di "Libri rari", con la dedica: " Donato alla Biblioteca dell'Università del Missouri in memoria di William Stoner, dipartimento di Inglese. I suoi colleghi"
Può capitare che qualche studente, imbattendosi nel suo nome, si chieda indolente che fosse, ma di rado la curiosità si spinge oltre la semplice domanda occasionale. I colleghi di Stoner, che da vivo non l'avevano stimato granché, oggi ne parlano raramente, per i più vecchi il suo nome è il monito della fine che attende tutti, per i più giovani è soltanto un suono, che non evoca alcun passato o identità particolare cui associare loro stessi e o le loro carriere.

Il libro da cui è tratto:


Stoner
john williams
Fazi Edidtore, ed 2012
Collana "Le strade"
Prezzo 17,50€ 



domenica 6 maggio 2012

Marta Perego, intervista a Emanuele Trevi

Siamo in periodo di Premio Strega e io già da un po' sto cominciando un percorso che parte dal passato che poi vi racconterò dettagliatamente in un altro post.
Nel frattempo Vi segnalo questa bella e interessante intervista di Marta Perego che intervista Emanuele Trevi per "Ti racconto un libro" realizzata per Iris Mediaset. Il libro in questione parla di un altro Pasolini, forse sconosciuto dice l'autore e la giornalista, ai più. E il libro è finito nella lista dei finalisti al Premio Strega, sarà lui a vincere? Chissà! Frattanto ascoltare ciò che ha da dire Trevi in merito può essere un buon metodo per scegliere consapevolmente di comprarlo o no.
Come ogni domenica,
buone letture,
Simona


 

Il libro di cui si parla nel video è:

Qualcosa di scritto
Emanuele Trevi
Ponte delle Grazie Editore, ed. 2012
Collana "Romanzi"
Prezzo 16,80€

Il libro di Pasolini cui si fa riferimento nel video è:

Petrolio
Pier Paolo Pasolini
Mondadori Editore, Ed. 2005
Collana "Oscar Scrittori Moderni"
Prezzo 12,00€


venerdì 4 maggio 2012

Librinnovando - Il passato innovativo...





Avrei voluto essere un'infiltrata ancora una volta e invece non mi è stato possibile. Non che proprio non si potesse fare, ma rispetto all'edizione milanese, c'erano molti meno addetti ai lavori e sicuramente l'aria che tirava era molto differente. Non vi racconterò "minuto per minuto"  ciò che è stato detto perché sarebbe cosa pedante e completamente inutile visto che c'e' chi ha già fatto questo lavoro come Christian Raimo su Minima Et Moralia e Tropico del Cancro (non mi è riuscito di capire chi abbia scritto il post se lo trovate inseritelo nei commenti che lo aggiorno!). Posso però dirvi ciò che ho pensato e ciò che ho visto.

A Novembre le premesse erano dettate un po' dal tipo di pubblico totalmente differente e popolato di addetti ai lavori, mentre in questa occasione romana alla domanda "Quanti di voi sono studenti universitari?" mi sono voltata e la maggior parte dei partecipanti avevano la mano alzata. Devo ammettere che sebbene fossi alquanto scettica, avendo letto il programma della giornata, il tutto alla fin dei conti mi è sembrato organizzato bene pensando al pubblico che ne sarebbe stato il destinatario. Certo, con un certo stupore ho appreso che parte di quel che è "Innovativo" oggi, è parte integrante del mio "passato" e questo mi ha lasciato un pochino senza parole.

Oilproject che è una piattaforma di formazione, basata sulle relazioni alla Social Network ovvero bastato su conoscenze e competenze che vengono scambiate fra utenti; fa parte del mio passato nemmeno tanto lontano quando, invece di fare formazione in maniera asincrona come avviene in questa piattaforma (perchè le lezioni sono sempre disponibili), facevo su una (perdonate la ripetizione) piattaforma similare lezioni sull' "Introduzione al mondo delle reti", tutti i mercoledì sera! L'ultimo anno di questa bella esperienza il corso durò come un anno scolastico, e i miei "allievi" erano diventati tutti amici e compagni di sventura (facevamo lezione dalle 9 di sera fino a mezzanotte inoltrata il cameratismo era una condizione necessaria...).

Marco Calvo e ma più precisamente Liber Liber furono il mio impegno in un periodo del 2000 (non sbaglio date! oggi è innovativa una cosa che c'e' da anni!). All'epoca stavano montando una biblioteca, se non vado errata in collaborazione con un'università e cercavano collaboratori occasionali per inserire stringhe nei vari testi perchè potessero essere attivi sulla piattaforma finale. Non arrivai per caso in queso sito, che è sempre vissuto di collaborazioni che si snodavano attorno ad un nocciolo duro costituito dai fondatori e da qualche collaboratore che nel tempo era divenuto parte integrante dello staff, ci ero arrivata perchè fruivo costantemente della loro biblioteca e perchè avevo letto un libro che mi aprì un mondo che stavo pian piano conoscendo da qualche anno: "Internet '98. Manuale di uso della rete". Chi lo scriveva all'epoca? Marco Calvo, Gino Roncaglia (anche lui relatore alla conferenza) e Fabio Ciotti. Il manuale, all'epoca era una vera novità e sopratutto l'unico, italiano e comprensibile anche ai non addetti ai lavori, che usciva periodicamente aggiornato per rimanere al passo con le evoluzioni della rete. Leggere e comprendere, all'epoca, quel che avveniva dopo che aver cliccato "Invia", spedendo una mail, era cosa assai rara. In quegli anni (quasi quasi mi sento vecchia!) ci si connetteva con un Modem e se si voleva andare in chat per distinguersi dalla schermata tutta uguale, bisognava imparare le stringhe Html per fare i caratteri grassettati o colorati e "Internet" era regno incontrastato degli smanettoni se sbagliavi a scrivere o non eri bravo a farti capire eri fuori, ti isolavano.

Quindi immaginate la mia sorpresa nel trovarmi il mio passato non solo lì ma sopratutto marchiato come "Innovazione". Non che non lo sia, esperienze come queste hanno del rivoluzionario perchè si staccando da "concetti" fino ad oggi (e credo ancora per parecchio) immutabili, ovvero che per fare o apprendere un qualcosa ci sia un "ente predefinito e incontrastato". La scuola e l'università non sono più l'unico ente formativo e la formazione cessa di essere erogata solo in "aule fisiche" ma oltrepassa i muri dell'edificio passando per cavi di rame e arrivando nelle case anche le più lontane o anche le biblioteche si evolvono sull'offerta e oltre a dare la possibilità di consultazione e di presenza in un luogo fisico con oggetti fisici, i libri, ampliano le loro perimetralità -fino ad oggi costituite dal territorio di pertinenza (si solito la circoscrizione o il paese)- fornendo agli utenti del mondo reale zone dove poter reperire testi, audio e filmati cui, fisicamente, alcuni utenti non potrebbero accedere. Anche qui il mio passato torna prepotentemente, quando mio padre tornava dall'America alla fine degli anni ottanta raccontava a noi figli increduli che si stava sviluppando una tecnologia che permetteva agli utenti di guardare la tv e di interrompere quel che stavano vedendo, senza videoregistratori, per uscire. Al loro rientro bastava riaccendere e la programmazione sarebbe ripresa da dove era stata interrotta....non vi ricorda qualche cosa?

Come dico sempre, io sono stata molto fortunata, sono cresciuta a pane e doppini telefonici  e quindi l'innovazione non mi ha mai fatto "paura" semmai mi spaventa chi gestisce questo futuro e se è in grado di comprendere che il cambiamento non prevede la cancellazione del passato, bensì, una pacifica convivenza tra le due realtà. Per questo, per conto mio, l'intervento di Antonella Agnoli è stato oltre che soporifero (visto che per tre quarti del tempo ha letto quello che si era appuntata sull'ipad!) alquanto fuori contesto. La Agnoli dimentica che non siamo americani, dimentica altresì che in una nazione che si fonda sul suo passato recente e lontano, non si può cancellare come avviene in America che ha con lo stesso (il passato) un rapporto quasi rituale che si esprime in eventi, che comparati fra loro sembrano paradossi, che vanno dalla celebrazione del 4 luglio all'attesa del responso di una marmotta che possa prevedere quanto durerà l'inverno (per la cronaca quest'anno la marmotta s'e' alquanto sbagliata!). Quindi, dire che le biblioteche cui dobbiamo guardare sono quelle americane che hanno tolto i libri per fare spazio alle persone, mi sembra un assurdo e anche un non comprendere che un luogo che non ha libri ma persone non è una biblioteca ma un raduno! Un bibliotecario non può e non deve essere "facilitatore" (così li definisce lei!) perchè sono due mestieri diversi e una delle mission delle biblioteche non è "facilitare" l'accesso alla cultura, ma fornirlo! Per contro una biblioteca che non sia in rete, raggiungibile e consultabile da remoto, è una entità avulsa dal presente.

Altro discorso dove ero veramente tentata di entrare è stato quello sul prezzo dei libri. Si è parlato di cartelli, autority (che per me che lavoro in una società di telecomunicazioni non è una novità) di Amazon, Apple e via dicendo. La diatriba di quanto sono cattivi i grandi la conosco e devo ammettere per me è alquanto perniciosa e a volte anche noiosa. Perchè, per quanto oggi si facciano liste (quella dei siti più aggressivi sulla rete, quelli del selfpublishing e via dicendo) queste hanno un profondo limite, quello di non spiegare il perchè una azienda può avere delle politiche invece che altre e cosa ha comportato nel tempo la sua persistenza sul mercato con determinate modalità di gestione della propria offerta. Amazon.com è nata alla fine degli anni '90 e quando scese sul mercato librario nessuno pensava sarebbe sopravvissuta, è sempre stata contrastata perchè "vendere un libro in rete" era una cosa improponibile all'epoca. Il libro andava sfogliato dagli utenti, andava anche presentato e via dicendo. E parimenti avvenne quando Amazon propose i libri digitali, altro coro di forti dissensi su una questione che oggi è invece marcata prepotentemente come "innovazione che rivoluzionerà il mercato". 
Un gruppo come quello di Amazon non è diventato grande perchè cavalcava solo le tecnologie, ma perchè nel tempo ha saputo rivoluzionare le regole di mercato, introducendo la possibilità di avere uno store sempre aperto, con disponibilità di testi anche fuori catalogo che venivano scambiati fra utenti (ed è quello che diventerà anche in Italia con il tempo e che è già realtà in Francia e Inghilterra dove gli store sono partiti molto prima che da noi). 
Per contro, come diceva Roncaglia, l'introduzione dell'ebook, di cui gli americani sono consapevoli che non sia un'evoluzione del libro, ma che è altro (e la copia digitale del cartaceo è solo una "possibilità minore" che asserve all'appetibilità del prodotto), non ha comportato che una diminuzione all'incirca del 10% su mercato dei libri fisici.
Ma c'è anche da tener presente che, in un lettore Amazon non è mai successo di *perdere dei libri* perchè Amazon stessa, anche quando non aveva la fantomatica *nuvola*, forniva senza problemi tutti i titoli anche se te li eri persi per strada con qualche aggiornamento. Cosa che in Italia non avviene se compro un Mondadori al di fuori di Ibook e Kindle Zone e so per esperienza personale che, al primo aggiornamento di software o passaggio da un Ipad all'altro, i miei ebook spariranno irrimediabilmente e non vi sarà alcuna possibilità di conservarli (prima che qualche benpensante sollevi il ditino, specifico che fu proprio Mondadori a prevedere un lettore a parte per i suoi libri che è disponibile sia per gli utenti Windows che Apple e che si chiama Bluefire, ricordo ancora quando nella pagina fan sollevai le mie perplessità nell'avere "n" lettori differenti per "n" editori che sceglievano la loro tecnologia non uniformandosi!). L'unico al di fuori dal mondo delle perturbazioni digitali (come chiamo io le nuvole!o Cloud) è e rimane UltimaBooks che mi permette di ri-scaricaricare gli ebook comperati, ma nel caso di Mondadori credo che non possa far molto visto che il DRM inserito non permette lo scarico di un ebook licenziato per un hardware su un altro supporto e non mi è mai stato chiaro il perchè. Quindi per la mia competenza sia Mondadori che Einaudi (che si sta attrezzando con DRM (si scriveranno così- odio gli acronimi!) sono titoli che non è affatto conveniente comperare in digitale (con l'ultimo aggiornamento dell'ipad mi sono spariti  circa 46€ di titoli Mondadori, a buon intenditore poche parole!). Ma ammetto che non mi piacciono anche i cloud che non si parlano, quindi l'impossibilità di fare il trasferimento da un supporto all'altro non fa per me, quindi i miei acquisti di Ibook e Kindle sono e rimarranno piuttosto limitati.

Ma il punto in cui ero veramente tentata di alzare la mano per esporre la mia visione, invece , era proprio sulla composizione del prezzo. Noiosa tutta l'elencazione di quello che * il povero editore* è costretto a fare per pubblicare e soprattutto vendere l'ebook.  Non sono così ottusa da rifiutare l'elenco dei componenti di una redazione ma ogni volta che mi si nomina "Traduttore" mi viene in mente quell' "Ostia" messo in bocca al contadino anziano francese che vive in uno paese perduto nella Provenza, quando mi si nomina "correggere le bozze" mi sovvengono i "condizionali sbagliati" o le sillabazioni per andare a capo fatte in maniera del tutto creativa o il famoso televisore buttato in spazzatura che miracolosamente è rimasto acceso in un attimo di teletrasporto (nello stesso paragrafo!). 


Purtroppo, tornando al punto della questione, quel che non si dice è una cosa sola. Gli ebook si pagano tanto per un solo motivo, perchè gli editori non sanno cos'è il digitale. La tecnologia che tanto ci facilita la vita è foriera di una brutta novella: tanto più diviene semplice rendere disponibile un prodotto tanto meno persone servono alla catena produttiva.
La tecnologia infatti sostituisce le persone, anzi sarebbe più corretto dire le competenze, non c'e' nulla da fare e tante redazioni dovrebbero fare un sacco di tagli al personale. Come detto già in precedenza in altri post la moltiplicazione delle qualifiche "redattore" "editor" "traduttore" e via dicendo si ridurrebbe esponenzialmente introducendo nella filiera anche nuove competenze che fino ad oggi erano sconosciute o inutilizzate nel Core Business degli editori. E Quintadicopertina mi sembra un esempio valido da opporre ai carrozzoni dei grandi, piccoli e medi editori.
Se, e onore al merito per questo, non si vogliono fare determinati tagli, bisognerebbe operare una forte distinzione sulle proposte, tipo esordienti tutti a meno di 5€ e gli altri a prezzo variabile. Purtroppo i tempi delle vacche grasse sono finiti per tutti, fino ad oggi a contrapporsi alla visione del "In Italia non si legge" c'era quella dell'immenso, gigantesco e quasi infinito elenco degli editori italiani, che faceva esclamare a qualche lettore un po' più accorto "Ma se i libri non si vendono perchè tutti vogliono fare gli editori? E perchè ogni anno nascono tutte queste case editrici?". Oggi gli stipendi non aumentano e sopratutto ogni tassa aggiunta fa sì che un lettore decida che con 20€ ci fa la spesa e il libro se lo leggerà quando diverrà un fuoricatalogo, scontato magari al 50% o peggio, un usato.
Quindi pensare che un ebook a 15-20 e più euro possa vendere nel lungo periodo, è un'utopia bella e buona. Un libro fisico, lo puoi rivendere, condividere passando ad un amico e, perchè no, anche scambiare con un altro. Anzi quest'ultima opzione pare anche la più apprezzata; nel mio caso ho messo in vendita dei libri su Anobii e ricevo solo richieste di scambio! Ogni volta che oppongo queste osservazioni a chi è del campo mi vengono citati  tutti i fattori che concorrono alla formazione del prezzo e a me ritorna in mente quel che ho scritto sopra:tagli del personale e limitazione delle filiere tipo l'abolizione delle figure di raccordo per esempio fra editore e scrittore. E quindi riparte il circolo vizioso.
E' un discorso antipatico ma purtroppo l'innovazione, per esserlo totalmente, porta anche questo. Come nel tempo le centraliniste che vediamo nei vecchi film in bianco e nero, che collegavano un utenza all'altra, man mano sono sparite grazie alle innovazioni, anche questa lascerà sul campo tante figure professionali che nel tempo diverranno obsolete o non necessarie. E anche questa è una cosa che ho già visto.

Questa è stata la mia Librinnovando, probabilmente portatrice del messaggio che il passato non è così passato e che conferma che "il futuro si può gestire solo se si hanno le competenze e ci si rinnova continuamente per non rimanerne fuori".

L'ultimo intervento non l'ho visto, avevo da fare e sinceramente anche stando lì, dopo l'intera giornata, non l'avrei assorbito perchè ero molto stanca. Ma due ringraziamenti li voglio fare e sono fuori dal coro di quelli istituzionali. Voglio ringraziare Il Menocchio (l'ho conosciuto!!!! ed è bravo come sembra, quindi in tema con quel che ho detto sin ora, se non lo leggete siete out!) un giovane con la testa sulle spalle e con una discreta cultura che sa mettere insieme anche all'occorrenza letteratura e tecnologia (cosa alquanto rara credetemi!). Dall'altro lato i ragazzi di Pubzine tutti molto impegnati a rendere soft anche il più piccolo imprevisto. Devo ammettere che nonostante il fatto che ad un certo punto tutta questa pubblicità battente mi era venuta a noia, sono riusciti a rendere questo evento non una ripetizione del precedente appuntamento milanese, ma una "innovazione" coordinati da Luisa Capelli.

Vi lascio con uno degli spot realizzati da Luca Celea Gabriele che, come detto in un post pregresso, è parte della redazione di PubZine.
Buone letture, 
Simona


p.s. avevo detto che l'avrei tagliato...più di così non si può! Se siete arrivati fino qui, complimenti!;)) 



mercoledì 2 maggio 2012

[Dal libro che sto leggendo] La stanza degli animali

Immagine presa da qui


Non mi posso dilungare troppo con la citazione questa volta, perché vi presento un piccolo , vero gioiello. E' stato un fine mese interessante. Quasi per consolarmi delle brutture degli aggiornamenti blogger che non fanno funzionare la programmazione dei post e ne fanno sparire i contenuti, la buona sorte, mi ha messo un mano un buon numero di libri che hanno saputo non solo stupirmi e affascinarmi con la scrittura e l'intelaiatura della trama, ma sono riusciti anche a colpire il mio cuore (probabilmente perchè toccano temi sui quali sono più sensibile). Ed insieme al libro di Garufi, citato la scorsa settimana, arriva anche questo "delizioso" racconto di Mozzi. Ora *delizioso* è un po' forte da associare a questo scritto, me ne rendo conto (a voi sta scoprire il perchè!), ma la definizione è riferita ad una serie di descrizioni (come la descrizione di due modi diversi di "dimenticare") che rimarranno con me per parecchio. Non sono immagini da citare, anche se sono veramente d'effetto, ma da conservare per noi stessi e per la nostra intimità. Ma questo sarà l'argomento della recensione che vi posterò più in là...io, fossi in voi non me lo lascerei sfuggire!
Buone letture,
Simona

1. Recitativo  
Gli animali di mio padre sono tutti morti.
Nella casa vecchia
avevano una stanza tutta per loro,
una stanza strana:
si accedeva solo dal giardino
e non aveva finestre. Un ripostiglio
enorme, con vecchi scaffali di metallo verniciato in grigio o in blu
(andavano molto negli anni Settanta)
ereditati dagli inquilini precedenti.
Sugli scaffali mio padre aveva
allineati i barattoli, Negli anni
la formalina era diventata gialla e rossastra
come l'urina di un giorno di sete.
Gli animali venivano dalla Somalia,
dalla Laguna Veneta, dal Golfo di Taranto,
dal Delta del Danubio. Li aveva accumulati
negli anni delle missioni scientifiche, mio padre
e li aveva disposti con cura
Poi li aveva dimenticati, come
dimentica ogni cosa, mio padre.
La stanza degli animali
Giulio Mozzi
:Duepunti Edizioni, Ed. 2010
Collana "Zoo||| Scritture animali"
Prezzo 6,00€

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